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Manifestazioni di disagio nella letteratura europea di fine ottocento




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MANIFESTAZIONI DI DISAGIO NELLA LETTERATURA EUROPEA DI FINE OTTOCENTO





INTRODUZIONE


Durante il corso di studi di questo anno scolastico, sono state affrontate tematiche legate al senso di disagio esistenziale, angoscia, noia di vivere e incapacità di adattamento alla società coeva dell'uomo.

In particolare ci si è soffermati sull'autore francese Charles Baudelaire, reputato in genere il padre della poesia moderna e quindi di tutte le avanguardie sviluppatesi il secolo scorso. In verità, la reale rivoluzione poetica compiuta da questo poeta di fama internazionale non sta nella forma bensì nei contenuti. Ciò che mi ha colpito dei temi trattati, ma soprattutto del modo in cui li affronta, è stata la modernità e l'attualità. Benché abbia vissuto nella prima metà dell'Ottocento, Baudelaire soffre di un disagio opprimente, incurabile, a cui non trova soluzione. Così sarà, in maniere diverse e per altri motivi, per l'autore irlandese Oscar Wilde e per l'austriaco Hugo Von Hofmannsthal.

La mia analisi verterà quindi su tre autori europei, pur mantenendo uno sguardo più attento al poeta francese, le cui esistenze e opere letterarie sono espressioni di un malessere innato, di lacerazione interiore, contrasti continui tra slanci di vitalità e depressione cronica, di cui ancora ai giorni nostri si può avere un riscontro.

La nostra anima è una continua lotta tra bene e male, un'infinita altalena di emozioni e risentimenti, una costante ricerca di equilibrio in un mondo che, dell'equilibrio, ne è proprio l'antitesi.

Con questa riflessione inizio l'approfondimento, inquadrando il periodo storico in cui gli autori che ho scelto hanno trascorso la loro esistenza.


Pendant le cours des études affrontées cette année scolastique, on a posé l'attention sur les thèmes liés au sens de malaise existentiel, de l'angoisse, de l'ennui de vivre et de l'incapacité de l'homme de s'adapter à la société contemporaine.

En particulier on a analysé la figure de l'auteur français Charles Baudelaire, considéré souvent le père de la poésie moderne et donc de toutes les avant-gardes, qui se sont développées le siècle suivant. Précisément, la vraie révolution poétique accomplie par cet écrivain célèbre dans l ' Europe entière ne consiste pas dans la forme, mais dans le contenu. Ce qui m'a touché des thèmes choisis, mais surtout de la manière avec laquelle il les a affrontés, est la modernité et l'actualité. Bien qu'il ait vécu pendant la première moitié du XIX siècle, Baudelaire souffre d'un malaise opprimant, incurable, auquel il ne trouve pas de solution. Même si de manières différentes et poussés par d'autres motivations, soit l'auteur irlandais Oscar Wilde que l' autrichien Hugo Von Hofmannsthal seront victimes de ce malaise intérieur, qui semble avoir aucune voie d'issue.

Mon analyse portera sur ces trois écrivains européens, quoique en étudiant avec un regard plus attentif au poète français, dont existence et ouvre littéraire sont expressions d'une douleur intérieure, de lacération interne, contrastes constants entre élan vital et dépression chronique, qui encore aujourd'hui font partie de la vie humaine.

Notre ame est une continue lutte entre bien et mal, une infinie balançoire d'émotions et ressentiments, une constante recherche d'équilibre dans un monde qui, de l'équilibre, en est l'exacte contraire.

Avec cette réflexion je vais commencer mon approfondissement, en encadrant la période historique où les auteurs que j'ai choisis ont vécu leur existence.  

Aspetti storico-culturali

Negli ultimi due decenni dell'Ottocento l'Europa è complessivamente caratterizzata da una situazione di intensi conflitti sociali, in cui la classe dirigente borghese si chiude in una posizione di gelosa difesa. Di fronte alle trasformazioni in atto, infatti, l'intellettuale borghese disprezza la realtà presente, la "viltà dei tempi" che avanza , come la massa brulicante nel quadro emblematico di Pellizza da Volpedo "Il quarto stato" , oppure sogna un governo riservato agli "eletti". Perciò si volta al culto del bello, in un'aristocratica solitudine.

La fuga dalla realtà, che caratterizza la letteratura e l'arte degli ultimi due decenni del secolo, trova la sua esemplificazione nella polemica contro il positivismo. Questa filosofia fondava le sue radici nella fiducia nel potere liberatorio della scienza; di conseguenza agli ideali laici fiduciosi nel progresso l'arte si ancora saldamente al reale, seguendo una lettura veristica, naturalistica della realtà.

