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Gastroenterologia pediatrica




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GASTROENTEROLOGIA PEDIATRICA

Gastroenteriti acute

Sindrome caratterizzata da diarrea e vomito, a eziologia prevalentemente infettiva, che può determinare disidratazione e squilibrio elettrolitico.

Nei Paesi del terzo mondo rappresenta ancora oggi una delle principali cause di morte nell'infanzia; in Italia oggi la mortalità non supera lo 0,4 per mille.

Le gastroenteriti acute sono caratterizzate da vomito e/o diarrea (diarrea: condizione in cui si perdono con le feci più di 10 ml/Kg/die di acqua) di durata in genere non superiore alle 2 settimane.

Fisiologia: dopo le prime 12 ore di vita l'intestino viene colonizzato da una flora batterica che nell'allattato al seno è rappresentata quasi esclusivamente da Lactobacillus Bifidus, un valido mezzo di difesa contro le infezioni (l'allattato artificialmente si ammala infatti più spesso); dopo il divezzamento prevale invece E.coli.

Eziologia: nel 40-50% non viene identificata la causa, nei restanti casi in ordine decrescente:

virus: 2/3 dei casi, prevalente nei primi 2-3 anni di vita e nei mesi invernali; nel 65% sono Rotavirus, nel 5% Adenovirus. Il decorso è più lieve delle forme batteriche;

batteri: nel 20% Salmonelle (sia Typhi che Paratyphi), più frequenti in estate e a decorso più grave con feci muco sanguinolente; nell'8% Campylobacter jejuni, forma meno intensa ma di più lunga durata; nell'1% E.coli enteropatogena e in minor percentuale altri patogeni quali Yersinia, Shigella e Vibrio colera (molto più frequente nei Paesi in via di sviluppo);

cause alimentari (intolleranze alimentari): manca la febbre;

cause endocrino-metaboliche (ipertiroidismo);

farmaci (antibiotici che, eliminando la flora batterica residente, liberano il campo a patogeni quali il Clostridium difficile).

Fisiopatologia e clinica: la diarrea può essere provocata mediante diversi meccanismi (induzione della secrezione idroelettrolitica, osmosi, alterazione dell'assorbimento, aumento della peristalsi, tossine, danno diretto alla mucosa) ma l'effetto finale è lo stesso, ovvero una perdita di sali ed acqua che può portare allo squilibrio idro-elettrolitico fino allo shock. Il lattante ha un ricambio quotidiano di acqua pari alla metà del peso corporeo: in caso di mancata assunzione di corrette quantità di liquidi, si instaura perciò molto in fretta una disidratazione:

disidratazione isotonica (70%): perdita acqua=elettroliti. Il piccolo presenta cute secca, sollevabile in pliche, mucose aride, fontanella depressa, occhi infossati, oligo-anuria e sopore;

disidratazione ipertonica (20%): acqua>elettroliti. Si provoca un'ipertonia plasmatica che richiama acqua dalle cellule; il rene non è ancora in grado di compensarla perciò c'è forte sete, cute e mucose relativamente normali, ipereccitabilità nervosa fino alle convulsioni. È tipica delle forme con prevalenza di diarrea e scarso vomito, in particolare nel piccolo lattante;

disidratazione ipotonica (10%): acqua <elettroliti. Si ha quando prevale il vomito o nella fibrosi cistica; l'ipotonia provoca il passaggio di acqua dal circolo alle cellule con shock cardiocircolatorio. La cute e le mucose sono umide, la sete manca, c'è ansia e shock.

Si instaura inoltre un'acidosi dovuta sia alle perdite di basi con la diarrea, che all'insufficiente apporto energetico per via del vomito e dell'anoressia; l'anossia tissutale inoltre provoca la formazione di acido lattico; il rene non è pienamente in grado di compensare la situazione perciò appare necessaria la terapia reidratante (eventualmente anche e.v). Paradossalmente nelle fasi iniziali c'è una tendenza all'iperkaliemia a causa dello scambio K/H cellulare: non bisogna quindi somministrare potassio.

Si identificano tre gradi di disidratazione:

1° grado: perdita idrica <5% del peso; vomito e diarrea modesti, cute e mucose poco alterate, sensorio integro e polso valido;

2° grado: perdita di liquidi 5-10%, segni della disidratazione presenti;

3° grado (stato tossico): perdita >10%; stato di shock conclamato.

Il parametro da tenere sotto controllo è il peso, nonché il livello degli elettroliti nei gradi 2 e 3.

Terapia: l'unico presidio terapeutico valido è la reidratazione con correzione degli squilibri; nel 1° e 2° grado si effettua per via orale con soluzioni glucosaline (1 lt di acqua + 5 cucch.ni di zucchero + 1 di sale; esistono anche bustine da sciogliere in acqua) in quantità di 100-150 ml/Kg/die nel lattante e un po' meno nell'infante. Nel 3° grado si reidrata per via parenterale; in caso di shock si infondono inizialmente 40 ml/Kg in 1-2 ore di glucosalina isotonica seguiti da correzione degli squilibri guidata dal dosaggio plasmatico degli elettroliti.

Vanno somministrati 80 ml per 100 gr di peso perso; in caso di acidosi si somministra bicarbonato in quantità pari a (BE*peso in Kg)/3; alla ripresa della diuresi si può somministrare se necessario potassio.

Si prosegue poi come per i gradi 1 e 2. Oggi si tende inoltre a riprendere l'alimentazione abbastanza precocemente con le pappe cui era abituato il bambino, eventualmente aggiungendo formaggio Parmigiano che contiene percentuali equilibrate dei principali elettroliti.

Antibiotici: vanno somministrati solo in caso di sepsi (emocolture positive) o altre localizzazioni extraintestinali da Salmonella; per il Campylobacter 7 gg di macrolidi, per la Yersinia il Cotrimoxazolo e per il Clostridium difficile Vancomicina e.v.


Dolori addominali acuti

Sono uno dei sintomi più frequenti nel bambino di tutte le età, e hanno svariate cause:

addominali: appendicite, diverticolite di Meckel, peritonite, invaginamento (nell'80% è ileocecale nel primo anno di vita), volvolo, torsione dell'ovaio o del testicolo, ernia strozzata, esofagite da reflusso, intolleranze, ulcera, pancreatite, Crohn, colecistiti, calcolosi, stipsi;

toraciche: polmonite e broncopolmonite con pleurite;

cause immuno-ematologiche: peliosi, lupus, pan arterite;

cause renali;

cause metaboliche: acidosi diabetica, porfiria, iperlipemie;

cause ginecologiche (bambine grandi).

Diagnosi: semeiotica con particolare attenzione alla localizzazione e irradiazione del dolore, alla positività di eventuali manovre quali Blomberg, Giordano, Murphy; esami di laboratorio (emocromo, esame urine, amilasemia, ricerca di H.pylori, funzionalità epatica e renale), Rx diretto ed Eco addome.


Coliche del lattante

Sintomo complesso della prima infanzia, caratterizzato da crisi di pianto, dolore addominale e irritabilità.

La sintomatologia può cominciare poco dopo la dimissione dall'ospedale, più spesso qualche settimana dopo e persiste fino a 3-4 mesi con incidenza del 20-40%.

Tipicamente, il bambino che presenta coliche mangia bene e presenta un buon incremento ponderale.

Le coliche, di solito, ricorrono alla stessa ora del giorno o della notte, ma pochi bambini piangono incessantemente.

Patogenesi: ancora mal conosciuta; ci sono varie teorie:

psico-ambientale: le coliche sono più frequenti nei neonati da madri ansiose;

organica: le coliche possono essere dovute a meteorismo, iperperistalsi intestinale, ipersensibilità alle proteine del latte vaccino (assunto dalla madre che allatta): i sintomi infatti si alleviano e talvolta spariscono proscrivendo latte e derivati alla madre che allatta.

Diagnosi: prima di porre diagnosi di colica, deve essere esclusa una patologia identificabile mediante esame obiettivo, emocromo, esame delle urine o altre indagini, se necessarie. Un bambino affamato può piangere incessantemente ma presenterà uno scarso accrescimento ponderale. Un bambino oggetto di troppe cure può non dormire a sufficienza. Uno stato di malessere, quale febbre, raffreddore o infezione dell'orecchio, può provocare irritabilità. Un'anamnesi approfondita spesso rivela che il pianto non è il sintomo più importante, ma soltanto un pretesto dei genitori per sottoporre al medico altri problemi. Se la poppata dura 20 min o meno si può sostituire la tettarella con una dotata di buchi più piccoli.


