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Guèrra mondiale (PRIMA)




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Agrigento


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L'ITALIA DAL 1900 AL 1914 Quadro storico Dopo le amarezze della
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Guèrra mondiale PRIMA


La guerra che scoppiò nel 1914 fu la prima guerra generale «mondiale» che vide lo scontro di tutti i grandi Stati. Fu una guerra di massa, combattuta per terra, per mare e nell'aria con impiego di armi mai prima usate (carri armati, aerei, sommergibili), e con il ricorso a nuovi mezzi di lotta economica e anche psicologica. Causa occasionale della guerra fu l'assassinio dell'arciduca ereditario d'Austria-Ungheria Francesco Ferdinando e della consorte, avvenuto a Sarajevo il 28 giugno 1914. L'Austria, d'accordo con la Germania, attribuendo al governo serbo la responsabilità dell'eccidio, indirizzò a Belgrado il 23 luglio un ultimatum con richieste inaccettabili. La risposta serba all'ultimatum (25 luglio), conciliante ma accompagnata dalla mobilitazione generale, non accontentò l'Austria che dichiarò guerra alla Serbia (28 luglio). Nei giorni seguenti, il meccanismo degli accordi internazionali portò a una rapida generalizzazione del conflitto. Dopo le mobilitazioni russa e austriaca, la Germania dichiarò guerra alla Russia (1° agosto alle ore 19,10) e alla Francia (3 agosto alle ore 18,45). A sua volta la violazione della neutralità del Belgio e del Lussemburgo da parte delle truppe tedesche, vincendo le ultime esitazioni inglesi, provocò la dichiarazione di guerra della Gran Bretagna alla Germania (4 agosto). I belligeranti del 1914 compresero dunque: da una parte, la Germania e l'Austria-Ungheria; dall'altra, la Serbia, il Montenegro, la Russia, la Francia, il Belgio e l'Inghilterra, cui si aggiunsero il Giappone (23 agosto). Dichiararono invece la loro neutralità, deludendo gli Imperi centrali, l'Italia (3 agosto) e la Romania. L'iniziativa strategica fu presa dal comando militare tedesco mentre nell'altro campo non esistevano né direzione di guerra comune né, tanto meno, comando unico. Il piano che il generale von Moltke aveva ereditato dal suo predecessore von Schlieffen affidava alle deboli forze al comando di von Prittwitz nella Prussia Orientale e agli Austro-Ungarici l'incarico di contenere i Russi, mentre lo sforzo principale sarebbe stato operato immediatamente verso la Francia. Il piano francese prevedeva un'offensiva generale in Lorena, partendo dai due lati delle fortificazioni di Metz. Il piano austro-ungarico, elaborato dal Conrad, prevedeva l'eliminazione rapida della Serbia e un attacco alla Russia dalla Galizia. Le operazioni principali furono condotte in Lorena. Moltke avanzava e credeva di avere ormai in pugno la decisione quando il generale Joffre, dando prova di grandi capacità, riuscì a riprender progressivamente l'iniziativa, bloccando l'avanzata tedesca sulla Marna e respingendo i Tedeschi sull'Aisne e la Vesle (6-13 settembre). La vittoria della Marna salvò Parigi gravemente minacciata e segnò una svolta nella condotta della guerra. Dopo lo scacco della Marna il generale Falkenhayn, che il 14 settembre aveva sostituito il Moltke alla testa dell'esercito tedesco, decise di continuare il suo sforzo principale all'ovest. Le operazioni si stabilizzarono su un fronte di 750 km che andava ormai dalle coste del mare del Nord alla Svizzera (ottobre-novembre, battaglia dell'Yser e di Ypres). Dopo i primi successi dell'esercito russo nella Prussia Orientale il generale von Hindenburg, succeduto a Prittwiz dal 22 agosto, annientò l'armata russa, Samsonov a Tannenberg (26-29), e, con la battaglia dei laghi Masuri (settembre), respinse Rennenkampf dalla Prussia Orientale con gravi perdite.


