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Eugenio Montale- L'uomo e la poesia




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Eugenio Montale

L'uomo e la poesia












Vita e Opere



Eugenio Montale nasce a Genova il 12 ottobre del 1896. La famiglia è appartenente alla borghesia agiata in quanto il padre è comproprietario di una ditta di importazione di prodotti chimici.

Nel 1915 si diploma ragioniere, ma il grande sogno della sua giovinezza è il canto lirico che studia in questi anni. Intanto comincia a scrivere per riviste e giornali e nel 1922 pubblica le sue prime poesie, con il titolo di Accordi, presso la rivista "Primo tempo".

Nel 1925, Montale dà alle stampe la sua prima raccolta di liriche Ossi di seppia, la cui poesia invita il lettore a riflettere sulle contraddizioni dell'esistenza e sul "male di vivere".

Nel 1927 il poeta si trasferisce a Firenze dove nasce la raccolta di poesie Le occasioni, che esce nel 1939. Il titolo indica che la vita offre sempre spunti per riflettere e capire che il vivere dell'uomo è sconfitta e solitudine.

Durante il periodo fiorentino, Montale lavora dapprima presso la casa editrice Bembard(1927-29), poi come direttore del Gabinetto Vieusseux e della sua biblioteca(1929-1938). Dopo essere stato licenziato, in quanto non iscritto al partito fascista, vive di traduzioni e di collaborazioni giornalistiche. Sempre in questo periodo Montale, frequenta il caffè delle "Giubbe Rosse" dove incontra molti illustri intellettuali, tutti collaboratori della rivista "Solaria".

Nel corso della sua vita a Firenze Montale si avvicina a Dante grazie alla conoscenza con la studiosa americana Irma Brandeis. I due vivono una irregolare storia d'amore per qualche anno, finché la donna non deve tornare negli Stati Uniti a causa delle reggi razziali, che la minacciamo in quanto ebrea. E' proprio ad Irma Brandeis che Montale dedica Le occasioni, cantandola nelle sue poesie con il nome di Clizia.

Dopo la caduta del fascismo il poeta inizia a collaborare sempre più frequentemente con il "Corriere della Sera", del quale verrà poi assunto come redattore nel 1948.

Montale nel 1948 si stabilisce a Milano ed entra in contatto più direttamente con la realtà industriale e il mondo moderno. Attraverso queste esperienze, che si riflettono nella sua poesia fra il 1945 e 1954, cresce la delusione nei confronti del mondo moderno, della meccanizzazione e della massificazione della vita, che a suo avviso mettono a repentaglio la sopravvivenza stessa della poesia. E infatti, dopo l'uscita di La bufera e altro, considerato il libro più vario, ricco e inquieto dell'intera produzione poetica a montaliana, Montale sembra rinunciare a scrivere versi. Comincia un silenzio poetico che dura dieci anni.

Sul piano privato, il biennio 1949-50 è segnato dall'amore per la giovane poetessa Luisa Spaziani, cantata con il nome di Volpe. Nel 1962 sposa Drusilla Tanzi (Mosca) con cui conviveva da vari anni e che muore l'anno successivo. E' proprio la rielaborazione del lutto della moglie che lo induce a ricominciare a scrivere versi nel 1964.

Tra il 1964 e 1971 s'infittiscono i riconoscimenti, in Italia e all'estero. Nel 1965 Montale partecipa alla cerimonia di apertura del Convegno internazionale per i settecento anni dalla nascita di Dante, leggendovi un'importante relazione. Nel 1967 riceve la laurea honoris causa a Cambridge e, in patria, la nomina a senatore a vita.

Come autore di versi, Montale dà inizio a una nuova stagione poetica. Le poesie scritte per la morte della moglie e numerose altre di argomento invece satirico, polemico, comico, diaristico rivelano una svolta in senso prosastico. D'altronde, per il poeta, non è più possibile una poesia alta nella società massificata.

Nel 1975 Montale riceve il Premio Nobel per la letteratura.