Dolori addominali ricorrenti

3 o più episodi di dolore addominale in un periodo >3 mesi. I tre tipi di dolori addominali ricorrenti (DAR) (psicogeno, organico e funzionale) si differenziano in base alla causa sottostante.

Incidenza: leggermente > 10%; il rapporto femmine:maschi è 4:3. I DAR sono rari prima dei 4-5 anni e sono più comuni tra 4 e 10 anni, con un secondo picco di incidenza nelle ragazze nella fase precoce dell'adolescenza. I DAR sono psicogeni nell'80-90% dei pazienti, essendo spesso associati ad enuresi e pavor nocturnus. I DAR organici e funzionali hanno più o meno la stessa incidenza (5-10%).

Eziologia e patogenesi: si pensa che i DAR psicogeni derivino dallo stress, dall'ansia o dalla depressione. I DAR di per sé possono causare stress dando origine a nuovi problemi (p. es., assenteismo dalla scuola, isolamento dai coetanei), o aggiungendosi ad altri preesistenti (p. es., rivalità tra fratelli). I DAR organici sono dovuti a un disturbo organico, spesso alla malattia infiammatoria intestinale, all'appendicite cronica, all'ulcera peptica, all'infezione da Helicobacter pylori, a parassiti (soprattutto in aree endemiche), a uropatie e all'anemia falciforme. Nelle adolescenti, cause possibili sono la malattia infiammatoria pelvica e la presenza di una cisti ovarica. I DAR funzionali partono da un organo alterato o non malato ma funzionalmente alterato, essendo il risultato dell'interazione tra fattori costituzionali e fattori ambientali.

Sintomi e segni: il dolore è in genere vago e mal definito ma talvolta è crampiforme o a colica o, raramente, pungente. Alcuni pazienti si svegliano presto per il disagio; eccezionalmente il paziente si sveglia di notte per il dolore. Il dolore è molto spesso periombelicale. I DAR organici sono comunemente descritti come costanti o ciclici (associati a certe attività o correlati alla dieta e al mangiare); sono ben localizzati, specialmente in aree diverse dalla regione periombelicale e possono irradiarsi al dorso. Essi frequentemente svegliano il bambino. I reperti clinici associati, che dipendono dalla patologia sottostante, comprendono febbre ricorrente o persistente, ittero, modificazioni della consistenza, del colore e della frequenza di eliminazione delle feci, presenza di sangue nelle feci, vomito, ematemesi, distensione addominale, sintomi articolari, alterazioni dell'appetito e perdita di peso. I DAR funzionali dipendono dalla causa sottostante: nel deficit di lattasi sono comuni crampi e meteorismo; è talora presente dolorabilità per 1 o 2 ore in caso di rottura di una cisti ovarica benigna.

Diagnosi: la persistenza, la ricorrenza e la cronicità differenzia i DAR dal dolore di un addome acuto. L'anamnesi deve precisare il primo episodio di dolore e la frequenza degli attacchi, la natura e la localizzazione del dolore, le relazioni coi pasti, con la defecazione, le evacuazioni e i risultati ottenuti usando qualsiasi tipo di trattamento (p. es., variazioni di posizione, rimedi domestici, prodotti da banco e farmaci). La mancanza di importanti sintomi intestinali, di febbre, di perdita di peso o di ritardo dell'accrescimento fanno pensare ai DAR psicogeni; tuttavia, questi sintomi non sono patognomonici.

Quelli comunemente associati comprendono cefalea, capogiri (non vertigini), pallore del viso e diaforesi. L'astenia, l'anoressia, la nausea e il vomito, la diarrea, la stipsi e i dolori agli arti sono meno frequenti nella forma psicogena che nei DAR organici o funzionali.

I DAR organici, se sospettati, richiedono esami adeguati. L'ulcera peptica non viene spesso considerata perché la tipica relazione tra l'assunzione di cibo e dolore epigastrico negli adulti non è frequente nei bambini. Le IVU, che possono causare dolore addominale o pelvico senza nessuna irradiazione al fianco o all'uretra, verranno misconosciute se non ricercate con esami specifici.

I DAR funzionali vengono diagnosticati soprattutto attraverso un'anamnesi accurata che ricerchi i sintomi associati o i fattori precipitanti. Le cause di DAR funzionali, da differenziare, comprendono una dieta inadeguata, un insufficiente addestramento all'uso della toilette e l'uso di un regolare vaso da toilette (che può essere troppo grande, facendo nascere nel bambino la paura di caderci dentro), cause che determinano stipsi o ritenzione fecale e incontinenza, la dismenorrea, l'ovulazione dolorosa e l'intolleranza al lattoso secondaria al fisiologico declino dell'attività della lattasi, che si verifica in molti pazienti tra i 10 e i 20 anni. L'intolleranza al lattoso può inizialmente non essere sospettata perché il dolore può non comparire fino a 2 ore dopo l'ingestione di latte o derivati.

Prognosi e terapia: qualora vi sia una causa organica o funzionale essa andrà trattata; per quanto riguarda i DAR psicogeni invece il trattamento è più complesso e si basa sulla psicoterapia (strategie di coping, cognitivo comportamentale) estesa anche ai famigliari.


Diarrea

La diarrea può essere descritta tramite tre definizioni:

Scientifica: volume di feci > 10 ml/Kg/die;

Operativa: aumento del numero di evacuazioni o diminuzione della consistenza;

Pratica: più di 3 evacuazioni di feci di consistenza molle o semiliquida per almeno 2 giorni.

Viene considerata:

Acuta se dura < 1 settimana;

Persistente se dura > 1 settimana;

Cronica se dura > 2 - 4 settimane.


Diarrea acuta

In età pediatrica, a differenza che nell'adulto, è più frequente lo shock nel caso vi sia perdita di liquidi.

Epidemiologia: La diarrea acuta rappresenta un problema sia per l'elevato numero di bambini coinvolti sia per i costi della sanità pubblica.

Eziologia

Infettiva: dobbiamo distinguere tra forma non infiammatoria e forma infiammatoria. La forma non infiammatoria è causata da batteri mediante la produzione di enterotossine, l'adesione e/o la traslocazione; da alcuni virus mediante la distruzione dei villi enterocitari; da parassiti mediante le loro capacità adesive; la forma infiammatoria è in genere dovuta a batteri che invadono direttamente l'intestino o producono citotossine con passaggio di liquidi, proteine, e cellule (enterociti, leucociti) nel lume intestinale;

Parenterale: una patologia a carico di un organo non appartenente all'apparato gastrointestinale (es. malattia delle prime vie aeree, otite) può dare sintomatologia diarroica probabilmente attraverso il rilascio da parte dell'agente eziologico di enterotossine (es. ETEC);

Malattie metaboliche;

Malattie di pertinenza chirurgica (anomalie strutturali degli organi);

Intolleranze o allergie alimentari.

Agenti Eziologici

Rotavirus (37%);

Salmonella (30%);

Campilobacter (12%);

ETEC (2%) colonizza  l'intestino tenue e aderisce ai suoi enterociti mediante le fimbrie (pili) di superficie, inducendo ipersecrezione di fluidi ed elettroliti attraverso una delle due tossine (l'enterotossina termolabile LT ed enterotossina termostabile). L'LT attiva l'adenilato ciclasi determinando un aumento di cGMP intracellulare;

Shighella (1%);

Yersinia enterocolitica (1%);

Altri (17%).

Le infezioni virali sono preponderanti nel periodo invernale e primaverile, diminuendo in quello autunnale ed estivo. In particolare i Rotavirus sono frequenti nel periodo invernale.

Anamnesi: È importante informarsi sul numero e sulle caratteristiche delle evacuazioni: chiedendo alla madre quanto il bambino ha evacuato negli ultimi giorni, quanto evacuava prima e quanto evacua ora e come sono le feci.

La presenza di vomito indica un coinvolgimento del tratto gastrointestinale superiore. L'orario dell'ultima minzione e dell'ultima assunzione di liquidi (o di una reidratazione precedente) sono necessari per valutare la possibilità di uno shock ipovolemico. Infine è opportuno informarsi sull'alimentazione del piccolo ponendo attenzione sull'eventuale assunzione di alimenti a rischi.

