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Ugo Foscolo - Ultime Lettere a Jacopo Ortis, I Sepolcri, I sonetti, In morte del fratello Giovanni, A Zacinto




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Ugo Foscolo

Foscolo nasce a Zante un isola dell'Egeo,che diventerà nel suo immaginario un luogo mitico.

Russo vede in Foscolo tre patrie:

Patria Geografica è Zante ,perché è lì dove nacque,e a cui dedica l'opera "A Zacinto".

Patria Politica, Venezia ,perché è qui dove avviene il suo primo grido di ribellione dopo il trattato di Campoformio,con cui Venezia veniva ceduta agli austriaci,e con cui egli decise di iniziare il suo esilio e andò da i suoi amici sui colli Uganei. Gli dedica l'opera le "Ultime lettere a Jacopo Ortis".

Patria Pollinea è Firenze a cui è legato per i grandi monumenti,per la salubrità dell'aria, e per il cimitero di S. Croce ,dove ci sono le tombe dei grandi del mondo antico e moderno. Gli dedica i "Sepolcri".


Come tutti gli Italiani aveva visto in Napoleone il salvatore dell'Italia,e in suo onore scrisse l'ode "A Napoleone Liberatore". Foscolo però rimase deluso quando egli vendette l'Italia agli austriaci. Fu proprio in questo periodo che il poeta per allontanarsi dalla realtà orami inaccettabile,decise di andare esule per l'Italia,come atto di ribellione contro i soprusi della tirannide.

Foscolo vive passivamente il contrasto tra reale ed ideale cercandolo di superare attraverso le "Sublimi Illusioni",che sono:

L'Amore inteso come l'amore per le donne che mantiene l'uomo legato alla vita infatti egli amava molto le donne,e ricordiamo che fu amante di Teresa Picler, moglie di Vincenzo Monti,a cui poi dedicherà le "Ultime Lettere a Jacopo Ortis".

L'Amore per la Patria, che è evidente nella sua scelta dopo il trattato di Compoformio,di andare esule per l'Italia per avere una patria libera e unita.

L'Eroismo poiché egli riteneva che gli eroi sono coloro che hanno compiuto delle azioni per cui sono resi degni di essere ricordati come esempio per l'umanità.

La Poesia Esternatrice, anche se egli era ateo,e non ammetteva l'immortalità,riteneva che gli eroi erano da ispirazione ai poeti,che dedicandogli i versi li rendevano eterni.

L'Immortalità, in cui egli non crede infatti non la concepisce come l'immortalità del corpo,ma dello spirito,inteso come ricordo eterno presso i posteri,infatti nei Sepolcri egli dice che quando il tempo distruggerà ogni cosa, rimarrà solo il ricordo.


Anche se Foscolo è il rappresentante del neoclassicismo presenta alcuni elementi romantici. Tra le opere romantiche ricordiamo le "Ultime Lettere a Jacopo Ortis", i "sonetti" (12) e i "Sepolcri".

Quelle neoclassiche, le più famose sono le "Odi" (2), dedicate alle donne "Le Grazie" ispirate alle grazie del Canova. Proprio nelle opere neoclassiche Foscolo utilizza il mito che rappresenta il linguaggio universale, e viene utilizzato da Foscolo per contrastare la storia e progettarne una diversa evoluzione.



Ultime Lettere a Jacopo Ortis


E' una raccolta di lettere a carattere autobiografico il cui protagonista Ortis rappresenta Foscolo che manda delle lettere ad amici e parenti,e soprattutto a Lorenzo Alderani, che rappresenta il commediografo Gianbattista Violini.

Foscolo prende il nome Jacopo da Roussoe e Ortis da un ragazzo suicidatosi in quel tempo. Essendo un opera a carattere autobiografico, i temi sono vari,quali l'amor di patria,il dolore per l'esilio,e il desiderio di una tomba compianta dai propri cari,

La prima parte narra gli avvenimenti accaduti fra i colli Euganei e Padova.

Sui colli Euganei si innamora di Teresa,che ricambia il suo amore,ma era già promessa in sposa a Odoardo. Per questo motivo Jacopo preferisce andare via. Egli cercava di trovare nell'amore un sollievo alla sua delusione politica ma non ci riesce.

La seconda parte vede Jacopo ramingo, alla ricerca di un senso morale e politico.

Le tappe più importanti furono ,Milano,dove conobbe Parini,e Firenze,dove incontra Alfieri. Ed è proprio leggendo il "Saul" di Alfieri che Jacopo incomincia a pensare al suicidio come atto di ribellione contro le condizioni in cui viveva.

Solo quest'ultima vicenda non coincide con la realtà infatti, Foscolo non si suicida per l'affetto che porta alla madre, e perché era convinto che attraverso le sue opere potesse aiutare l'Italia.



