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Lo strano anello - tesina




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LO STRANO ANELLO









Concetto di Strano Anello, Infinito, Frattali


Concretizzazione dei concetti nel libro "GÖDEL, ESCHER, BACH: UN'ETERNA GHIRLANDA BRILLANTE" di D.R. Hofstadter


Sintesi del contenuto del libro


Gödel e la crisi dei fondamenti della matematica

Paradossi - Antinomia di Russel e il Teorema di Gödel

Primo teorema d'incompletezza

Secondo teorema d'incompletezza


Escher

Figure paradossali


Bach

Offerta musicale per il re Federico II il Grande di Prussia






BIBLIOGRAFIA

Gödel, Escher, Bach Un'eterna ghirlanda brillante di D. R. Hofstadter

Wikipedia

Format, Spe 3, W. Maraschini e M.Palma

Recensione di A.Mastroianni


CONCETTO DI STRANO ANELLO - INFINITO - FRATTALI




Il fenomeno dello strano anello racchiude in sé il concetto di infinito: l'infinito potenziale negativo, che non finisce mai e l'infinito attuale, perfetto e chiuso. Il primo detto anche falso infinito, è caratterizzato dalla ripetizione all'infinito di una medesima operazione di divisione (concezione efficacemente rappresentata da Sisifo, condannato a trasportare in eterno sulla sommità di un monte un masso che, appena giunto in cima rotolava a valle).

Il secondo, l'infinito attuale, è un infinito chiuso e, per così dire, compiuto, identificabile cosmologicamente con l'universo. I greci non lo nominavano mai in matematica e cercavano il più possibile di evitarlo in quanto creava problemi difficilmente risolvibili. A tal proposito si vedano i paradossi di Zenone sull'impossibilità del moto. Esemplare è come il concetto di apeiron (illimitato) avesse il carattere implicito di non-esistenza, di mancanza, rappresentato da quell' a privativo, caratteristico anche dei suoi attributi.

Il concetto di infinito viene da sempre e non a caso rappresentato con anelli, figure circolari o addirittura' strani anelli' che si ricongiungono dopo anomale contorsioni.

Fra le immagini maggiormente utilizzate vi è appunto il cerchio (ciclo infinito), figura geometrica costituita da un'unica linea che ritorna su se stessa, in cui non è possibile distinguere né principio né fine.

Altro simbolo molto noto in campo matematico è l'otto orizzontale ideato dal matematico J.Wallis.

Morfologicamente simile, ma più complesso è il nastro di Mobius: si tratta di una striscia a cui, prima di congiungere gli estremi, viene impartita una rotazione di mezzo angolo ad un'estremità. Un oggetto molto semplice ma inquietante allo stesso tempo, che ha attirato l'attenzione di matematici ed artisti tra cui M.C.Escher, che ebbe modo di interpretarlo in una sua splendida raffigurazione.

Nastro di Mobius di M.C.Escher

In molti disegni dell'artista interviene ampiamente il concetto d'infinito contenuto nello strano anello.

Molto più antico è invece l'ouroboros, che rappresenta il concetto d'infinito mediante l'immagine di un serpente che si morde la coda formando un cerchio. Attribuito all'antica alchimista Cleopatra, questo simbolo rappresenta la natura ciclica delle cose, la teoria dell'eterno ritorno: in sostanza tutto ciò che è assimilabile ad un ciclo infinito. Per derivazione anche l'eternità è una metafora spesso associata a questo simbolo in quanto data dal ripetersi costante di cicli infiniti, è anche simbolo del paradosso logico.







Nel diciannovesimo secolo, definito "età dell'infinito" si devono riconoscere innumerevoli meriti a Kant, che s'impegnò a dare una definizione non contraddittoria di ciò che egli chiama "Unendliche". La posizione di Kant a proposito della grandezza infinita è alquanto articolata quando parla di infinito viene a scontrarsi con l'idea di Dio.

Il binomio Dio -infinito giunge dal cristianesimo pressoché intatto fino a Dante: nel Paradiso (XXXIII °) Dante fa esperienze dell'infinito (Dio), ma questo rimane incomprensibile per la finita mente umana.