Clinica: La febbre indica un processo infiammatorio, ma anche disidratazione; accompagnata a dolore addominale, sangue e muco nelle feci è indice di interessamento del colon. Il vomito frequentemente si accompagna alla diarrea non infiammatoria ed indica infezione dell'intestino tenue.

Gestione della diarrea: È molto importante riconoscere i pazienti a rischio in quanto è ben diverso trattare un neonato, frequentemente soggetto a shock, piuttosto che un bambino un po' più grande. Inoltre è necessario stimare il grado di disidratazione definendola lieve, moderata o grave. La terapia si basa sulla reidratazione e sulla rialimentazione. Bisogna valutare bene se sono presenti indicazioni per il ricovero. Riconoscere la disidratazione ipernatremica e l'acidosi. Infine bisogna iniziare la terapia farmacologica e effettuare le indagini microbiologiche.

Riconoscere i pz. a rischio

Gestione telefonica: è importante informarsi circa età, numero di episodi di diarrea e vomito, intake di fluidi (quanti fluidi ha assunto), volume urinario, per valutare se vi è contrazione urinaria, stato neurologico, esposizione a possibili fonti di infezione (es. otite). E' necessario garantire adeguata reidratazione, dieta libera per età;

Valutazione Ambulatoriale: è necessaria nei casi in cui:

Età < 2 mesi;

Evacuazioni superiori alle 8 al giorno ed età < 5 anni;

Vomito persistente;

Patologie croniche associate (diabete o insufficienza renale);

Dolori addominali invalidanti.

Valutazione del grado di Disidratazione

lieve: perdita di peso <5% del peso antecedente la disidratazione;

moderata: perdita di peso compresa tra 5 e 9% del peso antecedente la disidratazione;

severa: perdita di peso >10% del peso antecedente la disidratazione

E' possibile ricercare alcuni segni:

Ridotta elasticità cutanea;

Riempimento capillare: premendo sul letto ungueale, non vi è una repentina dilatazione capillare, impiegandoci un tempo superiore ai 2 secondi;

Condizioni generali (irritabilità, apatia);

Assenza di lacrime;

Respiro frequente;

Secchezza mucose;

Occhi infossati;

Tachicardia (solitamente intorno a 150 battiti/minuto; va tenuto conto che, nel caso coesista febbre, la tachicardia può essere causata dalla febbre stessa e, inoltre, che in tale circostanza va somministrata una quantità di liquidi maggiore rispetto a quella che si darebbe in assenza della febbre);

Diuresi (oliguria o anuria nelle forme severe);

Polso radiale;

Microcircolo alterato;

Fontanella anteriore (se depressa indica massiva perdita di liquidi);

Pressione arteriosa sistolica (bassa o non misurabile in caso di shock).

Figura : Valutazione del grado di disidratazione.

Se ci sono meno di 3 segn, molto probabilmente il grado di disidratazione è del 5%. 3 o più segni corrispondono ad una disidratazione del 5-9%. Sono necessari almeno 6-7 segni per una disidratazione superiore al 10%.

L'entità della disidratazione, valutata attraverso la presenza di questi segni, è un indice della quantità di liquidi persi dal paziente e, quindi, della quantità di soluzione che dobbiamo somministrare. Nelle forme lievi reintegriamo con 30 ml/kg; nelle forme moderate con 60-100 ml/kg; nelle forme severe con più di 100 ml/kg.

Terapia: si basa sulla reidratazione e sulla rialimentazione. Il trattamento principale consiste nella ORS o soluzione reidratante orale di glucosio e Sali (75 mEq di sodio e 75 mmol di glucosio per litro, con un'osmolarità totale di 245 mOsm/L ). Aggiungiamo il potassio solo quando siamo sicuri che il bambino urini.

I pazienti vengono reidratati mediante ORS ad libitum, somministrabile già al momento dell'insorgenza dei sintomi. In caso vi sia vomito lo si somministra in piccole quantità, frequentemente (circa 5 ml ogni 1-2 minuti), per favorire l'attraversamento del tratto esofageo e dello stomaco.

Succhi di frutta, coca-cola, tè, soluzioni reidratanti per atleti non sono indicati perché troppo iperosmolari rispetto all'ORS previsto dall' ESPGHAN e ciò potrebbe aggravare la diarrea perché una quota dei soluti in essi contenuti non vengono assorbiti e richiamano acqua; inoltre, hanno troppo poco sodio.

La soluzione reidratante classica rispecchia i criteri dell'ESPGHAN: è più povera di sodio rispetto a quella del WHO/UNICEF, elaborata per i paesi in via di sviluppo, ed è meno iperosmolare, quindi meglio tollerata. Riflette le necessità dei pazienti europei, i cui gradi di disidratazione raggiungono raramente i livelli gravi, tipici dei paesi in via di sviluppo in cui il trattamento medico è tardivo. In commercio le troviamo col nome di Dicodral ; sono soluzioni in bustina.

Nel caso di una disidratazione lieve o moderata reintegriamo velocemente (in 4-6 ore) per via parenterale, somministrando:

Nei bambini al di sotto dei 12 mesi, 150 ml/kg/die;

Nei bambini al di sopra dei 12 mesi, 100 ml/kg/die.

Si deve tenere conto anche del mantenimento successivo: fino a 10 kg bastano 100 ml/kg; tra 11 e 20 kg, 1 litro + 50 ml per ogni kg superiore ai 10 kg; oltre 20 kg, 1500 ml + 20 per ogni kg superiore ai 20 kg. Per ogni grado di febbre si aumenta la quantità della soluzione del 10%.

Esistono linee guida per la rialimentazione nei casi di gastroenterite dell'infanzia. Una rialimentazione precoce induce una maggiore ripresa ponderale nei bambini con gastroenterite acuta. Il trattamento ottimale consiste nella reidratazione in 3-4 h e in una rapida reintroduzione della normale alimentazione (sono tollerati alimenti che contengono carboidrati complessi, carne magra, yogurt, frutta e verdura; vanno evitati quelli ricchi di zuccheri). In ogni caso il latte materno va continuato (l'allattamento esclusivo al seno fornisce tutti i nutrienti necessari nella prima infanzia, inducendo inoltre un'immunità passiva e diminuendo l'introduzione di cibi e acqua potenzialmente contaminati; per questa ragione è, oggi, uno dei cardini della prevenzione della diarrea acuta infantile). L'uso di formule senza lattosio o diluite non e' generalmente indicato. Esistono importanti evidenze che la supplementazione a base di zinco riduca la durata e la gravità di diarrea nei Paesi in via di sviluppo ed è potenzialmente in grado di prevenire 300000 decessi per questa causa.

Indicazioni al ricovero: nel caso in cui il bambino presenti delle condizioni a rischio, viene indicato il ricovero. Le indicazioni al ricovero vengono riportate qui di seguito.

Figura : Indicazioni al ricovero.

Diagnosi: La diagnosi è clinica. Le indicazioni ad eseguire esami ematochimici corrispondono a quelli dell'ospedalizzazione.

Gli esami ematochimici da effettuare sono: azotemia e creatininemia (per valutare l'ipotesi dell'insufficienza renale), elettroliti (Na+, Cl, K+, H+), equilibrio acido-base (per verificare se vi sia una quadro di acidosi), glicemia (per l'ipotesi di uno shock di tipo surrenalico).

Terapia farmacologica: Il farmaco antidiarroico ideale: riduce le perdite fecali, previene la disidratazione, ha un effetto antimicrobico che eradica il germe, è assunto per via orale in dose unica, non interferisce con le funzioni intestinali, non ha effetti collaterali, è disponibile liberamente, costa poco.

Farmaci potenzialmente utili in caso di diarrea sono:

Farmaci che modificano la microflora intestinale (antibiotici, probiotici);

Farmaci che adsorbono liquidi e/o tossine;

Farmaci che promuovono l'assorbimento di acqua ed elettroliti o che ne riducano la secrezione;

Farmaci che modificano la motilità intestinale.

Vengono riportate le indicazioni alla terapia antibiotica.

Figura : Indicazioni alla terapia antibiotica.

I probiotici sono microrganismi vivi o componenti di cellule microbiche che esercitano effetti benefici sull'ospite. Essi sono principalmente bacilli produttori di acido lattico, in particolare Lactobacilli e Bifidobacteria, oltre al lievito Saccaromyces boulardii.

