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L'importanza del gioco nello sviluppo del bambino
Nel linguaggio comune la parola "gioco" indica un'attività gratuita che procura al bambino un piacere e un benessere di tipo particolare. Il termine però si discosta completamente da qualsiasi connotazione di "serietà" venendo per molto tempo considerato come un modo di impiegare il tempo libero che stava al di fuori delle attività serie, produttive e importanti o come ricompensa dopo le ore di impegno, studio o lavoro. I giochi dei bambini invece devono essere valutati come le loro azioni più serie e non come semplici svaghi. Per i bambini che giocano per divertirsi non c'è nessuna differenza tra il gioco e ciò che un adulto potrebbe considerare come un lavoro.
L'attività ludica è altamente significativa per la crescita del bambino in quanto svolge una funzione strutturante dell'intera personalità. Nel giocare il bambino impara ad essere creativo, sperimenta le sue capacità cognitive, scopre se stesso ed entra in relazione con i suoi coetanei o con gli adulti; comincia a comprendere come funzionano le cose, cosa si può e non si può fare con gli oggetti, si rende conto dell'esistenza delle regole di comportamento e del valore degli altri.
Inoltre giocando ogni individuo riesce a liberare la propria mente della contaminazioni esterne, quali il giudizio altrui, e ha la possibilità di scaricare la propria istintività ed emotività rapportandosi in maniera sicura alla realtà. L'esperienza del gioco insegna al bambino ad essere perseverante e ad avere fiducia nelle proprie capacità.
Valutare il comportamento dei bambini durante il gioco deve coinvolgere sia i genitori che gli educatori. Essi devono dargli l'opportunità di misurare e sviluppare le proprie risorse e potenzialità. Inoltre per il bambino scoprire che i genitori mostrano interesse per la sua attività più seria consente di rafforzare il suo senso di sicurezza e protezione; mentre la capacità dell'educatore di creare un clima di gioco nell'attività didattica garantisce ai bambini una situazione di benessere psichico e consente una condizione valida per la partecipazione e l'interesse all'interno della vita scolastica.
Al di la delle varie correnti di pensiero attualmente il gioco rappresenta un esercizio fondamentale nella strutturazione della personalità, specialmente in età evolutiva. Per uno sviluppo psicofisico armonioso è necessario garantire al bambino il tempo e lo spazio per dare libero sfogo a tutte le pulsioni interne.
Oggi tutti i documenti internazionali affermano il diritto al gioco del bambino e viene proclamato come bisogno prevalente e vitale dell'infanzia, motivato da esigenze e implicazioni di ordine fisiologico, psichico, spirituale e sociale.
Al gioco i bambini affidano le proprie emozioni, i propri pensieri e ricordi.
La ricerca psicologica, in particolare il filone della psicoanalisi di Freud, ha analizzato come il gioco permetta di assicurare al bambino un equilibrio emotivo grazie alla possibilità di renderlo in grado di gestire le ansie.
Durante la prima infanzia il bambino deve affrontare piccole angosce quotidiane derivanti dalle nuove esperienze e scoperte. Attraverso la ripetuta rappresentazione ludica queste situazioni sono utili per la crescita del bambino in quanto incentivanti a imparare a controllare le situazioni i difficoltà. In questa maniera il bambino inventa e si ripropone esperienze che sia in grado di affrontare e che gli permettano di controllare gli eventi e le proprie emozioni. Attraverso il gioco può sperimentare senza rischi e senza costrizioni : è lui allo stesso tempo attore e regista.
Inoltre impulsi o desideri che altrimenti non troverebbero soddisfacimento sul piano concreto, possono esprimersi sul piano ludico attraverso l'uso di oggetti simbolo e oggetti transazionali, ovvero quei bambolotti, fazzoletti, coperte ecc che il bambino vuole sempre portare con se in quanto gli trasmettono un senso di sicurezza, la stessa sensazione che un giorno sarà in grado di ricevere dai rapporti affettivi con le altre persone.