L'impossibilità di esprimere l'infinito unisce il sommo poeta ad un'altra figura di spicco della letteratura italiana, per così dire agli antipodi: Leopardi. Infatti, se si vuole entrare nel vivo dell'infinito di Leopardi e cercare di percepire le stesse sensazioni che il concetto di infinito suscita nel poeta e nel lettore può essere utile far ricorso con la mente ai quadri di Friedrich. Entrambi rappresentano l'infinito attraverso la negazione di una finitezza, ma un mare separa le loro filosofie: quella del poeta recanatese è strettamente materiale e, per così dire"sensista"; quello dell'artista tedesco invece è fortemente intriso di una profonda spiritualità.

In qualunque maniera si affronti il problema dell'infinito e della grandezza dell'universo, il risultato è quasi sempre lo stesso: un cosmo immenso da decifrare.


Hilbert (1862-1943) matematico tedesco che dimostrò il teorema della finitezza e scoperse le equazioni di campo, al Congresso di Parigi del 1900 affermava "The convintion of the solvability of every matemathical problem is a powerful incentive to the worker.We hear within us the perpetual call: there is the problem. Seek its solution, You can find it by pure reason, for in mathematics there is no ignorabimus". Ad allontanarlo bruscamente da tale paradiso fu Godel con i suoi teoremi negativi.


Quando ci si era convinti che i concetti di continuità e di infinito fossero stati finalmente chiariti, nuovi dubbi sorsero da numerose scoperte in ambito geometrico. Queste scoperte ebbero origine dallo studio delle curve nel calcolo infinitesimale e sulle spirali e riguardarono le cosiddette 'Curve patologiche' (una curva patologica celebre è il 'fiocco di neve' dello svedese H. von Koch del 1904). Una svolta nello studio di questi enti geometrici nuovi si ebbe con la scoperta della geometria dei frattali da parte del matematico francese d'origine polacca B.B.Mandelbrot, che definì le vecchie curve patologiche con il termine "frattali" (dal latino" fractus", poiché la dimensione di un frattale non è intera).

I frattali sono quindi figure geometriche caratterizzate dal ripetersi all'infinito di uno stesso motivo. La cosa più sorprendente dei frattali è il fatto che essi siano largamente presenti in natura. Prendiamo ad esempio la spirale: questa figura geometrica è un frattale molto semplice e si può dire che sia alla base del mondo vivente. Il nucleo cellulare è costituito da una lunga catena a spirale, il DNA, riportante l'intero codice genetico. La spirale è presente anche in altre situazioni: ad esempio le galassie a spirale, tra cui la nostra Via Lattea.














C'è un libro, unico nel suo genere, che affronta l'argomento dell'infinito contenuto nel concetto di strano anello, in maniera veramente originale : GÖDEL, ESCHER, BACH "Un'Eterna Ghirlanda Brillante" scritto da D.R. Hofstadter, che vinse il premio Pulitzer nel 1979 , proprio grazie a quest'opera.

Proprio per la sua originalità nel concretizzare quanto sopra, viene approfondita nelle pagine che seguono.











D.R. HOFSTADTER "GÖDEL, ESCHER, BACH: un'ETERNA GHIRLANDA BRILLANTE"





D.R.Hofstadter (1945), professore di Scienza cognitiva e informatica presso la Indiana University, basa l'intera opera sulla relazione tra i mondi di Gödel, matematico e logico statunitense; Escher, grafico olandese e Bach, compositore e organista. Tre grandi personalità differenti ma un unico comune denominatore: lo Strano Anello.


Il fenomeno dello strano anello consiste nel fatto di ritrovarsi inaspettatamente, salendo o scendendo lungo i gradini di qualche sistema gerarchico, al punto di partenza: da ciò si desume che contiene in sé il concetto di infinito.


Troviamo esempi grafici di questo concetto nella produzione di Escher (1898-1971), l'artista che meglio lo ha realizzato: scale eternamente in discesa o infinitamente in salita, mani che si disegnano a vicenda, metamorfosi, oggetti impossibili da costruire, magistralmente disegnati grazie anche a delle illusioni ottico-geometriche già note ai matematici, come il nastro di Mobius o il triangolo di Penrose (sulla copertina del libro).