In seguito ai disordini sociali che sconvolsero l'Europa nel cuore del XIX° secolo, tra cui ricordiamo i moti insurrezionali che dilagarono da Parigi in tutte le città principali europee, la situazione è mutata: la egemonia borghese è sempre più contestata, tanto che in Francia si arriva ai roghi della Comune nel 1871, le cui conseguenze possono essere difficilmente dimenticate.

Con l'inizio della crisi dei valori e delle fiducie borghesi - progresso, realismo, sicurezza e concretezza operativa - si verifica anche il declino della filosofia positivista e di tutte le forme d'arte ad esso collegate, che spesso furono criticate perché troppo vincolate dalla verosimiglianza alla realtà.

Sorge così una tendenza che mira ad andare oltre il reale, a toccare il fondo autentico della realtà, creando nuovi codici d'espressione e donando voce all'inesprimibile: il Simbolismo. La dimensione da rappresentare ora è creata dalla fantasia, allusiva e talvolta onirica: la mediazione tra il mondo sensibile, visibile e quello metafisico, invisibile è il simbolo che, largamente usato dagli esponenti di questa corrente, ne conferisce il nome.

Nella poesia francese questa tendenza si realizza nell'opera di Baudelaire, considerato precursore assoluto, Verlaine, Rimbaud e Mallarmé. Questi poeti porranno le basi per tutta la poesia moderna.

Nella pittura alla rappresentazione fotografica della realtà va a sostituirsi il desiderio del mistero, dell'ignoto, del sogno e della trasfigurazione simbolica. Odilon Redon, esponente esemplare della pittura simbolista francese, mette la scienza visibile al servizio della ricerca metafisica, di un mondo invisibile a noi sconosciuto.

La prima definizione della poetica simbolista appartiene a C. Baudelaire che, nel sonetto "Correspondences" scrive che la natura è una "foresta di simboli" che racchiudono le chiavi di lettura del mondo, ma solo la sensibilità e superiorità d'animo degli artisti sono in grado di guidare l'umanità alla comprensione di essa. Quindi Baudelaire procede proprio per simboli, con lo scopo di suggerire i suoi stati d'animo, le sue sensazioni, ma soprattutto il disagio esistenziale che lacera la sua anima. Infatti il poeta è dilaniato dalla sua natura contraddittoria che aspira a nobili ideali e ricerca con frenesia l'appagamento dei sensi.

Di lui M. Raymond scrisse: " Diviso tra il desiderio di elevarsi e il bisogno di assaporare i forti liquori del peccato; [.] egli era in preda ad una crudele ambivalenza affettiva".

Di conseguenza la sua intera produzione tende a realizzarsi come quadro dell'uomo che cade e tenta disperatamente di rialzarsi, della sua sublimità e delle sue bassezze, della sua ininterrotta altalena tra ennui e idéal, disgusto di sé, noia esistenziale da un lato e aspirazioni ideali dall'altro.

Sentendo questo continuo contrasto interiore come un tema piuttosto attuale e affrontato da Baudelaire con un'ottica rivoluzionaria, innovativa rispetto all'epoca in cui vive, analizzo in lingua francese alcune delle opere più significative per la comprensione e lo studio di questa figura maledetta e inneggiata allo stesso tempo.                                                                                        



Fuga dalla realtà e ricerca della Bellezza

2. Fuite de la réalité et recherche de la Beauté

Charles Baudelaire nait dans la capitale française le 9 avril 1821. Il perd très tôt le père agé de soixante et un ans et, quand sa mère se remarie avec le commandant Aupick, il n'accepte guère le beau-père à cause de la folle jalousie qu'il éprouvait envers sa mère. L'haine de Charles risque de exploser en 1848 lors des révoltes populaires où, sur les barricades, il exhorte les insurgés à fusiller le mari de sa mère. Le 1839 a marqué la définitive rupture du jeune rebel avec sa famille, qui le voulait voir diplomate. L'année suivante Baudelaire part pour l' Inde poussé par la mère mais, ennuyé, il rentre à Paris un an après. Ici il reprend le train de vie débauché et déréglé de dandysme, dilapide tout l' héritage paternel cédant au goût du luxe et des objets d'art et fréquent, comme les années de sa première jeunesse, la bohème littéraire du Quartier Latin.



La Beauté a été témoignage de l'expérience baudelairienne et expression paradigmatique d'une époque entière , dont il s' est fait interprète. Le monde où Baudelaire et ses contemporains ont vécu allait vite subir radicaux changements pour ce qui concerne les moyens de production, leur train de vie et plan moral des valeurs. Il conçoit son existence à l'enseigne d'une dissipation dévastante de ses biens matériels et de soi même, en opposition aux principes de base de la respectabilité de la famille. Le poète se replie en soi même cultivant jusqu'au désespoir le « culte du moi », qui caractérise le dandy.