L'adulto che osserva il bambino giocare avrà quindi la possibilità di venire a conoscenza delle ansie, delle paure e dei desideri che lo coinvolgono in quel momento. Aiutare il bambino a giocare meglio proponendogli attività interessanti equivale a permettergli di esteriorizzare le sue fantasie di onnipotenza, così come quelle di inadeguatezza e di incanalarle in maniera positiva. Giocare diventa così un modo per esprimere gli stati d'animo e per individuare soluzioni a conflitti interni. I genitori così come gli educatori non devono però agire in maniera costrittiva e invasiva ma devono limitarsi ad aiutare il bambino a metabolizzare il mondo esterno fornendogli gli strumenti per gestire il mondo per i immagini e dare voce alle sue percezioni ed emozioni.
Le varie modalità di gioco sono legate allo sviluppo emotivo del bambino e per questo sono rivelatrici del suo equilibrio psichico. Diverse sono le tappe che si possono individuare:
0 - 1 anno
Il gioco comincia fin dai primi mesi di vita. Esso è fondamentalmente fonte di sensazioni piacevoli ed è finalizzato alla ricerca di una serie di sensazioni che gratificano e arricchiscono il SÉ che si sta strutturando mano a mano. Inizialmente il bambino gioca con il proprio corpo o con il corpo della madre che, di fatto, è il loro primo compagno di giochi, ma tutti gli oggetti che lo circondano attraggono la sua attenzione. Sono giochi come: agitare le mani, muovere le gambe, accarezzare il proprio corpo e quello della madre. Queste attività si caratterizzano per il carattere esplorativo e ripetitivo delle azioni, che serve al bambino per imparare a distinguere fra il SÉ e il NON-SÉ, per fargli capire dove finisce lui e inizia la madre, percepita come parte di sé.
2 anni
Con l'inizio del secondo anno il bambino si trova di fronte al problema della separazione dalla madre e le conseguenti ansie d'abbandono. Il gioco può diventare espressione di questi problemi come ha ben evidenziato Freud nel suo saggio 'Al di là del principio del piacere' in cui racconta che il nipote Ernst di diciotto mesi aveva un rocchetto di legno intorno a cui era avvolto del filo; tenendolo per il filo, il bambino gettava l'oggetto oltre la cortina del suo letto facendolo sparire accompagnando l'atto con un 'o-o-o' forte e prolungato, (che significa, secondo la madre 'via') poi tirava nuovamente il rocchetto fuori dal letto e, ritraendolo a sé lo salutava con un allegro 'da' (che significa qui). Questo semplice giochino, osserva Freud, che il bambino ripeteva puntualmente in assenza della madre, aveva la funzione di controllare un evento spiacevole: la separazione. Il ritorno del rocchetto lo rassicurava sul fatto che la madre, anche se spariva, sarebbe poi ricomparsa. In ogni caso il giochino rappresenta un meccanismo di difesa da parte del bambino, dall'angoscia provocata dalla separazione egli ricava un giochino da cui riesce a trarre sollievo. Freud osserva che una delle funzioni tipiche del gioco infantile è la riproduzione attiva e ripetuta di esperienze frustranti allo scopo di padroneggiare e superare il trauma, chiama questo fenomeno coazione a ripetere.
3 anni
In questa età emergono secondo Freud giochi che rivelano la dinamica edipica che il bambino affronta a questa età. I giochi possono essere di guerra, o di lotta. Compaiono i primi giochi di socializzazione, il bambino è interessato a giocare con altri compagni, in particolare, prova piacere ad imitare il comportamento degli adulti, gioca ad essere mamma o papà indossando i loro abiti.
4 - 5 anni
In questo periodo i giochi sono espressione delle dinamiche interne che il bambino sta vivendo quali il gioco della bambola, il gioco del dottore, il gioco a nascondino, attraverso questi giochi il bambino drammatizza una punizione o proibizione subita.
6 - 10 anni
Nell'età della fanciullezza i giochi diventano di gruppo e con regole, questo permette al bambino di sperimentare lo stare con gli altri attraverso giochi strutturati, le regole diventano funzionali ad un miglior funzionamento del gioco.
