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L'avvento del fascismo e il progressivo svuotamento di poteri da parte del parlamento




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L'AVVENTO DEL FASCISMO E IL PROGRESSIVO SVUOTAMENTO DI POTERI DA PARTE DEL PARLAMENTO


Gli anni dell'avvento

Benché non costituisca un fenomeno esclusivamente italiano, il fascismo ha avuto origine nel nostro Paese come reazione e conseguenza della grave crisi politica ed economica seguita alla prima guerra mondiale. La classe dirigente, erede dello Stato liberale post-risorgimentale, aveva voluto spingere l'Italia nel conflitto, senza prevedere le gravissime perdite umane e materiali che ne sarebbero derivate. Così, dopo la fine vittoriosa, anziché godere i frutti della guerra, si era trovata improvvisamente costretta a dover fronteggiare una situazione difficilissima di tensioni e contrasti interni, dove gli interessi dei gruppi economico-sociali privilegiati si scontravano con le nuove aspirazioni della maggioranza della popolazione, fino ad allora tenuta ai margini della vita dello Stato. Questo processo di maturazione civile e politica dei ceti più poveri e incolti aveva ricevuto una notevole spinta a contatto col dramma dell'esperienza bellica, ma il ritorno alla normalità non aveva offerto a milioni di reduci la meritata ricompensa dopo i lunghi anni di pericoli e sofferenze in trincea. Anzi, insieme al dissesto delle finanze pubbliche, che i responsabili al governo non riuscivano a sanare, l'aumento dei prezzi e il diffondersi della disoccupazione alimentavano l'inquietante spirale delle agitazioni popolari. In questo sconvolgimento sociale, dove l'inefficienza economica stimolò il rafforzamento dei partiti di massa, con una forte crescita dei socialisti, soprattutto fra gli operai, e un'affermazione del Partito Popolare fra i cattolici dell'ambiente contadino, nacque e si andò affermando il movimento fascista.

Già nel 1915 Mussolini, leader del fascismo, aveva fondato i Fasci d'azione rivoluzionaria, con scopi puramente interventistici, risposta immediata e al neutralismo socialista che lo aveva costretto ad abbandonare il partito dove aveva fino ad allora militato. Sull'eco degli stessi principi, il 23 marzo 1919, Mussolini, nella riunione di Piazza San Sepolcro (Milano), fondò i Fasci di combattimento. Il loro era un programma quanto mai ambiguo, infatti, in esso si potevano riconoscere idee tipicamente fasciste (fondazione di uno Stato corporativo che favorisse gli interessi di una categoria a discapito di un'altra e valorizzazione della nazione italiana) e idee tipicamente progressiste (suffragio universale, giornata lavorativa di otto ore, partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori alla direzione tecnica delle industrie).

Esso poté così inserirsi agevolmente nella mutevole e difficile situazione dell'Italia del dopoguerra, avvalendosi di tutti i motivi di malcontento e disorientamento vivi nel paese. Inizialmente tuttavia il peso del nuovo movimento fu scarso; infatti, nelle elezioni politiche del novembre 1919 (alle quali si erano presentati con un programma radicale che andava dalla Costituente all'abolizione del Senato, dalla tassazione progressiva sul reddito al controllo operaio), i fascisti riportarono nell'unica lista presentata (Milano), solo 4795 voti, contro 170.000 voti socialisti e 74.000 voti popolari della stessa circoscrizione.

Certamente il movimento mussoliniano pagò anche l'errore di avere appoggiato l'impresa dannunziana di Fiume (12 settembre 1919) che non trovò eco in un'Italia stanca di imprese belliche e velleitarie.

Intanto i Fasci furono costituiti anche in altre città (Napoli, Genova, Treviso, Roma e molte altre). L'infiltrazione nella zona industriale e agraria era avvenuta, la presenza nella capitale era assicurata. L'alta industria aveva trovato nel fascismo la forza da opporre alle rivendicazioni operaie, agli scioperi, alle durezze della lotta sociale che raggiunse il vertice con l'occupazione delle fabbriche nel 1920, mentre nella Valle Padana e nell'Italia meridionale, dove dominava la grande proprietà fondiaria e il bracciantato soffriva delle peggiori condizioni di sottooccupazioni e dove i contadini alla testa di organismi sindacali avevano tentato l'occupazione delle terre, il fascismo divenne lo strumento della reazione e sviluppò massicci attacchi contro gli avversari, con spedizioni punitive, incendi, devastazioni, assassini, soprattutto nei confronti dei socialisti e dei cattolici-popolari.

