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I sofisti




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I SOFISTI




I Sofisti (dalla parola SOPHISTES, coloro che fanno professione di sapienza) fioriscono nel mondo greco tra la metà e la fine del V sec. a.C.

Anticamente il Sofista era un uomo esperto, grande conoscitore di tecniche particolari, uomo assai colto e capace di comunicare tale sapienza. Successivamente il termine "sofista" indicò i pensatori che si rivolsero allo studio delle condizioni in cui si costituisce o si organizza il mondo degli uomini, dando grande importanza ai problemi politici e alle tecniche di persuasione come la RETORICA.

Essi sono portatori di una rivoluzione culturale assai importante poiché concentrano il loro interesse sull'UOMO.

Essi non accettano più la sacralità delle tradizioni e sciolgono così il legame tra l'uomo e il cosmo, riflessione filosofica invece perseguita dalle scuole filosofiche precedenti, ma si concentrano soprattutto sulla politica , sulle leggi, sulla religione e sulla parola. Infatti una delle asserzioni più importanti dei sofisti è che la PAROLA ha una funzione determinante nell'ambito dei rapporti tra gli uomini e che l'uomo E' uomo in quanto è rapporto con gli altri e dialogo, in quanto uomo politico.

Con i sofisti si ha anche una svolta assai pregnante nell'ambito educativo, l'uomo infatti ha bisogno di una formazione culturale nuova e più profonda che lo porti a dominare i suoi simili con l'intelligenza. Da qui l'importanza conferita alle tecniche retoriche ed eristiche (ragionamenti sottili e speciosi) per persuadere o dimostrare qualunque cosa.

I sofisti pian piano si propongono come i maestri adatti ad educare una nuova classe politica in grado di utilizzare queste capacità, e, novità nell'ambito educativo-filosofico, essi si fanno pagare per le loro prestazioni.

Anche per questo ebbero diversi contrasti con la vecchia aristocrazia, che rifiutò il loro modo di fare ed insegnare e furono seguiti solo da gente più ricca, poiché non tutti potevano permettersi di seguire le loro lezioni.

Cosi diventarono i maestri della classe dei nuovi ricchi, i commercianti e gli artigiani.

Naturalmente, a causa di queste novità, i sofisti con le loro tesi diedero vita ad una crisi della polis (città-stato) e dei suoi fondamenti morali e politici.

Infatti la DEMOCRAZIA rappresenta il presupposto genetico e lo spazio nel quale essi operarono, proprio perché si ersero a maestri più adatti a rendere gli uomini capaci di vivere insieme e di avere la meglio nelle competizioni civili, dando vita all'affermarsi dell' INDIVIDUALISMO, come conseguenza dello spirito democratico.


I problemi affrontati dai sofisti furono:


-che cos'è la virtù e se è possibile insegnarla


-cos'è la verità e la conoscenza


-qual è il fondamento delle leggi che governano lo Stato


soprattutto quest'ultimo problema diede vita ad un dibattito sul rapporto tra la natura e la legge, tra la physis e il nomos ( la legge scritta ).

Grazie a tutta queste caratteristiche generatrici di profonde innovazioni, la Sofistica è stata definita "Illuminismo greco" dove i miti e le credenze della tradizione vengono criticate e sostituite con nozioni concrete e reali.

I sofisti più famosi del primo periodo furono: PROTAGORA e GORGIA.






PROTAGORA



Nacque ad Abdera nel 486 circa a.C. e fu il primo e il più importante esponente della Sofistica, fu uomo di grande fascino e di eccezionale eloquenza, fu anche il primo a farsi chiamare "sofista".

Della sua vita si hanno notizie incerte, lavorò ad Atene per Pericle che gli affidò il compito di redigere un codice di leggi per la città di Turi, dove fu molto apprezzato per l'insegnamento dell'oratoria e della tecnica del disputare.

Pubblicò la sua opera "Sugli Dei", ma proprio questa provocò il malcontento dell'ambiente conservatore che lo accusò e condannò per empietà e ateismo; processato fu esiliato e i suoi libri distrutti, la nave che lo portava in Sicilia naufragò e lì morì.

Famose sono le sue opere: "Le Antilogie" dove trattava, nella prima parte, degli Dei e dell' Essere, nella seconda parte invece trattava delle Leggi, dello Stato e della tecnica; " La verità" invece è famosa per l' assioma tramandato attraverso i secoli, e ritrovato in un frammento ovvero " l'uomo è misura di tutte le cose , delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono" cioè la realtà o l'irrealtà delle cose e il loro modo di essere possono determinarsi solo attraverso la rappresentazione che l'uomo ne ha.