Genere: storico
Regia: R. Benigni
Anno: Italia 1997
Trama: Guido Orefice, di origine ebraica, viene deportato con la moglie e il figlio Giosuè all'interno di un campo di concentramento. Guido tiene nascosto il figlio ai generali tedeschi salvandogli la vita. Affinchè il bambino fosse al sicuro, il padre, cerca di riproporgli la realtà che stavano vivendo in maniera rielaborata sottoforma di un elaborato gioco a punti dove il vincitore avrebbe vinto un carro armato vero. Guido perde la vita all'interno del campo di concentramento ma Giosuè si salva e ritrova la madre.
Messaggio: il film sembra voglia trasmettere due messaggi. Il primo che la vita è bella (parte comica) e il secondo che la vita può anche essere davvero tragica. In sintesi a questi due opposti, troviamo che le risorse dell'uomo sono infinite, che la fantasia, il coraggio, l'intelligenza e soprattutto il gioco possono aiutare l'uomo a superare ogni avversità, anche la più dolorosa.Vedere il lato comico e accettabile delle cose aiuta l'uomo a non essere spezzato e trascinato dagli eventi. Guido inventa ogni meccanismo nel tentativo di far credere al bambino che loro siano i più bravi di tutti affinché la paura non prevalga in entrambi.Guido e il figlio vivono un momento orribile e riescono a uscirne non con il vero ma con il verosimile. Il gioco non è mai vero ma è per finta eppure per mezzo della fantasia e della finzione è uno strumento ineguagliabile nell'affrontare esperienze difficili nelle quali normalmente un adulto cercherebbe di affidarsi all'irresistibile coerenza della ragione.
Estratto dal film
Soldato [in tedesco]:
Attenzione! Attenzione! Silenzio! C'è un italiano che sa il tedesco qui?
Guido: [a Bartolomeo] Che ha detto?
Bartolomeo: Cercano uno che parla tedesco, spiega tutte le regole del campo.
[Guido alza la mano] Che sai il tedesco?
Guido: No.
Soldato [in tedesco]: Ascoltatemi tutti; lo dico soltanto una volta.
Guido: Comincia il gioco, chi c'è c'è, chi non c'è non c'è.
Soldato [in tedesco]: Siete stati portati in questo campo per un motivo
Guido: Si vince a 1000 punti. Il primo classificato vince un carro armato vero.
Soldato [in tedesco]: per lavorare!
Guido: Beato lui.
Soldato [in tedesco]: Ogni sabotaggio è punito con la morte. Le esecuzioni
avvengono sul quadrangolare con degli spali alle spalle. [si indica la schiena]
Guido: Ogni giorno vi daremo la classifica generale da quell'altoparlante là.
All'ultimo classificato verrà attaccato un cartello con su scritto
'asino' qua sulla schiena.
Soldato [in tedesco]: Avete l'onore di lavorare per la nostra grande
madrepatria e di partecipare alla costruzione del grande Impero Tedesco.
Guido: Noi facciamo la parte di quelli cattivi cattivi che urlano, chi ha paura
perde punti.
Soldato [in tedesco]: Non dovete scordare mai tre regole generali: 1) Non
provate a scappare; 2) Seguite ogni comando; 3) Ognuno che protesta vien
impiccato.
Guido: In tre casi si perdono tutti i punti, li perdono: 1) Quelli che si
mettono a piangere; 2) Quelli che vogliono vedere la mamma; 3) Quelli che hanno
fame e vogliono la merendina, scordatevela!
Soldato [in tedesco]: Dovreste essere contenti di lavorare qui. Non succederà
niente a quelli che rispettano le regole.
Guido: È molto facile perdere punti per la fame. Io stesso ieri ho perso 30
punti perché volevo a tutti i costi un panino con la marmellata.
Soldato [in tedesco]: La compiacenza è tutto!
Guido: D'albicocche.
Soldato [in tedesco]: [un altro soldato gli dice qualcosa all'orecchio] Altra
cosa:
Guido: Lui di fragole.
Soldato [in tedesco]: Quando sentite questo fischio dovete venire sul
quadrangolare
Guido: Ah, non chiedete i lecca-lecca perché non ve li danno: ce li mangiamo
tutti noi.
Soldato [in tedesco]: ogni mattina.
Guido: Io ieri ne ho mangiati 20.