Giolitti, reputando che il fascismo sarebbe stato un fenomeno transitorio,

acconsentì alla sua strumentalizzazione per spegnere la carica rivoluzionaria dei socialisti durante questo periodo (biennio rosso).

Fascismo al potere

Nel 1921 il movimento si trasformò in Partito Nazionale Fascista e tolse ogni coloritura demagogica e repubblicana al suo programma, qualificandosi come forza di destra (con ampi consensi tra la piccola borghesia urbana e rurale), e presentò anche alle elezioni del 1921, nelle liste del 'blocco nazionale', con i liberali e i nazionalisti.

In queste elezioni, Mussolini, ebbe un discreto successo, entrando in Parlamento, ma non riuscì andare al Governo. Approfittando dei forti contrasti interni agli altri partiti, decise, il 28 ottobre 1922, per un'azione di forza.

Fece concentrare le squadre fasciste, dalle diverse parti d'Italia, alle porte di Roma con l'intenzione di far cadere il debole Governo Facta con un colpo di stato. In realtà non lo fa: non incontrò, infatti, nessuna resistenza da parte dell'esercito italiano poiché, il re Vittorio Emanuele III, si rifiutò di firmare lo stato d'assedio, per questo Facta decise di dimettersi insieme con tutto il Governo.

Il 30 ottobre il re convocò Mussolini per affidargli l'incarico di formare il nuovo Governo, segnando il crollo delle istituzioni liberali e democratiche.

I popolari e i liberali diedero il voto di fiducia al governo Mussolini sperando, come già Giolitti aveva auspicato, nella costituzionalizzazione della nuova realtà politica, ma già dal discorso che il futuro duce tenne alla camera si delineavano le caratteristiche totalitarie della sua ideologia politica 'Io avevo un potere straordinario, nonostante tutto non ho voluto andare oltre, avrei potuto ma non ho voluto. Avrei potuto trasformare il Parlamento in un bivacco di manipoli, ma non l'ho fatto. Andando più avanti potrei anche farlo'.

Il primo Governo Mussolini, di coalizione, formato da fascisti, da liberali, da popolari e da indipendenti, poté ottenere una larga maggioranza alla Camera (306 voti a favore e 116 contrari).

La speranza di una rapida 'normalizzazione' non si realizzò.

Nel 1922 fu istituito il Gran Consiglio del fascismo e l'anno seguente, lo squadrismo, fu istituzionalizzato nella Milizia volontaria per la Sicurezza Nazionale, con il doppio scopo da parte di Mussolini di potersene servire contro i nemici politici ed esercitare un controllo diretto sul braccio armato del suo stesso movimento. Sempre nel 1923, fu approvata una nuova legge elettorale, la legge Acerbo, che eliminava, di fatto, il sistema proporzionale fissando un premio di maggioranza pari ai 2/3 dei seggi per la lista che avesse ottenuto più del 25% dei voti.

Avvento dello Stato totalitario

In un contesto di violenze e intimidazioni contro gli esponenti dei partiti di opposizione, il 28 gennaio 1924 si giunse allo scioglimento della Camera e le nuove elezioni furono regolate dalla legge-Acerbo.

Palese era- dunque- lo scopo di rafforzare in maniera decisiva il nuovo potere fascista. Del listone presentato dal P.n.f. fecero parte anche uomini politici esterni al partito, che confidavano di smussare le asperità del movimento e di ricondurre Mussolini su un piano di normalità costituzionale.

Sull'altro fronte i partiti dell'opposizione si scontrano circa l'opportunità di prendere parte o meno alla tornata elettorale.

Particolarmente duro fu lo scontro tra il Partito socialista unitario di Matteotti ed il Partito comunista di Togliatti, Gramsci, Terracini: i primi erano contrari alla partecipazione, i secondi favorevoli, per non lasciar campo libero al fascismo.