« Qui dit Romantisme dit art moderne » affirmait Baudelaire dans une de ses lettres. En effet il reprend plusieurs caractéristiques de la littérature romantique, car il la répute en gré d' interpréter la complexité d'un monde d'un réel mutable, en continue et profonde transformation.

Proche de l'idée des romantiques, il conçoit l'artiste aussi comme une guide-phare qui, isolé dans son temps, illumine l'humanité avec sa lumière (« Les Phares  », cf. « Fonction du poète » de Victor Hugo) immergé dans un dialogue solitaire avec la Nature (« Correspondances »).

L'isolement n'est pas seulement un choix , c'est la réponse à l'attitude d'une bourgeoisie qui, concentrée dans l' enrichissez-vous exhorté par Louis Philippe et Napoléon III, enlève au poète son rôle exclusif : la « perte de l'auréole ». A partir de ce moment l'artiste cultive sa propre image d' interprète de la disharmonie d'une époque.
















Portrait de Baudelaire par Courbet

Baudelaire : entre "Spleen" et "Idéal"


Spleen est un mot que Baudelaire emprunte à la términologie médicale anglaise et il le fait entrer dans la langue courante française. Ce terme signifie "rate", une partie du corps où, d' après les anciennes connaissances médicales, prenait lieu la mélancolie.

Ensuite on utilisera le mot " humeur noire" pour désigner l' état d' ame d'angoisse existencielle, de dégoût de la vie, d'insatisfaction constante et inadaptation à la société qui signera l' existence de ce grand poète.

Avant d' analyser le poème qui par excellence exprime son malaise intérieur, il est nécessair de comprendre les événements qui ont marqué la jeunesse de Baudelaire et influencé sa composition littéraire.

Baudelaire a voulu montrer le caractère artificiel, factice et hypocrite d'une vie fondée sur la séparation entre le rêve et la réalité, le bien et le mal, l'ame et le corps.

Donc il est évident que les expériences que la vie lui a mises en face ont eu un fort poids sur la formation personelle de l'auteur et , de conséquence, sur sa production poétique.

En 1857 Charles Baudelaire fait publier son oeuvre principale, « Les Fleurs du mal », où il regroupe 129 poèmes de thèmes différents. Tout le long de ce « livre atroce » les lecteurs se trouvent en présence de la révolte la plus violente et d'un espoir immense, miné cependant par l'angoisse d'un départ vers le néant. Le titre même du recueil mire à expliquer cette volonté de « extraire la Beauté du Mal » et donc de trouver dans le grotesque,les ténèbres du Mal la splendeur des fleurs.

Dernier d'une suite obsédante de quatre poèmes portant le même titre, "Spleen" constitue un des moments les plus désespérés des « Fleurs du Mal » où la douleur et le style se conjuguent aux comparaisons les plus inattendues : ciel/couvercle,Espérance/chauve-souris. Il s'agit d'un poème dans lequel le poète exprime l "Angoisse atroce" qui le déchire, le sens de étouffement qui l' écrase vers le centre de la terre et le présage de la mort de l' Espoir.

 Spleen 

Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle
Sur l'esprit gémissant en proie aux longs ennuis,
Et que de l'horizon embrassant tout le cercle
Il nous verse un jour noir plus triste que les nuits;

Quand la terre est changée en un cachot humide,                     
Où l'espérance, comme une chauve-souris,
S'en va battant le mur de son aile timide
Et se cognant la tête à des plafonds pourris;

Quand la pluie étalant ses immenses trainées
D'une vaste prison imite les barreaux,
Et qu'un peuple muet d'infames araignées
Vient tendre ses filets au fond de nos cerveaux,

Des cloches tout à coup sautent avec furie
Et lancent vers le ciel un affreux hurlement,
Ainsi que des esprits errants et sans patrie
Qui se mettent à geindre opiniatrement

Et de longs corbillards, sans tambours ni musique,
Défilent lentement dans mon ame; l'Espoir      
C. Schwabe Spleen et idéal
Vaincu, pleure, et l'Angoisse atroce, despotique,
Sur mon crane incliné plante son drapeau noir.



La première séquence est formée de quatre strophes (v.1-16) , qui retracent les étapes d'une crise maladive, dont on est tous susceptible. C'est ce que depuis un siècle déjà on appelait spleen en français. Par l'anaphore et l' énorme présence de subordonnées temporelles, les trois premières strophes évoquent un paysage singulier, où le ciel est un immense « pot » , la terre un cachot et la pluie imite les barreaux d'une prison. J'ai souligné des mots ou des formes verbales qui communiquent fortement une sensation de désagréable oppression, de soumission et défaite du poète qui à la fin se soumit à la victoire de l' "Angoisse atroce". Comme on peut constater du contenu du texte, le profond malaise de Baudelaire est provoqué par l' ennui de vivre et le découragement , qui portent l'auteur à crises accompagnées d'hallucinations. Il utilise des images très fortes et symboliques pour suggérer en vérité une interprétation plus profonde et cachée de la réalité en clé métaphysique. Par exemple le symbole qui m'a touché davantage est les "corbillards" qui comme un cortège funéraire sont dans l'ame du poète: ici le présage de la mort assume une forme concrete, peut être touché , vu , perçu par les sens.