Il genio che ha realizzato, forse inconsapevolmente, gli strani anelli in musica è J.S.Bach (1685-1750). L'autore del libro è affascinato dai sofisticati intrecci di contrappunti rintracciabili in capolavori come l'Offerta musicale, il cui "Canon per tonos", col suo continuo modulare la tonalità sembra trascinare l'ascoltatore su una delle scale eterne di Escher!


L'eccezionalità di uno strano anello deriva spesso dalle sue caratteristiche autoreferenziali, come il celebre paradosso di Epimenide (questo cretese dice che tutti i cretesi mentono). Un'affermazione di questo tipo non può avere un carattere univoco: se è vero quello che dice, allora risulta falsa, ma se è falsa vuol dire che afferma il vero.






Siamo prigionieri di quello che Hofstadter chiama uno strano anello. Come se ne esce? Alcune risposte si trovano nell'opera di K.Gödel: il grande logico e matematico austriaco" usò il ragionamento matematico per esplorare il ragionamento matematico stesso", giungendo così al celebre teorema delle proposizioni indecidibili, secondo il quale un sistema di assiomi e proposizioni è intrinsecamente incompleto perché esisterà sempre almeno una proposizione non dimostrabile.


Non c'è speranza di uscire dall'anello!


Grande spazio è dedicato nel libro alla logica: una miriade di giochi di parole, paradossi autoreferenziali, descrizioni di sistemi formali, cenni di calcolo proposizionale da lì il passo è breve per passare all'intelligenza artificiale.

L'autore si propone di analizzare il pensiero o il cervello con gli strumenti dei sistemi formali, ovvero quei sistemi che ad alto livello ripropongono delle regole a basso livello. Un po' come accade nei programmi per calcolatore, in cui un numero relativamente piccolo di regole consente un'enorme versatilità al sistema globale, senza che le regole di base siano direttamente ravvisabili.

Concetti come il libero arbitrio sarebbero, quindi, illusioni che appaiono solo in un ragionamento ad alto livello.


Nel libro si trovano degli autentici virtuosismi di scrittura: i dialoghi tra personaggi surreali come Achille, la Tartaruga di Zenone, nei quali Hofstadter riproduce con le parole le complesse architetture musicali che Bach creava nei canoni o nelle fughe.






















SINTESI DEL CONTENUTO DEL LIBRO




Il libro si apre con la storia dell'Offerta Musicale di Bach in occasione della visita fatta a Federico II il Grande di Prussia. Dopo varie discussioni sull'opera, servendosi di diversi dialoghi fatti da personaggi presi in prestito da Zenone, si passa a una discussione sul tema dell'infinito nei disegni di Escher e nel Teorema di Gödel.


L'autore fornisce una breve presentazione della storia della logica e dei paradossi, come sfondo al Teorema di Gödel.


Tutto ciò conduce ai calcolatori, al ragionamento meccanico e al dibattito sulla possibilità dell'Intelligenza Artificiale: collegamento tra l'attività del cervello e il processo di calcolo (discussione test di Turing).


Si conclude con una spiegazione basata su qualche tipo di strano anello: un'interazione tra livelli in cui il più alto torna indietro fino a raggiungere il più basso e lo influenza, mentre viene determinato da esso. In altre parole, c'è una "risonanza" tra i diversi livelli che si autorafforza.

Il sé nasce nel momento in cui ha il potere di riflettere se stesso.

Infine c'è una ricapitolazione che lega insieme ancora una volta GÖDEL, ESCHER e BACH.


Al suo termine l'opera magicamente, stranamente sembra ritornare alle sue origini; sembra chiudersi in un cerchio o, come direbbe Hofstadter, in uno strano anello.





