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Rousseau - il contratto sociale - libro quattro




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ROUSSEAU - IL CONTRATTO SOCIALE

LIBRO QUATTRO


6) Della dittatura

L'inflessibilità delle leggi può determinare la rovina di uno Stato in certe occasioni, a causa anche della lentezza delle decisioni. Per salvarlo in casi straordinari si può agire in due modi: - togliere l'autorità al popolo e darla a poche persone; - nominare un capo supremo, sospendendo le leggi, con potere esecutivo.

Agli inizi della repubblica romana si fece spesso ricorso alla dittatura, perché lo stato non aveva ancora un assetto abbastanza stabile, ma in quei tempi il dittatore non abusava mai del suo potere, che gli sembrava un peso. Alla fine della repubblica invece l'uso della dittatura fu molto limitato, per la sua pericolosità.

8) Della religione civile

In origine gli uomini non ebbero altri re che gli dei, né altro governo se non quello teocratico. Dal solo fatto che dio veniva posto a capo di ogni società politica derivò che ci furono tanti dei quanti popoli. Dalle divisioni nazionali risultò il politeismo e di lì l'intolleranza teologica e civile. Essendo dunque ogni religione legata unicamente alle leggi dello stato che la prescriveva, l'unico modo di convertire un popolo consisteva nell'asssoggettarlo, i soli missionari erano i conquistatori. Gesù separando il sistema teologico dal sistema politico, ruppe l'unità dello stato causando le divisioni interne che non hanno mai cessato di agitare i popoli cristiani. Da questo doppio potere è risultato un perpetuo conflitto di giurisdizione che ha reso impossibile qualunque buona costituzione politica negli stati cristiani, e non si è mai potuto venire a capo di sapere a chi si era obbligati ad obbedire, se al padrone o al prete. Hobbes è il solo che abbia osato proporre di riunire le due teste dell'aquila e di ricondurre tutto all'unità politica senza cui non ci sarà mai né un governo né uno stato ben costituito. La religione considerata in rapporto alla società, che è o generale o particolare, può a sua volta dividersi in due specie, cioè la religione dell'uomo e quella del cittadino. La prima, senza templi, senza altari, senza riti, limitata al puro culto interiore del dio supremo e agli eterni doveri della morale, è la pura e semplice religione del vangelo, il vero teismo, è ciò che si può chiamare il diritto divino naturale. L'altra, riconosciuta in un solo paese, gli dà i suoi dei, i sui propri patroni tutelari; essa ha i suoi dogmi, i suoi riti, il culto esteriore prescritto dalle leggi; al di fuori della sola nazione che la segue, per essa non ci sono che infedeli. Tali furono le religioni dei primi popoli, a cui si può dare il nome di diritto divino civile o positivo. Tutto ciò che spezza l'unità sociale non vale nulla. Tutte le istituzioni che mettono l'uomo in contraddizione con se stesso non valgono nulla. La religione del cittadino è buona in quanto riunisce il culto divino e l'amore delle leggi, facendo della patria l'oggetto dell'adorazione dei cittadini, insegna loro che servire lo stato significa servirne il dio tutelare. Morire per il proprio paese vuol dire andare al martirio; violare le leggi essere empio. Ma è cattiva perché, fondandosi sull'errore e sulla menzogna, inganna gli uomini, li rende crudeli e superstiziosi. È cattiva anche quando, divenendo esclusiva e tirannica, rende un popolo sanguinario e intollerante, mettendolo in uno stato naturale di guerra con tutti gli altri. Resta dunque la religione dell'uomo, cioè il cristianesimo del vangelo. Per questa religione gli uomini, figli di uno stesso dio, si considerano tutti fratelli, e la società che gli unisce non si discioglie neppure con la morte. Tuttavia questa religione, mancando di qualunque relazione particolare con il corpo politico, lascia alle leggi la sola forza che traggono da se stesse. Anziché  suscitare nei cuori dei cittadini un senso di attaccamento per lo stato, li distacca dallo stato come da tutte le altre cose sulla terra: non conoscono nulla di più contrario allo spirito sociale. Il cristianesimo è una religione tutta spirituale, dominata unicamente dalle cose del cielo; la patria del cristiano non è di questo mondo. Egli fa il suo dovere, ma lo fa con profonda indifferenza per l'esito buono o cattivo dei suoi sforzi. Il cristianesimo predica solo servitù e dipendenza. Ha uno spirito troppo favorevole alla tirannide perché essa non ne approfitti sempre. I veri cristiani sono fatti per essere schiavi: questa breve vita per loro ha troppo poco valore. I dogmi della religione devono essere semplici, poco numerosi, enunciati con precisione e senza spiegazione o commento. L'esistenza della divinità potente, intelligente, benefica, previdente e provvida; la vita futura, la felicità dei giusti e la punizione dei malvagi; la santità del contratto sociale e delle leggi; questi sono i dogmi positivi. Quanto ai dogmi negativi , si riducono ad uno solo: l'intolleranza



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