L' image qui m'a impressioné de plus est l' image évoquée par Baudelaire aux dérniers trois vers : l"Espoir", défait, vers des larmes et l' "Angoisse atroce, despotique" sur le "crane" ( ici encore est très forte l'idée de mort) du poète vaincu "plante", donc met avec satisfaction victorieuse, "son drapeau noir". Voilà un autre symbole qui exprime parfaitement l'intention de l'auteur: encore une fois il veut rapprocher ses pensées et ceux des lecteurs à l'idée abstraite de mort, en utilisant une representation concrete. Personellement je trouve que le "drapeau noir" est le symbole le plus fort, le plus convaincant dont je me rappellera toujours.


Par opposition au "Spleen" Baudelaire a composé un poème qui exprime la bifurcation de son ame entre le désir d' élévation spirituel et le désarroi parmi le "paradis artificiel" de la drogue et de l' alcool.

« Elévation » exprime l'élan de l' homme vers la Beauté, l'infini, la vertu, le rêve d' échapper au spleen. Le titre même a une connotation mystique et religieuse qui rend l'élan du poète pareil à un voyage de l'ame, intime. Tiré de la première section de « Fleurs du mal », « Spleen et Idéal », ce poème évoque l'Idéal auquel l'esprit de chaque homme est appelé.



Elévation


Au-dessus des étangs, au-dessus des vallées,
Des montagnes, des bois, des nuages, des mers,
Par-delà le soleil, par-delà les éthers,
Par-delà les confins des sphères étoilées,

Mon esprit, tu te meus avec agilité,
Et, comme un bon nageur qui se pame dans l'onde, 
Tu sillonnes gaiement l'immensité profonde 
Avec une indicible et male volupté.

Envole-toi bien loin de ces miasmes morbides;
Va te purifier dans l'air supérieur,
Et bois, comme une pure et divine liqueur,
Le feu clair qui remplit les espaces limpides.

Derrière les ennuis et les vastes chagrins 
Qui chargent de leur poids l'existence brumeuse,
Heureux celui qui peut d'une aile vigoureuse 
S'élancer vers les champs lumineux et sereins;

Celui dont les pensers, comme des alouettes, 
Vers les cieux le matin prennent un libre essor,            
C. Schwabe Spleen et idéal
- Qui plane sur la vie, et comprend sans effort 
Le langage des fleurs et des choses muettes!






Dans ce poème le soin formel joue un rôle fondamental. En effet Baudelaire réussit à concilier la élégance de la forme avec la teneur élevée du contenu : le culte de la Beauté ici est fonctionnel, aide à exprimer l'hauteur vers laquelle l' élan amène et le niveau supérieur auquel l'aspiration vers l'Idéal porte. Il faut remarquer les choix des mots, des verbes et des adjectifs qui rendent le poème musical, lyrique et raffiné : on trouve répétitions et anaphores ( v.1-2-3-4), allitérations ( v.5-9-10-12-13-14 ), assonances ( v.15), voyelles aigues ( u,i).

Donc Baudelaire reflète grace à la richesse formelle et stylistique l'élévation du thème dont il traite.      


Ivresse comme fuite du spleen

Dans un recueil de poèmes en prose appelé « Le Spleen de Paris », Baudelaire cherche à trouver une voie de salut vers l'Idéal, comme dans toute l'ouvre de sa vie. En particulier je veux focaliser l'attention sur un de ce poème qui, écrit en prose, propose aux lecteurs de tromper le Temps :          « Enivrez-vous! ». Une ivresse d' alcool, de valeurs ou de littérature, n'importe de quoi. Mais il faut être ivre, c'est-à-dire oublieux du temps.

Baudelaire par Félix Nadar

Enivrez-Vous

Il faut être toujours ivre, tout est là ; c'est l'unique question. Pour ne pas sentir l'horrible fardeau du temps qui brise vos épaules et vous penche vers la terre, il faut vous enivrer sans trêve.

Mais de quoi? De vin, de poésie, ou de vertu à votre guise, mais enivrez-vous!

Et si quelquefois, sur les marches d'un palais, sur l'herbe verte d'un fossé, vous vous réveillez, l'ivresse déjà diminuée ou disparue, demandez au vent, à la vague, à l'étoile, à l'oiseau, à l'horloge; à tout ce qui fuit, à tout ce qui gémit, à tout ce qui roule, à tout ce qui chante, à tout ce qui parle, demandez quelle heure il est. Et le vent, la vague, l'étoile, l'oiseau, l'horloge, vous répondront, il est l'heure de s'enivrer ; pour ne pas être les esclaves martyrisés du temps, enivrez-vous, enivrez-vous sans cesse de vin, de poésie, de vertu, à votre guise.