"Ma infine mi resi conto che per me Gödel, Escher e Bach erano solo ombre proiettate in diverse direzioni da una qualche solida essenza centrale"

(Douglas R. Hofstadter)





K. GÖDEL E LA CRISI DEI FONDAMENTI DELLA MATEMATICA




PARADOSSI - ANTINOMIA DI RUSSEL E IL TEOREMA DI GÖDEL


Nei primi decenni del '900 i fondamenti della matematica furono fortemente messi in crisi da alcuni filosofi-matematici.

Per capire l'ambito in cui si inserisce il lavoro di Gödel bisogna dire che all'inizio del '900 era nata l'idea di creare un'assiomatizzazione dell'aritmetica che permettesse di derivare con certezza, in modo meccanico, tutti i teoremi veri. Si erano assunti questo imponente compito Russell e Whithead, che pubblicarono i loro "Principia Mathematica", che si proponevano appunto questo ambizioso obiettivo. ( Il problema è che non c'era nessuna garanzia che il loro sistema fosse davvero completo ne', peggio ancora, che fosse coerente).



Antinomia di Russell


Per capirla partiamo da un'antinomia più semplice il cosiddetto "paradosso di Epimenide" dal nome di colui che lo teorizzò per primo, o più comunemente "paradosso del mentitore", che si può formulare in:



"IO MENTO"



Questa proposizione è vera o falsa? -> contraddizione

Se in una teoria si può dimostrare sia un teorema T sia la sua negazione ­­¬T, c'è una contraddizione che rende quindi la teoria inservibile.


Antinomia = proposizione contraddittoria in sé, tale cioè che "se è vera allora è falsa, se è falsa allora è vera"


Russell ha scoperto un'antinomia nella teoria degli insiemi. Li ha suddivisi in due gruppi:


Insiemi che hanno loro stessi tra gli elementi, quindi che contengono loro stessi. Esempio "l'insieme dei concetti astratti" è anch'esso astratto quindi si contiene.

Insiemi che non hanno loro stessi tra gli elementi, quindi che non contengono loro stessi. Esempio "l'insieme dei numeri naturali" non è un numero naturale quindi non si contiene.



Chiama K gli insiemi che non si contengono


K =


K appartiene o no a se stesso?


Se K appartiene a K (è come un x) per definizione K non appartiene a K


E se K non appartiene a K allora per definizione contraria K appartiene a K

Questo mette in crisi la teoria degli insiemi sulla quale si era costruito tutto l'edificio matematico.

Elemento comune a tutte le antinomie: autoreferenzialità = il riferirsi a se stessi, cioè in una teoria si può affermare qualcosa attorno al linguaggio o alla teoria stessa.


Altra variante di paradosso come antinomia di Russell

si dividano gli aggettivi italiani in due categorie :

Insieme agg. autologici = che si riferiscono a se stessi (es. "polisillabo", "italiano")

Insieme agg. eterologici = che non si riferiscono a loro stessi (es. "monosillabo", "francese")


L'aggettivo eterologico è autologico o eterologico?


Russell cercherà di risolvere questo problema con la "teoria dei tipi" (espressa nei "Principia Mathematica"): un insieme può essere elemento di un altro insieme solo se quest' ultimo è di un tipo più generale; crea una specie di gerarchia di insiemi.

Questi paradossi sembrano tutti indicare uno stesso colpevole,cioè l'autoreferenza ovvero la presenza di "Strani Anelli".

La teoria dei tipi aveva risolto il paradosso di Russel , ma non aveva nessun effetto su quello di Epimenide.


Teorema di Gödel


Prima di lui David Hilbert,matematico tedesco, aveva proposto di distinguere la matematica dai discorsi sulla matematica: la meta-matematica. Così un enunciato, che non può essere dimostrato all'interno di un sistema deduttivo, può essere ben dimostrabile con l'uso di un metalinguaggio (=dimostrazioni matematiche che si usano per dimostrare la matematica , cercando di evitare procedure che implicano l'infinito). Questo processo, in teoria, può essere riprodotto ad infinitum in modo ricorsivo. Egli voleva che si dimostrasse rigorosamente che il sistema dei "Principia Matematica" fosse sia coerente (non contraddittorio),sia completo.