La campagna elettorale fu di una violenza inaudita, caratterizzata dagli interventi pesanti delle squadracce fasciste.

Di questo clima rovente si fece testimone Giacomo Matteotti nel suo discorso che, tra l'atro, fu l'ultimo che pronunciò prima del suo assassinio, avvenuto il 10 giugno 1924.

L'intervento si svolse in un'atmosfera rissosa, caratterizzata da attacchi ad personam, a opera dei principali esponenti del Pnf, a partire da Roberto Farinacci. Matteotti proseguì in ogni modo nel suo discorso, apostrofando, spesso con ironia, le accuse e le invettive dei fascisti. Nel corso del suo intervento, più volte interrotto, egli chiese, in primo luogo, la non convalida delle elezioni del 6 aprile, proprio in ragione delle violenze che ne avevano caratterizzato lo svolgimento. A tal proposito ricordò fatti di gravità eccezionale, a partire dalle minacce contro i notai che avessero autenticato le firme necessarie per la presentazione delle liste e dai sequestri, ad opera delle milizie, dei fogli con le firme già autenticate.

Minacce, accusava, arrivavano addirittura a coloro che avevano intenzione di candidarsi alle elezioni. A tal proposito Matteotti portò l'esempio dell'onorevole Piccinini, assassinato per aver accettato la candidatura.

Matteotti ricordò anche la conferenza dell'onorevole Gonzales a Genova, che fu impedita a 'furia di bastonate' dagli squadristi.

Ricordò episodi dello stesso tipo verificatisi a Napoli, nel corso di un comizio di Amendola. Proseguendo fra le frequenti interruzioni, il deputato socialista ricordò che le pressioni si fecero ancora più pesanti ed evidenti anche all'interno dei seggi elettorali. I componenti della milizia fascista giunsero addirittura ad entrare nelle cabine elettorali, mentre gli elettori votavano, condizionandone la scelta finale. Al momento dello spoglio i voti furono cambiati ed attribuiti al 'listone'. Le schede bianche furono crociate a favore dei candidati fascisti. Solo nei centri di maggiore visibilità, posti sotto maggior controllo da parte dell'opinione pubblica, le milizie fasciste si trattennero.

Nel Sud si fece incetta di certificati e i destinatari, per paura di ritorsioni, non si recarono a votare e le medesime persone, usando tali certificati, votarono anche dieci volte.

Oltre al discorso accusatorio pronunciato alla camera, Matteotti nel mese di giugno dello stesso anno pubblicò un articolo sulla rivista ' English life',

'Machiavelli, Mussolini ed il Fascismo', attraverso il quale denunciava l'Affaire Sanclaire, una convenzione con una società americana produttrice di petroli, che vedeva implicati la famiglia Mussolini e la casa regnante.

Matteotti scrisse questo articolo in risposta all'articolo di Mussolini scritto in aprile su 'Geradia', sul quale, Mussolini, elogiava le doti del 'Principe' di Machiavelli.

Mussolini, sull'articolo scritto su 'Geradia' sostieneva fermamente che i princìpi di Machiavelli erano applicabili e praticabili allora così come lo erano ai tempi Cesare Borgia. Secondo il codice machiavelliano cose come coercizione, intimidazione, corruzione e le più evidenti violazioni del decalogo non sono ammesse, salvo che esse siano illuminate dall'arte di governo, nel qual caso diventano azioni commendevoli e meritorie.


Parte più rilevante dell'articolo scritto da Matteotti:


Machiavelli, Mussolini ed il Fascismo

Di Giacomo Matteotti

Segretario politico del partito Socialista Italiano


' Peggiore ancora è l'azione del Ministero dell'Economia Nazionale nella sua trattativa con la Sinclair. Il senatore Corbino, ministro dell'Economia Nazionale, ha consegnato alla Sinclair, connessa alla poliforme Standard oil Company, vaste regioni dell'Emilia e della Sicilia contenenti oltre 100.000 ettari di ricchi depositi di petrolio.

L'immenso e ricco territorio viene consegnato ad una società straniera senza alcuna garanzia.

Noi siamo già a conoscenza di molte gravi irregolarità che infirmano questa concessione. Alti funzionari potrebbero essere responsabili di corruzione e della più sfacciata jobbery.