Muore a quasi 85 anni il 12 settembre del 1981 a Milano. Il funerale di stato si svolge alla presenza del Presidente della Repubblica Pertini e del Presidente del Consiglio Spadolini.




La poetica di Montale


I TEMI

Il male di vivere, il male dell'esistenza, cui il poeta contrappone la "divina Indifferenza".(Spesso il male di vivere ho incontrato)

La ricerca estenuante per trovare un varco verso l'essenza delle cose, la rottura della catena causa-effetti.(vedi I limoni)

Il paesaggio aspro e assolato della Liguria. Le cose, gli oggetti.

Il dramma dell'incomunicabilità, della solitudine angosciosa.(Meriggiare pallido e assorto)

Il trascorrere inesorabile del tempo che cancella il passato e il desiderio di far rivivere i ricordi lontani, i fantasmi dell'amore.



IL LINGUAGGIO E IL LESSICO

Il linguaggio di Montale è nuovo, spesso aspro, intonato al dramma dell'esistenza, alla fatica di vivere.

Talvolta mescola vocaboli specifici o tecnici con parole letterarie o comuni, ma orchestrandoli in accordi di suoni. Gli oggetti e le cose sono espressione di sentimento che vagheggia all'interno o "simbolo" di una specifica sensazione esistenziale. E proprio dalle cose egli attinge "l'occasione" per fare emergere frammenti di ricordi.



LA SINTASSI

Talvolta Montale utilizza strutture ampie per esprimere il suo colloquio con le cose e con sé stesso.



IL VERSO e l'aspetto fonico

Montale ricerca soprattutto la musicalità, il ritmo martellato, il fluire di suoni a volte aspri per intonarli alle "cose" che osserva o spia o ascolta.


LA METRICA

La metrica è quella tradizionale; spesso la piega alle sue esigenze razionali o poetiche.















Ossi di seppia


Ossi di seppia è la prima raccolta di poesie di Montale. Il libro esce nel 1925 in un momento di svolta politica e culturale. La prima edizione fu edita da Godetti, mentre la seconda da Ribet nel 1928.


SIGNIFICATO DEL TITOLO

Il titolo rinvia all'immagine marina degli "ossi di seppia", già presente nell'Alcyone di D'Annunzio. Essi possono galleggiare felicemente nel mare (simbolo della felicità naturale) oppure essere sbattuti sulla spiaggia come inutili relitti. La prima possibilità, vagheggiata in alcune poesie più giovanili, risulta sempre più difficile da attuarsi; tende a imporsi, invece, la seconda situazione: come l'"osso di seppia" gettato sulla terra, il poeta è esiliato dal mare, escluso dalla natura e dalla felicità.


PERCORSO DEL LIBRO

Ossi di seppia delinea un percorso: al momento felice dell'incanto - coincidente con l'infanzia e con una adesione panica alla natura - è seguito il disincanto della maturità.

All'uomo non resta che accettare la vita su una terra desolata e su un universo disgregato e franante, ma deve accettarla senza viltà.


LO STILE E IL LINGUAGGIO

Montale fa la scelta di uno stile aspro e arido che vorrebbe aderire alla realtà delle cose al di là dell'inganno delle convenzioni ideologiche e linguistiche.


LA STRUTTURA DEL LIBRO: LE QUATTRO SEZIONI

Ossi di Seppia si suddivide in quattro sezioni, che si intitolano "Movimenti", "Ossi di seppia", "Mediterraneo", "Meriggi e ombre".


Poesie


Non chiederci la parola


È il primo componimento della sezione "Ossi di seppia". È una sorta di manifesto o di dichiarazione di poetica rivolta al lettore (il tu, a cui il testo è indirizzato). In questa poesia si riflette il clima di crisi di inizio '900 nel campo della letteratura e della poesia, infatti Montale denuncia, in questo componimento, la difficoltà di essere poeta. Il poeta non può dare perciò messaggi positivi , quindi può solo comunicare la difficoltà e la negatività della sua posizione.