L'obiettivo di Hilbert ,infatti, era quello di dimostrare la non contraddittorietà dei sistemi di assiomi delle teorie matematiche, ma Gödel con i suoi teoremi dimostrerà che non è possibile.



Primo teorema di Incompletezza


Partendo dal teorema di completezza, sulla verità di una formula:

Formula vera quando risulta vera qualunque sia il valore di verità delle formule che la compongono ( tautologia)



Formula vera quando è dimostrabile con un sistema di assiomi regole di inferenza

( teorema)


Quindi si può facilmente dimostrare che:


teorema tautologia


Infatti, ogni teorema eredita la verità già contenuta negli assiomi, perché gli assiomi sono sempre veri e le regole di inferenza trasformano formule vere in formule vere.

Gödel dimostra che:


tautologia teorema


ciò vuol dire che ogni formula universalmente vera (tautologia) può essere dimostrata in un sistema di assiomi e di regole di inferenza (come un teorema). Così il sistema sarebbe completo.


Successivamente invece Gödel dimostrò che la matematica non è in grado di dimostrare la sua non-contraddittorietà.


Teorema di incompletezza = se un sistema di assiomi dell'aritmetica elementare è coerente (= è non contraddittorio), allora non è completo.


In altre parole se abbiamo un sistema di assiomi che non ha contraddizioni al suo interno, si deve rinunciare all'idea che al suo interno si possano dimostrare tutte le proposizioni della matematica

proposizioni indecidibili).


Per spiegarlo, ragionamento di Gödel:

ogni proposizione della matematica (=proposizione sulla matematica) viene associata a un numero (una serie di numeri) numero di Gödel ( metodo detto GÖDELIZZAZIONE)

In un sistema come quello che descrive l'aritmetica dei numeri naturali ogni formula e ogni dimostrazione è una successione di simboli, e così tutte le considerazioni metamatematiche sull'aritmetica possono esprimersi con formule.


All'interno di esse Gödel costruisce una formula aritmetica detta la formula G:


formula G = " la formula G non è dimostrabile"


Come nel paradosso del mentitore, c'è una contraddizione:

se affermo che G è dimostrabile (quindi vera), allora G non è dimostrabile (risulta falsa)

se affermo che G non è dimostrabile (quindi falsa), allora G è dimostrabile (risulta vera)

Si è ottenuta una formula vera ma non dimostrabile nel suo stesso sistema la teoria non è completa!














Il primo teorema di incompletezza di Gödel dimostra che qualsiasi sistema che permette di definire i numeri naturali è necessariamente incompleto: esso contiene affermazioni di cui non si può dimostrare né la verità né la falsità.

Il fatto che possano esistere sistemi incompleti non è una scoperta particolarmente sorprendente. Ad esempio se si elimina il postulato delle parallele dalla geometria euclidea si ottiene un sistema incompleto (nel senso che il sistema non dimostra tutte le proposizioni vere). L' essere incompleto per un sistema formale significa semplicemente - da un punto di vista semantico - che esso non include tutti gli assiomi necessari a caratterizzare univocamente uno specifico modello (è il caso ad esempio i primi 4 assiomi di Euclide che ammettono come modello sia la geometria euclidea sia le geometrie non euclidee).

Ciò che Gödel ha mostrato è che, in molti casi importanti, come nella teoria dei numeri, nella teoria degli insiemi o nell' analisi matematica, non è mai possibile giungere a definire la lista completa degli assiomi che permetta di dimostrare tutte le verità. Ogni volta che si aggiunge un enunciato all'insieme degli assiomi, ci sarà sempre un altro enunciato non incluso



Secondo teorema di Incompletezza


Gödel crea un'altra formula:


formula A = "l'aritmetica è consistente"


Dimostra poi che:

A G


=se l'aritmetica è consistente, allora G non è dimostrabile


Ma la stessa A è indimostrabile, come lo era G. Questo perché se A fosse vera (cioè dimostrabile), dato che A implica G, anche G sarebbe vera, ma noi sappiamo che G è proposizione indecidibile nel sistema (né vera né falsa).


A vera

A G


G vera


A non è perciò dimostrabile.