I Sepolcri


Dal punto di vista linguistico stilistico e letterario i Sepolcri rappresentano l'apice della produzione foscoliana. Con essi Foscolo supera il suo pessimismo,e attraverso ragionamenti arriva ad una visione serena della vita.

L'opera ha una genesi occasionale e una letteraria; L'occasionale è data dall'editto di Saint Cloud, emanato da Napoleone che prevedeva che le tombe dovevano stare al di fuori dei parametri urbani,e secondo l'editto di uguaglianza,in fosse comuni,senza lapidi per distinguere le ossa. In un primo momento Foscolo si mostra indifferente a questo editto,ma poi rivela la sua posizione,considerando che le tombe potessero essere una corrispondenza di "Amorosi Affetti" tra il vivo e il morto; Ad esempio Parini non poteva stare accanto alle ossa di chi aveva commesso dei delitti.

Foscolo attribuisce alla tomba anche valore civile affermando che la civiltà è nata quando gli uomini hanno iniziato a seppellire i morti,avendo rispetto delle salme.

A riguardo egli fa una differenza tra i vari usi dei culti dei morti ad esempio,nell'era medievale,era macabro e spaventoso,a differenza dei cimiteri inglesi,che erano veri e propri giardini con fontane.

Da anche valore storico alla tomba ritenendo che le tombe degli eroi possono essere da insegnamento e da ispirazione a grandi gesta per coloro che si recano lì.

Egli cita i grandi che sono sepolti nel cimitero di S. Croce a Firenze, quali Michelangelo Galileo,Machiavelli ed Alfieri.

Dedica gli ultimi versi al tema della poesia eternatrice presentando come emblema Omero,che con i suoi versi ha eternato la storia del passato.

Lo stile è vario infatti l'autore passa facilmente da un argomento all'altro,anche se il filo conduttore resta il valore della tomba. Fa riferimenti alla poesia lugubre- sepolcrale,e non a caso dedica l'opera a Ippolito Pindemonte.

Ci sono altri riferimenti alla poesia classica straniera ed ad avvenimenti storici,ad esempio cita l'ammiraglio Nelson che sconfisse Napoleone nella battaglia di Abughir.



I sonetti

Foscolo compose dopo il 1798 dodici sonetti. Come l''Ortis', essi sono intrisi di materia autobiografica. Il tono non è più quello dello sfogo, ma Foscolo pare osservare la propria vita dall'alto. I sonetti si presentano in forma di dialogo del poeta con medesimo. La struttura è evocativa e invocativa: il Foscolo, cioè, evoca i ricordi ed invoca sempre qualcosa. Accanto alla meditazione interiore compare una certa speranza nel futuro. Dietro i sonetti si avverte l'influenza dei classici latini e greci.
I sonetti più famosi sono tre:
'In morte del fratello Giovanni';
'A Zacinto';
'Alla sera'

In morte del fratello Giovanni

Venne scritto nel 1802, dedicato a Giovan Dionigi, il fratello che, appena ventenne, si uccise con un colpo di pugnale per un debito di gioco.
Egli pur non ammettendo il suicidio,cerca di giustificare l'atto del fratello,poiché anch'egli stava attraversando un periodo difficile della sua vita,l'esilio,ed aveva pensato al suicidio,però,come poi chiarirà meglio nelle "Ultime Lettere a Jacopo Ortis",non lo fa per l'affetto che prova per la madre,e perchè pensava che le sue opere potessero essere un aiuto per la liberazione dell'Italia.

Quindi più del dolore per la morte del fratello, suonano in questi versi i motivi essenziali del Foscolo: l'esilio, il saluto da lungi ai tetti paterni, le tempestose cure che travagliarono il suo spirito, il vagheggiamento della sepoltura nella quiete della patria, il presentimento della morte fra genti straniere.

A Zacinto

Già all'inizio ( più mai), tre negazioni escludono definitivamente la speranza di approdare nella propria patria. Il tema dell'esilio è dominante accanto al mito della bellezza.
Egli cerca di ricordare la sua patria che nel suo immaginario è un luogo mitico,infatti dice che dalle sue acque nacque Venere. Successivamente paragona la sua situazione a quella di Ulisse, tutti e due per volere del fato erano lontani dalla loro patria,però, mentre Ulisse un giorno tornerà ed Itaca, il Foscolo non potrà tornare a Zante. In fine il poeta espone la sua speranza che almeno dopo la sua morte la sua salma potrà tornare in patria.