Metrica: tre quartine formate da versi di varia lunghezza, con rime ABBA, CDDC, EFEF (la prima del v. 7 è ipermetra)


Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco

lo dichiari e risplenda come un croco

perduto in mezzo a un polveroso prato


Ah l'uomo che se ne va sicuro,

agli altri ed a se stesso amico,

e l'ombra sua non cura che la canicola

stampa sopra uno scalcinato muro!


Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

Codesto solo oggi possiamo dirti,

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.


Spesso il male di vivere ho incontrato


Anche questo testo fa parte della sezione "Ossi di seppia". A tre emblemi del male di vivere (il rivo strozzato, la foglia riarsa, il cavallo stramazzato) ne vengono contrapposti altrettanti di indifferenza (la statua, la nuvola, il falco), vista come unica soluzione esistenziale.

In questo componimento si ha l'utilizzo del Correlativo Oggetivo, strumento utilizzato da Montale per rappresentare oggetti reali con l'intento di rappresentarli come oggetti emblema dell'uomo e della sua condizione esistenziale.


Metrica: sono due quartine di endecasillabi tranne l'ultimo (un settenario doppio); rime incrociate (ABBA) nella prima quartina; anomale nella seconda quartina (CDDA); l'ultimo verso di 14 sillabe è ipermetro.


Spesso il male di vivere ho incontrato:

era il rivo strozzato che gorgoglia,

era l'incartocciarsi della foglia

riarsa, era il cavallo stramazzato.


Bene non seppi, fuori dal prodigio

che schiude la divina Indifferenza:

era la statua della sonnolenza

del meriggio, e la nuvola, a il falco alto levato.

















Le occasioni


Il secondo libro di Montale, Le occasioni, esce nel 1939 e poi in nuova edizione accresciuta, nel 1940.

Il nuovo libro riflette una situazione storica ormai mutata rispetto a quella degli Ossi di seppia. La letteratura diventa l'ultima difesa e l'ultimo privilegio per una generazione di autori che trova nella cultura e nell'arte l'unico risarcimento possibile.

La Firenze di "Solaria" e di "Letteratura" - le due riviste alle quali Montale collabora - diventa per lui una sorta di culla delle lettere, simbolo di una civiltà letteraria da difendere non solo dalla rozzezza e dalla grossolanità del regime fascista, ma anche dal dilagare della civiltà di massa e dei suoi "automi". Ne deriva un'ideologia che oppone alla massificazione dilagante i valori elitari di un'aristocrazia dello spirito.


LA SCELTA MONOSTILISTICA

Questa nuova situazione storica e questa nuova condizione dell'intellettuale provocano un cambiamento di poetica. Lo stile si innalza e si purifica. Prevale uno stile classico di matrice petrarchesca anche se con forti infiltrazioni di derivazione dantesca.


LA POETICA

In questa linea letteraria sono dominanti la tendenza all'allegorismo e l'interesse per Dante.


IL RAPPORTO CON DANTE

Montale avvia nelle Occasioni un confronto ravvicinato con Dante, non limitandosi a riprenderne aspetti linguistici e formali, ma derivandone invece alcuni temi fondamentali e la struttura dell'allegoria. Uno dei temi ripresi da Montale è quello della donna-angelo che salva l'uomo dalla dannazione e dall'ignoranza. Per il poeta la funzione salvifica della donna non deve essere solo privata ma universale, in modo che l'intera umanità possa usufruirne.


CLIZIA LA NUOVA BEATRICE

Ne Le occasioni e in molte poesie de La Bufera e altro la donna-angelo, Clizia, assume le funzioni di una salvifica Beatrice dantesca: le sue apparizioni, che si accompagnano a bagliori e a manifestazioni di luminoso splendore, coincidono con momenti di rivelazione del Valore. In assenza di Clizia il poeta appare frustrato e sconfitto, ridotto a povera impotente pedina travolta sulla scacchiera della storia. Ma quando il soggetto è riscattato dalla sua presenza, gli "occhi d'acciaio" della donna-angelo sembrano poter salvare non solo lui, ma l'intera società.