L'UOMO è per Protagora, coscienza sensoriale, ovvero sensazione; da un lato l'oggetto non esiste se non nel suo rivelarsi attraverso la sensazione, anzi nel suo agire nella coscienza, dall'altra parte la coscienza esiste e si rivela a se stesso solo nel suo lasciarsi impressionare dall'oggetto.


La SENSAZIONE per Protagora ha queste caratteristiche:


varia nello stesso soggetto da momento a momento, in relazione alle condizioni psichiche ed organiche del senziente : se un cibo è dolce quando si sta bene, è amaro quando si sta male;


varia da soggetto a soggetto: l'aria è calda per uno fredda per l'altro;


è istantanea e fuggevole, a causa dell'incessante susseguirsi delle impressioni.


Dunque la verità non è uguale per tutti, è relativa ai vari individui, e ancora di più è relativa nei diversi momenti e stati dei vari individui.

Per ognuno è vero quello che gli SEMBRA in quell'istante.

Non è possibile fissare una verità per tutti e per sempre poiché non si può fissare la vita interiore dell'uomo. Tutto è vero e ugualmente tutto è falso.

Alle domande che derivano da ciò, ovvero: se tutte le scienze si equivalgono, non c'è nessuna differenza tra la scienza e l'ignoranza? e di cosa sono i maestri i sofisti se non c'è una verità da insegnare? Protagora risponde che non c'è differenza di carattere teoretico (ovvero riguardo la verità ) ma c'è una differenza di carattere pratico; hanno maggiore valore quelle conoscenze che sono più capaci di produrre piacere all'individuo. Un esempio è la RETORICA o arte della persuasione, che è capace di indurre un individuo a far qualcosa, anche spiacevole, per produrgli piacere.

Dunque i Sofisti badavano soprattutto ad insegnare non tanto il sapere ma l'arte di esprimere e di comunicare una qualsiasi opinione soggettiva. Infatti ognuno ha la sua verità provvisoria e instabile, ma ciò che importa è il MODO in cui essa viene presentata.

Il processo di indifferenza per il contenuto di verità produsse quasi subito una degenerazione della retorica in ERISTICA, ovvero l'arte del contendere con la parola, e pian piano si cominciò ad ammirare l'abilità nel " rendere più forte il discorso più debole".





GORGIA



Nacque a Lentini, in Sicilia, nel 483 circa a. C.

Non si hanno certezze nelle date della sua vita, tranne che per il 427, quando arrivò ad Atene come ambasciatore con l'incarico di chiedere la protezione della città greca contro la minaccia di Siracusa.

Scrisse molto, ma la sua prima opera "Intorno al non-essere" è importantissima, infatti, oltre ad asserire di non preoccuparsi dell'essere e del non essere, poiché affermare l'uno o l'altro è la stessa cosa, si affermano le sue tre tesi fondamentali:


  1. NULLA C'E'

  1. SE ANCHE QUALCOSA C'E', NON E' CONOSCIBILE DALL'UOMO

  1. SE ANCHE E' CONOSCIBILE, NON E' COMUNICABILE AGLI ALTRI

Gorgia dimostra la prima tesi così: se qualcosa esiste sarà o l'essere o il non-essere, oppure l'essere o il non-essere insieme. Ma poiché il non-essere non c'è, non c'è neanche l'essere che se ci fosse dovrebbe essere o eterno o generato, ma non può essere né l'uno né l'altro, dunque non c' è nulla.


La seconda tesi si dimostra: se non possiamo dire che esistono le cose pensate non si può neanche dire che l'essere può venire pensato. Ma poiché le cose pensate non esistono, l'essere non può esser pensato.


La terza tesi si dimostra: le cose sono visibili e udibili, in genere tramite la sensazione di un individuo e non viceversa, come possono essere espresse da un altro? Poiché il mezzo con cui ci esprimiamo è la parola, e la parola non è l'oggetto cioè la cosa stessa che esprimiamo, si arriva al concetto che non è la realtà esistente ciò che esprimiamo.


Il messaggio più profondo di Gorgia sembra essere l'agnosticismo o lo scetticismo metafisico, ovvero la persuasione dell'impotenza umana a parlare dell'Essere e delle strutture del reale. Il risultato finale della sua tesi filosofica è la distruzione di ogni metafisica e la sfiducia totale nelle capacità conoscitive della nostra mente, così come le azioni dell'uomo non sono dettate dalla logica ma dalle circostanze, poiché l'uomo è sempre in preda a qualcosa di più grande di lui e che lo supera in potenza.








SOCRATE



Nacque ad Atene nel 469 a.C., il padre era uno scultore e la madre una levatrice.

Si avvicinò assai giovane alla filosofia e conobbe Anassagora e i Sofisti.

