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Restaurazione in generale e congresso di Vienna




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Restaurazione in generale e congresso di Vienna

Con la sconfitta di napoleone a Waterloo si chiudeva definitivamente la lunga stagione delle guerre che avevano opposto la Francia rivoluzionaria e la napoleonica. Cominciava l'età della Restaurazione, ossia della ricostituzione del vecchio ordine europeo. Restaurazione in toto dell'ancien regime. Ma si trattava di un programma irrealizzabile nella sua interezza. Troppi erano i mutamenti intervenuti nella società e nelle istituzioni, le ideologie e i modelli di governo derivati dalle esperienza rivoluzionarie si erano troppo radicati nella coscienza di molti intellettuali per poter essere cancellati d'un colpo. Ancor più difficile da rimuovere era l'eredità rivoluzionaria per quanto riguarda le istituzioni politiche e gli ordinamenti giuridici; la dominazione napoleonica aveva portato la certezza del diritto e dell'uguaglianza fra i cittadini e tutto ciò corrispondeva alle aspirazioni e ai bisogno di una borghesia che aveva acquisito la consapevolezza del suo ruolo nella società. In molti stati la restaurazione si risolse in un compromesso fra antico e nuovo, in un tentativo, non sempre riuscito, di adattare le vecchie strutture a una realtà sociale mutata.
Il congresso di Vienna, apertosi ufficialmente il 1 novembre 1814 e conclusosi il 9 giugno 1815, fu il più importante e affollato consesso di sovrani e governanti mai visto in Europa. Ma le decisioni più importanti vennero prese all'interno di un gruppo ristretto, di cui facevano parte i delegati delle quattro maggiori potenze vincitrici, fra i quali il ministro degli esteri Metternich e il rappresentante della Francia sconfitta Talleyrand che riuscì a diventare addirittura uno dei protagonisti del congresso, sfruttando i contrasti tra i vincitori e facendo valere a vantaggio del suo paese il principio di legittimità: il principio in base al quale dovevano essere restaurati i diritti "legittimi" violati dalla rivoluzione. Era del resto interesse delle stesse potenze vincitrici fare della Francia un pilastro del nuovo equilibrio conservatore, la maggiore precauzione presa dei vincitori consistette nel costruire una barriera protettiva ai confini della Francia, rafforzando gli stati vicini. Lo scopo degli statisti di Vienna infatti era non solo cancellare le conseguenze degli eventi rivoluzionari dell'ultimo venticinquennio ma anche evitarne il ripetersi costruendo un equilibrio più solido e duraturo. Il nuovo equilibrio fu creato in base a criteri tipicamente settecenteschi. Intere regioni passarono da uno stato all'altro senza il minimo riguardo per i principi di nazionalità o per la volontà delle popolazioni interessate; gli stati si ridussero di numero e i maggiori fra essi si vennero avvicinando al modello dello stato moderno caratterizzato dalla continuità territoriale e dall'uniformità degli ordinamenti. I mutamenti più importanti riguardarono la Russia e la Prussia; la prima si espanse verso occidente inglobando buona parte della Polonia mentre la Prussia acquistò buona parte della Sassonia. Gli stati di lingua tedesca si ridussero drasticamente di numero e furono riuniti in una "Confederazione Germanica", la cui presidenza era tenuta dall'imperatore d'Austria. L'impero asburgico, grazie all'azione di Metternich, uscì dal congresso più forte e più compatto e si impose come il fulcro dell'equilibrio continentale. Belgio, Lussemburgo e Olanda formarono il "Regno dei Paesi Bassi". L'Italia fu riportata, con poche varianti, alle condizioni precedenti alle guerre napoleoniche. La maggiore novità era il rafforzamento dell'egemonia austriaca; gli austriaci erano infatti presenti nel regno Lombardo-Veneto, nel Granducato di Toscana, nel Ducato di Parma e Piacenza, nel Ducato di Modena e Reggio mentre il Regno di Napoli, sotto la dinastia dei Borboni, era legato agli austriaci da un trattato di alleanza militare. Anche lo Stato pontificio dovette consentire all'Austria di mantenere guarnigioni a Ferrara e a Comacchio. L'unico stato italiano a mantenere una certa autonomia rispetto all'impero asburgico era il Regno di Sardegna, ingranditosi con l'acquisto di alcuni territori della Savoia e con la Liguria. La Gran Bretagna non ebbe pretese territoriali sul continente ma si preoccupò, invece, di assicurare in Europa un equilibrio tale da impedire l'emergere di nuove ambizioni egemoniche oltre che consolidare la sua posizione di massima potenza marittima. Restaurato l'ordine in Europa, i capi delle grandi potenze cercarono di approntare gli strumenti militari e diplomatici per garantire la conservazione di equilibri interni. Il più importante di questi strumenti fu la Santa Alleanza, nata dallo zar Alessandro I, cui aderirono anche l'imperatore d'Austria e il re di Prussia: un alleanza intessuta di riferimenti alla religione cristiana. Alla Santa Alleanza aderirono successivamente altri Stati europei, fra cui la Francia. Non aderì la Gran Bretagna, che giudicò il contenuto inconsistente agli effetti pratici, che si fece promotrice di un secondo trattato, la "Quadruplice alleanza", firmato fra Gran Bretagna, Austria, Russia e Prussia e che impegnava i continenti a vigilare contro possibili ritentativi di rivincita da parte della Francia e a intervenire contro ogni sommovimento rivoluzionario. Nasceva così quello che fu chiamato il "concerto europeo" ossia un continuo dialogo fra le grandi potenze che contribuì certamente a ridurre le tensioni e ad assicurare un quarantennio di pace.