SIGNIFICATO DEL TITOLO

Il titolo allude al carattere occasionale delle apparizioni di Clizia.


LA STRUTTURA DEL LIBRO: LE QUATTRO SEZIONI

Le occasioni, come Ossi di seppia, sono un libro suddiviso in quattro sezioni, numerate con cifre romane. Solo la seconda porta un titolo, "Mottetti".







Poesie


Nuove stanze


Il titolo implica la ripresa di una precedente poesia delle Occasioni, intitolata Stanze, a cui si allude esplicitamente nella terza strofa del testo. Nuove stanze è una delle poesie conclusive del libro e una delle più alte in esso contenute. Fu scritta nel maggio del 1939, quando la seconda guerra mondiale era ormai alle porte. Alle follie ideologiche del fascismo e del nazismo Montale oppone il potere intellettuale di Clizia.

Il poeta e Clizia giocano a scacchi in un interno, mentre il fumo della sigaretta della donna costruisce in aria una città ideale. Ma si apre una finestra e la minaccia dell'esterno, rappresentata dal soffio del vento, può penetrare nella stanza distruggendo l'ideale costruzione che in essa si svolgeva. All'esterno infatti fervono i preparativi per la guerra. Tuttavia il poeta non depone la speranza: la donna-angelo, con la chiaroveggenza dei suoi occhi d'acciaio, può tenere in sacco il male che avanza.


Il gioco degli scacchi

Gli scacchi hanno un doppio valore emblematico: da un lato rappresentano una guerra simulata, dall'altro sono il gioco dell'intelligenza e della cultura e dunque si adattano bene al personaggio di

Clizia. Il gioco degli scacchi diventa così allegoria di una possibilità di intraprendere gli eventi storici, di controllarli standone al di fuori o ai margini.


L'allegorismo umanistico

Tutto il componimento è fondato su emblemi allegorici: il gioco degli scacchi, il contrasto interno/esterno, il personaggio della donna-angelo. Anche il procedimento del componimento è allegorico: svolge una tesi precisa e razionale e ha un andamento narrativo. L'influenza dello schema allegorico della Commedia dantesca è inoltre evidente nella tematica di dannazione-salvezza e nella figura di Clizia come donna-angelo o nuova Beatrice.

Ma il contenuto del messaggio non è di tipo religioso in senso cristiano: la religione di Clizia è quella della cultura e dell'umanesimo. Per questo si può parlare di un allegorismo umanistico.


Metrica: quattro strofe di otto versi ciascuna. Ogni strofa è formata da endecasillabi (con l'eccezione dei vv. 4 e 10, settenari) e chiusa da un verso più breve (tre quinari nelle strofe I, II, IV, un settenario nella strofa III). Numerosissime le assonanze, le consonanze, le rime spesso dissimulate.


Poi che gli ultimi fili di tabacco

al tuo gesto si spengono nel piatto

di cristallo, al soffio lenta sale

la spirale del fumo

che gli alfieri e i cavalli degli scacchi

guardano stupefatti; e nuovi anelli

la seguono, più mobili di quelli

delle tue dita.


La morgana che in cielo liberava

torri e ponti è sparita

al primo soffio; s'apre la finestra

non vista e il fumo s'agita. Là in fondo,

altro stormo si muove: una tregenda

d'uomini che non sa questo tuo incenso,

nella scacchiera di cui puoi tu sola

comporre il senso.


Il mio dubbio d'un tempo era se forse

tu stessa ignori il giuoco che si svolge

sul quadrato e ora è nembo alle tue porte:

follìa di morte non si placa a poco

prezzo, se poco è il lampo del tuo sguardo,

ma domanda altri fuochi, oltre le fitte

cortine che per te fomenta il dio

del caso, quando assiste.