Edgar Degas L'absinthe



J'ai souligné les phrases qui selon moi résument le contenu du poème en prose.

Il est intéressant de voir les motivations que Baudelaire apporte afin de justifier l' état d'ivresse. D'après son opinion s'enivrer, mais attention pas seulement d' alcool, est un moyen pour se libérer des chaines du Temps, pour évader sa fuite incessante et vivre sans l' angoisse constante de la conscience lucide que, avant ou après, tout ce qu' on appelle vie va avoir une fin.

Donc il n' importe pas si de vin, de vertu ou de poésie : en tout cas il faut s' enivrer, car quand on se plonge totalement dans un monde ( le monde hallucinatoire de l'abus d'alcool ou de drogue, le monde heureux des valeurs fortes ou le monde fantastique, construit pour l' expression artistique de l' ame humaine) le réel perd de poids, disparait et peut être vécu avec plus de légèreté et insouciance.Quand on est ivre le Temps semble ne plus couler, il apparait immobile et silencieux, lors que quand on vit la réalité avec lucidité il échappe, s'en va sans n' attendre personne.

Malheureusement la vie ne peut pas être vécue dans un permanent état d' ivresse : il faut accepter ce que chaque jour nous offre, en affrontant les problèmes et essayant de les surmonter avec courage.

D' après moi le tentative de se réfugier dans l'art, donc dans la Beauté peut être une bonne solution ; mais c' est quand -même une voie de salut illusoire, qui ne sort pas des difficultés de la vie.

Il ne faut pas enfin oublier que Baudelaire a dédié aux « paradis artificiels » un recueil de poèmes en prose (« Les Paradis artificiels »), où il a évoqué son expérience du hashis et de l'oppium, en faisant une comparaison entre les effets qu'ils produisent et l'ivresse provoquée du vin. Tous les deux ont le pouvoir évasif de multiplier l'individu et de le faire accéder à l'infini.






2.3. L'aspiration à la Beauté inattingible


L'idée de la Beauté pour Baudelaire a besoin de symboles concrets pour être expliquée ; et le poète en cherche nombreux car la beauté est tour à tour femme, courtisane, sphinx et pierre. Chaque fois elle change de forme mais, cependant, les poètes sont ravis de son charme et de sa force séduisante.

Voici un poème tiré de l'ouvre principale de Baudelaire qui explique le rapport de la Beauté avec notre poète.





La Beaut

Je suis belle, ô mortels! comme un rêve de pierre,

Et mon sein, où chacun s'est meurtri tour à tour,                             

Est fait pour inspirer au poète un amour

Eternel et muet ainsi que la matière.


Je trône dans l'azur comme un sphinx incompris;

J'unis un cour de neige à la blancheur des cygnes;

Je hais le mouvement qui déplace les lignes,

Et jamais je ne pleure et jamais je ne ris.

Armand Rassenfosse La Beauté

Les poètes, devant mes grandes attitudes,

Que j'ai l'air d'emprunter aux plus fiers monuments,

Consumeront leurs jours en d'austères études;


Car j'ai, pour fasciner ces dociles amants,

De purs miroirs qui font toutes choses plus belles:

Mes yeux, mes larges yeux aux clartés éternelles!


Baudelaire utilise une personnification de la Beauté en employant le pronom personnel « je ». L'allégorie sert à donner encore plus de poids à sa supériorité et force presque divine. On peut focaliser l'attention dans le champs lexical du mépris : par exemple elle apparait fière et méprisante de la bassesse humaine et impassible à leur adoration. Pour le poète, qui est soumis à l'inspiratrice absolue (« dociles amants » l.12), elle est un idéal à atteindre. Les poètes, cependant, peuvent la rejoindre seulement par la souffrance (« meurtri » l.2)cf :De Musset « Le pélican ». J'ai souligné une phrase clé pour la lecture de ce poème : l' amour que le sphinx incompris inspire dure pour toujours et ne produit pas de son, il est « muet ». La poésie est muette, silencieuse, mais éternelle.

3. Il disagio esistenziale in Baudelaire, Wilde e Hofmannstahl

La crisi morale che attraversa tutta l'Europa alla fine dell'Ottocento non è certo inquadrata solo dal precursore francese di cui abbiamo già parlato. Il disagio esistenziale, la solitudine e lo scetticismo più nero hanno affetto molti autori anche di altri paesi. Persino lo stravagante dandy per eccellenza Oscar Wilde, irlandese di nascita ma affezionato durante tutta la vita alla capitale inglese nel periodo vittoriano, fu alla fine della sua vita investito da un tremendo malessere che lo accompagnò crudelmente fino alla morte avvenuta nella solitudine più disperata. Infine, la sfiducia nella realtà oggettiva del letterato austriaco Hugo Von Hofmannsthal sfociò in un'amara visione pessimistica e scettica dell'uso della parola che, secondo le influenze del filosofo Nietzsche, ha perso la sostanza quindi manca di significato.