I probiotici vengono tollerati dal sistema immunitario grazie all'assenza di fattori di virulenza. Essi possono quindi colonizzare la mucosa intestinale e svilupparvisi, competendo con i batteri patogeni per i nutrienti, producendo batteriocine che fungono da antibiotici locali contro i patogeni e inducendo la sintesi di peptidi antimicrobici come la β-defensina 2 umana. Alcuni probiotici, inoltre, producono acido lattico a acido acetico che possono inibire la crescita dei patogeni riducendo il pH intraluminale; inoltre, occupando i siti di legame della mucosa epiteliale, prevengono l'adesione dei batteri patogeni alla mucosa. Ci sono studi che dimostrano che Lactobacillus GG riduce la durata della diarrea, la frequenza dell'evacuazione e l'incidenza dell'ospedalizzazione.

Le sostanze adsorbenti sono sostanze che assorbono non soltanto le scorie fecali e i liquidi in eccesso ma anche le tossine batteriche: Dismectite, Coalino, Pectina, Attapulgite attivata, Fenolftaleina (psyllium). La somministrazione di Dismectite associato a ORS riduce i giorni della diarrea rispetto al solo utilizzo della ORS.

Le sostanze che modificano la secrezione intestinale sono: Fenotiazina, analoghi sintetici della somatostatina, indometacina, acido acetilsalicilico, steroidi.

Sostanze che modificano la motilità intestinale sono: Loperamide ed altri agenti anticolinergici che riducono la motilità intestinale e quindi il numero delle evacuazioni e durata diarrea; proibita negli Stati Uniti sotto i 2 anni per il rischio di effetti collaterali (ileo paralitico, enterocolite necrotizzante, sintomi neurologici e morte).

Esame delle feci: vanno ricercati leucociti (indicano un'infezione batterica), sangue e muco. L'esame microbiologico non è necessario se non in presenza di determinate circostanze; questo perché l'esame batteriologico delle feci richiede molto tempo, spesso superiore al tempo di guarigione dell'episodio di diarrea acuta, è costoso, spesso inutile per la maggiore frequenza dell'agente eziologico virale e si associa ad una bassa incidenza di positivi.

La coprocoltura va effettuata nei bambini con di diarrea ematica, in cui l'esame microscopico indica la presenza di leucociti fecali, se sono in atto epidemie con sospetto di sindrome uremico-emolitica (HUS) e nei bambini immunocompromessi.

L'esame microbiologico è, inoltre, indicato nel caso di una diarrea persistente (durata superiore ai 14 giorni), nei casi in cui sia sospettato il coinvolgimento di agenti eziologici diversi (es. Giardia lamblia o altri parassiti) o se siano presenti fattori di rischio (età neonatale, immunodeficienza, malnutrizione, malattie croniche); ovvero tutti i casi in cui sia preferibile trattare il germe, piuttosto che aspettare una guarigione spontanea. Un esame microbiologico delle feci dovrebbe includere sempre la ricerca di: Rotavirus, Salmonella, Shighella, Campilobacter. Nel caso di rotavirus, adenovirus e norovirus si utilizza ELISA (test rapido). Per il rotavirus va ricercato l'antigene fecale. La ricerca di Salmonella, Shigella, Campilobacter, E.Coli e Yersinia va eseguita mediante PCR, coprocoltura standard e coprocoltura con terreni specifici. La ricerca di Criptosporidium parvum (più frequente in immunodepressi e immunocompromessi), Giardia lamblia (che ci interessa particolarmente per l'associazione di quadri di diarrea a malassorbimento) ed Entameba histolytica si esegue mediante esame parassitologico, ELISA (anche rapidi), coprocoltura, PCR.

Figura : Flow-chart per la gestione del piccolo paziente con diarrea.

Ricapiolazione

Un lattante con diarrea di grado lieve e moderato si ricovera? Mai.

Quando si fa l'esame microbiologico? Mai.

Come si tratta? Si reidrata con ORS 60mEq/l Na; mentre si somministra la ORS, è importante rialimentarlo rapidamente (entro 3-4 ore), altrimenti va incontro ad un aggravamento del suo stato generale. Se prendeva latte vaccino, esso va dato intero e non diluito; in quest'ultimo caso ingerirebbe solo acqua e andrebbe incontro ad una malnutrizione. Sebbene il latte sia un alimento apparentemente poco consigliato in caso di diarrea, si preferisce evitare di alterare l'alimentazione del bambino, facendo affidamento sulla non-gravità dell'episodio diarroico, sulla sua rapida guarigione e sulla integrità delle lattasi presenti sull'orletto a spazzola dell'enterocita (che di norma è quello che si perde prima e in maggiore quantità). L'alimentazione precoce rispetto a quella tardiva, in qualunque momento venga fatta, dà un guadagno di peso tanto maggiore quanto prima venga cominciata.

Quando si tratta un bambino con antibiotici? Mai, a meno che non si tratti di uno dei casi precedentemente valutati.

Si possono usare altri farmaci? Si: probiotici, sostanze adsorbenti. Per i rotavirus esistono in commercio dei vaccini che si fanno in 2 dosi (GSK Rotarix: vaccino monovalente, ceppo umano) o in 3 dosi (Merck Rota Teq: ceppo bovino, pentavalente); sebbene siano stati visti degli effetti collaterali per lo più cardiaci, sembrano essere sicuri. Il vaccino andrebbe somministrato a tutti i bambini sani in Europa. Entrambi i vaccini possono essere somministrati contemporaneamente a vaccini inattivati. Nei paesi in cui si somministra ancora il vaccino per il poliovirus, è sconsigliata la contemporanea somministrazione di quello per Rotavirus. Si raccomanda di somministrare la prima dose tra la 6 e la 12 settimana; le somministrazioni vanno completate entro i 6 mesi. Non è raccomandata in pazienti con immunodeficienza. Si consiglia il continuo monitoraggio dei pazienti per evitare eventi avversi.


Diarrea cronica

I fattori determinanti la diarrea cronica sono:

Ambientali (es. agente infettivo);

Sistemici (es. immunodeficienza);

Intestinali: genetici (difetti congeniti di trasportatori e enzimi), anatomici (volvolo), infiammatori (malattie infiammatorie croniche intestinali), funzionali (colon irritabile).

Le cause differiscono a seconda dell'età di esordio:

0-33 giorni: abetalipoproteinemia, acrodermatite enteropatica, cloridorrea congenita (CLD), sodiorrea congenita (CDS), sindrome da intestino corto, deficit congenito di lattasi, deficit di disaccararidasi, allergia alimentare, malassorbimento glucosio-galattasio, morbo di Hirschsprunng, disregolazione del sistema immune poliendocrinopatia e enteropatia (IPEX), intolleranza alle proteine con lisinuria, malrotazione con subostruzione, atrofia congenita dei microvilli (ACM), linfangectasia, deficit di acidi biliari, enteropatia a ciuffi, pseudostruzione cronica intestinale;

2-24 mesi: Infezioni croniche, diarrea post-enteritica, celiachia, diarrea cronica aspecifica, allergie alimentare, fibrosi cistica, enteropatia autoimmune;

2-18 anni: infezioni croniche, diarrea post-enteritica, celiachia, sindrome del colon irritabile, intolleranza al lattosio (i pazienti presentano uno switch off del gene che codifica per la lattasi, tanto più precoce quanto più i soggetti abitano al sud: italiani e spagnoli sono più frequentemente soggetti all'intolleranza), MICI, neoplasie.

Patogenesi

Diarrea osmotica: è causata dalla presenza di soluti non assorbiti a livello del tratto gastrointestinale. Un esempio può essere la diarrea da intolleranza al lattosio;

Diarrea secretoria: può essere causata da attivazione del cAMP (enterotossina colerica, enterotossina termolabile di E.Coli, VIP, gastrina, secretina), da attivazione del GMP (enterotossina termostabile di E.Coli), da aumento del Calcio intracellulare (enterotossina di Clostridium difficile, acetilcolina, serotonina, bradichinina). Questi mediatori stimolano la secrezione attiva del cloruro da parte delle cellule delle cripte e inibiscono l'assorbimento accoppiato neutro del sodio e del cloruro;

Difetti di mutazione delle proteine di trasporto degli ioni: difetti congeniti di canali che regolano lo scambio sodio-idrogeno, cloruro-bicarbinato e delle proteine di trasporto sodio-acidi biliari; si manifestano fin dalla nascita;

Riduzione della superficie anatomica: sindrome dell'intestino corto, conseguenza di una resezione intestinale secondaria a indicazioni chirurgiche come enterocolite necrotizzante, volvolo o atresia intestinale;

Alterazione della motilità intestinale: causata da malnutrizione, sclerodermia, sindromi intestinali pseudo-ostruttive e diabete mellito.

