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LA PRIMA GUERRA MONDIALE - La produzione bellica, Carri armati, dirigibili, cacciabombardieri, Lo scoppio della guerra, L'Italia in guerra




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LA PRIMA GUERRA MONDIALE


La produzione bellica

Il primo conflitto mondiale diede un enorme impulso alla produzione industriale. Caduta la speranza di risolvere con una guerra lampo le sorti del conflitto, fu chiaro a tutti che una guerra di logoramento sarebbe stata vinta da chi avesse meglio armato i suoi soldati. Poiché, per la prima volta, si trattava di una guerra di massa, che coinvolgeva milioni di soldati, anche nelle industrie, dovevano diventare di massa. Armi, munizioni, uniformi, veicoli motorizzati grazie all'invenzione del motore a combustione interna, materiali da combustione, dovevano ora essere prodotti in serie e in grande quantità per quel divoratore di risorse che era la guerra. Questa trasformazione avvenne gradualmente: all'inizio i trasporti erano garantiti specialmente da muli e cavalli; alla fine, prevalevano gli autocarri con motore a combustione interna.


Carri armati, dirigibili, cacciabombardieri.

Nuove armi furono inventate per l'occasione. L'uso del motore a scoppio portò all'invenzione del carro armato, un veicolo corazzato capace di muoversi nei terreni più accidentati, dotato di mitragliatrici o cannoni in grado di sfondare le linee nemiche. I primi ad usare i carri armati furono gli inglesi nel 1916 ma con scarso successo. Non si era ancora studiata una tattica precisa relativa al loro impiego, e a volte erano più un intralcio che un aiuto per la fanteria. Alla fine della guerra, però, nuovi modelli appoggiavano i fanti lungo la linea del fronte. Anche l'utilizzo di mezzi aerei fu utilizzato come armamento. I tedeschi tentarono più volte di bombardare Londra con grossi dirigibili chiamati zeppelin, dal nome del loro ideatore. Tuttavia i bombardieri, che si alzavano da terra di notte erano ancora molto imprecisi e volavano a quote molto elevate per non farsi colpire da aerei britannici. Gli aerei invece erano forniti di mitragliatrici rivolte verso l'elica corazzata ed erano biposto siccome uno pilotava e l'altro era l'addetto alla mitragliatrice. Tutte queste nuove invenzioni furono per l'appunto avantaggiate dall'utilizzo del motore a combustione interna.


Lo scoppio della guerra

Il pretesto per lo scoppio fu l'assassinio in Serbia dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Austria con tutta la famiglia: l'Austria intimò un ultimatum alla Serbia, con il quale chiedeva di collaborare alla ricerca dei responsabili del delitto; in questo modo veniva sminuita la sovranità dello stato. La Serbia non accettò e l'Austria, appoggiata dalla Germania, le dichiarò guerra. Subito la Russia scese in campo per difenderla, e la Germania le dichiarò guerra. Anche la Francia, alleata Russa, scese in campo: la Germania, invadendo il Belgio neutrale che non gli voleva far passare le truppe, dichiarò guerra alla Francia ed anche l'Inghilterra, infastidita dal gesto, si schierò con Francia e Russia. La situazione era dunque questa: da una parte la Triplice Alleanza, formata da Germania, Austria e impero Ottomano; dall'altra la Triplice Intesa, formata da Inghilterra, Francia, Russia, che difendevano la Serbia. Rimanevano neutrali Italia e Romania.
La guerra si dimostrò subito diversa rispetto a tutte le altre, sia per la grande massa di uomini impiegati sia per i nuovi e terribili armamenti.
Nonostante una prima posizione di neutralità, i socialisti europei finirono per cedere alle posizioni nazionaliste e si dichiararono favorevoli all'intervento in guerra, votando i crediti per gli armamenti.