Soldato [in tedesco]: Farete una fila, due persone di fianco.
Guido: Ho mal di pancia
Soldato [in tedesco]: State zitti!
Guido: però erano boni
Soldato [in tedesco]: Altra cosa: lì dietro lavorerete. Capirete facilmente le
dimensioni del campo.
Guido: Scusate se vado di fretta, ma oggi sto giocando a nascondino, ora vado,
sennò mi fanno tana.
Piaget, il principale psicologo che si interessò del gioco nell'ambito dello sviluppo cognitivo, riteneva che l'attività ludica permettesse ai bambini di assimilare la realtà e di "accomodarla" a degli schemi innati, che successivamente all'acquisizione di nuovi dati ed esperienze si sarebbero sviluppati , rivelandosi così fondamentale nello sviluppo dell'intelligenza.
Nel giocare il bambino sperimenta la possibilità di intervenire attivamente sulla realtà che lo circonda. Inoltre testa problemi , soluzioni e comportamenti reali e irreali facilitando la creatività, la sperimentazione e l'inventiva.
Le attività ludiche si modificano di pari passo con lo sviluppo intellettivo e psicologico dell'individuo, pur rimanendo un aspetto fondamentale della loro vita in tutte le età. In tal modo vengono attraversati diversi stadi di sviluppo del comportamento nel gioco nei quali man mano vengono stimolati memoria, attenzione e concentrazione; favorendo lo sviluppo degli schemi percettivi e le capacità di confronto.
I giochi di esercizio prevalgono nel primo anno di vita, nella fase cosiddetta 'senso-motoria': il bambino, attraverso l'afferrare, il dondolare, il portare alla bocca gli oggetti, l'aprire e chiudere le mani o gli occhi, impara a controllare i movimenti e a coordinare i gesti. Il piacere che deriva da questi giochi, spinge il bambino a ripeterli più volte. La fase di assimilazione, in questo periodo, prevale su quella di accomodamento: le nuove esperienze, infatti, vengono adeguate agli schemi mentali del bambino.
I giochi simbolici caratterizzano il periodo che va dai due ai sei anni di vita. Si collocano nella fase detta 'rappresentativa', in cui il bambino acquisisce la capacità di rappresentare tramite gesti o oggetti una situazione non attuale. Si sviluppa la capacità di immaginazione e di imitazione, per cui i giochi preferiti sono quelli in cui, ad esempio, il bambino si improvvisa attore (finge di dormire, di cadere) o magari regista (chiede ad altri di fingere di dormire o cadere). Il simbolismo che emerge da queste attività permette di riprodurre esperienze viste ma non ancora direttamente sperimentate. Prevale anche in questo periodo la fase di assimilazione: il bambino, infatti, non riuscendo ad adattarsi ad una realtà ancora troppo difficile da capire, compie l'azione inversa, ovvero, la ricrea a suo piacimento. Attraverso questo processo di trasformazione, basato sul far finta, il bambino delinea delle situazioni, delle scene, da un punto esclusivamente egocentrico: un cucchiaio può diventare un telefono, la bambola una figlia e così via. Ciò che è importante sottolineare, però, è che il bambino è consapevole di fingere, di mettere in scena una realtà immaginata: è il suo modo, naturale e spontaneo, di 'possedere' le regole del mondo. Nei giochi simbolici assume una notevole importanza il linguaggio: con una parola ogni oggetto può essere trasformato in qualcosa di diverso, più bello, più utile e si sviluppa, inoltre, un primo livello di dialogo, seppure unilaterale, con i giocattoli, che vengono coinvolti negli stati d'animo del momento.
I giochi con regole li troviamo nel periodo dai sette agli undici anni, nella fase detta 'sociale', in cui il bambino comincia a vivere il rapporto con gli altri. Questa fase è caratterizzata da una maggiore aderenza alla realtà, anche se continua a prevalere l'assimilazione sull'accomodamento. Il bambino, sperimentando la vita di gruppo, si trova di fronte a determinate 'regole' che è tenuto a rispettare. Lo spirito di competizione o di cooperazione che derivano dalle relazioni interpersonali, soprattutto in ambienti quali la scuola, la palestra ecc., portano il bambino a preferire giochi che rispecchiano tale realtà, in cui, cioè, le regole vengono viste non più come imposizioni da accettare, seppur malvolentieri, ma come mezzi necessari per il buon andamento del gioco stesso. La comparsa delle regole determinano la fine del gioco infantile propriamente detto e inaugurano una fase di crescita, altamente educativa, in cui viene stimolato l'autocontrollo del bambino, la sua capacità di concentrazione, di memoria ecc.