3.1 Baudelaire: viaggio come metafora di vita

3.1 Baudelaire: voyage comme métaphore de vie


Il faut passer à travers le dévoilement de la vie telle qu'elle est, c'est-à-dire faite d'hypocrisie, d'inauthenticité, d'oppression faussement rationnelle et d' « ennui ». Ce mot clé indique le désespoir profond face à l'inévitable mensonge qui piège nos vies. Mais il est aussi un ressort des plus puissants vers l' action. Voici l'invocation sur laquelle s'achèvent « Les Fleurs du Mal » :

Ô Mort, vieux capitaine, il est temps! levons l'ancre!
Ce pays nous ennuie, ô Mort! Appareillons!
Si le ciel et la mer sont noirs comme de l'encre,
Nos cours que tu connais sont remplis de rayons!

Verse-nous ton poison pour qu'il nous réconforte!
Nous voulons, tant ce feu nous brûle le cerveau,
Plonger au fond du gouffre, Enfer ou Ciel, qu'importe?
Au fond de l'Inconnu pour trouver du nouveau!


L'invocation au « capitaine », la Mort, est dramatique ,car il s'agit de renoncer à tout ce que nous connaissons et que nous sommes. Elle condense le refus d'un monde de certitudes, de bon sens, de lourdeur d'esprit, qui se contente d'une expérience sensorielle, faite d' « encre ».

C'est sur ce poème que s'achève l'itinéraire des « Fleurs du Mal » et la dernière section « La Mort ». Dans ce dernier appel à la Mort, le vieux capitaine du navire de la vie, le poète exprime son envie irrésistible de s'en aller, car les spectacle de la terre ne suffisent plus au poète affligé par le plus grand des malheurs : l'ennui. Baudelaire même écrira dans une de ses lettres : « J'ai de très sérieuses raisons pour plaindre celui qui n'aime pas la mort ».

3.2. Wilde : il fallimento del culto estetico

3.2. Wilde: failure of the aesthetic









Oscar Wilde, whose complete name was Oscar Fingal O'Flahertie Wills Wilde, was born in 1854 in the Irish capital Dublin. He studied at Trinity College, Dublin, and at Magdalen College, Oxford, where he distinguished himself for his scholarship and wit, and also for his elegant eccentricity in dress, tastes, and manners. He is most famous for his sophisticated, brilliantly witty plays . Influenced by the aesthetic teachings of Walter Pater and John Ruskin, Wilde became the centre of a group glorifying beauty for itself alone : the "Aesthetic movement", blossomed during the 1880s, whose motto was: 'art for art's sake'. Art was not to deal with pedagogical aims, on the contrary its only purpose was to reach an absolute, ideal and perfect Beauty through an eccentric and luxurious lifestyle. They aimed to the creation of a self-sufficient art that shouldn't have served any moral or political purpose. As a result the modern figure of the dandy started to materialize in the exponents of Aestheticism. Concerning literature the Aesthetic Movement adopted sentimental archaisms such as the ideal of beauty and introduced modern manners, like extravagant lengths in poetry, affectation of speech (they used not to roll the "r" , just like generally Victorian upper-classes used to) and eccentricity of dress in their public relations.

In 1891 his novel "The Picture of Dorian Gray" appeared. It depicts the corruption of a beautiful young man pursuing an ideal of sensual, even morbid aesthetic perfection and moral indifference; although he himself remains young and handsome, his portrait becomes ugly, reflecting his inner degeneration.

In 1891, Wilde met and quite soon became intimate with the considerably younger, handsome and dissolute Lord Alfred Douglas (nicknamed 'Bosie' ). Soon the marquess of Queensberry, Douglas's father, began railing against Wilde and later wrote him a note accusing him of homosexual practices. Wilde was charged with homosexual offences ( during the Victorian Age homosexuality had been banished) found guilty and sentenced (1895) to prison.

His experiences in jail inspired his most famous poem, "The Ballad of Reading Gaol". This long ballad poem published in 1898 was Wilde's last artistic effort and conveys a social commentary against the deplorable and inhuman conditions existing in Reading jail, where he was forced to remain for two years.