Quesiti utili per un inquadramento diagnostico

Figura : Quesiti utili per l'inquadramento diagnostico.

Con sindrome di Munchhausen s'intende un disturbo psichiatrico fittizio in cui le persone colpite fingono la malattia od un trauma psicologico per attirare attenzione e simpatia verso di sè. A volte è anche conosciuta come sindrome da dipendenza dell'ospedale. La sindrome di Munchausen è legata alla sindrome di Munchausen per procura, in cui un bambino viene usato come sostituto del paziente spesso per appagare un desiderio, inconscio, secondo le teorie psicoanalitiche e psicodinamiche, del genitore di mettere in atto un dramma personale e rinforzare la loro relazione con la figura medica che occupa le loro fantasie.

Eziologia: La diarrea cronica può essere dovuta a:

Intolleranza al lattosio;

Allergia/Intolleranza alle proteine del latte vaccino (APLV);

Celiachia;

Diarrea protratta post-enteritica;

Colon Irritabile.

Ipersensibilità: Sintomi e segni oggettivamente riproducibili, indotti dall'esposizione ad uno stimolo definito, ad una dose tollerata da altre persone.

Allergia: È una reazione di ipersensibilità indotta da un meccanismo immunologico che può essere anticorpo-mediato o cellulo-mediato.

Un esempio può essere l'abnorme risposta immunitaria scatenata dal contatto dell'organismo con proteine alimentari, come quelle del latte vaccino, con i pollini, con i peluche.

Il termine allergia si riferisce a tutto il processo che porta alla patologia, mentre per intolleranza si intende il corteo sintomatologico che si associa all'evento patologico; con il termine intolleranza si fa riferimento solo al quadro clinico ovvero a ciò che si trova a valle dell'episodio allergico.

Atopia: Tendenza familiare a produrre un'alta quantità di IgE in risposta a basse dosi di allergeni. L'atopico ha un maggior rischio di sviluppare un'allergia. Essendovi una predisposizione genetica, il rischio in un soggetto atopico di sviluppare una APLV è proporzionale al numero di genitori affetti dalla patologia: 1 genitore: 20-40%; 1 fratello: 20-35%; 2 genitori: 40-60%.

Qualora vi sia una storia di atopia, si prescrive l'allattamento al seno per un tempo il più lungo possibile (anche fino a 8-10 mesi) rispetto ai soggetti in cui non vi sia una storia di atopia, per permettere la maturazione del tratto gastrointestinale. Nel neonato, infatti, le tight junction tra gli enterociti sono meno strette; la loro saldatura avviene con la crescita. Somministrando latte vaccino precocemente si corre il rischio di far passare proteine eterologhe attraverso le tight junction non ancora completamente chiuse che vanno a sensibilizzare in maniera sistemica l'organismo del paziente, con la produzione di IgE specifiche contro tali proteine. Lo stesso meccanismo si può avere nel caso della celiachia. Se il bambino, geneticamente predisposto, viene precocemente alimentato con latte vaccino o non viene allattato al seno, si avrà un maggiore rischio di sviluppare una APLV.

La Marcia Allergica (The allergy march, 2002): Se un paziente da piccolo ha avuto un'APLV (il cui acme si ha nel primo anno di vita) oppure ha sviluppato una dermatite atopica (tipica del bambino) tenderà col tempo a sviluppare un'asma o una rinocongiuntivite allergica.

La dermatite atopica ed alcune allergie alimentari (latte, uova, soia) tendono a scomparire o a migliorare con l'età; tendono invece ad aumentare o a persistere la rinite e le altre allergie alimentari (crostacei, nocciole).

L'asma allergica persiste, ma può migliorare; l'asma non allergica scompare. La severità del disordine predice la progressione.


Intolleranza ai disaccaridi

Intolleranza legata al deficit di lattasi, saccarasi, maltasi o isomaltasi.


Deficit di lattasi o intolleranza al lattosio

Può essere:

Congenito: disordine autosomico recessivo (cromosoma 2) estremamente raro che porta ad una completa assenza di espressione della lattasi;

Dell'accrescimento: l'attività lattasica è geneticamente programmata per diminuire intorno ai 2 anni di vita. I segni e sintomi in genere non divengono clinicamente apparenti fino all'età di 6-7 anni e possono restare inapparenti fino all'età adulta a seconda della quantità di lattosio ingerito nella dieta e della velocità di diminuzione della attività lattasica intestinale. L'attività enzimatica della lattasi è strettamente correlata con l'età, senza riguardo per i sintomi;

Acquisito: fenomeno transitorio dovuto al danneggiamento della mucosa intestinale da parte di processi infettivi, allergici o infiammatori che si risolve quando la malattia di fondo viene curata e la guarigione della mucosa intestinale ripristina gli enzimi dell'orletto a spazzola. I più suscettibili sono in bambini al di sotto dei 2 anni di vita perché hanno un intestino molto sensibile agli agenti infettivi, hanno una bassa riserva di enzima per la più piccola superficie intestinale e dipendono quasi esclusivamente da una nutrizione basata su prodotti del latte.

Fisiologia: il lattosio, un disaccaride presente unicamente nel latte dei mammiferi, è idrolizzato nei monosaccaridi glucosio e galattosio sull'orletto a spazzola degli enterociti della sommità dei villi intestinali, dall'enzima lattasi (β-D-galattosidasi). Nei nati prematuri che hanno una parziale deficienza di lattasi per l'immaturità intestinale, l'espressione enzimatica può essere indotta dall'ingestione di lattosio; ciò tuttavia non è possibile nei nati a termine né negli adulti in quanto la lattasi è un enzima non-inducibile. Il miglioramento della digestione di lattosio in un bambino o in un adulto precedentemente intollerante quindi non è causato da un processo di induzione enzimatica della lattasi, ma dallo sviluppo di batteri che digeriscono il lattosio.

La scarsa attività lattasica nell'intestino tenue permette al lattosio di passare indigerito nel colon. Qui, lo zucchero viene fermentato dalla flora batterica intestinale fino a produrre idrogeno ed acidi organici. Il gas produce distensione addominale, crea la sensazione di gonfiore, crampi e dolori addominali. Gli acidi organici possono essere assorbiti, ma raramente la quantità prodotta può essere tale da causare sintomi sistemici o acidosi metabolica.

Clinica: Nel deficit congenito si hanno scariche diarroiche a spruzzo che incominciano insieme all'alimentazione; il bambino è irrequieto per i dolori addominali ed ha i glutei arrossati per l'acidità delle feci dovuta alla fermentazione del lattosio in acido lattico (dispepsia fermentativa).

Declino dell'attività: dolore addominale non specifico e non focale, crampi addominali diffusi, gonfiore e tensione intestinale, aumento della peristalsi con borborigmi facilmente auscultabili e con movimenti talora palpabili, meteorismo, flatulenza e diarrea con feci poltacee, acquose, acide, che insorgono da 1 a poche ore dopo l'ingestione di latte o latticini o comunque di alimenti contenenti lattosio.

Deficit acquisito: clinica dominata dalle cause dell'alterazione alla mucosa, es. infezioni.

Diagnosi: nel neonato con sospetto deficit congenito si effettua l'esame delle feci (acide), la prova del carico orale di lattosio (mancato aumento della glicemia) e si tenta di togliere il lattosio.

Nel declino dell'attività è utile il Breath test all'idrogeno: il malassorbimento del lattosio porta alla fermentazione dello zucchero da parte della flora batterica intestinale con produzione di idrogeno che viene assorbito nel sangue ed eliminato attraverso i polmoni. Il malassorbimento del lattosio può quindi essere dimostrato dall'aumento della quantità di idrogeno esalato dopo un carico orale di 20 g di lattosio.

Il clinitest sarà positivo: misura nel sangue, nelle urine o nelle feci tutte le sostanze riducenti, quindi risulta positivo per tutti gli zuccheri. Tale test si avvale del reagente di Benedict, soluzione in grado di virare in presenza di carboidrati riducenti.

Terapia: nel neonato sostituzione del latte con prodotti privati del lattosio; nel bambino più grande e nell'adulto eliminazione dalla dieta dei latticini, più o meno completa a seconda dell'attività residua dell'enzima.