La guerra di movimento

Esisteva una grande sproporzione tra le forze della Triplice e quelle dell'intesa e per questo motivo il piano tedesco ideato da Schlieffen prevedeva la guerra - lampo, in modo da sconfiggere subito la Francia e concentrare le forze sul fronte orientale russo. In un primo momento l'offensiva riuscì, portando i tedeschi a 40 chilometri da Parigi ma poi la controffensiva francese nella battaglia della Marna fece ritirare il generale Von Moltke. Dopo questa sconfitta si provò la 'corsa al mare', ovvero il tentativo di aggirare da nord le truppe francesi e chiudere i rapporti marittimi con la Gran Bretagna: anche questa offensiva fallì e i due eserciti si prepararono ad affrontare la terribile guerra di trincea.
La Germania si trovò così costretta a distribuire le sue forze su due fronti. Su quello orientale le vicende erano altalenanti: a vittorie tedesche succedevano quelle russe, e a favorire la Germania ci pensò l'impero ottomano, che indebolendo la Russia, rese possibile una controffensiva austriaca mirata a riconquistare la Galizia precedentemente sottratta.
Sicuramente più successo ebbe il blocco navale Britannico, al quale si opponeva la guerra sottomarina tedesca. Un incidente però, ossia l'affondamento del piroscafo civile Lusitania, con 100 cittadini americani, attirerà sulla Germania le antipatie degli Stati Uniti.


L'Italia in guerra

In base all'articolo 7 del trattato che univa l'Italia alla Germania e all'Austria, la posizione neutrale assunta dall'Italia era perfettamente legittima, infatti il punto prevedeva la discussione preventiva dei territori da dare in compenso alla fine della guerra e ciò non era avvenuto. Ma il problema della posizione italiana rimaneva irrisolto.
All'interno del paese erano infatti schierati i neutralisti e gli interventisti.

Ai primi appartenevano:
- i socialisti: essi infatti ritenevano la guerra voluta dalle grandi potenze imperialiste e capitaliste europee ma d'altra parte erano isolati e il loro neutralismo era stato indebolito dalle posizioni interventiste dei socialisti europei;
- i cattolici: ovviamente il pontefice non poteva che schierarsi contro la guerra, anche se esisteva ancora il contrasto tra l'obbligato neutralismo della Chiesa e la dovuta lealtà dei cattolici allo Stato di cui facevano parte;
- i giolittiani: Giolitti sosteneva che la guerra sarebbe durata molto tempo e l'Italia era impreparata sia economicamente che militarmente ad affrontarla. Ma Giolitti non si limitò a manifestare la sua posizione sulla situazione italiana, anzi formulò un 'analisi della situazione internazionale: egli riteneva che si sarebbe potuto ottenere 'parecchio' senza la guerra, ove parecchio indicava l'opportunità di contrattare la neutralità come se fosse una vittoria. D'altronde anche la situazione dell'Austria, che non poteva resistere all'urto di altre diverse nazionalità, lasciava presagire ciò. Invece proprio l'Austria era assolutamente contraria a qualsiasi cessione di territori, nonostante le pressioni tedesche.

Agli interventisti appartenevano:
- gli 'interventisti democratici' e i 'socialisti riformisti': i primi erano fautori di una pronta cessione delle terre irredente; i secondi ritenevano che solo sconfiggendo gli imperi centrali si potevano attuare le aspirazioni di indipendenza nazionale e di democrazia dell'Europa intera; gli esponenti del sindacalismo rivoluzionario: guidati da Mussolini, essi credevano nella prospettiva rivoluzionaria che potrebbe nascere dalla sconfitta degli imperi centrali e criticavano apertamente la passività dei socialisti italiani;
- i nazionalisti: essi vedevano nella guerra esclusivamente anti - democraticismo e ambizioni espansionistiche;
- i liberali conservatori:  essi ritenevano che da un lato, entrando in guerra, al parlamento venivano dati poteri straordinari tali da far finire per sempre le riforme giolittiane, e dall'altro puntavano a riottenere i territori del Trentino e Trieste e di far acquistare all'Italia lo status di grande potenza.