Il gioco è il tramite principale che il bambino utilizza nei rapporti con gli altri. Infatti esercita una funzione insostituibile sul piano socio-relazionale, in quanto permette di attuare e verificare regole e stili di comportamento sociale.
Nell'attività del gioco viene attuata una particolare dinamica che porta il bambino a mescolare fra loro fantasia e realtà, fiaba e attività pratica aiutandolo ad acquisire consapevolezza di sé, a interiorizzare norme, valori e ruoli sociali; ovvero a elaborare un'identità sociale e personale.
La cooperazione, l'emulazione, il desiderio di primeggiare, l'impulso a proteggere i compagni o il bisogno di protezione, la tendenza al dominio o alla passività, al comando o alla subordinazione, alla solitudine o alla socievolezza si manifestano nel gioco che prepara il bambino alla vita adulta.
Dal punto di vista sociale il gioco passa attraverso vari stadi:
Nei giochi solitari l'attività è principalmente individuale, il bambino tende a non includere nei suoi giochi gli altri. Gli studiosi non sono sempre concordi nel definire la quantità e il tipo di contatti sociali che vengono instaurati tra i dieci mesi e i due anni di vita.
Sono stati fatti numerosi esperimenti per cercare di analizzare l'atteggiamento di bambini da cui è risultato, in linea generale, che un bambino di due anni non ha ancora appreso bene come giocare con gli altri. Dato che la sua attitudine sociale, finora, è stata basata sull'esperienza fatta con gli adulti (i genitori, in particolare), dovrà ora imparare ad instaurare un rapporto reciprocamente piacevole con un compagno di giochi volubile, come può esserlo un coetaneo.
I giochi in parallelo si rilevano fra i due, tre anni di vita, poiché il bambino comincia a sentire il desiderio di integrarsi e comunicare con gli altri, di capire le cose che lo circondano e per fare ciò si serve dell'uso di simboli. Il bambino meno assorbito in se stesso, desidera coinvolgere altri in giochi che diventano complessi, assegnando e scambiando ruoli, usando immagini, oggetti inventati ecc.
Il gioco interattivo o sociale compare fra i tre e i sei anni. I passaggi dal gioco simbolico individuale a quello sociale o sociodrammatico, in cui vengono 'interpretati' personaggi riconoscibili e situazioni di vita reale, diventano sempre più frequenti. Il gioco sociodrammatico permette ai bambini di provare ruoli diversi e di organizzare il gioco secondo una sequenza strutturata, applicando quello che vi hanno imparato alle esigenze cognitive e sociale della vita quotidiana. Si tratta di uno dei più complessi generi di gioco dell'infanzia, poiché, probabilmente, comprende la maggior parte, se non tutte, le risorse a disposizione del bambino e le integra in un insieme. Una componente importante del gioco sociodrammatico è la intercoordinazione: il bambino deve saper costruire e mantenere la stessa struttura di fantasia del compagno di giochi.
La metacomunicazione serve a rivelare la natura del 'come se' del gioco simbolico. Il bambino ha la capacità di distinguere la realtà dalla finzione ma gioca su un livello in cui il confine non è netto, in cui, cioè, si instaura un'altra realtà. Come capiamo, per esempio, se una bambina sta 'interpretando' il ruolo della fata o della strega cattiva? Con molta probabilità dichiarerà apertamente il suo stato al compagno di giochi ma tenterà anche di calarsi nel ruolo scelto, modificando la gestualità, la voce ecc. Si deve sempre essere in grado di dire se i bambini che giocano simulando dei ruoli possono e riescono a distinguere tra la situazione reale e quella trasformata: anche in questo caso, comunque, le indicazioni che gli 'attori' del gioco danno sono piuttosto esplicite. Spesso, infatti, i bambini discutono gli aspetti della loro situazione immediata o prevista:
E' questo il nostro giocattolo?