Deficit di saccarasi o intolleranza al saccarosio

La diarrea compare all'introduzione di amidi alla dieta, quindi immediatamente se l'allattamento è artificiale o nel periodo del divezzamento se l'allattamento è al seno. Le feci sono molto acide e ricche di saccarosio; con l'età la sintomatologia si attenua.


Deficit del carrier di glucosio e galattosio

Forma molto rara di intolleranza a entrambi gli zuccheri che si manifesta già nel neonato; in commercio esistono alimenti contenenti solo fruttosio, il cui assorbimento è osmotico.


Allergie alimentari

Uno dei problemi più frequenti in pediatria è rappresentato dalle allergie alimentari. Si tratta di manifestazioni che tendono a presentarsi sin dai primi mesi di vita. Una prima importante distinzione da fare è tra 'allergia' e 'intolleranza': la prima si manifesta di solito a breve distanza dall'ingestione di un alimento (da pochi minuti fino a un paio d'ore), indipendentemente dalla sua quantità, ed è dovuta alla sensibilizzazione immunitaria nei confronti dell'antigene alimentare: l'ingresso nell'organismo ne provoca l'opsonizzazione da parte delle IgE specifiche con attivazione dei mastociti e secrezione di istamina ed altri mediatori. L'intolleranza, pur dando luogo a sintomi molto simili, non comporta l'intervento del sistema immunitario ed è sempre legata all'entità dell'esposizione al componente responsabile: un esempio paradigmatico è l'intolleranza al lattosio, dovuta al deficit di un enzima, la lattasi, in grado di scindere questo zucchero.

Clinica: i segni e sintomi sono a carico prevalentemente dei seguenti sistemi:

l'apparato digerente, nel quale i disturbi possono spaziare da prurito nella cavità orale e faringea a comparsa di vescicole nella mucosa della bocca, dal rigonfiamento (edema) delle labbra a diarrea, dolori addominali e vomito, ritardo dell'accrescimento, stipsi, dolore addominale, reflusso gastro-esofageo;

l'apparato respiratorio, che può andare incontro a un quadro di ostruzione di tipo asmatico, con sensazione di oppressione, fame d'aria e difficoltà respiratoria; l'asma può presentarsi anche dopo inalazione di alcuni alimenti come farina, soia, albume d'uovo e crostacei. Tale patologia può configurarsi come asma professionale nei pazienti addetti a queste lavorazioni;

la cute, sulla quale possono comparire chiazze arrossate e pruriginose, pomfi e manifestazioni tipiche dell'orticaria.

Nei casi più gravi l'ingestione di un alimento può condurre allo shock anafilattico.

Le manifestazioni sistemiche sono IgE mediate, danno un quadro di ipersensibilità immediata:

Broncospasmo, orticaria, angioedema;

Vomito, diarrea;

Shock.

Le manifestazioni gastrointestinali possono essere o meno IgE mediate: MRGE, vomito, diarrea, dolore addominale, problemi di crescita.

Sono esempi di manifestazione non IgE mediata:

la malattia da reflusso gastro-esofageo (reflusso complicato da anemizzazione, da broncopolmonite ab ingestis del materiale vomitato, dolore addominale, ecc);

la proctocolite;

una enteropatia protido-disperdente (associata ad edema, distensione addominale,

anemizzazione);

un quadro istologico simile alla malattia celiaca con atrofia dei villi, iperplasia delle cripte, infiltrato linfocitario con presenza di eosinofili;

una enterocolite tipica del bambino più piccolo.

Sono manifestazioni IgE mediate: quadri allergici orali: labbro infiammato.

Fattori responsabili: nel caso dei bambini le allergie alimentari più precoci sono legate alle proteine del latte e all'uovo, anche se teoricamente qualsiasi alimento introdotto ex novo con lo svezzamento può essere allergizzante. In effetti è bene fare due precisazioni: se il bambino ha una predisposizione familiare è facile che sviluppi sin dai primi mesi forme di allergia nei confronti di qualsiasi componente alimentare, anche quello apparentemente più innocuo. Diversamente un'introduzione troppo precoce di alcuni alimenti può facilitare la sensibilizzazione. In secondo luogo può verificarsi il fenomeno delle 'reazioni crociate': questo significa che alcuni elementi possono essere presenti in più alimenti (per esempio è facile che un bambino allergico alle arance lo sia anche alla maggior parte degli altri agrumi) o addirittura in pollini o altri elementi ambientali.

Anche molti farmaci, conservanti, coloranti e additivi possono essere alla base di allergie alimentari:

salicilati naturalmente presenti in alcuni alimenti (frutta secca, frutti di bosco, arance, albicocche, uva, olive, erbe aromatiche, vini, liquori). Possono essere causa di forme di orticaria cronica;

il giallo-tartrazina (E102), colorante che conferisce agli alimenti un piacevole colore giallo limone, presente in diverse bevande, sottaceti, salse confezionate, maionese, minestre in scatola, budini. Può essere causa di orticaria cronica e asma;

anidride solforosa (E220) che si può trovare in marmellate, succhi di frutta, vini e in macedonie e insalate trattate nei ristoranti con spray per mantenere un aspetto fresco;

solfiti, metabisolfiti, bisolfiti (E221,E222,E223,E224 ,E225,E226,E227) presenti nei prodotti preconfezionati a scopo conservante e antiossidante, pericolosi soprattutto per le persone asmatiche;

glutammati (E620,E621,E622,E623) che si trovano soprattutto nei croccantini al formaggio, patatine, ketchup, sughi pronti, riso e pasta liofilizzati, funghi secchi, insaccati, dadi per cucinare. Vengono addizionati molto spesso ai cibi per esaltarne il sapore ma possono anche essere presenti naturalmente in alcuni alimenti. La cucina cinese, ad esempio, utilizza grandi quantità di glutammato e la reazione che può far seguito all'ingestione di cibo contenente glutammato (malessere generale, mal di testa, arrossamento del viso) viene anche detta ''sindrome da ristorante cinese";

i nitrati addizionati agli insaccati e alle carni in scatola e la tiramina componente naturale di alcuni cibi come formaggi, cioccolato, banane, possono provocare emicranie anche a distanza di ore.

Inoltre vi sono alimenti che hanno caratteristiche intrinsecamente allergizzanti, avendo la capacità di attivare la reazione indipendentemente dalla sensibilizzazione del sistema immunitario:

alimenti che, con meccanismo ignoto, inducono liberazione di istamina nell'organismo e possono provocare orticaria: fra questi soprattutto cioccolato, fragole, ananas, frutti esotici, crostacei, albume d'uovo, formaggi fermentati, cavoli, pomodori, spinaci, spezie;

alimenti contenenti, per loro natura, elevate quantità di istamina come sarde, tonno, aringhe, sgombri, salmone, crostacei, alcuni formaggi (gorgonzola, emmenthal, camembert), salsicce, salame, coppa, pomodori, peperoni, banane, spinaci, alcuni vini (sia bianchi che rossi ), birra ecc.. Anche questi alimenti possono dare luogo a orticaria.

Va da sé che tutti gli alimenti e gli additivi sopra elencati devono essere per quanto possibile evitati nel lattante, ed andranno introdotti nella dieta il più tardi possibile e uno per volta, per identificare chiaramente le eventuali allergie.

Diagnosi: per la diagnosi si effettua:

Prick Test: si pratica mediante una lancettina imbevuta di allergene e acqua; la lettura viene eseguita dopo 15-20 minuti con la misurazione del diametro del pomfo; si considera positivo un pomfo superiore a 3 mm; nel caso l'allergene siano arachidi e PLV, qualora sia superiore a 8 mm; per le uova, superiore a 7 mm. La positività indica soltanto che c'è sensibilità, non che vi sia allergia; solo il 25% dei pazienti positivi al prick test risulta positivo al challenge;

RAST;

Patch test: non molto diffuso; prevede l'utilizzo di antigeni o di estratti di alimenti che vengono posti sulla cute del dorso mediante appositi supporti; vengono letti dopo 48 ore e vengono ricontrollati dopo 72 ore perché sono indicativi di una ipersensibilità ritardata. È più laborioso, più costoso e i risultati non sono molto attendibili. Si può attuare mediante alimenti freschi o estratti liofilizzati, che più frequentemente possono dare falsi negativi;

Challenge: un paziente con un sospetto di intolleranza alimentare viene riesposto all'antigene, seguendolo nel tempo. È utile a valutare se, con la crescita, l'intolleranza è scomparsa, essendo il suo acme intorno al primo anno di vita ed essendo frequente la sua remissione;

Endoscopia/istologia intestinale;

Test di funzionalità intestinale (valutazione della permeabilità intestinale mediante la somministrazione di zuccheri, come mannitolo e cellobiosio, che vengono assorbiti in maniera differente; elastasi fecale);

Marcatori di flogosi intestinale (ECP, proteina cationica eosinofila; Calprotectina, anche detta "la VES intestinale").