Here there are some stanzas reported from the ballad in which I found some interesting aspects that can help us to sympathise and understand Wilde' s inner grief and melancholy:

He did not wear his scarlet coat,
  For blood and wine are red,
And blood and wine were on his hands
  When they found him with the dead,
The poor dead woman whom he loved,
  And murdered in her bed

The first stanza introduces the reader directly to the scene of a cruel act: a man has murdered the woman he loved. Composing this painful agonizing poem Wilde focused on two principal themes, that are contrasting: death-murder and love. Profoundly touched by the experience in prison he wrote down in verse a personal, lyrical analysis expressing all his disillusionment on love and resigned vision of men on this world. If even love, that's the most significant value of humanity, brings to violence and brutality the man is forced to leave all his hopes and face the cruel reality of life. Concerning stylistic features the starting stanza is leaked out of coloured and emotionally strong images: blood and wine are both red, a symbolic colour that reminds overwhelming passion, violence, carnality, elation. From the specific murder analysed at the beginning, in which the unknown character, driven mad, had killed his lover, the consideration of the writer becomes wider and generally refers to murders and murderers:

Some kill their love when they are young,
  And some when they are old;
Some strangle with the hands of Lust,
  Some with the hands of Gold:
The kindest use a knife, because
  The dead so soon grow cold.

An image particularly caught my attention: the growing cold, loss of warm vitality of a corpse. By showing us this pitiful but realistic picture it' s given a gloomy and pessimistic tone to the poem.

Wilde composes the ballad in first-person narration. As a consequence the reader is accompanied during the whole reading by his sensitive lyricism and discovers little by little the horrors human beings can do through the eyes of the narrator. In this stanza he hasn't discovered yet what that man has done and why. We, readers, are going to realise what really had happened through the narrator's description:

I walked, with other souls in pain,
  Within another ring,
And was wondering if the man had done
  A great or little thing,
When a voice behind me whispered low,
  'That fellows got to swing.'

And strange it was to see him pass
  With a step so light and gay,
And strange it was to see him look
  So wistfully at the day,
And strange it was to think that he
  Had such a debt to pay.

It is sweet to dance to violins
  When Love and Life are fair:
To dance to flutes, to dance to lutes
  Is delicate and rare:
But it is not sweet with nimble feet
  To dance upon the air!

These three stanzas explains the event: the prisoner is condemned to be hanged because of his act. This man has killed and moreover he 's killed the woman he loved on the bed and now he must be punished by death. Yet Wilde's sensibility and emotionality suffer for this and he asks himself if this hanging is right, sympathising the victim of the law.

And all men kill the thing they love,
By all let this be heard,
Some do it with a bitter look,
Some with a flattering word,
The coward does it with a kiss,
The brave man with a sword!

And his step seemed light and gay;
But I never saw a man who looked
  So wistfully at the day.

I never saw a man who looked
  With such a wistful eye


I noticed the presence of refrains like these three here reported. The choice of the literary form of the ballad permitted Wilde to make his poetry easier and more similar to the oral transmission. In fact the ballad is an ancient metric form characterised by refrains, repetitions of words or verse, anaphors and easy vocabulary, that made the memorization quicker. Here the repetition of the same term, adjective and verb creates a sort of singsong connected to the resigned tone and contents of the ballad. In the poem the use of the adjective "gay" is very frequent: perhaps Wilde aims to remember us and himself the reason why he was condemned guilty.

While in prison he was declared bankrupt and wrote then a letter of bitter reproach to Lord Alfred, that was published in part in 1905 as "De Profundis". This provided an apologia for his own conduct as well as a new aesthetic theory based on suffering. Since his literary production was influenced by Bosie' s presence, who incarnated the beautiful living source of inspiration, without him Wilde couldn't create and compose literary works. For this reason in "The Profundis" Bosie was compared to a leech, a viper. Released from prison in 1897, Wilde found himself a complete social outcast in England and composed this submissive-tone ballad expressing the difficulty of life to love without suffering. Later he exiled to the French capital where he adopted the name Sebastian Melmoth in order to keep his real identity hidden. Although suffering was the worst thing in the world, the forty-six popular writer was plagued by ill health and bankruptcy, lived miserably until his lonely, wearing death in 1900.













The reason why I decided to link Wilde's artistic experience to Baudelaire's one lies particularly in the biographic element : his extravagant life sees an ascendant climax signed by his popularity but, after the experience of the prison in Reading and the following detachment from London mundane life, he's abandoned in the deepest financial instability and worst solitude.

In his whole life Wilde manifested eccentric attitudes that differed him from his contemporaries who, although they were limited by the Victorian puritan moral, appreciated his wit , brilliant conversations and non-moral ideologies .

He conceived life as an artistic path in which men had to do their best in order to attain the beauty of things, to seize the pleasure of every moments making of life a work of art. Only if the aesthetic form and the cult of beauty are reached , life's main purpose has been attained .

Anyway Wilde eventually failed his pursuit of the pure, exclusive beauty , because his end was marked by a wretched, depressed feeling towards life and dreadful, pitiful solitude.