3 La restaurazione politica

Sul piano politico e istituzionale, la Restaurazione ebbe caratteri e intensità diversi a seconda dei paesi. Ovunque, però, si ebbe un assestamento degli equilibri interni in senso conservatore. Anche in Gran Bretagna gli anni successivi al 1815 videro la schiacciante prevalenza dell'ala destra del partito conservatore. Il dominio della destra tory si tradusse in una politica tutta rivolta a favorire gli interessi della grande proprietà terriera, attraverso l'imposizione di un forte dazio di importazione sul grano, che manteneva elevati i prezzi interni. Questa politica inaspriva le tensioni sociali, spingendo in alto il costo della vita; si ebbero infatti in questi anni numerose agitazioni operaie, sempre duramente represse. Un parziale correzione di rotta si ebbe nei primi anni '20, quando si venne affermando un'ala liberal-moderata che faceva capo a George Canning, diventato ministro degli esteri. Nei più importanti stati dell'Europa, la Restaurazione si risolse nella conferma del vecchio assolutismo settecentesco e nel blocco di ogni evoluzione in senso liberale. La Restaurazione assunse forme particolarmente dure in Spagna, dove il re Ferdinando VII si affrettò ad abrogare la "costituzione di Cadice" e mise in atto una dura repressione nei confronti delle correnti liberali. Regimi a base parzialmente rappresentativa, ossia con parlamenti eletti a suffragio ridotto e dotati di poteri assai limitati, furono invece mantenuti nel regno dei Paesi bassi, in alcuni stati della Confederazione Germanica oltre che in Svezia, Danimarca e Svizzera. Ma il caso più significativo di Restaurazione "morbida" fu certamente quello della Francia: appena insediato sul trono il nuovo re Luigi XVIII promulgò una costituzione (ma preferì chiamarla "carta") che proclamava l'uguaglianza di tutti i francesi davanti alla legge, garantiva le libertà fondamentali (di opinione, di stampa e di culto) e prevedeva un Parlamento bicamerale, composto da una "Camera dei pari" di nomina regia e una "Camera dei deputati" elettiva. La carta era presentata come una graziosa concessione da parte del re ai suoi sudditi (per questo fu chiamata Charte octroyée, ossia elargita). Il suo contenuto liberale era però limitato sia dagli scarsi poteri di cui godeva la Camera dei deputati, sia dal carattere restrittivo della legge elettorale, che legava il diritto di voto all'età e al reddito. Fu inoltre garantita l'inviolabilità di tutte le proprietà vecchie e nuove e si rinunciò a qualsiasi misura punitiva per i sostenitori dell'antico regime. Una simile moderazione scontentava però i legittimisti più intransigenti e soprattutto gli emigrati che, rientrati in patria, si aspettavano di rientrare pienamente in possesso dei loro beni e di riprendere gli antichi usi feudali: in generale, tutti coloro che sognavano il ritorno puro e semplice all'ancien regime furono definiti ultrarealisti o "ultras". Nelle elezioni dell'agosto 1815 gli "ultras" riuscirono a conquistare una larga maggioranza creando non pochi intralci e causando lo scioglimento della camera. Nel 1816, però gli ultras furono fortemente ridimensionati; prevalsero i costituzionali moderati e fecero la loro comparsa un'opposizione di sinistra che si batteva per l'allargamento delle libertà politiche, successivamente la ripresa dell'attività rivoluzionaria ad opera dei gruppi clandestini di ispirazione repubblicana e giacobina che si manifestò in Francia mise in crisi il gruppo dirigente moderato e restituì spazio alla destra legittimista. Questa segnò un punto a suo favore con la morte di Luigi XVIII e l'avvento di Carlo X, capo riconosciuto degli ultras. In Italia, la restaurazione dei vecchi stati e delle vecchie dinastie comportò un arresto e un rallentamento dello sviluppo civile che si stava avviando