L'offensiva austriaca in Galizia, invece, venne arrestata dai Russi, i quali iniziarono qui una vigorosa controffensiva obbligando il nemico ad abbandonare Leopoli (3 settembre), ripiegando sui Carpazi. Il fronte si stabilizzò sulla linea Memel-Gorlice, a occidente di Varsavia. Sul fronte navale il primo scontro fra navi tedesche e inglesi si ebbe presso Helgoland il 28 agosto, e la battaglia si risolse a favore dell'ammiraglio inglese Beatty. Nel Pacifico occidentale la squadra tedesca di crociera di von Spee inflisse una dura sconfitta al largo di Coronel (1° novembre) alla squadra inglese di Cradock, ma fu poi annientata alle Falkland (8 dicembre). Alla fine del 1914, il territorio tedesco era stato preservato dalla temuta invasione russa, anzi le truppe germaniche occupavano a occidente parte del Nord della Francia. La Serbia liberò il suo territorio e riprese Belgrado (13 dicembre). I Tedeschi persero a opera dei Giapponesi i possedimenti del Pacifico. La Francia aveva fermato l'invasione tedesca, ma aveva perso parte del suo potenziale umano ed economico. Nel corso dell'anno entrarono in guerra l'Italia a fianco degli Alleati e la Bulgaria a fianco degli Imperi centrali. L'Italia iniziò a metà febbraio trattative segrete con le potenze dell'Intesa, che si conclusero con la firma del patto di Londra (26 aprile). Il 23 maggio (con effetto dal 24) dichiarò guerra all'Austria-Ungheria. L'alleanza della Bulgaria con gli Imperi centrali compromise la situazione degli Alleati nei Balcani; negli ultimi mesi dell'anno si ebbe così il crollo della Serbia, attaccata da due lati dai Bulgari e dagli Imperi centrali (ottobre-novembre). Anche nel 1915 l'iniziativa delle operazioni rimase sostanzialmente alla Germania. Dopo alcune esitazioni il Falkenhayn decise di portare un colpo decisivo sul fronte orientale. Dal maggio all'agosto (battaglia di Gorlice-Tarnáw) le forze di Hindenburg e di Mackensen, appoggiate a sud da quelle austro-ungariche, con una potente azione di sfondamento costrinsero i Russi a evacuare Leopoli, Lublino e l'intera Polonia (Varsavia cadde il 5 agosto), stabilizzando così il fronte sulla linea Riga-Pinsk-Czernowitz. Il 1915 fu l'anno dell'intervento politico inglese nella direzione della condotta di guerra degli Alleati; gli Inglesi, sbarcati nel Golfo Persico (novembre 1914), intrapresero la spedizione dei Dardanelli, che dopo lo scacco navale di Canakkale (18 marzo), e le durissime lotte nella penisola di Gallipoli, fu resa inutile, fra l'altro, dal sopravvenuto crollo della Serbia: s'impose così l'evacuazione della penisola di Gallipoli (dicembre 1915 - 8 gennaio 1916), ma le truppe impiegate nei Dardanelli vennero fatte sbarcare a Salonicco, preparando così l'apertura di un nuovo fronte. Da parte francese, tutti gli sforzi furono tesi alla liberazione del territorio nazionale, da conseguire mediante uno sfondamento del fronte nemico e la ripresa della guerra manovrata. Il piano del generale Cadorna consistette nell'offensiva limitata al settore orientale, quello delle Alpi Giulie e dell'Isonzo, con obiettivi Trieste e Lubiana. Nessuno degli obiettivi che il comando supremo italiano si era prefisso venne raggiunto, però l'intervento italiano e l'atteggiamento offensivo subito assunto apportarono alla causa alleata un notevole contributo salvando l'esercito russo in ritirata nella Polonia da una schiacciante sconfitta e favorendo l'azione difensiva francese. Le operazioni condotte dagli Alleati risultarono in complesso deludenti, ma il loro potenziale militare migliorò in modo netto. La necessità di una maggiore cooperazione militare alleata apparve chiara alla conferenza di Chantilly (dicembre), in cui si decisero i piani di guerra per il 1916 e si stabilì di dare un aiuto materiale alla Russia, le cui truppe avevano subito perdite molto gravi. Un nuovo paese belligerante, la Romania, scese in campo a fianco degli Alleati (27 agosto), mentre l'Italia dichiarava guerra alla Germania.