Era allora ormai inevitabile la rottura da parte dell'Italia della Triplice Alleanza sancita nel 1915 con il Patto di Londra tra Italia, Inghilterra, Francia, Russia. In caso di vittoria l'Italia avrebbe ottenuto il Trentino e Trieste, l'Istria, la Dalmazia, il porto di Valona e altri territori da stabilire.
Rimaneva il problema di convincere il parlamento di maggioranza giolittiana ad entrare in guerra. Il 24 maggio 1915 l'Italia dichiarò guerra all'Austria.
Le prime battaglie, come prevedibile, ebbero esito disastroso: nei territori del Carso i soldati italiani subirono quattro cruente disfatte (Battaglie dell'Isonzo). Nel frattempo la Bulgaria si schierava dalla parte degli imperi centrali, aggravando la posizione russa nei Balcani ma soprattutto quella serba. L'unico presidio dell'intesa nei Balcani fu Salonicco, città greca ufficialmente neutrale ma in realtà alleata dell'Intesa.


La Guerra di trincea

Il capitolo più terribile e sanguinoso di questa guerra fu rappresentato proprio dalla guerra di trincea. Migliaia di uomini al freddo, alle intemperie, vittime delle malattie e dei cecchini, che persero la vita per conquistare pochi metri, poi regolarmente persi.
Uno dei più sanguinosi massacri fu la battaglia di Verdun: l'alto comando tedesco sapeva che difficilmente avrebbe potuto conquistare il presidio francese di Verdun, ma contava sul fatto di causare molte perdite al nemico in relazione alle sue. Un freddo calcolo matematico dunque, che si dimostrò errato: infatti le perdite furono enormi sia da una parte che dall'altra, senza grosse differenze. Successivamente l'Austria mandò una spedizione punitiva contro il traditore italiano, che però reagì favorito anche dal contemporaneo attacco russo.
Gli eserciti centrali avevano dunque subito gravi sconfitte. La Romania, sollecitata dalla vittoriosa avanzata delle truppe russe nei Carpazi, decise di entrare in guerra con l'Intesa ma il suo debole esercito fu annientato e il suo ricco territorio occupato. D'altronde uno dei maggiori problemi della Triplice erano proprio gli approvvigionamenti, bloccati bene dalla flotta inglese.
Nel frattempo in Medio Oriente Francia e Inghilterra si spartivano l'Impero ottomano.
L'andamento della guerra fece tornare su posizioni di pace i socialisti europei.
Un po' in tutti gli stati si assistette al rafforzamento del potere esecutivo unendo al governo anche le opposizioni: erano questi i gabinetti di guerra.
Mentre le democrazie parlamentari attuavano i gabinetti di guerra, gli imperi centrali accentuarono gli aspetti repressivi e autoritari dei loro governi, vietando la libertà di stampa, di pensiero e centralizzando l'economia. Poiché i materiali per rifornire l'esercito servivano in abbondanza e presto, la qualità spesso ne risentiva mentre chi li produceva si arricchiva: erano questi i profittatori di guerra.


1917: L'intervento degli usa e il crollo degli imperi centrali

Alla fine del 1916 si era venuta a creare una situazione di stallo tra le potenze belligeranti. Si pensò che la pace fosse vicina. La fine del conflitto aveva come principale punto di riferimento gli Stati Uniti ed il loro presidente. Proprio alla fine dello stesso anno il governo tedesco propose delle condizioni di pace miranti all'acquisizione di territori a est e ad ovest. Ma queste condizioni erano ben lontane da quelle che avrebbero voluto le potenze dell'intesa.
L'imperatore austriaco offrì alla Germania parte dei suoi territori polacchi se quest'ultima in cambio avesse ceduto in caso di pace l'Alsazia e la Lorena alla Francia. L'Italia si oppose a quest'accordo perché non avrebbe visto riconosciuto il principio di autodeterminazione per la sua terre irredente.
Le speranze di pace si affievolirono e ben presto ripresero le ostilità. La Germania avviò una guerra sottomarina contro l'Inghilterra pensando che questa entro sei mesi non sarebbe stata in grado di provvedere al suo approvvigionamento a causa dei danni inferti al suo sistemi di trasponi dai potentissimi sottomarini e gli Usa non sarebbero entrati in guerra prima di un anno. Tutto ciò non fu vero infatti l'Inghilterra in breve tempo si riprese dalla crisi e gli Usa dopo l'affondamento del loro mercantile Vigilantia il 2 aprile 1917 decisero di entrare in guerra.
Contemporaneamente usciva di scena a causa delle rivolte sociali la Russia.
Il Pontefice
Benedetto XV chiedeva invano una pace senza vincitori ne vinti ma la volontà di vincere delle potenze dopo tutti gli sforzi sopportati era troppa Così a metà del 1917 si ebbe una ripresa del conflitto sul fronte orientale e su quello italiano.
Gli imperi centrali grazie alla ritirata degli eserciti Russi potettero occupare la Polonia e parte delle regioni Baltiche. Contemporaneamente fu predisposta una controffensiva in Italia. Le truppe italiane erano ancora predisposte in assetto da attacco e a causa di errori tattici ed organizzativi a Caporetto, dopo che l'esercito austriaco era stato rinforzato da alcune divisioni tedesche, si ebbe una grave sconfitta. L'esercito austriaco penetrò in Italia per oltre 200. Questo fu uno dei momenti più drammatici della storia italiana e parve quasi che la stessa unità fosse in pericolo.
Al posto di Boselli sali al governo Orlando il quale era maggiormente appoggiato e sostituì Cadorna con Armando Diaz affermando che più terribile di una guerra è una guerra perduta.