durante il periodo francese: nel Regno di Sardegna il re Vittorio Emanuele I abrogò la legislazione napoleonica, ristabilì il controllo della Chiesa sull'istruzione e riportò in vigore le discriminazioni contro le minoranze religiose; nello Stato della Chiesa, la relativa moderazione del papa Pio VII e del segretario di stato cardinal Consalvi si scontrava con la linea di restaurazione teocratica sostenuta dall'ala intransigente del collegio cardinalizio e dalla ricostituita Compagnia di Gesù. La linea intransigente finì col prevalere soprattutto dopo la morte di Pio VII e quando Consalvi fu allontanato; il Regno di Napoli aveva una situazione simile a quella dello stato pontificio, la linea moderata del primo ministro Luigi de Medici dovette misurarsi con le tendenze reazionarie del re Ferdinando I ma grazie soprattutto al governo austriaco il primo ministro riuscì a portare avanti la sua politica ispirata i principi del dispotismo illuminato, lo stato fu unificato dal punto di vista amministrativo quando assunse il nome di Regno delle due Sicilie (1816); le cose andavano meglio negli stati direttamente amministrati dall'Austria: in Toscana il granduca Ferdinando III e i suoi ministri si riallacciarono alla miglior tradizione dell'assolutismo illuminato; nel Lombardo-Veneto era presente una miscela di autoritarismo e buona amministrazione, la lombardia continuò ad essere la regione economicamente più avanzata d'Italia ed era sviluppata da un punto di vista sociale e per quanto riguarda la comunicazione e l'istruzione e per quanto riguarda le tecniche agricole e industriali.

Restaurazione:aspetti sociali
Sul pino dei rapporti sociali, la Restaurazione non interruppe completamente quel processo di crescita della borghesia e di emancipazione dei vincoli feudali che la rivoluzione francese aveva accelerato, ma questo processo divenne più lento e contrastato. Nei paesi che avevano conosciuto la dominazione napoleonica, le aristocrazie tornarono ad occupare tutti i posti chiave nei governi, nelle forze armate, nella diplomazia anche se non avevano recuperato completamente il loro ruolo sociale (e le proprietà) dell'ancien regime. La borghesia dell'industria e del commercio fu danneggiata dalle politiche dei governi volte a favorire la proprietà terriera e dal ristabilimento delle antiche barriere doganali che ostacolavano gli scambi. I diritti feudali erano stati aboliti in gran parte d'Europa e salvo accezioni, non furono ripristinati; ma in vaste aree del continente i contadini erano ancora legati a vincoli nei confronti dei signori, che rappresentavano a livello locale la principale autorità: questa era la situazione di gran parte dell'Europa dell'est. Nelle zone della confederazione germanica l'emancipazione si ottenne gradualmente con una serie di riforme. Nell'impero asburgico il processo fu ancora più lento e si compì soltanto nel 1848. Nell'Europa del Sud (penisola iberica, Italia) la defeudalizzazione fu più rapida, ma non intaccò se non in minima parte le tradizionali gerarchie sociali ne modificò la struttura della proprietà terriera, caratterizzata dalla persistenza del latifondo e della grande proprietà ecclesiastica. Molto diversa, da questo punto di vista, era la situazione in Francia e nei paesi vicini: le regioni occidentali della Germania, i Paesi bassi, l'Italia settentrionale: in queste aree la rivoluzione antifeudale si era compiuta in maniera irreversibile e la borghesia aveva aumentato la sua quota di partecipazione alla proprietà della terra. La vendita delle terre appartenenti al clero e alla nobiltà non aveva avvantaggiato i piccoli coltivatori, ma era servita soprattutto a incrementare la grande proprietà borghese. La piccola proprietà contadina fu invece complessivamente danneggiata dalla legislazione napoleonica.