Si fa molte volte riferimento anche all'essere dentro o fuori da una contesto di finzione:
Non sono più il drago adesso, non mi spingere più!
Il role playing è un comportamento nel quale il bambino simula l'identità o le caratteristiche di un'altra persona. Sono tre i tipi di ruoli che i bambini adottano, di solito, nel gioco:
ruoli relazionali che riflettono determinate relazione sociali (genitore-bambino, dottore-paziente).Propri dei bambini più piccoli e riferiti a se stessi in rapporto al genitore o comunque basati sulle esperienze reali.
ruoli funzionali che si basano sull'imitazione di una specifica attività (cucinare, fare la spesa)
ruoli di personaggi che si basano sull'imitazione di stereotipi (il pompiere spegne il fuoco, il poliziotto arresta il ladro)
Il
romanzo
I ragazzi della Via Paal (in ungherese A Pál utcai fiúk) è un romanzo per
ragazzi di Ferenc Molnàr, pubblicato a puntate su una rivista nel 1907 e
destinato agli adulti come denuncia della mancanza di spazi per il gioco dei
ragazzi. È forse il più popolare romanzo ungherese, nonché uno dei più noti
classici della letteratura per l'infanzia.
La
storia
A Budapest, un'area di terreno fabbricabile fra
la via Pál e la segheria a vapore della via Mária è il quartier generale di una
banda di ragazzi, studenti del ginnasio. Al comando di János Boka si schierano
Geréb, Kolnay, Barabás, Csónakos, Csele, Weisz, Leszik, Richter e Nemecsek. Il
solo Boka, saggio ed equilibrato, ha il grado di generale; tutti gli altri sono
tenenti, sottotenenti e capitani, ad eccezione di Ernő; Nemecsek, piccolo
e delicato, che è l'unico soldato semplice.
L'area della via Pál fa gola a ragazzi più ricchi che giocano nell'Orto
botanico, le Camicie rosse guidate da Feri Áts, fiero avversario di Boka. Egli
ruba la bandiera a una delle fortezze dei ragazzi della via Pál. Boka, Nemecsek
e Csónakos organizzano allora una spedizione per riprenderla nel campo nemico.
La spedizione è piena di colpi di scena e imprevisti. Nemecsek cade
accidentalmente nel laghetto, e poi, per nascondersi dalle camicie rosse va
nella vasca dei pesci rossi prendendosi un raffreddore. Poco dopo, con Boka,
scopre il tradimento di Dezső; Geréb, che è geloso di János perché questi
lo ha sconfitto nell'elezione del comandante.
Nel gruppo è emersa però una sottostruttura: la Società dello Stucco, formata
da tutti i componenti ad eccezione di Boka e Csónakos. Scoperti da un burbero
professore del ginnasio, strenuo oppositore di qualsiasi associazione fra i
ragazzi, e costretti a proseguire di nascosto, i membri della Società dello
Stucco bandiscono Nemecsek, che è scappato. In realtà sta inseguendo Geréb, il
quale col suo tradimento mette in pericolo l'organizzazione principale.
La salute di Ernő; peggiora, ma il ragazzo, fedele al dovere, si reca di
nascosto all'Orto botanico, dove non si trattiene dal dare una lezione di
dignità a Geréb. Geréb si pente segretamente, ma non batte ciglio quando le
Camicie rosse, pur impressionate dalle parole di Nemecsek, lo scaraventano nel
laghetto per punizione anziché picchiarlo. Feri Áts lo ritiene infatti troppo
debole; così facendo, però, aggrava ulteriormente le sue condizioni.
È solo quando le Camicie rosse muovono guerra ai ragazzi della via Pál che
Geréb torna, mentre questi ultimi organizzano la difesa, e chiede perdono a
Boka; il generale però rifiuta, lasciandolo in lacrime. Il signor Geréb, di
fronte al pianto del figlio, gli chiede spiegazioni e si reca al campo, dove i
membri della Società dello Stucco scaricano la responsabilità su Nemecsek.