La sconfitta degli imperi centrali

Ne1 1918 il Presidente degli Stati Uniti pubblicò i 14 punti nei quali fissava le condizioni che avrebbero dovuto regolare i rapporti tra le nazioni alla fine del conflitto, In base al principio di nazionalità e autodeterminazione dei popoli si doveva ridisegnare l'Europa. Doveva essere una pace nuova; non doveva mirare all'espansionismo delle potenze vincitrici ma doveva garantire il rispetto del principio di nazionalità.
La pace conclusa con gli imperi centrali nel l918 obbligava l'ex impero zarista alla cessione della Polonia, dell'Estonia, della Lettonia, della Lituania e al riconoscimento dell'indipendenza Ucraina.
Ormai tranquilli sul fronte orientale i tedeschi fecero affluire truppe sul suolo francese riprendendo una tattica simile a quella utilizzata all'inizio del conflitto in breve tempo si riportarono sulla linea della Marna. Lo sfondamento che avevano fatto nelle barriere francesi non era stato di grande importanza e cosi gli Inglesi e i Francesi uniti gli eserciti contrattaccarono vincendo nella battaglia di Amiens.
Il fallimento tedesco seguito dall'insuccesso austriaco nel tentativo di sfondare la linea italiana del Piave, lasciava prevedere la sconfitta degli imperi centrali.
Nel tentativo di raggiungere una pace non troppo disastrosa, Guglielmo il nominò cancelliere il democratico Baden il quale cercò cerco di trasformare la Germania da monarchico-mititare a liberal-democratica. Sulla questione decisiva dell'abdicazione del re, però, incontrò la secca opposizione del Kaiser e degli ambienti militari in genere.
Seguirono una serie di rivolte ed ammutinamenti che portarono l'11 novembre 1918 alla firma dell'armistizio.
Lo sfaldamento dell'esercito austriaco determinò anche la fine dell'impero asburgico. La Cecoslovacchia si proclamò indipendente, fu formato lo stato Yugoslavo e si formarono governi provvisori in Ungheria e a Vienna.
Il 3 novembre 1918 a Villa Giusti prima della sua abdicazione l'imperatore austriaco firmò l'armistizio con l'Italia.


I trattati di pace

Alla conferenza di pace di Parigi non vennero accolti i rappresentanti delle potenze vinte a essi spettava solo l'alternativa dell'accettazione o di una ripresa delle ostilità. Per la prima volta problemi fondamentali dell'equilibrio europeo venivano discussi insieme a potenze non Europee quali Giappone e USA. La 'New diplomancy' proposta da Wilson non era ben vista dalle potenze vincitrici.
Tutto sommato dopo che la flotta tedesca preferì auto affondarsi piuttosto che consegnarsi ai nemici, gli Inglesi avevano raggiunto il loro scopo principale.
Adesso essi cercavano di non fare punire con pesantissime sanzioni la Germania perché questa fino al 1914 era stata la loro migliore partner commerciale.
Wilson si oppose alle rivendicazioni italiane preferendo appoggiare i nuovi governi tra cui quello iugoslavo. Dopo questa opposizione Orlando preferì abbandonare per alcuni giorni la conferenza.
Per evitare futuri e dannosi conflitti si creò la Società delle Nazioni con sede a Ginevra che avrebbe dovuto rappresentare tutti gli stati sovrani del mondo. I paesi membri si impegnavano a non ricorrere più alla guerra per risolvere le controversie ma al giudizio della Società delle nazioni. Quest'organizzazione non aveva però i mezzi per far si che le decisioni prese venissero rispettate. Essa era in realtà molto fragile.

