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Le galassie a spirale




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Le galassie a spirale


Le galassie a spirale sono strutture a disco appiattito in cui vi è una forte presenza di gas e polveri interstellari e in conseguenza una continua formazione di nuove stelle. Nel disco si distinguono anche dei bracci di spirale più luminosi. Il disco si sviluppa attorno ad un bulgec centrale, un rigonfiamento contenente in gran parte stelle più vecchie e più fredde, di quelle che costituiscono il disco. Il nucleo centrale è infatti ricco di stelle di popolazione II, mentre la spirale di stelle di popolazione I. Il bulge è assimilabile ad una piccola galassia ellittica e nell'ordine dei sottotipi di galassie Sa, Sb, Sc (e quindi SBa, SBb, SBc) decresce di luminosità. Sempre andando da a verso c la distribuzione delle stelle nei bracci del disco diventa meno regolare, ovvero le stelle tendono ad essere raggruppate, e soprattutto le spirali sono meno avvolte attorno il bulge.



Figura 2: la galassia a spirale NGC253 ( Sa )


a)     Il Bulge nelle galassie a spirale e lenticolari è un rigonfiamento centrale della struttura che contiene un gruppo molto numeroso di stelle per lo più piccole, rosse e vecchie. Si pensa che la maggior parte dei bulge delle galassie comprenda al centro un buco nero supermassiccio (super massive black hole, SMBH).




Figura 3: Immagine agli infrarossi di M81 ( Sb ) presa dal Telescopio Spaziale Spitzer. Il colore blu rappresenta le emissioni di origine stellare a 3.6 μm. Il rosso indica le emissioni a 24 μm della polvere riscaldata nel mezzo interstellare. NASA JPL Caltech/K. Gordon/S. Willner/N.A. Sharp.



Figura 4: la galassia a spirale barrata NGC1300 ( SBbc )



Figura 5: la galassia a spirale M100 ( Sc )


Le caratteristiche generali delle galassie a spirale sono riportate nella seguente tabella:


Magnitudine totale MB

da -16

a -23

Massa M

da 109 M

a 1012 M

Diametro del disco

da 5kpc

a 100kpc

Spessore del disco

tipicamente circa 1,2kpc

Rapporto M / L

da 2

a 6


Vedere la nota d) per il rapporto M/L


Hubble inizialmente aveva dato un'interpretazione evolutiva nella sua catalogazione delle galassie, presupponendo che prima, per contrazioni gravitazionali di gigantesche nubi dotate di momento angolare, si formassero le galassie ellittiche, poi, all'aumentare della forza centrifuga, le strutture ellittiche si appiattissero maggiormente all'esterno, fino a portare alla formazione dei bracci di spirale. La sua ipotesi sull'evoluzione delle galassie non poteva però spiegare come mai erano le galassie a spirale e non quelle ellittiche a contenere una maggiore quantità di materia interstellare ed un grande numero si stelle giovani.






b)     Il rapporto M/L viene calcolato per mezzo di due dati osservativi indipendenti: la massa M, che proviene dallo studio della dinamica, e la luminosità L, che proviene dalla radiazione emessa dalle componenti della galassia. Tale rapporto vale, nel caso del Sole e in unità CGS, . Le galassie presentano spesso valori maggiori dell'unità; dunque la massa ricavata dalla dinamica risulta maggiore della massa che produce la radiazione, fatto che viene appunto indicato come il problema della massa mancante ('mancante' nella luminosità) e che richiede la presenza di materia oscura (non interagente con la radiazione).

La rotazione delle galassie a spirale


La rotazione dei dischi delle spirali è una caratteristica fisica ben osservabile e che probabilmente ha influenzato maggiormente la formazione di queste galassie, determinandone la forma a disco piuttosto che ellittica.

Si possono ricavare delle curve di rotazione, ovvero dei grafici della velocità di rotazione, attraverso spettroscopi a fenditura che permettono di misurare gli spostamenti Doppler delle righe in funzione della distanza dal centro. Operativamente, si posiziona una fessura lungo l'immagine della galassia, tipicamente lungo il suo asse maggiore, e la luce proveniente dalla fessura viene analizzata dallo spettrografo.