Ernő; ormai sul punto di svenire fra le braccia di Boka, che lo riconduce
a casa. Per sottrarre Geréb alle percosse di suo padre, Nemecsek ha taciuto la
verità, negando il tradimento di Dezső; e prendendosi la colpa, ma è
gravemente malato e viene messo a letto con la febbre altissima.
Mentre Boka predispone la trincea, le bombe di sabbia e le lance e illustra il
piano definitivo della battaglia, arriva una lettera con la quale Geréb si
dichiara apertamente pentito, e trasmette ai ragazzi di via Pál preziose
informazioni sui nemici. Viene così riammesso nelle loro file.
Con uno stile emozionante Molnár descrive la guerra, che inizialmente
avvantaggia le truppe di Boka. Ma la situazione precipita, e le Camicie rosse,
che stanno per liberare tutti i prigionieri, sono sul punto di vincere. È
allora che Nemecsek, scappato di casa nonostante la febbre, si getta su Feri
Áts, determinando la vittoria dei ragazzi della via Pál.
L'eroismo costa caro a Nemecsèk;, che muore nel suo letto di polmonite, dopo
uno straziante ultimo incontro con Boka ma senza ricevere le scuse dei membri
finalmente pentiti della Società dello Stucco, che arrivano troppo tardi.
Boka, sconvolto, si reca al campo, e scopre che il proprietario del terreno di
lì a poco vi costruirà un palazzo.
All'interno del gioco ogni ragazzo occupava un
preciso ruolo sociale che spaziava dal capo al difensore alla vittima, le
regole da seguire erano precise e considerate di massima importanza.
Lottare per la conquista di uno spazio, di una terra. La maggior parte delle
guerre hanno questa motivazione come scintilla scatenante. Conquistare uno
spazio. La potenza di questa storia sta nel fatto che questi ragazzi giocano ad
una "guerra", non senza elementi di durezza e di tragicità, per conquistare uno
spazio da dedicare ai loro giochi. Il gioco per poter giocare. Nella storia di
Molnàr questo elemento di base lascia fiorire intorno a sé tutti i personaggi e
le loro vicissitudini facendo diventare epica la loro vita e portandoli fino
all'inevitabile tragico finale, con la vittoria della "guerra" rovinata dalla
scomparsa del piccolo eroe Nemecsèk e la beffa dell'apertura di un cantiere per
la costruzione di un palazzo proprio nella segheria di via Paal.
Gran parte dell'esperienza del bambino in età prescolare è di tipo corporeo e motorio. La possibilità per il bimbo di provare esperienze gratificanti e piacevoli dipenderà molto dai metodi, dagli stimoli e dalla capacità di trovare attività che coinvolgono la corporeità.
In particolare lo sviluppo delle capacità senso percettive e motorie da la possibilità al bambino di relazionarsi in maniera corretta con il proprio corpo e l'ambente che lo circonda. L'individuo impara a distinguere gli stimoli che provengono dall'esterno da quelli che provengono dall'interno:
capacità estrocettive: che permettono di captare gli stimoli provenienti dall'ambiente esterno e che comunemente vengono identificate nei cinque sensi (la vista, l'udito, il tatto, il gusto e l'odorato)
capacità propriocettive: che consentono di leggere i messaggi che vengono da "dentro"
In questi ultimi due anni scolastici ho avuto la possibilità di realizzare diverse esperienze di stages per la durata complessiva di un mese e mezzo, distribuito in un vasto arco di tempo, nell'asilo comunale di Montagnana "Il Gatto Con Gli Stivali".
Ho avuto così modo di osservare le attività svolte dagli stessi bambini in diversi periodi della loro infanzia. Inoltre, durante l'ultimo periodo (27-31 ottobre 2008), ho avuto la possibilità di progettare ed applicare con la loro educatrice diverse attività volte all'esercizio delle capacità senso-motorie.
Ho lavorato occasionalmente con i bambini divezzi (24-36 mesi) e semidivezzi (12-24 mesi) me per lo più mi sono concentrata sulla classe dei lattanti (5-12 mesi).