5 La cultura del Romanticismo

Il periodo che comunemente si definisce come "età della Restaurazione" fu anche quello che vide l'affermazione e la diffusione in tutta Europa della cultura romantica. Una cultura che si contrapponeva al razionalismo settecentesco, all'universalismo illuminista, agli schemi del classicismo. Una cultura che cercava nella storia la fonte di una nuova e più profonda razionalità e vedeva in tutte le epoche storiche l'espressione di uno spirito universale o la manifestazione di un disegno divino. Come corrente letteraria, artistica e filosofica, il Romanticismo era nato in Germania negli ultimi decenni del '700. Aveva avuto i suoi primi assertori nei filosofi Hamann e Herder e il suo nucleo originario nello Sturm und Drang. Una più organica sistemazione teorica venne con l'opera critica dei fratelli von Schlegel e con la filosofia idealista di Fichte e Schelling. Romanticismo e idealismo fornirono allora la base culturale a quel movimento di riscoperta della nazione e di riscossa patriottica. In quegli stessi anni il Romanticismo si affermò in Inghilterra e cominciò a diffondersi in Francia, nella versione cattolica e tradizionalista di Chateaubriand. Un contributo decisivo all'affermazione delle nuove tendenze lo diede Madame de Stael e da questa derivarono numerose discussioni che videro la penetrazione dell'ideale romantico in Italia. Ma l'importanza del romanticismo non si limitò al mondo delle lettere e delle arti; quella romantica fu una cultura nel senso più ampio del termine: fu una mentalità diffusa, un fenomeno che influenzò in modo decisivo il modo di pensare, di agire e di apparire della minoranza colta. Ciò che era sempre presente nell'ideale romantico era la sensibilità, una sensibilità legata  anche ai dettagli esteriori che diventavano connotati e segni di riconoscimento di una nuova spiritualità. Nella cultura romantica c'erano molti elementi che si prestavano a essere fatti propri fai fautori della Restaurazione, continui rimandi alla critica del razionalismo, le tradizioni storiche e le peculiarità nazionali, la riscoperta della dimensione religiosa. Romanticismo però significava anche libertà, rottura di norme consolidate, affermazione dell'individuo.


6 Cospirazioni e società segrete

A partire dall'inizio degli anni '20, l'ordine imposto dall'Europa e al mondo dal congresso di Vienna fu seriamente minacciato da una successione di moti insurrezionali che si propagavano con grande facilità da un paese all'altro: un meccanismo di reazione a catena facilitato da un comune stato di malessere economico ma determinato soprattutto da una fitta rete di collegamenti internazionali fra i diversi centri rivoluzionari. Dal momento che in quasi tutti i paesi europei l'espressione del dissenso politico era impedita, o gravemente limitata, sette e società segrete  divennero nell'età della Restaurazione il principale strumento di lotta politica. Gli stessi legittimisti se ne servirono per combattere più efficacemente i loro avversari e per meglio condizionare i governi (in Francia coi Cavalieri della fede e in Italia con le Amicizie cristiane). Più numerose e importanti erano però le sette di tendenza democratica e liberale. Alcune di esse traevano ispirazione dalla Massoneria, la più antica fra le società segrete. Le società segrete poggiavano tutte su una base sociale molto ristretta e ruolo importantissimo assumevano i militari perché erano gli unici strumenti di minaccia nei confronti della stabilità dei troni e del governo.

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