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I tre fautori principali dell' unita' d' italia




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I TRE FAUTORI PRINCIPALI DELL' UNITA' D' ITALIA


GIUSEPPE MAZZINI (Genova 1805-Pisa 1872)


Uomo politico, patriota e rivoluzionario italiano, uno dei principali sostenitori dell' unita' d' Italia. La sua formazione politica maturo' nell' ambiente familiare e nella lettura delle opere dei giacobini francesi e del poeta Ugo Foscolo.

Il fallimento dei moti del 1820-21 oriento' e incentro' la sua riflessione sugli ideali di patria e liberta'. Affiliato nel 1827 alla carboneria, contribui' a rafforzarne l' organizzazione cospirativa in Liguria, Toscana e Lombardia fino a che, nel 1830, non fu arrestato a Genova in seguito a una delazione, e poi dovette andare in esilio in Svizzera.


Nel 1831 fondo' la Giovane Italia, associazione politica che si poneva come obiettivo l' educazione del popolo in vista di un' insurrezione generale che portasse a un' Italia unita, repubblicana e democratica. I concetti di popolo e nazione furono al centro della sua analisi politica che si sviluppo' in direzione della scelta repubblicana.


Durante il biennio rivoluzionario 1848-49 Mazzini, dopo un soggiorno in Francia dove fondo' l' Associazione nazionale italiana, fece ritorno in Italia per partecipare con Carlo Cattaneo al movimento patriottico di Milano, quindi per realizzare un governo democratico a Firenze e dirigere poi la breve esperienza della Repubblica Romana, durante la quale prese parte con Aurelio Saffi e Carlo Armellini al triumvirato che governo' Roma fino al 30 giugno 1849, quando la Repubblica dovette arrendersi all' esercito francese.


Nel 1857, recatosi a Genova, cerco' con un colpo di mano di impadronirsi di un deposito di armi, ma l' azione venne scoperta e gli frutto' una seconda condanna in contumacia. Mazzini riparo' nuovamente a Londra e allo scoppio della seconda guerra d' indipendenza, pur deprecando l' alleanza franco-piemontese, che a suo giudizio asseriva all' Italia allo straniero, invito' il popolo a combattere contro l' Austria.




CAVOUR (Torino 1810-1861),


Camillo Benso conte di Cavour, statista Piemontese e primo ministro del Regno d' Italia; fu uno dei principali protagonisti del Risorgimento italiano.

In Piemonte Cavour inizio' la sua attivita' politica negli ultimi anni del regno di Carlo Alberto, contrassegnati dall' esperienza dello Statuto e dalle riforme liberali, cui aveva fatto seguito la partecipazione del Regno di Sardegna alla prima guerra d' indipendenza. Fondo' con alcuni moderati piemontesi il giornale ''Il Risorgimento'', che diresse per un anno (1847-48), continuando poi a collaborarvi fino al 1850, quando venne nominato ministro dell' Agricoltura nel governo di Massimo D'Azzeglio. Dopo essere stato ministro delle Finanze, il re Vittorio Emanuele II lo nomino' capo del governo (1852), carica che gli permise di adottare misure per lo sviluppo economico del Piemonte e per la costruzione di una rete ferroviaria.


In politica estera, Cavour, si associo' al re, deliberando nel 1854 la partecipazione dell' esercito sardo alla guerra di Crimea: il congresso di pace di Parigi del 1856 consenti' a Cavour di attaccare lo Stato pontificio e il Regno delle Due Sicilie e di ottenere l' attenzione della Francia e della Gran Bretagna alla questione nazionale italiana. I rapporti da lui intrecciati con l' imperatore Napoleone III sfociarono negli accordi di Plombieres (1858), che prevedevano l' intervento militare francese a sostegno del Piemonte, nel caso l' Austria avesse dichiarato guerra al regno sabaudo, e reciproche acquisizioni territoriali nella penisola. Nel 1859 riusci' a rendere operative le clausole degli accordi di Plombieres, costringendo l' Austria a dichiarare guerra al Piemonte: iniziate nell' aprile del 1859, le operazioni militari franco-piemontesi della seconda guerra d' indipendenza portarono alla liberazione della Lombardia dal dominio austriaco, mentre contemporaneamente sorgevano ispirati da Cavour, movimenti annessionistici in Toscana, Modena, Parma e nelle Legazioni pontificie.


Cavour fu il primo presidente del Consiglio del nuovo Regno d'Italia, proclamato il 14 marzo 1861; mori nel giugno di quello stesso anno.






GARIBALDI GIUSEPPE (Nizza 1807-Caprera 1882).


Patriota italiano. Con le sue imprese e il suo esempio fu uno dei principali artefici dell' unita' e dell' indipendenza nazionale e una delle figure piu' popolari dell' ottocento romantico in tutto il mondo.


L'EROE DEI DUE MONDI. Nel 1883 entro' a far parte della societa' segreta Giovine Italia, fondata da Giuseppe Mazzini con l' obiettivo di conseguire l' unita' politica della penisola italiana e l' indipendenza dal dominio straniero, e di costituire un governo democratico e repubblicano.