Spesso i pazienti con allergia alimentare presentano una malattia da reflusso gastro-esofageo e spesso i quadri clinici delle due patologie sono sovrapponibili (entrambi presentano irritabilità, coliche, ritardi di crescita) e APLV.

Terapia: provvedimenti dietetici; non è comunque escluso che il bambino possa sviluppare col tempo una tolleranza nei confronti degli alimenti che gli avevano procurato disturbi.


Allergia/Intolleranza alle Proteine del Latte Vaccino (APLV)

Questa intolleranza consiste in una risposta anomala alle proteine del latte vaccino, ed ha massima prevalenza nel primo anno di vita (5-6%).

Colpisce perlopiù i bambini allattati artificialmente, oppure quelli allattati al seno attraverso l'assunzione materna di proteine del latte. Ha una famigliarità molto alta (75%) e la sensibilizzazione avviene per il passaggio di proteine del latte attraverso la mucosa con attivazione della risposta IgE mediata (shock) o IgA mediata (asma, orticaria) o cellulo-mediata (dermatite atopica).

Diagnosi: si effettua con H2 breath test al lattosio: normalmente il lattosio viene assorbito a livello intestinale completamente; nel malassorbimento il lattosio raggiunge il colon dove incontra i batteri che lo fermentano e liberano acido lattico e idrogeno; l'idrogeno, tramite i vasi intestinali, raggiunge il circolo e viene espirato, viene raccolto in una mascherina e, quindi, in un palloncino, viene applicato ad un macchinario che misura le parti per milione (ppm). È positivo quando supera le 20 ppm.

I sintomi suggestivi di APLV rappresentano soltanto il 10% e la diagnosi di APLV vera viene posta solo nel 4 % dei casi. Inoltre solo la metà dei pazienti a cui potrebbe essere diagnosticata una APLV, sono realmente allergici al latte vaccino. È importante fare una corretta diagnosi onde evitare di costringere il paziente a privarsi per tutta la vita del latte vaccino (rischiando un rallentamento della crescita) pur non essendone allergico.

Test per l'allergia al latte: Non esistono purtroppo linee guida specifiche per pediatri di libera scelta nella gestione del bambino con APLV e non esiste nemmeno un test diagnostico in grado di diagnosticare in maniera sicura l'APLV.

Il gold standard per le forme lievi/moderate di APLV in lattanti nutriti con latte formulato è la dieta di eliminazione dell'allergene + challenge.

IgE specifiche contro latte intero o singole PLV possono guidare una gestione ottimale. Sono predittivi per la prognosi e per l'intervallo di tempo per la reintroduzione successiva.

Lattanti con RAST e/o Prick negativi diventano tolleranti alle PLV prima dei lattanti con test positivi ed hanno un ridotto rischio di reazioni avverse acute durante il challenge.

Il Prick test è positivo quando:

Pomfo > 3 mm con arrossamento;

Pomfo > 3 mm rispetto al pomfo del controllo negativo e >50% di quello del controllo positivo; VPN>95%, VPP ~ 50%, ma aumenta con l'aumentare del diametro del pomfo.

Il RAST può escludere una reazione IgE mediata ad un particolare alimento; Alto VPN, Basso VPP, generalmente meno sensibile del prick test.

Patch test di aiuto nella diagnosi di reazioni non IgE mediate necessitano di standardizzazione.

Test di Provocazione Orale Ambulatoriale: Preferibilmente, praticare Prick test e/o dosare IgE specifiche per PLV. Si applica una goccia di latte sulle labbra e si osserva la reazione. Bisogna osservare il lattante per 2 ore e sorvegliare per eventuali reazioni cutanee o respiratorie prima di mandarlo a casa. Se non vi è reazione, il bambino può assumere al massimo 250 ml di latte formulato ogni giorno e i genitori devono osservare reazioni tardive.

Sospetto di forme lievi/moderate di APLV: Devono essere presenti almeno un sintomo tra:

Gastrointestinali: vomito, rigurgiti frequenti, diarrea, proctite o colite con sangue nelle feci (spesso frequenti, indistinguibili da una eziologia infettiva se non per assenza di febbre e degli altri sintomi ad essa associati), senza ritardo dell'accrescimento o riduzione dell'Hb;

Cutanei: dermatite atopica, gonfiore delle labbra e delle palpebre, orticaria non correlata ad infezione, farmaci o altre cause;

Respiratori: rinite allergica, scolo nasale, otite media ricorrente, tosse cronica o bronco-costrizione non correlata ad infezione;

Sistemici: coliche (>3 h/die lamento/irritabilità) e irritabilità per oltre 3 settimane (le cosiddette "coliche del lattante").

Sintomi e segni di APLV severa

Coinvolgimento Gastrointestinale: arresto della crescita dovuto a diarrea cronica e/o rifiuto del cibo e/o vomito; carenza di ferro dovuta a perdite ematiche occulte o macroscopiche;

ipoalbuminemia; conferma endoscopica/istologica di enteropatia o grave colite ulcerosa;

Coinvolgimento Cutaneo: severa dermatite atopica con ipoalbuminemia-anemia o arresto della crescita o carenza di ferro;

Coinvolgimento Respiratorio: edema laringeo acuto o broncocostrizione con difficoltà alla respirazione;

Coinvolgimento Sistemico: anafilassi.

Reflusso gastroesofageo e APLV: caratterizzata dalla contemporanea presenza d sintomi correlati al RGE e alla APLV. I sintomi correlati al RGE sono: disfagia, ematemesi, melena, ruminazione, nausea/conati, bradicardia, s. di Sandifer, aspirazione, laringite/stridore, infezioni respiratorie.

Sintomi APLV: diarrea, sangue nelle feci, rinite, congestione nasale, anafilassi, stipsi, eczema/dermatite, angioedema, orticaria, prurito.

Sintomi comuni ad entrambe le patologie: irritabilità, coliche, ansia dei genitori, rifiuto del cibo, ritardo di crescita, vomito/rigurgito, anemia sideropenia, wheezing, apnea/sids, disturbi del sonno.

Il 30% dei bambini con una storia di RGE presenta segni e sintomi di una APLV, mentre il 18% dei bambini con RGE o APLV suggeriti o dimostrati soffrono di entrambe le condizioni.

Figura : Quadro di esofagite eosinofila/gastroenterite.

Coliche del lattante e APLV: Si parla di coliche del lattante qualora si presenti un bambino da 0 a 4 mesi, avente crisi di irritabilità, agitazione e pianto che scompaiono improvvisamente. Gli episodi sono abbastanza lunghi (3 o più ore al giorni) e durano almeno 3 giorni; non si associa a ritardi della crescita. Soltanto nel 10% dei bambini allattati con latte in formula, le coliche sono attribuibili ad APLV.


Diarrea Post-Enteritica

Spesso la diarrea protratta si manifesta a seguito di un episodio di gastroenterite infettiva acuta, per l'alterazione di enzimi presenti sulla membrana degli enterociti e per la persistenza dei batteri a livello del piccolo intestino.

Presenta una sintomatologia simile a quella del colon irritabile; spesso può insorgere dopo un quadro di diarrea acuta, talvolta presenta febbre, muco e sangue nelle feci. Ci può essere malassorbimento e calo di peso; erroneamente vengono spesso etichettai come pazienti che hanno una patologia significativa, infatti se alimentati con una dieta in bianco continuano a perdere peso, avendo precedentemente avuto un episodio enteritico che gli ha provocato disidratazione e inappetenza. Possono per questo essere confusi con pazienti che presentano una MICI. Se si utilizzano antibiotici, questi, selezionando e perpetuando la presenza di batteri intestinali che per il fenomeno enteritico sono giunti fino al piccolo intestino, possono cronicizzare il quadro che tende, di solito, ad autorisolversi.

Patogenesi

Deconiugazione sali biliari: per le presenza dei batteri a livello del piccolo intestino; sono responsabili della diarrea di tipo secretivo;

Danno strutturale a livello della mucosa intestinale;

Intolleranza al lattosio e APLV.