Figura 6: spettro per la misura della curva di rotazione della galassia


Le righe spettrali appaiono quindi distorte. Questo avviene proprio a causa della rotazione della galassia. Dalla parte in cui il gas ruota allontanandosi da noi le righe subiranno uno spostamento verso il rosso, dall'altra invece che si avvicina le righe saranno blu shiftate, ovvero spostate verso lunghezze d'onda minori. La velocità si misura a partire dalla formula dell'effetto Doppler relativistico.

  


ν e ν0 sono rispettivamente la frequenza propria della radiazione caratteristica della sorgente e quella osservata


Sostituendo quindi in


   si ottiene che


Le righe osservabili sugli spettri sono quelle della banda ottica, ma anche quelle radio dell'idrogeno a 21 cm emesse dal gas interstellare. Si trova quindi il rapporto tra la velocità del gas in rotazione e la velocità della luce confrontando le lunghezze d'onda osservate e quelle che le caratterizzano quando la velocità di spostamento tra sorgente e osservatore è nulla. Naturalmente bisognerà sottrarre la velocità di allontanamento della galassia stessa, velocità dovuta all'espansione dell'Universo.


Il seguente grafico mostra una serie di curve di rotazione di alcune galassie a spirale ricavate proprio dall'analisi del tipo di spettri sopra citati:


Figura 7: tipiche curve di rotazione di galassie a spirale


La velocità misurata deve anche essere corretta per tener conto dell'angolo di inclinazione del disco rispetto alla linea di vista, misurabile facilmente tramite l'ellitticità apparente del disco, che si assume circolare:



Perché si noti la "distorsione" dello spettro, e quindi sia possibile effettuare una misura della velocità di rotazionee, occorre che l'inclinazione della galassia sia tale che una significativa componente della rotazione sia lungo la linea di vista. In altre parole, è impossibile misurare la curva di rotazione di una spirale vista di faccia.


Le velocità dei dischi hanno valori tipici massimi di 200-400 km/s (i valori più elevati sono per le galassie del tipo Sa). Come nel caso della Via Lattea, le zone centrali posseggono una velocità rotazionale che cresce proporzionalmente al raggio, cioè del tipo di un corpo rigido. Prendendo ad ipotesi che nella zona centrale la forza di gravità a cui è soggetta la materia sia in valore assoluto uguale alla forza centripeta si ha:



La densità in una zona centrale sferica di raggio r è pari a



c)      Per velocità di rotazione si intende sempre la velocità lineare della materia nella sua rivoluzione attorno il centro della galassia

Esplicitando   e sostituendolo nella formula sopra per la velocità si ottiene


e risulta quindi che V è proporzionale ad r .


Raggiunto il valore massimo ad una distanza di alcuni kpc dal centro, la velocità si mantiene intorno ad un valore costante, fino ai limiti estremi del disco, senza decrescere. Poiché anche la struttura a spirale corrisponde ad una configurazione di equilibrio, ad ogni dato raggio del disco forza gravitazionale e forza centrifuga si bilanciano:



Pertanto se V ≈ costante allora M è direttamente proporzionale al raggio; la massa della galassia cresce anche nelle regioni più esterne del disco dove le osservazioni non mostrano materia. Questi argomenti sono stati tra i primi a indicare la presenza di aloni di materia oscura intorno alle galassie.

La relazione Tully-Fisher


La relazione di Tully-Fisher fu introdotta nel 1977 da R.Brent Tully e J.Richard Fisher. Si tratta di una formula empirica (di cui non esiste ancora nessuna dimostrazione teorica convincente), dedotta analizzando le galassie spirale di cui era nota la distanza. Tully e Fisher si accorsero che esisteva una relazione fra la magnitudine assoluta e la velocità di rotazione massima.