Gli Alleati presero misure destinate ad avere decisiva influenza a lunga scadenza: inasprimento del blocco navale per mezzo del contingentamento delle merci destinate a paesi neutrali (marzo), progressiva estensione, in Gran Bretagna, della coscrizione, che divenne obbligatoria in dicembre. Nei Balcani l'esercito serbo, ricostituito nell'isola di Corfù, andò a rafforzare le truppe alleate che tenevano il fronte macedone di Salonicco. Restò ancora confusa la situazione politica della Grecia. Negli Stati Uniti, Wilson fu rieletto presidente (7 novembre) e chiese nel dicembre ai belligeranti di precisare i rispettivi scopi di guerra. Il generale Joffre decise di portare una serie di attacchi potenti e metodici sulla Somme, ma fu preceduto dal Falkenhayn il quale decise di colpire prima che scendessero in campo nuove truppe britanniche; egli scelse come obiettivo Verdun, che attaccò il 21 febbraio. La battaglia di Verdun (febbraio-dicembre) si risolse in un insuccesso strategico tedesco, perché Joffre, anche se con ritardo sui piani iniziali, potè lanciare (1° luglio), alimentandola per quattro mesi, la sua offensiva sulla Somme, che impedì ai Tedeschi di impegnare a Verdun tutti i mezzi inizialmente previsti. L'offensiva, che gli Austriaci denominarono Strafexpedition e gli Italiani «battaglia degli Altipiani» (15 maggio - 24 luglio), si svolse su un fronte di 40 km dalla Val Lagarina alla Valsugana. Cadorna preparò una potente offensiva contro il saliente di Gorizia che fu conquistata il 9 agosto (6S battaglia dell'Isonzo). Nell'autunno (settembre-novembre) si ebbero sul Carso triestino tre sanguinose offensive (7S, 8S, 9S dell'Isonzo) che si risolsero in battaglie di logoramento da entrambe le parti. Lo scacco subito dal comando tedesco a Verdun segnò la «svolta della guerra». Sul piano militare, nel complesso dei fronti le iniziative si equilibrarono, e l'usura delle forze nemiche colpì ugualmente gli eserciti contrapposti. Nell'agosto Falkenhayn cedette il posto a Hindenburg e al suo capo di SM Ludendorff, e nel dicembre Joffre fu sostituito da Nivelle. Il 1917 fu caratterizzato da due avvenimenti decisivi: l'intervento americano e la Rivoluzione russa. La guerra sottomarina, scatenata senza restrizioni dai Tedeschi a partire dal 1° febbraio, spinse gli Stati Uniti a rompere le relazioni diplomatiche con la Germania (3 febbraio); seguì poi, il 7 aprile, la dichiarazione di guerra del governo di Washington. La Rivoluzione russa provocò la defezione della Russia dalla lotta, controbilanciando, in una certa misura, gli effetti dell'intervento americano. Lo stesso anno 1917 fu caratterizzato da vari tentativi di avviare negoziati di pace generale. Hindenburg si vide costretto per la prima volta, dalla scarsità dei suoi mezzi, a opporre alle azioni alleate un atteggiamento puramente difensivo, ripiegando le sue unità (febbraio-maggio) su un fronte più arretrato preventivamente fortificato (San Quintino-La Fère). Il comandante tedesco seppe però approfittare in pieno degli avvenimenti che gli erano favorevoli: lo scacco dell'offensiva francese sull'Aisne rafforzò la sua fiducia, e la progressiva eliminazione del fronte russo giocò in modo insperato in favore della Germania. In particolare, Hindenburg poté così aiutare in misura determinante l'Austria nell'offensiva che portò a Caporetto. La guerra sottomarina toccò il suo apice: nell'aprile i Tedeschi affondarono naviglio mercantile alleato per 1 milione circa di t. L'Italia, in base agli accordi della conferenza di Chantilly, aveva iniziato la preparazione di una nuova offensiva contro le difese orientali di Gorizia. La critica situazione austriaca dopo la battaglia della Bainsizza spinse la Germania a venire in aiuto dell'alleata.