Non è quindi dimostrabile che l'aritmetica è consistente.


La non contraddittorietà di un sistema si può solo dimostrare ricorrendo ad un metalinguaggio che utilizzi strutture più complesse del sistema stesso ( come teoria dei tipi).


Per tentare di risolvere il problema dell'incompletezza potremmo ovviamente aggiungere G agli assiomi del sistema e allora G non sarebbe più indecidibile perché sarebbe un teorema.

Però si potrebbe comunque formare una stringa che esprimesse l'enunciato "io non posso essere dimostrata nel sistema +G" e saremmo da capo.

Anche aggiungere un intero sistema di assiomi con G, G', G'', cioè G ω, non servirebbe a nulla.

Il crollo avviene inevitabilmente perché il sistema è abbastanza potente da contenere assiomi autoreferenziali.



















Kurt Gödel


M.C. ESCHER e le FIGURE PARADOSSALI



Galleria di stampe

Questo quadro di Escher intitolato 'La galleria di stampe' e' il corrispettivo pittorico del paradosso di epimenide.


Se infatti si analizza questa litografia e se ne studia la raffigurazione ci si accorge che la persona sulla sinistra e' un visitatore di una galleria d'arte che sta osservando un quadro che, con un notevole effetto di distorsione, diventa la stessa galleria nella quale egli si trova.

Il primo tratto in comune quindi con la frase di Epimenide e' proprio quello di ripiegarsi su se stessa, di essere autoreferenziale.

Il secondo tratto e' assai più' interessante. Se infatti si osserva il centro del quadro ci si accorgere di una singolare macchia bianca dove l'autore ha posizionato la sua firma. Ma perché Escher ha firmato il suo quadro in un punto cosi' particolare?perché quel punto sarebbe dovuto rimanere indisegnato comunque, sarebbe dovuto rimanere bianco.


Quell'angolo infatti e' letteralmente indisegnabile, sempre che si voglia mantenere una coerenza grafica nel quadro. Se si disegnasse altro non risulterebbe che un mal riuscito punto di raccordo tra la cornice, il quadro ed il cornicione del portico della galleria, altro non risulterebbe che un incoerente ed irrealistico contrasto fisico.


Anche in questo raffigurativo, esiste un elemento dell'insieme che manda all'aria i progetti di chi vorrebbe che un sistema autoreferenziale fosse coerente.




Cascate / Salita e discesa



Altre due litografie che sono rappresentazioni visive del concetto di Strano Anello.




La litografia Cascata presenta un anello "eternamente discendente", proprio come l'Offerta Musicale di Bach. E' il prodotto dell'incrocio di due triangoli di Penrose.


La seconda, Salita e Discesa, analogamente presenta chiaramente un altro esempio di cosa sia uno Strano Anello; se osserviamo ogni singolo omino abbiamo la netta sensazione che stia salendo o scendendo dalla scala, ma nel complesso vediamo che in realtà nessuno sale e nessuno scende, la scala non va né su né giù, ritorna su se stessa.


L'assurdità di queste figure però non risiede nel fatto che sono impossibili da costruire, ma nella loro interpretazione, si tratta quindi di paradossi di natura logica, come quello del mentitore che accosta frasi sensate per costruirne una che non ha senso.








                         













Mani che disegnano

Mostra un paradosso basato sull'autoreferenzialità, perché una mano disegna l'altra. E' uno strano anello a due componenti. Altro elemento contraddittorio in questa litografia, oltre allo strano anello, è il contrasto fra la tridimensionalità delle mani e la bidimensionalità dei polsini, è un'ulteriore forma di illusione.










Esempio didattico delle Metamorfosi

Le Metamorfosi sono un'opera famosa di Escher, questo è solo un esempio a scopo di farne comprendere la tecnica.