Quando l' ondata rivoluzionaria che travolse l' Europa nel 1848 raggiunse l' Italia, Garibaldi fede ritorno in patria con altri 84 volontari della Legione italiana in Uruguay e si precipito' in Lombardia per partecipare alla prima guerra d' indipendenza che gia' volgeva al peggio per le truppe piemontesi. Fu il principale organizzatore e il capo militare della difesa contro i francesi, alleati di Pio IX, riuscendo a resistere agli assediati per un mese (giugno 1849): quando i francesi entrarono in citta', Garibaldi, con 4000 uomini, si diresse a Venezia, ancora libera ma posta a sua volta sotto assedio dagli austriaci.


Durante la fuga, la moglie Anita, stremata, mori' nelle Valli di Comacchio. Pochi giorni dopo anche Venezia cadeva, rendendo inutile la lunga e angosciosa traversata dell' Appennino e del delta del Po per raggiungerla, durante la quale molti volontari si erano dispersi. Garibaldi si rifiugio' quindi a Genova, dove accetto' senza protestare la condanna all' espulsione.


Nel 1854, dopo aver incontrato il maestro d' un tempo Mazzini, si allontano' definitivamente dal suo programma insurrezionale antisabaudo pur senza rinnegare gli ideali repubblicani. Torno' in patria, dove la sua fama era ormai divenuta gia' tale che il primo ministro del Regno di Sardegna Cavour accetto' di avere un colloquio segreto con lui (1856), dopo il quale Garibaldi dichiaro' pubblicamente che riteneva indispensabile, per il raggiungimento dell' indipendenza e dell' unita' nazionale, sostenere il re Vittorio Emanuele II. L' anno dopo aderiva, come molti altri ex mazziniani, alla Societa' nazionale, filosabauda, di cui diverra' nel 1857 vicepresidente.


Nel 1858 Cavour affido' a Garibaldi la formazione di un corpo di volontari, i Cacciatori delle Alpi, a cui nella seconda guerra ' indipendenza (1859) dal comando supremo piemontese fu affidato il compito di sostenere l' estrema ala sinistra dello schieramento, lungo l' arco prealpino.


In aprile del 1860, quando a Palermo scoppio' la rivolta antiborbonica, con il tacito consenso e sostegno di Cavour, tornato a capo del governo piemontese, e di Francia e Gran Bretagna, Garibaldi organizzo' la spedizione dei Mille. Salpo' da Quarto, presso Genova, il 6 maggio con due brigantini sottratti alla compagnia Ribattino e, dopo una sosta al forte toscano di Telamone per rifornirsi di armi e imbastire un diversivo contro lo Stato Pontificio, raggiunse la Sicilia, protetto da navi inglesi, e sbarco' a Marsala. Il primo scontro con le truppe borboniche sulla via di Parremo fu a Calatafimi: tra il maggio e l' agosto del 1860 i garibaldini - detti, da loro abbigliamento, ''camicie rosse'' - riuscirono a occupare tutta l' isola, raccogliendo lungo la strada migliaia di volontari, e vi instaurarono un governo provvisorio, con Garibaldi dittatore, in nome di Vittorio Emanuele II.


Al Volturno, il 2 ottobre, egli sbaraglio' definitivamente le truppe borboniche e il 26 a Teano consegno' a Vittorio Emanuele, giuntovi con l' esercito del generale Cialdini, che era sceso a occupare Romagna e Marche, l' intero Regno delle Due Sicilie. Quindi, colui che ormai tutti chiamavano l' ''eroe dei due mondi'', rinunciando ad ogni onorificenza, si ritiro' nuovamente a Caprera.


UNITA' D'ITALIA E DIFESA DEGLI OPPRESSI. Il 17 marzo 1861 il primo Parlamento nazionale, al quale Garibaldi fu eletto deputato, proclamo' Vittorio Emanuele re d' Italia. Il nuovo regno pero' non comprendeva ancora il Veneto, il Trentino, Roma e il Lazio. Inoltre i governi succeduti a Cavour avevano Garibaldi e i suoi volontari in gran sospetto e respingevano la proposta di farne il nerbo di un esercito di popolo per completare l' unita' d'Italia, di cui l' eroe presento' il progetto; egli divenne quindi ancor meno di prima rispettoso dei calcoli diplomatici sabaudi.


Nell' estate del 1862, dopo un vano tentativo di annettere il Trentino con un' operazione militare, Garibaldi, al motto di ''Roma o morte'', organizzo' una nuova spedizione diretta contro lo Stato Pontificio. Quando pero' Napoleone III rese pubblica la sua decisione di impedire un attacco contro Roma, Vittorio Emanuele si vide costretto a sconfessare l' impresa e invio' contro i volontari garibaldini un reparto dell' esercito regolare (battaglia Astromonte 29 agosto 1862). Nel 1866, nella terza guerra d' indipendenza, Garibaldi torno alla testa dei volontari e il 21 luglio ottenne contro gli austriaci l' unica vittoria italiana a Bezzecca, nel trentino. Ricevuto l' ordine di fermarsi in seguito all' armistizio, telegrafo' la famosa risposta: ''Obbedisco''.


Dopo la caduta di Napoleone III, nel 1870, Garibaldi lascio' il confino forzato nell' isola per offrire i suoi servigi alla Repubblica francese impegnata nella guerra franco-prussiana e sconfisse i tedeschi a Digione, unica vittoria francese di quella guerra.


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