La realizzazione della sorpresa, affidata al generale tedesco von Below, la rispondenza dei procedimenti d'attacco allo scopo da conseguire, deficienze nell'organizzazione difensiva italiana e nell'azione di comando, consentirono la rottura del fronte e la penetrazione profonda delle truppe austro-tedesche nello schieramento italiano (Caporetto, 24-26 ottobre). Dal 5 al 7 novembre la 2S e la 3S armata protessero il ripiegamento del grosso sul Piave che risultava completato entro il 9 novembre. In tale data Cadorna fu sostituito da Diaz nella carica di capo di SM. L'8 gennaio il presidente Wilson enumerò i quattordici punti ai quali si sarebbe ispirata la sua azione nella futura conferenza per la pace. Essi contenevano a un tempo princìpi generali di diritto internazionale e indicazioni sull'assetto politico, da stabilirsi a guerra conclusa (precise soprattutto per quanto riguardava il Belgio e la restituzione dell'Alsazia e della Lorena alla Francia). I rovesci subiti dalla Germania nell'estate del 1918, ebbero effetti decisivi nell'Europa centrale. Il 5 ottobre il nuovo cancelliere del Reich, principe Massimiliano (Max) di Baden, chiese la mediazione americana per una pace fondata sui quattordici punti; ma già prima della firma dell'armistizio, la rivoluzione scoppiata a Kiel (4 novembre), e poi a Monaco e Berlino, provocò la fine delle monarchie tedesche e la fuga di Guglielmo II (9 novembre). Divenne così cancelliere il socialista Ebert. Quanto all'Impero austro-ungarico, la guerra terminò col suo completo disfacimento; le varie nazionalità che lo componevano proclamarono la loro indipendenza. Il 28 ottobre fu così proclamata a Praga la Repubblica Cecoslovacca. Nello stesso ottobre un Consiglio nazionale decise a Zagabria l'unione dei Serbi, Croati e Sloveni dell'Impero austro-ungarico, e il 24 novembre proclamò la loro unione alla Serbia, che aveva a sua volta assorbito il Montenegro. Mentre la Polonia, in via di ricostituzione, rompeva le relazioni con la Germania, l'armistizio dovette essere prolungato, e la conferenza della Pace non poté riunirsi a Parigi che nel gennaio 1919. Gli attacchi tedeschi durarono senza interruzione dal 21 marzo al 15 luglio. Ma l'attacco concentrico delle dodici armate alleate costrinse i Tedeschi a confessarsi vinti: il 4 novembre essi decisero la ritirata generale sul Reno; il 7, i loro plenipotenziari chiesero l'armistizio, che ottennero a Rethondes, l'11 novembre, rendendo superflua l'offensiva di Lorena prevista per il 14. Il 25 settembre il generale Diaz decise di agire cercando di dividere le forze schierate in piano da quelle del settore montano, forzando il Piave di fronte al Montello e puntando su Conegliano e Vittorio Veneto. L'offensiva ebbe pieno successo e il 29 ottobre l'esercito austriaco iniziò il ripiegamento in pianura e nella notte fra il 30 e il 31 abbandonò il Grappa. L'armistizio venne firmato a villa Giusti e le operazioni terminarono alle ore 15 del 4 novembre, una settimana prima della conclusione generale della guerra sul fronte occidentale (11 novembre): a questa conclusione la vittoria italiana diede un contributo notevole, per la minaccia di agire da sud contro la Germania. 

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