Figura 8: Relazione di Tully-Fisher tra magnitudine e velocità di rotazione per spirali di varie classi


Ricavarono 3 relazioni, una per ogni sottotipo di galassia:


MB 95 log Vmax per le Sa


MB 2 log Vmax per le Sb


MB 0 log Vmax per le Sc


I valori dei parametri che compaiono nelle formule si determinano dai dati osservativi, utilizzando galassie di cui è nota la distanza per mezzo del metodo delle Cefeidi.

Conoscendo la magnitudine assoluta in Bf delle galassie si può ricavare la loro luminosità e quindi confrontare questa con il flusso che ci giunge da esse per calcolare la loro distanza dalla Terra.

Si usano le formule:


dove LB è la luminosità da trovare della galassia, ed L0 e M0 sono i valori noti di un altro oggetto celeste di riferimento, solitamente il Sole.




d)     Magnitudine assoluta in B: gli astronomi misurano il flusso proveniente da un oggetto celeste attraverso dei cosiddetti filtri a banda larga. I filtri sono costruiti in modo da far passare solo una banda ben definita dello spettro elettromagnetico dell'oggetto celeste. La magnitudine in B viene misurata applicando il filtro B, caratterizzato da una banda centrata nella lunghezza d'onda di 4355 Å e che copre un intervallo di lunghezze d'onda ( ) di 926 Å. Corrisponde in maggior parte alle lunghezze d'onda della luce visibile Blu.

Ottenuta quindi la luminosità, si può calcolare la distanza dalle formule


   dove f è il flusso


Usando la relazione di Tully-Fisher si può pertanto ricavare la distanza di galassie in cui le Cefeidi non sono più utilizzabili ed eventualmente stabilire e confermare il valore della costante di Hubble.


Figura 9: la relazione di Tully-Fisher è un metodo per misurare distanze cosmiche, fino a 1010 anni luce; i limiti dei differenti metodi rappresentati sono dati per lo più dai limiti e dalla sensibilità dei nostri strumenti di misura.

I bracci di spirale


Le spirali caratterizzano a vista queste galassie cui ne danno il nome, e le rendono strutture altamente organizzate. In linea di principio le spirali possono essere leading (con le estremità dirette nel verso della rotazione), o trailing (i bracci seguono l'andamento della rotazione galattica). Per saperlo dobbiamo sapere quale parte della galassia è più vicina a noi. Il senso di avvolgimento nettamente più frequente è comunque il secondo, ovvero il trailing.

Le spirali si distinguono poi in grand-design spirals, che sono spirali maestose dotate di due soli bracci ben definiti, come si può notare in M51, e in spirali flocculente, in cui la struttura a spirale è costituita da un insieme di filamenti irregolari.



Figura 10: la galassia M51 ( Sa )


Le galassie a spirale non ruotano come corpi rigidi in cui tutti i punti, anche se a diverse distanze dal centro, hanno la stessa velocità angolare. Al contrario sono caratterizzate da una rotazione differenziale, in cui la materia più vicina al centro ruota più rapidamente di quella alla periferia. Procedendo verso l'esterno le componenti delle galassie hanno velocità angolari via via più basse, in modo che la loro velocità scalare sia all'incirca costante con l'aumentare della distanza dal centro. Le stelle più esterne rimangono così sempre indietro rispetto quelle più interne. Inizialmente si ipotizzò che fossero questi moti a creare un effetto di avvolgimento che dava vita alle spirali. Sorgeva però il problema dell'avvitamento. In poche centinaia di milioni di anni i bracci si avvolgerebbero così tante volte su sé stessi da divenire irriconoscibili. Basti pensare che il Sole impiega circa 108anni per compiere una rivoluzione attorno il centro della Galassia; la Via Lattea ha un'età di circa 1010anni. I bracci di spirale della Galassia si sarebbero già avvolti circa 100 volte quindi. Il winding problem (problema dell'avvitamento) non consentirebbe allora di giustificare il numero di galassie a spirale presenti nell'Universo, che vale addirittura il 75% del totale delle galassie osservate. Pertanto deve esistere un "meccanismo" che riforma continuamente le strutture a spirali.