Oggi so ciò che vuoi; batte il suo fioco

tocco la Martinella ed impaura

le sagome d'avorio in una luce

spettrale di nevaio. Ma resiste

e vince il premio della solitaria

veglia chi può con te allo specchio ustorio

che accieca le pedine opporre i tuoi

occhi d'acciaio.


























La bufera e altro


La bufera e altro, terzo libro poetico montaliano, fu pubblicato dall'editore veneto Neri Pozza nel 1956 e, l'anno successivo, da Mondadori. L'arco cronologico (1940-54) corrisponde ad anni drammatici, sia sul piano pubblico che su quello privato. Nelle poesie di questo periodo si riflettono gli orrori della guerra, gli entusiasmi per la lotta di Liberazione, le speranze del biennio 1945-46, le delusioni successive di fronte alla società di massa e alla egemonia dei due maggiori partiti di allora, la DC e il PCI. Ma vi lasciano un segno profondo anche fattori privati ed esistenziali: i lutti familiari, il ricordo dell'infanzia e dell'adolescenza liguri, la lontananza da Clizia, la malattia di Mosca, il trasferimento a Milano nel 1948, l'incontro con Volpe avvenuto all'inizio del 1949.


IL TITOLO

All'inizio il titolo di questa raccolta doveva essere Romanzo, ma nel 1956 il libro esce con un titolo diverso, La bufera e altro. Il titolo è cambiato perché è venuta meno la speranza di suggerire al lettore un itinerario e un messaggio positivi. L'ipotesi di una salvezza "per tutti", che Clizia sembrava promettere, si è disgregata.


L'ANGUILLA

Nonostante la fuga di Clizia, che sembra alludere alla scomparsa della cultura, la poesia può sopravvivere grazie alla stessa forza biologica dell'uomo di cui l'anguilla ne è l'immagine.


VOLPE, L'ANTI-BEATRICE

La relazione con Volpe rafforza all'inizio la teoria della donna-anguilla. Volpe è un anti-Beatrice, che mantiene tratti angelici; me è espressione di un valore assai diverso da quello di Clizia, perché rinvia al mondo concreto dell'eros e della passione. Il poeta si rende conto tuttavia che la salvezza offertagli da Volpe è solo "privata", non "per tutti".


LE SETTE SEZIONI

La bufera e altro si suddivide in sette sezioni: "Finisterre", "Dopo", "Intermezzo", "Flashes e dediche", "Silvae", "Madrigali privati", "Conclusioni provvisorie".


Poesie


La primavera hitleriana


Questa poesia viene scritta da Montale in seguito alla visita di Hitler in Italia avvenuta nel maggio del 1938 ed è posta al centro della sezione Silvae. Per il tema apertamente politico questa poesia si collega a Nuove stanze, ma con un'ispirazione meno aristocratica, più dichiaratamente democratica. Inoltre la condanna la condanna del nazismo e del fascismo è qui esplicita, perentoria e durissima: Hitler e Mussolini sono dei "mostri". L'arrivo in città del dittatore tedesco, visto come un personaggio infernale, è vissuto come una profanazione e una minaccia per i valori stessi della civiltà. Il momento del trionfo del male sembra rendere inutile la presenza di Clizia e dei valori che rappresenta. Ma nonostante tutto si mostrano alcuni segni di una futura rivincita: alla fine Clizia vince, e la nevicata di falene che all'inizio sapeva di morte, assume un diverso significato di sconfitta e morte per i dittatori.


L'ALLEGORIA DI CLIZIA

Nella poesia agisce l'allegoria della donna-angelo riprendendo la Beatrice de La vita nuova di Dante che porta il poeta alla salvezza, infatti la donna migliora e salva il poeta. La funzione di Clizia è più complessa: non salva solo il poeta ma svolge una funzione salvifica per tutti. Clizia in questo componimento, non è più mossa da istanze umanistiche, ma cristiane. Il cristianesimo è assunto però come campo di valori più che come corpo confessionale di dottrine.