Dopo alcune esperienze da combattente, si dedicò totalmente alla ricerca filosofica e subito ebbe diversi discepoli, tra i quali Platone.

Nel 399 a.C. fu accusato di corruzione dei giovani di Atene e di diffondere false credenze su nuovi dei. Al processo, dopo una lunga difesa da parte sua, tramandata poi da Platone nella sua "Apologia di Socrate", venne condannato a morte. Dopo un mese di prigionia, dalla quale non volle fuggire per non trasgredire la legge, fu condannato a bere la cicuta.

Socrate non scrisse nulla e dunque tutto ciò che sappiamo di lui lo dobbiamo soprattutto a Platone ed in parte a Senofonte.

Il vero dilemma però non sta nel fatto che Socrate non scrisse nulla, poiché, in quell'epoca non era strano, dato che pochi sapevano scrivere, ma Socrate non scrisse nulla volutamente poiché pensava che la filosofia fosse una scienza che non può essere limitata a qualcosa di scritto, poiché lo scritto può solo comunicare una dottrina ma non può, sempre secondo Socrate, stimolare la ricerca. La filosofia era concepita da Socrate come un dialogo continuo, un esame di sé e degli altri incessante, non un gruppo di teorie già confutate.

Lo scopo della filosofia , secondo Socrate, è quello di aiutare l'uomo a chiarire se stesso, cercando di capire quali sono i limiti e renderlo solidale e sincero con gli altri.

Da qui il suo motto, che è poi la sintesi di tutto il suo pensiero GNOTHI SAUTON-CONOSCI TE STESSO, che significa appunto che l'uomo deve riconoscere innanzitutto che è uomo e quindi lontanissimo da Dio, da tutto ciò che è divino.

Per conoscersi l' UOMO innanzitutto deve riconoscere le proprie possibilità e i propri limiti, ovvero non deve essere presuntuoso dicendo di sapere tutto, come affermavano i Sofisti; e per giungere a questo riconoscimento, Socrate utilizzava un metodo basato sull' IRONIA e sulla MAIEUTICA.


L'IRONIA ( finzione) è quell'insieme di domande e provocazioni paradossali di cui Socrate si serviva per annientare la presunzione di sapere di un discepolo, per creare dunque il dubbio sulle proprie conoscenze riconoscendone proprio la fragilità e impegnando in seguito il discepolo, libero da pregiudizi e illusioni, a cercare la verità.


La MAIEUTICA è il processo seguente, infatti dopo aver fatto sì che il discepolo si liberi della sua presunzione e non volendo trasferire al discepolo la propria dottrina, Socrate cerca di stimolare la ricerca della sua unica e personale dottrina.

Questa procedura, detta appunto maieutica, è l'arte della levatrice, infatti così come ella aiuta le donne a partorire, così Socrate aiutava il discepolo a far venire a galla la sua verità.


La ricerca della verità è nello stesso tempo la ricerca del sapere vero e del modo migliore di vivere e per far ciò bisogna conoscere il BENE, che porta ,in seguito, alla VIRTU'.


Il BENE per l'uomo è ciò che lo trasforma in colui che la natura esige. Colui che sa, secondo Socrate, sceglie sempre cosa è meglio per lui e questa cosa è indicata dai greci come l' ARETE' (abilità, capacità).

La vera felicità è per Socrate non quella del corpo, che è destinato a morire, ma quella dell'anima che è immortale, dunque duratura; poiché l'uomo nella sua essenza più profonda non è altro che la sua anima.

Il discorso dell' ANIMA, in Socrate, esce dal contesto religioso e diventa, grazie ad un processo di moralizzazione ed individualizzazione, il punto principale del discorso morale.

Dunque ciascuno deve "conoscere se stesso" e quindi sviluppare ciò che è proprio della sua natura, senza preoccupazioni di nulla, finché non sia chiaro con se stesso.

L'uomo veramente libero è colui che sa dominare se stesso, usando i propri istinti senza eccedere, ecco perché alla base di ogni colpa e di ogni vizio vi è un errore di giudizio.

Socrate sostiene un ideale molto valido e nello stesso tempo molto alto e sicuramente, accessibile a pochi.

Socrate con la sua filosofia dà una svolta all' ideologia sofistica, che sosteneva che la virtù era o la giustizia o la forza o il coraggio o addirittura non esiste, Socrate invece vuole conoscere l' elemento universale, il BENE , ma Socrate a questa conoscenza non arrivò mai, assai nota è la sua affermazione " SO DI NON SAPERE", infatti l'uomo sapiente è colui che sa di non sapere.

Il mezzo migliore per raggiungere la felicità è impegnarsi a fondo nella conoscenza, poiché "una vita senza ricerca non è vita".

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