Alla sera

Questo sonetto costituisce una meditazione al calar delle tenebre. Il tempo, per Foscolo, è reo.
Si avverte il travaglio dell'esistenza, come pure un'insopprimibile ansia di sopravvivenza. Si è avanzato, per questo sonetto, un accostamento con 'Infinito' di Leopardi

All'amica risanata

Nelle prime otto strofe è la guarigione di Antonietta Fagnani Arese, per la quale Foscolo nutrì una delle passioni più impetuose della sua giovinezza, il ritorno della dama agli eleganti ritrovi.
Nelle otto strofe conclusive, il poeta svolge invece i motivi concettuali dell'ode: meste guardino le Grazie chi ricorda che la bellezza è fugace! Erano pur mortali Diana e Bellona e Venere, e i poeti le hanno trasformate in dee dell'Olimpo. Il poeta è nato nei mari della Grecia, ha respirato a lungo il nativo aere sacro. Compirà perciò lo stesso miracolo, renderà divina nei secoli la bellezza dell'amica.
Appare, dunque, nell'ode, il tema della bellezza che agisce all'interno dell'uomo confortandolo. La bellezza viene dunque indicata come un mito ed assume un valore spirituale. La figurazione della Fagnani Arese non è perciò realistica: Foscolo non rinuncia la mito della bellezza. E al di sopra della bellezza Foscolo celebra la poesia, che permette di rendere eterna la bellezza e ne trasmette la memoria alle generazioni postume, la poesia che è potenza creatrice di dee.

A Luigia Pallavicini caduta da cavallo

Affiorano i temi della caducità della bellezza e della necessità di proteggerla.

Tratti comuni delle due odi sono i seguenti:
a. Prendono ispirazione da un fatto esterno reale.
b. Celebrano la bellezza.
c. Ricorrono a immagini mitologiche per operare la trasfigurazione.

La compresenza di questi elementi permettono di affermare che si tratta di odi di tendenza neoclassica.

Le Grazie

E' divisa in tre parti, dedicate a Venere, Vesta e Pallade, simboli rispettivamente della bellezza, dell'intelligenza e della virtù.
Dopo la dedica ad Antonio Canova e l'invocazione alle Grazie, il poeta immagina di innalzare alle tre figlie gemelle di Venere un'ara sul poggio di Bellosguardo e di celebrarne la storia del loro primo comparire sulla terra. Dapprima descrive la nascita delle Grazie emergenti con Venere dal mare ellenico, indi la commozione che esse suscitano fra gli uomini ancora ferini, il loro viaggio per la Grecia che allora s'apre alla luce della civiltà, il loro commiato dalla madre che, risalendo all'Olimpo, diffonde una mirabile armonia che le Grazie accolgono: l'armonia da cui ebbero inizio le arti belle: la pittura, la scultura e l'architettura.
Nel secondo inno, il poeta immagina di guidare all'ara delle grazie tre bellissime donne: Eleonora Nencini, Cornelia Martinetti, Maddalena Bignami, diversa incarnazione dei doni che le tre figlie di Venere dispensano agli uomini.
La prima intona sull'arpa un inno alla segreta armonia che regge il mondo.
La seconda reca all'ara un favo, simbolo dei doni della poesia e dell'eloquenza, dell'amabilità della parola che ingentilisce gli animi. Il poeta fa quindi la storia mitologica delle api e narra come, concesse dalle Grazie alle Muse, abbiano dato origine alla poesia greca; e come, cacciate dalla Grecia per l'irrompere del barbaro Ottomano, siano passate dalle Grecia in Italia dividendosi in due schiere: delle quali una, risalendo l'Adriatico, venne al Po e alimentò la poesia del Boiardo, dell'Ariosto e del Tasso; l'altra, risalendo il Tirreno, giunse in Toscana e ispirò la poesia di Dante, del Petrarca e del Boccaccio.
La terza, la danzatrice, che rivela l'armonia delle forme e dell'animo attraverso la danza, reca da Milano, come dono votivo della viceregina d'Italia, un candido cigno.
Nel terzo inno, il poeta immagina che le Grazie, turbate per la potenza delle passioni umane, che mette in forse i loro doni, trovino soccorso e protezione in Pallade, che sul suo cocchio le guida in un'isola remota e beata, inaccessibile agli uomini, ove essa si rifugia quando essi si abbandonano alla furia guerresca. Là alle dee minori Pallade fa tessere un velo raffigurante quanto di sacro e prezioso offre la vita umana: la giovinezza, l'amore coniugale, la compassione, l'ospitalità, l'amore materno. Protette da questo velo e capaci ormai di raddolcire le passioni pur senza dovere temerne il contagio, le Grazie potranno tornare alla terra e diffondere di nuovo fra i mortali i loro doni.
Il poeta chiude il carme con l'invocazione alle Grazie, che mirino consolatrici la più infelice delle donne da lui, la Bignami, e ridestino nei suoi occhi il sorriso e con la promessa di rinnovare ad esse, al ritorno dell'aprile di ogni anno, il sacro rito.


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