A quest'età le attività dei bambini si focalizzano sulla routine e sul nuovo ambiente da scoprire. La molteplicità delle esperienze e delle situazioni che il bambino ha la possibilità di vivere durante la prima infanzia sono fondamentali e contribuiscono a gettare delle buone basi per uno sviluppo psico-fisico ottimale.
Il primo anno di vita del bambino è la fase cosiddetta "senso-motoria": attraverso l'afferrare, il dondolare, il portare alla bocca gli oggetti , l'aprire e chiudere le mani o gli occhi, il bambino impara a controllare i movimenti e coordinare i gesti.
Attraverso il gioco è importante che il bambino sviluppi tutte le capacità senso-motorie con le quali si relaziona con il mondo esterno che è ancora tutto da scoprire. Il nido deve favorire ogni bambino nello sperimentare le proprie risorse, imparando anche a trovarne di nuove e migliori se la situazione lo richiede.
Ogni attività è stata svolta nell'arco di una giornata.
Abbiamo utilizzato i giochi e gli ambienti della scuola.
Attraverso la verifica si vuola constatare se i bambini hanno raggiunto o meno i diversi obiettivi. All'interno dell'asilo nido la verifica dell'attività consiste principalmente nell'osservazione dei bambini facendo particolare attenzione al loro grado di interesse, intraprendenza e appagamento. Puntando sulla spontaneità dell'attività ludica e sull'interesse dei bambini non abbiamo costretto nessun bambino a partecipare alle attività. Si sono comunque dimostrati tutti molto interessati e partecipi.
Sviluppo delle capacità motorie finalizzate al potenziamento dell'autonomia e dell'autostima a sostegno della socializzazione.
- Abbiamo realizzato un percorso composto da cubi, cilindri, parallelepipedi e altre forme di materiale morbido e colorato. Con il nostro aiuto i bambini lo percorrevano superando i diversi ostacoli. Successivamente i bambini lo hanno svolto in maniera autonoma anche se scorretta dal punto di vista sequenziale, soffermandosi nei punti a loro più interessanti. Hanno comunque dimostrato interesse e desiderio di autonomia. Spesso chiamavano me e l'insegnante per mostrarci i loro progressi e per farci vedere quanto erano coraggiosi nel saltare giù dai cubi.
-attività di ballo di gruppo
- Ai bambini più piccoli abbiamo proposto solo alcuni cubi e cilindri da toccare e su cui appoggiarsi per alzarsi in piedi. Mostrandoglieli abbiamo suscitato in loro interesse e poi ci siamo limitate ad osservare come reagivano. Alcuni bambini si sedevano sopra un cilindro disteso a terra e ci saltavano sopra ritmicamente.
-Attività con le bolle di sapone. I bambini osservavano incuriositi le bolle soffiate dall'educatrice e cercavano di prenderle con le mani e farle scoppiare. Si sono dimostrati entusiasti e terminare l'attività è stato problematico.
Stimolo alla creatività e alla manualità, stimolo alla curiosità e all'interesse verso i vari materiali, stimolo all'espressione libera di emozioni e sensazioni.
-Con l'insegnante abbiamo fatto dipingere ai bambini dei fogli con i colori a dita e le spugnette intinte nelle tempere. Senza il nostro aiuto i bambini coloravano a caso dando poca attenzione al foglio, infatti preferivano manipolare e tastare il colore o portarselo alla bocca.
-abbiamo disteso a terra un enorme foglio vasto alcuni metri e abbiamo lasciato a libera disposizione di ogni bambino pennarelli e cere. I bambini hanno iniziato a disegnare liberamente sul foglio osservando anche i disegni dei compagni. Cambiavano spesso da pennarelli a cere mostrandosi molto curiosi.
Coordinazione dei movimenti , senso della ritmica e improvvisazione
-Nel salone grande abbiamo distribuito su un materassino una serie di strumenti musicali (tamburelli, trombette, campanellini, flauti). Ogni bambino aveva la possibilità di scegliere e utilizzare tutti gli strumenti. Inizialmente, incuriositi, i bambini passavano da uno strumento all'altro riproducendo più suoni possibili; successivamente hanno iniziato a dimostrare preferenze verso gli strumenti e a utilizzarli in maniera impropria.
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