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Intolleranza al lattosio




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INTOLLERANZA AL LATTOSIO

Il lattosio è il principale zucchero del latte prodotto dai mammiferi; nell'intestino esso viene scisso in glucosio e galattosio ad opera di un enzima, la lattasi (beta-D-galattosidasi). Individui con carenza enzimatica di lattasi possono presentare una serie di segni clinici definiti come intolleranza al lattosio.

L'uomo è diventato geneticamente capace di metabolizzare il lattosio in un'epoca evolutivamente piuttosto recente, circa 10.000 anni fa: una mutazione genetica ha consentito in alcuni individui di produrre la lattasi e tale mutazione è stata conservata (selezionata positivamente) nelle popolazioni che nel frattempo cominciavano ad utilizzare il latte di vacca come nutrimento. Poiché questa circostanza si è verificata dopo rispetto al flusso migratorio che ha portato l'uomo a spostarsi dall'Africa verso l'Europa dove la pastorizia era più diffusa, si spiega l'osservazione per cui nelle zone equatoriali e nella bassa Europa l'intolleranza sia più diffusa (prevalenza del fenomeno intorno al 70%) rispetto al centro (30%) ed al nord Europa (5%). Alcune popolazioni sono quindi geneticamente predisposte più di altre a mostrare un'attività lattasica.

L'attività enzimatica è alta nella prima infanzia; successivamente gli individui si dividono in due categorie: quelli nei quali l'attività permane (non-intolleranti) e quelli nei quali l'attività decresce fino alla manifestazione clinica dell'intolleranza. Il carattere genetico che definisce la persistenza dell'attività lattasica anche in età adulta e quello che definisce il calo di attività lattasica dopo il secondo anno vengono definiti "allelici", dal momento che sono due varianti dello stesso gene, definite L (persistenza) ed l (non-persistenza). Un individuo può quindi essere omozigote LL (non intollerante), eterozigote Ll (non intollerante) oppure omozigote ll (intollerante); la variante allelica che definisce la tolleranza al lattosio è quindi dominante. Studi genetici hanno identificato in alcune popolazioni l'esatta variazione genetica che determina la persistenza dell'attività lattasica in età adulta: tali varianti sono collocate nella regione di regolazione dell'attività del gene responsabile della biosintesi della lattasi, rendendo quindi più o meno efficiente ed efficace la sua trascrizione in RNA messaggero. Vale qui la pena di ricordare che la completa carenza dell'attività enzimatica (carenza congenita primaria di lattasi) è una condizione, estremamente rara ed ereditata come carattere autosomico recessivo diversa dall'intolleranza al lattosio.

Dal momento che la regolazione dei livelli enzimatici avviene modulando la quantità di RNA messaggero prodotto a partire dal gene responsabile della biosintesi della lattasi (regolazione "post-trascrizionale") e che tale modulazione è geneticamente determinata, negli individui con bassi livelli di lattasi non vi è possibilità di indurre un incremento dell'attività enzimatica tramite introduzione di lattasi. Il meccanismo di inducibilità avviene solo nei neonati prematuri in cui la carenza è dovuta da immaturità intestinale: in questi casi l'assunzione di lattosio induce l'espressione della lattasi. Nei soggetti precedentemente intolleranti nei quali si osserva un miglioramento dei sintomi tale miglioramento è dato quindi non dall'induzione dell'attività enzimatica ma dallo sviluppo di una flora intestinale specifica in grado di digerire il lattosio.

I sintomi dell'intolleranza al lattosio sono sostanzialmente di natura gastrointestinale e causati dal fatto che il lattosio passa indigerito attraverso l'intestino giungendo fino al colon, dove viene fermentato dalla flora batterica con produzione di idrogeno ed acidi organici: elevate quantità di idrogeno producono gonfiore e sensazione di pienezza e tensione addominale, crampi, meteorismo, flatulenza, presenza di borborigmi che possono essere auscultati o palpati o anche visualizzati. Le feci possono risultare scomposte. Non si tratta di una sintomatologia specifica dal momento che essa si manifesta anche in presenza di intolleranze di altra natura oltre che di allergie alimentari.

L'insorgenza dei sintomi è legata ad un valore soglia di lattasi introdotta con gli alimenti: al contrario di quanto accade con le allergie gli effetti non sono scatenati dalla presenza del lattosio tout-court, ma piuttosto dalla presenza di una certa quantità di lattosio. La quantità è stimata in 12 grammi circa al giorno ma l'esatto valore soglia varia da individuo ad individuo: ne deriva che un trattamento opportuno di questa intolleranza non dovrebbe prevedere l'eliminazione totale di ogni fonte di lattosio dalla dieta, piuttosto dovrebbe mirare ad individuare quella quantità massima di lattosio tollerata da ogni soggetto. Il lattosio non è presente solo nel latte ma in molti alimenti: yogurt, panna, burro, fiocchi di latte, mozzarella, ricotta, formaggi fusi (formaggini, sottilette, creme spalmabili, ecc). E' presente in tracce anche in alcuni prodotti ortofrutticoli (cipolle, funghi, pere, patate) nelle uova, e come additivo, in alcuni salumi. Dal momento che la riduzione naturale dell'espressione della lattasi comincia dopo il secondo anno di vita e che la carenza congenita primaria è estremamente rara si deduce che nei neonati che presentano sintomi di intolleranza al lattosio sarebbe più opportuno sospettare altre condizioni, come le più comuni allergie alle proteine del latte.

La diagnosi di intolleranza al lattosio si pone sulla base di un test molto semplice e non invasivo, il test dell'idrogeno espirato o breath test all'idrogeno (comunemente noto come "test del respiro"). Il principio su cui si basa questo test sfrutta il fatto che il lattosio, come accennato in precedenza, viene fermentato nei soggetti intolleranti ad opera della flora batterica intestinale con produzione di idrogeno, il quale passa attraverso il circolo ai polmoni. Somministrando quindi lattosio ad un soggetto intollerante si osserva una più elevata concentrazione di idrogeno nel suo respiro esalato.

La terapia si basa sostanzialmente nell'eliminazione dalla dieta del lattosio; sulla base di quanto detto in precedenza, tuttavia, tale eliminazione deve essere graduale e finalizzata ad individuare la quantità massima di lattosio tollerata da ciascun soggetto, evitando quindi di privare completamente l'individuo intollerante di alimenti che hanno comunque un elevato valore nutrizionale e che risultano graditi. E' utile sapere che nei soggetti intolleranti l'insorgenza dei sintomi è inversamente proporzionale alla velocità di svuotamento gastrico; ad esempio nel soggetto intollerante l'assunzione di lattosio a stomaco vuoto ed insieme a carboidrati che incrementano la velocità di svuotamento gastrico è destinata ad avere effetti maggiori rispetto all'assunzione dello stesso quantitativo di lattosio all'interno di un pasto in cui sono presenti alimenti grassi; in quest'ultimo caso i sintomi possono essere lievissimi o assenti. In generale il trattamento dell'individuo intollerante prevede l'eliminazione del lattosio a partire dai cibi che ne sono più ricchi (latte e derivati) fino a giungere, nei casi più importanti, all'eliminazione degli alimenti che contengono lattosio in quantità minori (dolci, cereali, salumi). Poiché i cibi più ricchi di lattosio sono anche quelli particolarmente ricchi in calcio e dal momento che quest'ultimo è un elemento fondamentale nella dieta, è necessario, nei soggetti intolleranti al lattosio posti in regime dietetico privo di latte e derivati, supplementare il calcio utilizzando altri alimenti che lo contengono.


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