Dalla conferenza di Parigi uscirono cinque distinti trattati:
Con il TRATTATO Dl VERSAILLES la Germania doveva cedere l'Alsazia e la Lorena alla Francia.
Al rinato Stato polacco dovette cedere parte della Slesia, della Posnania e della Pomerania assicurandogli in questo modo un accesso nel mar Baltico. La città di Danzica che si affacciava sul Baltico venne considerata città libera.
La Germania orientale venne in questo modo separata da quella occidentale e l'impero coloniale tedesco diviso tra Inghilterra e Francia.
Quando si dovette decidere a chi dare la colpa del conflitto si pensò, anche a causa delle pressioni francesi, ad accusare la Germania. In base all'articolo 231 essa era tenuta a risarcire tutti i danni procurati alla popolazione e le pensioni di guerra in una cifra che fu stabilita intorno ai 132 marchi - oro. Come garanzia del pagamento la Francia poteva occupare per 15 anni il bacino carbonifero del Saar. L'esercito tedesco venne ridotto a 100000 unità.


Le conseguenze economiche della pace

Dopo la fine della guerra si erano venuti a creare particolarismi che in futuro avrebbero potuto creare problemi. Le nuove nazioni sorte, dette cuscinetto, non avevano la capacità di vita economica autonoma né propensione ad allearsi tra di loro. Il trattamento riservato allo Stato tedesco non solo rovinò il migliore dei mercati centro-europei ma aveva creato un pauroso sentimento di rivincita. Francia ed Inghilterra pur essendo nazioni vincitrici erano sommerse dai debiti contratti con gli Stati Uniti mentre in Italia oltre alla crisi economica si parlava di vittoria mutilata.
Il ritorno ad un'economia di pace fu difficilissimo e il processo di riconversione, molto lungo, fece crescere la disoccupazione. La soluzione a questi problemi era quella proposta nei trattati di pace: bisognava fare circolare rapidamente materie prime a buon mercato e tornare, grazie anche agli aiuti proposti agli imprenditori, a proporre alla popolazione merci abbondanti a prezzi vantaggiosi.
Con questo tipo di trattati, si era perduta l'opportunità di dare all'Europa e al mondo intero un periodo di pace duraturo. Dal punto di vista sociale tutti gli Stati erano più o meno in crisi perché i miglioramenti sopraggiunti dopo la vittoria non potevano colmare gli sforzi economici ed umani subiti. L'idea generale era che si fosse combattuto per nulla.