L'ALLEGORIA DELLE FALENE

All'inizio la nuvola delle falene ha un significato negativo: rappresenta la vittoria della morte e quindi dei totalitarismi. Alla fine invece, essa assume un significato positivo: la morte e cioè la fine del nazismo e del fascismo.


IL LINGUAGGIO E LO STILE

Il linguaggio è estremamente ricercato, con termini aulici e sintassi complessa (incastro tra positività e negatività). Questa poesia va al di là della tradizione poetica e i versi lunghi e l'organizzazione del testo fanno pensare alla prosa. Tuttavia essa contiene anche periodi semplici, parole desunte dalla cronaca politica e particolari precisi espressi in termini tecnici.


Metrica: quattro strofe di diversa lunghezza formate da versi lunghi: dall'endecasillabo a un' originale ed efficace imitazione dell'esametro latino (cfr., per es., i vv. 1,2,4,.).


Folta la nuvola bianca delle falene impazzite
turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette,
stende a terra una coltre su cui scricchia
come su zucchero il piede; l'estate imminente sprigiona
ora il gelo notturno che capiva
nelle cave segrete della stagione morta,
negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai.

Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale
tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso
e pavesato di croci a uncino l'ha preso e inghiottito,
si sono chiuse le vetrine, povere
e inoffensive benché armate anch'esse
di cannoni e giocattoli di guerra,
ha sprangato il beccaio che infiorava
di bacche il muso dei capretti uccisi,
la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue
s'è tramutata in un sozzo trescone d'ali schiantate,
di larve sulle golene, e l'acqua séguita a rodere
le sponde e più nessuno è incolpevole.

Tutto per nulla, dunque? - e le candele
romane, a San Giovanni, che sbiancavano lente
l'orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii
forti come un battesimo nella lugubre attesa
dell'orda (ma una gemma rigò l'aria stillando
sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi
gli angeli di Tobia, i sette, la semina
dell'avvenire) e gli eliotropi nati
dalle tue mani - tutto arso e succhiato
da un polline che stride come il fuoco
e ha punte di sinibbio.
                 Oh la piagata
primavera è pur festa se raggela
in morte questa morte! Guarda ancora
in alto, Clizia, è la tua sorte, tu
che il non mutato amor mutata serbi,
fino a che il cieco sole che in te porti
si abbàcini nell'Altro e si distrugga
in Lui, per tutti. Forse le sirene, i rintocchi
che salutano i mostri nella sera
della loro tregenda, si confondono già
col suono che slegato dal cielo, scende, vince -
col respiro di un'alba che domani per tutti
si riaffacci, bianca ma senz'ali
di raccapriccio, ai greti arsi del sud


































Clizia e le altre donne di Montale


Il nome di Clizia compare solo ne La bufera e altro, tuttavia il personaggio che le corrisponde, e cioè Irma Brandeis, è dominante già ne Le occasioni, che sono appunto dedicate a "I.B.". Il nome Clizia deriva dalla mitologia greca e in particolare da un mito ripreso dal poeta latino Ovidio nelle Metamorfosi. Nel mito Clizia resta sempre fedele al Sole, cioè ad Apollo, dio della cultura. Per questo Clizia è una nuova Beatrice, l'annunciatrice di un nuovo valore: la cultura letteraria.

A Clizia seguirà Volpe, cantata ne La bufera e altro. Volpe incarna l'anti-Beatrice in quanto è una donna concreta e sensuale e corrisponde nella realtà alla poetessa Maria Luisa Spaziani.

Un'altra donna importante è la fanciulla di cui si parla nella Casa dei doganieri, poesia che fa parte de Le occasioni, e che viene cantata con il nome di Arletta o di Annetta e nella realtà corrisponde ad Anna degli Uberti, conosciuta nelle estati a Monterosso.

È da ricordare infine la moglie, Drusilla Tanzi cantata con l'appellativo di Mosca, con cui la chiamavano gli amici. Mosca non ha l'eccezionalità di Clizia e nemmeno di Volpe, ma è per il poeta una maestra di vita.