Per spiegarla realizzò un'opera ad uso "didattico". In dodici passaggi successivi egli dimostra come, a partire da una superficie indefinita (1), egli costruisce un reticolo geometrico, regolare e particolareggiato (2,3,4). A partire dal punto 5 interviene la sua creatività: egli modifica ogni quadrato della scacchiera in modo uguale e facendo in modo che conservi sempre la stessa area.
Modificando via via più marcatamente i contorni egli dava sviluppo ad una tassellazione più complessa (6,7). L'ultima parte era destinata a "dare vita" alla composizione aggiungendo particolari in modo da eliminare la componente puramente geometrica della composizione ma facendola apparire una cosa quasi naturale (8,9,10). Negli ultimi due riquadri compie anche studi sulle diverse possibilità di vivificare la composizione infatti osserviamo che nel punto 11 le figure a sfondo nero somigliano a pesci-volanti e guardano verso sinistra. Nel punto 12 invece le stesse figure somigliano a uccelli e guardano verso destra. La stessa cosa accade per le figure a sfondo bianco tra le caselle 10 e 11.


"Le Metamorfosi"































J.S. BACH


L'Offerta Musicale'



BACH E L'OFFERTA MUSICALE PER IL RE FEDERICO II IL GRANDE





 
L'Offerta Musicale fu una delle ultime opere di Bach, ed è tradizionalmente inserita nel gruppo delle 'opere teoriche', composte negli ultimi anni di vita. E' un' opera che Bach dedicò al re Federico II di Prussia dopo essere andato a trovarlo nella sua corte di Postdam nel 1747, uno dei grandi centri della vita intellettuale del settecento dove il re vantava di possedere i nuovi "forte piano" Silberman che considerava la grande novità in campo musicale. In quell'occasione il re chiese a Bach di improvvisare un canone che sviluppasse un tema proposto da lui stesso (detto tema regio), e tornato a Lipsia Bach riprese il lavoro e pubblicò quest'opera composta da una fuga a tre voci, una a sei, dieci canoni e un trio, che dedicò al re.

L'opera racchiude molti interrogativi e piccoli misteri.

Anzitutto c'è il problema del tema; il tema su cui si basa

tutta l'opera era davvero di re Federico? Come si sa, non è affatto possibile fare quel che si vuole con qualsiasi tema, al punto che nella musica antica esistevano procedimenti in base ai quali si poteva decidere 'a priori'  cosa si voleva fare  (che so, un canone inverso) e ricavare da essi i vincoli armonici e intervallari a cui doveva sottostare il tema. Considerata la complessità dei procedimenti contrappuntistici dell'Offerta Musicale, è difficile dire se sia stato più geniale Federico nell'intuire le possibilità di sviluppo del tema o Bach nel riuscire ad adattare al suo piano di lavoro un tema che forse adatto non era.

Fra i canoni dell'offerta Musicale ce n'è uno particolarmente curioso, che pur aprendosi in do minore si chiude in re minore, e nonostante questo il finale si lega perfettamente con l'inizio, per cui il processo può essere ripetuto salendo ogni volta di una tonalità. Ci si potrebbe aspettare di trovarsi sempre più lontani dalla tonalità di partenza, e invece dopo sei modulazioni ci si ritrova alla tonalità originale! Ci troviamo evidentemente di nuovo di fronte ad uno strano anello. Senza dubbio a Bach piaceva l'idea che questo processo potrebbe andare avanti all'infinito, e infatti scrisse come dedica "Possa la gloria del re ascendere come ascende la modulazione".

Nel canone di Bach, a differenza che negli altri strani anelli che abbiamo visto, il cerchio non si chiude perfettamente, perché alla fine ci si trova un'ottava sopra a quella di partenza, un po' come in Cascata di Escher si ha l'impressione di procedere sempre in piano e all'improvviso ci si ritrova più in alto rispetto al punto di partenza. Tuttavia, anche se può sembrare strano, è possibile tornare alla nota originaria grazie alle note di Shepard, che prendono il nome dallo psicologo che ne ebbe l'idea. In pratica si suonano diverse scale parallele su ottave differenti e man mano che la scala procede diminuisce l'intensità delle note: così via via la scala superiore si affievolisce e subentra quella inferiore, e quando ci si aspetta l'ottava più alta si è ancora fermi a quella di partenza. Così si può salire all'infinito restando sempre fermi allo stesso punto e si può suonare il canone eternamente ascendente in modo che, dopo essere salito di un'ottava, si ricongiunga con se stesso. Anche se si ha l'impressione di trovarsi sempre più lontani dal punto di partenza alla fine si scopre che si sta tornando proprio a quella situazione, come in Metamorfosi.