Di lunga più sinistra è la condotta di molti alti personaggi fascisti i quali conducono una formidabile campagna nei riguardi di imprese pubbliche e semi pubbliche a mezzo della stampa fascista ed all'organizzazione intesa ai propri interessi e profitti.

Quando Mussolini sul suo articolo su Machiavelli afferma che 'vi è una piccola giustificazione anche a un governo rappresentativo' egli esamini il sistema da lui creato e vedrà che nelle sue parti è oltraggio alla moralità.'

Dopo che quest'articolo fu scritto, Matteotti, il 10 giugno 1924, fu rapito e ucciso da alcuni fascisti.

L'uccisione di Matteotti provocò un grave sdegno dell'opinione pubblica e la reazione degli altri partiti che abbandonarono il Parlamento e si ritirano su quello che Filippo Turati definisce ' l'Aventino delle coscienze'. Restano però le differenze interne all'opposizione (più prudenti i liberali e i socialisti, mentre i comunisti pensano ad un vero e proprio Parlamento alternativo) e il progetto di convincere il re a liquidare Mussolini e indire nuove elezioni, ripristinando la proporzionale, fallisce.

Il 3 gennaio 1925 Mussolini, prendendosi le responsabilità di quanto accaduto, pronunciò il seguente discorso alla Camera ' Dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea ed al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto'. Con questo discorso il fascismo mostrò il suo vero volto. Tra il 1925 e il 1928 furono varate le 'leggi fascistissime' che consacrarono la nuova struttura e lo strapotere dello Stato. Croce e con lui Giolitti, Salandra, Orlando e altri

dovettero arrendersi all'evidenza. Ogni speranza di riporto alla legalità del fascismo cadeva. Essa moriva con la soppressione della libertà di stampa, le perquisizioni contro gli antifascisti, con il ripristino della pena di morte, l'istituzione di un tribunale speciale per reati politici, l'istituzione dell'O.V.R.A. polizia politica segreta e con l'attribuzione al potere esecutivo di emanare norme di legge. I normali meccanismi dello Stato di diritto e i fondamenti della libertà politica e della rappresentatività popolare furono sovvertiti, mentre a cominciare dal 1926 nelle amministrazioni comunali alla procedura elettiva del sindaco e del consiglio fu sostituita la nomina governativa del podestà e della consulta, così da sconvolgere l'intero ordinamento centrale e periferico del processo di ' fascistizzazione dello Stato', il Parlamento risultò svuotato di ogni prerogativa (legge sulla decadenza dei deputati comunisti e aventiniani, 1926) e le elezioni (1929) furono ridotte a semplici plebisciti di approvazione di una 'lista unica' di deputati designati dal Gran Consiglio. Il capo del Governo, che era contemporaneamente 'duce del fascismo', prese a occupare il vertice della piramide politica, che simboleggiava l'ordinamento gerarchico del regime, e venne sottratto a qualunque controllo o sanzione, con l'obbligo di rispondere solo di fronte al sovrano. Con le elezioni del 1929 Mussolini poté contare su una Camera tutta composta da fascisti, e il carattere totalitario del                

fascismo finì rapidamente per coinvolgere ogni settore della vita italiana.




Lo stato democratico che governava l'Italia era, caro balilla, lo Stato del disordine e dell'anarchia, in cui ogni cittadino, dimenticando i doveri, reclamava solo diritti e pretendeva di governanti privilegi al danno degli altri. Nello Stato democratico solo alcuni partiti avevano il comando, sicché, invece di essere lo Stato il dominatore dei partiti, era il loro schiavo, mentre oggi vi è un solo partito, quello di tutti gli italiani, che si chiama Fascismo.

C'era poi il Parlamento, formato da Camera dei Deputati e dei Senatori, che era diverso da quello di oggi e rappresentava un'altra piaga della Nazione , perché a forza di lunghi discorsi, di litigi e di chiacchiere, impediva al Governo di fare buone leggi. Adesso invece le leggi le fa in maniera sbrigativa direttamente il Governo, cioè il Consiglio dei Ministri e il Gran Consiglio del Fascismo, senza bisogno del Parlamento, che ne viene informato in ultimo a cose fatte.




  Da un saggio di propaganda fascista nelle scuole:



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