Lin e Frank Shu nel 1964 proposero il modello a onde di densità quasi-statiche: le onde di densità corrispondono a strutture di addensamento del disco del 10-20% prodotte da un'instabilità fluida globale. Quello che si osserva è essenzialmente un'onda stazionaria generata da qualche forma di perturbazione prodotta al centro del disco che si propaga attraverso il disco, praticamente nello stesso modo in cui le onde si propagano lungo una corda di violino o attraverso la superficie degli oceani. Le galassie flocculente potrebbero originarsi quando l'onda è in effetti data dalla sovrapposizione di più onde elementari. Il problema in questo modello è ovviamente l'individuazione della perturbazione che genera le onde di densità. Possibili candidati sono collassi di nuvole di gas, formazione stellare a catena nelle regioni centrali o l'interazione gravitazionale con altre galassie. La convinzione è che le strutture a spirale restino sostanzialmente immutate in un arco di tempo di alcuni periodi orbitali, infatti le onde di densità sono state definite "quasi-stazionarie".


In un sistema non inerziale rotante, tipicamente le stelle vicine al nucleo tendono a ruotare a velocità angolare Ω > Ωgp maggiore dell'onda e quindi la sopravanzano (vedi figura 10); le stelle all'esterno si muovono a velocità angolare Ω < Ωgp minore dell'onda, e quindi si muovono all'indietro nel sistema globale non-inerziale. Esiste solo un particolare raggio, detto raggio di corotazione Rc, in cui onde e stelle si muovono alla stessa velocità angolare.


Il passaggio della materia attraverso l'onda di densità comporta una compressione che favorisce la condensazione del gas in stelle. I bracci di spirale sono più blu del resto del disco e l'emissione Hα g rivela la presenza di gas ionizzato intorno alle stelle massicce. Questi dati osservativi indicano che i bracci contengono un maggior numero di stelle azzurre più calde, le uniche in grado di emettere fotoni UV ionizzanti (con energia maggiore di 13,6 eV). Poiché tali stelle calde non vivono più di 106 anni, significa, coerentemente con quanto detto sopra, che i bracci di spirale sono sede di intensa formazione stellare. Per di più si notano sui lati concavi sottili bande di polvere che indicano addensamenti di gas.


Per quanto la gran parte di tali predizioni sia stata effettivamente comprovata dalle osservazioni, la validità dell'ipotesi di Lin-Shu rimane comunque ancora oggetto di intensi dibattiti tra gli astronomi che si occupano di dinamica.



Figura 11: (a) I bracci di spirale di una galassia viste nel sistema di riferimento inerziale in cui l'onda di densità si muove a velocità angolare Ωpg ; la stella in A si muove a velocità angolare maggiore, la stella in B a velocità minore, la stella in C corotante. (b) I moti delle stelle viste nel riferimento non inerziale corotante con l'onda di densità.


g)    l'emissione Hα è l'energia emessa dall'atomo di idrogeno quando il suo elettrone passa dal livello energetico 3 a 2. Importante anche negli spettri elettromagnetici la riga Hβ, corrispondente all'emissione emessa nella transizione dal livello 4 al 2.

Le spirali delle galassie sembrano essere di tipo logaritmico. Se R ed ϕ descrivono la posizione in coordinate polari di ogni punto della spirale, prendendo come centro del sistema di riferimento il centro della galassia stessa, le spirali logaritmiche rispettano la seguente legge:



in cui R∙ è quindi un piccolo arco della circonferenza di raggio R, mentre dR è la differenza tra la posizione dei due estremi del corrispondente arco di spirale. i invece è l'angolo di Pitch, l'angolo fra la tangente al braccio di spirale e la tangente alla circonferenza di raggio R. L'angolo di Pitch, indicato nella prossima figura, è costante per ogni spirale. Le spirali delle galassie Sa sono caratterizzate da un'ampiezza dell'angolo attorno i 5°, fino a 10° in genere le Sb, mentre l'angolo per le Sc può essere fino a 30°.



Figura 12: esempio di una spirale logaritmica con evidenziazione dell'angolo di Pitch



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