3.3. Hofmannsthal: amaro scetticismo   

In den letzten zehn Jahren des 19. Jahrhunderts verfasste Hugo Von Hofmannsthal seine schönsten Werke, Gedichte und Dramen. An der Jahrhundertswende wurde sein lyrisches Schaffen von Nietzsche beeinflusst. Pltotzlich unterbrach er seine Werke wegen einer Spachkrise und die Grunde dieses Verstummens finden sich in dem "Brief des Lord Chandos", geschriebe im Jahr 1902.

Das Untergehen der Donaumonarchie verursachte ein Mangel an Werten und Idealen und aus diesem Grund erkannten die Österreichische Autoren eine tiefe Krisis in allen Lebensbereichen

Die Erinnerung an alte, glorreiche Epochen ist ein wiederkehrendes Thema von Hofmannsthal, weil er nostalgie nach seiner bürgerlich-aristokratischen Herkunft Andere typische Motive sind die Vergänglichkeit des Lebens, die Flüchtigkeit aller irdischen Dinge und der Gegensatz zwischen Sein und Schein.

Hugo Von Hofmannsthal mit 16 Jahre alt

Ballade des äußeren Lebens

Und Kinder wachsen auf mit tiefen Augen,
Die von nichts wissen, wachsen auf und sterben,
Und alle Menschen gehen ihre Wege.

Und süße Früchte werden aus den herben
Und fallen nachts wie tote Vögel nieder
Und liegen wenig Tage und verderben.

Und immer weht der Wind, und immer wieder
Vernehmen wir und reden viele Worte
Und spüren Lust und Müdigkeit der Glieder.

Und Straßen laufen durch das Gras, und Orte
Sind da und dort, voll Fackeln, Bäumen, Teichen,
Und drohende und totenhaft verdorrte.

Wozu sind diese aufgebaut? und gleichen
Einander nie? und sind unzählig viele?
Was wechselt Lachen, Weinen und Erbleichen?

Was frommt das alles uns und diese Spiele,
Die wir doch groß und ewig einsam sind
Und wandernd nimmer suchen irgend Ziele?

Was frommts, dergleichen viel gesehen haben?
Und dennoch sagt der viel, der "Abend" sagt,
Ein Wort, daraus Tiefsinn und Trauer rinnt

Wie schwerer Honig aus den hohlen Waben.


Das Gedicht besteht aus acht Versgruppen, die ersten sieben Strophen aus je drei Verszeilen mit kompliziertem Reimschema haben, die letzte Versgruppe besteht nur aus einer einzigen Zeile.

Die errste Strophe beginnt mit einigen allgemeinen Feststellungen zum menschlichen Leben; zum einen die Entwicklung vom Kindesalter bis zum Tode, zum anderen - nicht ganz klar - die Individualität oder aber die Beziehungslosigkeit der Menschen. Als künstlerisches Mittel auffallend der Einstieg in der ersten Verszeile mit der Konjunktion 'und', der ausdrücken könnte, dass man hier in einen sich ständig wiederholenden Prozess hineinblendet.

Intention/Absicht

Das Gedicht schildert das menschliche Leben, all das, was Sinnlosigkeit und Vergänglichkeit anzudeuten scheint; entscheidend dann der plötzliche Schluss, ein Dennoch, das vor allem aus der Sprache des Menschen heraus erwächst: Sie ermöglicht es ihm, das auszudrücken und auch weiterzugeben, was er denkt und was er fühlt - und damit bekommt die menschliche Existenz doch ihren Wert, ihre Bedeutung, ohne all die Fragwürdigkeiten aufzuheben.

Die Sprachkrise wurde dann zu Sprachkepsis: Die Waben ( Wörter) haben kein Honig ( Sinn) mehr, dann fehlt der Sprach die Substanz.





CONCLUSIONI


Il percorso che ho intrapreso è stato utile per approfondire argomenti che di solito annoiano oppure sono criticati come immorali, blasfemi (basti pensare allo scandalo che la pubblicazione dei "Fiori del Male" ha suscitato). Eppure la conoscenza e la comprensione di questi possono permettere una comprensione più ampia della condizione in cui l'uomo vive, senza la presenza di censure e ideologie vincolanti che rischierebbe di etichettare alcuni autori come semplici esteti, eccentrici dandy, ribelli o depressi cronici. Al contrario, bisogna saper guardare la realtà con occhi vivi e assetati di conoscere, per poter imparare dagli altri e capire dai loro sbagli cos'è meglio per il nostro avvenire. Da questi tre grandi autori è possibile ricevere molti insegnamenti; quello che farò mio è l'importanza di non essere soli. La ricchezza materiale e la ricerca della bellezza nel lusso stravagante non sono buone vie d'uscita dall'omologazione della società, perché altrimenti si finisce l'esistenza nella solitudine e miseria, come il celeberrimo Oscar Wilde.

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