Sulla prima pagina dello spartito Bach scrisse l'acrostico RICERCAR, che sta per Regis Iussu Cantio Et Reliqua Canonica Arte Resoluta (per ordine del re, il canto e il rimanente risolto con arte canonica) e senza dubbio nell'Offerta Musicale c'è moltissimo da ricercare: anzitutto Bach presentò tutti i brani sotto forma d'indovinelli, cioè li lasciò incompleti, e furono altri musicisti a scoprirne la conclusione.


Ma un'altra questione che ha dato molto da pensare agli esperti, riguarda l'ordine dei brani dell'Offerta Musicale, infatti, siccome il manoscritto originale è andato perduto bisogna fare riferimento alla prima edizione in cui, però le pagine non sono rilegate ne'numerate. Negli anni sono state presentate moltissime soluzioni diverse, e qualcuno è anche arrivato a pensare che si tratti di una curiosa conglomerazione di pezzi, mancante sia di ordine tipografico sia di coerenza musicale. Tuttavia questo appare strano visto che si tratta di un'opera matura, per di più dedicata ad un re. Un'interpretazione particolarmente interessante è stata avanzata da Ursula Kirkendale, che sostiene che la composizione corrisponde esattamente a un'orazione scritta secondo i dettami dell'Istitutio Oratoria di Quintiliano.

Quintiliano parla di EXORDIUM, NARRATIO, ARGUMENTATIO e PERORATIO. Nell'umanesimo accadeva spesso che il ricercare iniziale di una composizione musicale fosse paragonato o anche si identificasse con l'exordium, ma l'offerta musicale ricalca l'Institutio Oratoria in modo concreto e sistematico, anche nei più piccoli dettagli ( si fa riferimento al libro IV). Per esempio il ricercar a 3 corrisponde all'exordium. In realtà ci sono 2 tipi de exordium: il principium che somiglia a un'improvvisazione, deve docere, delectare e movere e si trove prima della narratio, e l'insinuatio, che precede l'argumentatio. Entrambe gli exordia devono rendere l'ascoltatore benevolum, attentum, docilem. Il delectare è espresso dalle terzine che rompono l'andamento ritmico producendo piacere. Oltretutto questo ritmo introduce il pirricchio o piede di guerra, spesso usato per descrivere episodi bellici, che qui fa riferimento all'abilità militare di Federico II. Il movere è introdotto grazie alla figura retorica del sospiro.

La narratio può essere brevis o longa (repetita narratio). La narratio brevis, il canon perpetuus super thema regium, che precede la longa, 5 anoni diversi, deve essere elegante, breve, con un sommario dei temi trattati nell'orazione. Questo canone è il più breve dell'Offerta e ha uno stile elegante e serio. La grande varietà di ritmi, anomala in un brano così breve, è dovuta proprio alla funzione di "sommario", infatti gli elementi qui accennati saranno le caratteristiche portanti dei 5 canoni successivi che sono la repetita narratio.

Quintiliano dice che la suddivisione allevia la noia, e che la narratio longa deve esprimere le 5 virtù forensi, naturalezza, imitazione, semplicità, magnificenza ed evidenza, e le virtù epidittiche che sono forza, bellezza, debolezza, dignità e gloria. Il canon per tonos, il quinto della serie, dovrebbe rappresentare la V virtù forense, l'evidenza, e la V virtù epidittica, la gloria. Secondo la kirkendale l'evidenza è rappresentata facendo salire il tema regio di chiave in chiave come i rilievi su una colonna trionfale che possono essere visti da qualsiasi parte fino a quando la loro immagine trascende i limiti della vista umana, e lo stesso Bach paragona il canone alla gloria del re.

Alla fine aggiunge l'epigramma che, dice Quintiliano, a volte può risolvere in modo brillante una situazione enigmatica.

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