              






BIBLIOGRAFIA


Romano Luperini, Pietro Cataldi, Lidia Marchiani, Franco Marchese, Raffaele Donnarumma (2003), La scrittura e l'interpretazione, Firenze, G. B. Palumbo & C. Editore S.p.A.-Palermo


Sambugar ed Ermini (1996), Pagine di letteratura italiana ed europea, 1° ristampa, Firenze, La Nuova Italia Editrice, Scandicci (Firenze)












Montale e il Premio Nobel per la letteratura (1975)





Il 12 dicembre del 1975 Montale viene premiato a Stoccolma dal re di Svezia Carlo Gustavo XVI con il Premio Nobel per la letteratura.

Durante la cerimonia di premiazione Montale pronunciò il discorso "È ancora possibile la poesia?" nel quale espresse i suoi dubbi per la sopravvivenza della poesia in un mondo così massificato e industrializzato.

Per Montale questo premio rappresenta la consacrazione a grande poeta della storia della letteratura sia italiana che mondiale.












Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale
tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso
e pavesato di croci a uncino l'ha preso e inghiottito,
si sono chiuse le vetrine, povere
e inoffensive benché armate anch'esse
di cannoni e giocattoli di guerra.

(da La primavera hitleriana)







Indice


Perché Montale


Vita e opere


La poetica di Montale


Le Raccolte

Ossi di seppia

Le occasioni

La Bufera e altro


Appendice

Il premio Nobel per la Letteratura

Clizia e le altre donne di Montale













































Le Raccolte












Perché Montale


Ho deciso di scegliere Montale perché mi ha colpito fin dalla prima volta che letto un suo componimento. Sono un'amante della poesia e della letteratura in generale, ma questo poeta in particolare ha lasciato un segno nel mio cuore e nella mia testa. La scuola che ho frequentato è un istituto tecnico ed ho spesso pensato che la mia passione per le lettere potesse essere incompatibile con il percorso che avevo scelto, ma Montale ha cambiato totalmente le mie prospettive. Già Dante Alighieri, non a caso, mi aveva colpito molto con la sua poesia e con i messaggi che ha voluto lasciare all'interno della Divina Commedia, ma Montale ha "sfondato" definitivamente il muro che divideva me dalle mie desiderate scelte.

I messaggi che questo poeta ha mandato tramite le sue opere sono molti, ma sono in particolare due quelli che mi hanno fatto riflettere e con i quali mi sono scoperta totalmente d'accordo. Il primo è implicito e si ricava analizzando la sua vita: infatti Montale benché avesse intrapreso studi tecnici è riuscito a diventare uno dei massimi esponenti della letteratura italiana e un ottimo giornalista seguendo così le sue inclinazioni artistiche e dimostrando che le scelte che si fanno da adolescenti non devono per forza condizionare la nostra vita, ma crescendo possiamo trovare e riconoscere le nostre passioni per riuscirle a trasformare nel nostro futuro lavoro. Questo messaggio è stato fondamentale per me perché mi ha indicato la strada da percorrere dopo tanti anni di indecisioni.

Il secondo messaggio è di diverso stampo e riguarda l'importanza della cultura per ognuno di noi. In un mondo come quello attuale, e come lo era già quello di Montale, così profondamente sagnato dai mass media, che ci forniscono ogni tipo di informazione e di servizio, è fondamentale avere una buona cultura letteraria che ci permetta di aprire la mente alle differenze che questa società globalizzata e massificata propone ogni giorno. Solo con la cultura e l'istruzione possiamo quindi "salvarci" dalla globalizzazione e dalla massificazione delle menti, perché una buona formazione culturale rende liberi di scegliere e di pensare.

Inoltre il mio amore per Montale è nato anche per l'altezza linguistica della sua poesia, infatti il suo stile riporta a tempi passati, quando i versi e le parole erano l'ispirazione massima dell'uomo.

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