I problemi del dopoguerra

Le forze socialiste e cattoliche nonostante la vittoria, continuavano ad avere un atteggiamento critico nei confronti della classe liberale dirigente ed intendevano raggiungere il potere per portare al termine quelle riforme che la guerra non aveva permesso di realizzare.
La riforma principale a cui aspiravano, era quella agraria, cioè quella che prevedeva di dare ai contadini, che erano stati i principali combattenti, la proprietà della terra.
La classe liberale non poteva utilizzare la vittoria per aggregare il consenso dei diversi strati sociali da qui la nascita del Partito Popolare Italiano guidato da Don Luigi Sturzo.
Esso nacque principalmente per impedire in Italia un'avanzata del socialismo di tipo bolscevico. Il programma prevedeva la libertà di insegnamento, il riconoscimento dell'importanza dei valori religiosi e della famiglia. Chiedevano anche un sistema elettorale di tipo proporzionale e l'ampliamento del voto alle donne.
Sul piano economico cercavano di far si che le classi sociali invece di lottare tra di loro cooperassero per trovare insieme soluzioni vantaggiose per esempio per la riforma agraria.
I leader più rappresentativi del Partito Sociale Italiano alla fine della guerra vennero messi in minoranza.
Il giornale "Ordine nuovo" credeva che fosse fondamentale trasportare all'interno della classe operaia italiana il modello dei Soviet ed organizzare consigli di fabbrica capaci in breve tempo di autogovernare le aziende.
La crescita della disoccupazione seguita a ruota dalla aumentata inflazione non penalizzo moltissimo i lavoratori dell'industria grazie ai loro sindacati. Là dove i sindacati non esistevano come ad esempio nel settore agrario, lì la crisi si fece sentire abbastanza. Anche i ceti a reddito fisso vennero penalizzati e i borghesi che in tempo di guerra avevano ricoperto cariche importanti adesso si sentivano solo opachi lavoratori.
Nacque l'Associazione Nazionale Combattenti con l'obbiettivo di dare voce alle aspettative dei combattenti pur restando estranea ai partiti.
Mussolini a Milano, fece nascere i fasci di combattimento. Il suo programma parlava di Repubblica, di suffragio universale e di ordinamento sociale corporativo. Voleva pure la formazione di un unico "superpartito" chiedeva inoltre che la giornata lavorativa fosse di 8 ore. Difendeva chiunque avesse combattuto la guerra, facendosi considerare nemico dei socialisti e neutralisti in genere mostrando verso questi i lati più aggressivi e arrivando anche all'incendio dell'"Avanti!". La difesa della guerra e l'idea della vittoria mutilata fecero guadagnare ai fascisti ampi consensi.
Differentemente i Democratici volevano abbandonare ogni idea espansionista per dedicarsi maggiormente a rapporti di amicizia con gli stati neonati.


CONCLUSIONI

Questioni di tipo Ambientale spingono alla progressiva riduzione delle applicazioni nella motorizzazione il cui utilizzo di combustibili inquinanti avranno in futuro vita breve. La completa scomparsa dal mercato del motore a combustione interna è da ritenersi puro utopismo infatti notevoli ed importanti problemi economici relativi alla conseguente scomparsa di intere aziende o di intere linee di produzione metterebbe a dura prova il mondo economico. Per tanto tutti gli studi che approfondiscono le conoscenze sulla combustione in tale motore ed in particolare sulle cause di formazione e di sviluppo degli inquinanti, sono di fondamentale interesse per la società e in particolare della salute pubblica e del pianeta Terra.
In questi ultimi anni se n'è parlato molto e se ne parla tutt'ora, di prospettive per il futuro di macchine che viaggeranno con combustibili come l'idrogeno prospettiva del tutto realistica e attuabile ma trova un piccolo problema che è quello di costo per l'ottenimento dell'idrogeno per catalisi con l'acqua, siccome la formula chimica dell'acqua è H2O e che quella dell'idrogeno è H. Questa soluzione al momento è perseguibile solamente a livello sperimentale e visto i costi per la realizzazione delle celle per la produzione di idrogeno e lo spazio utile per tale motore, è bene al momento impegnarsi anche in altri settori più versatili, senza abbandonare le speranze nell'idrogeno.
Altra possibilità più realistica al momento, è il motore elettrico. Alimentato con la sola elettricità, questa idea non è affatto nuova e già messa in commercio nei primi anni del XX secolo, non conobbe mai il successo che i suoi costruttori speravano. Malgrado il livello di progresso rappresentato dal movimento procurato tramite l'energia elettrica.
Infine, oggi i tecnici sono interessati all'uso di altre risorse energetiche. Sebbene l'idea di automobile elettrica (a costi ragionevoli) non sia riuscita ad affermarsi in modo decisivo, i costruttori hanno dato un grande slancio alla sperimentazione di prototipi o di piccole serie. Oltre alla questione del prezzo, restano i problemi dell'autonomia e dell'affidabilità di veicoli del genere.
Da non dimenticare i carburanti alternativi per i motori a combustione interna, tra cui per eccellenza il G.P.L. e il METANO, questi carburanti danno un contributo all'ambiente come pochi. In definitiva le energie alternative ci sono e basterebbe abolire il motore a benzina e gasolio.


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