Diagnosi: Breath test al lattulosio (e non al lattosio!): il lattulosio è uno zucchero non assorbibile dal tratto gastrointestinale; giunto a livello del colon viene fermentato dai batteri ivi residenti con produzione di idrogeno che viene espirato (picco tardivo di idrogeno). Nel caso di una colonizzazione batterica intestinale si avrà un picco precoce causato dalla presenza dei batteri nel piccolo intestino che precede il picco tardivo.

Terapia

Resina: colestiramina (questran), assorbe le tossine batteriche e gli stessi batteri e viene escreta con le feci; se un paziente viene trattato con colestiramina e guarisce, abbiamo fatto nello stesso momento sia terapia che diagnosi di diarrea post-enteritica;

Bowel cocktail, aggiungendo alla colestiramina il Flagil (metronidazolo), utile contro i germi anaerobi che hanno colonizzato il piccolo intestino;

Dieta alimentare/dieta fatta in casa.


Colon Irritabile

Nel bambino prende anche il nome di Diarrea Cronica Aspecifica. È una patologia caratterizzata da frequenti episodi di dolore addominale o sensazione spiacevole (tensione) addominale, non riferita come dolore con 2 o più dei seguenti sintomi: miglioramento del dolore a seguito della defecazione; cambiamento della frequenza evacuativa; cambiamento della consistenza delle feci. Vi è assenza di cause anatomiche, metaboliche o neoplastiche che spieghino il sintomo.

Va scartata l'ipotesi di colon irritabile qualora siano presenti: dolore notturno; importante diarrea notturna; vomito persistente; disfagia; sangue nelle feci; febbre; perdita di peso; ritardo di crescita o di pubertà; artrite; ematemesi; storia familiare di MICI, ulcera peptica.

Va fatta diagnosi differenziale con: Celiachia; MICI; Malassorbimento dei carboidrati; Malformazioni intestinali; Neoplasie (più frequentemente neuroendocrine); Intolleranza al lattosio; Infestazioni da Giardia; Alterazioni del tratto genito-urinario; Malattie allergiche.

La diagnosi di diarrea causata da tumore neuroendocrino si basa sulla presenza di diarrea acquosa secretoria, manifestazioni di tipo extraintestinale, misurazione dei livelli dell'ormone sospettato o dei suoi metaboliti nel siero e nelle urine e diverse tecniche di imaging (TC, RMN). La resezione chirurgica è il trattamento di scelta; la terapia farmacologica con antagonisti degli ormoni può essere palliativo.

Valutazione del paziente

Figura : Valutazione del paziente con sindrome del colon irritabile.

Diagnosi: si parte dall'Anamnesi:

criteri di Roma: il dolore addominale deve essere necessariamente presente insieme ad almeno due dei seguenti sintomi, che devono essere presenti per almeno 12 settimane (non necessariamente consecutive) negli ultimi 12 mesi: Il dolore è attenuato dalla evacuazione, Esistono variazioni nella frequenza delle evacuazioni, Esistono variazioni nella consistenza delle feci;

nutrizione: il bambino cresce normalmente, a meno che non gli sia stata cambiata la dieta, preferendo la somministrazione di una dieta in bianco; infatti, paradossalmente, con l'aumento dell'ingestione di grassi, essendo questi in grado di rallentare la motilità intestinale, diminuisce il numero di evacuazioni, e viceversa (il bambino deve fare una dieta assolutamente libera, ricca di grassi sia crudi che cotti);

storia psicosociale del bambino e della famiglia: in genere si tratta di bambini attenti, spesso con un'intelligenza al di sopra della media; il bambino somatizza sul suo intestino.

Esame fisico: normale.

Esami di laboratorio: normali.

Trattamento: Per il dolore: evitare alimenti che producono gas; Antidepressivi; Anticolinergici; Antagonisti del recettore 5-HT3 e 5-HT4. Per la diarrea: evitare lattosio e sorbitolo; Colestiramina; Per la stipsi: fibre; lassativi osmotici.


Sindromi da malassorbimento

Disturbi cronici della nutrizione a diversa eziologia:

Anomalie della mucosa del tenue:

morfologiche: aspecifiche (morbo celiaco, infezioni croniche, malnutrizione, allergie, deficit immunitari) o specifiche (TBC, micosi, linfangectasia intestinale);

funzionali: primitive (deficit enzimatici), secondarie;

Da alterazioni della fase endoluminale della digestione:

insufficienza esocrina del pancreas;

alterazione della circolazione entero-epatica;

alterazione della flora batterica del tenue;

Da alterazioni anatomiche dell'intestino:

congenite (mega- o dolico colon, duplicazioni, diverticolosi, sd. subocclusive);

acquisite (resezioni chirurgiche, fistole);

Da alterazioni funzionali del colon;

Da alterazioni endocrino-metaboliche varie.

Sintomi: diarrea persistente, segni di carenza di vari nutrienti, turbe dell'accrescimento.

Diagnosi: emocromo, esame delle feci completo, valutazione della funzionalità pancreatica, epatica e renale, valutazione metabolica completa, test del sudore (per la fibrosi cistica), test di provocazione, biopsia intestinale.


Celiachia

Intolleranza permanente alla gliadina del frumento ed alle analoghe prolamine di segale, orzo ed avena responsabile di sindrome da malassorbimento in individui geneticamente predisposti. È caratterizzata da atrofia dei villi intestinali che ritornano nella norma a seguito di un'alimentazione priva di glutine.

Epidemiologia

La celiachia costituisce un problema rilevante perché:

è una malattia permanente;

ha un quadro clinico spesso grave, soprattutto nei primi anni di vita;

richiede un iter diagnostico complesso;

richiede un trattamento permanente, semplice in

teoria (eliminazione del glutine dalla dieta), ma difficile in pratica, per la scarsa compliance dei pazienti e per le obiettive difficoltà poste dalla frequente presenza, per lo più non dichiarata, di glutine nei prodotti alimentari industriali.

Negli ultimi anni si è passati da un'incidenza di 1 caso su 200 nati, ad 1 caso su 80 nati. Risulta più frequente nell'ambito di stessi gruppi familiari:

Fratelli di primo grado: 10%;

Gemelli monozigoti: 75%

I principali gruppi a rischio sono:

pazienti con malattie autoimmuni o endocrine (diabete giovanile, malattia di Addison, tireopatia  autoimmune, collagenopatie);

pazienti con malattie neurologiche o psichiatriche (polineuropatia, demenza con atrofia cerebellare, encefalopatia progressiva e sindromi cerebellari, sono più spesso quadri con calcificazioni cerebrali);

sindrome di Down;

deficit selettivo di IgA.

Patogenesi: La celiachia esordisce dopo l'introduzione nella dieta del glutine; l'attività del glutine risiede nella frazione gliadinica, che contiene determinate sequenze ripetute di aminoacidi (motif), i quali causano sensibilizzazione di linfociti della lamina propria. Il principale elemento scatenante della risposta infiammatoria in individui suscettibili può essere un peptide 33-mer, che reagisce con la transglutaminasi ed è un potente induttore delle linee T-linfocitiche derivate dell'intestino. La risposta immunologica della mucosa intestinale comprende l'attivazione di linfociti Th1/Th0 CD4+ sensibili al glutine. La risposta infiammatoria provoca atrofia dei villi e iperplasia delle cripte e danneggia l'epitelio superficiale dell'intestino tenue. L'enteropatia indotta dal glutine riduce le capacità di digestione e di assorbimento dell'area superficiale dell'intestino e produce un relativo aumento delle cellule epiteliali immature. La secrezione pancreatica diminuisce in seguito ad una diminuzione dei livelli sierici di colecistochinina e secretina. I geni associati sono mappati sulla regione del complesso maggiore di istocompatibilità degli HLA di classe II sul cromosoma 6. L'aplotipo più frequente (90-95% dei pazienti) è DQw2. La negatività di DQw2 o DQw8 esclude con certezza la diagnosi di celiachia; la loro positività, tuttavia, non può far fare diagnosi di certezza; infatti, circa il 30-40% della popolazione è positivo per DQw2 o per DQw8. Affinché la malattia si sviluppi, possono essere necessarie altre influenze genetiche, non legati all'HLA (ciò spiegherebbe l'aumento della frequenza in pazienti affetti da sindrome di Down e altre malattie genetiche); anche i fattori ambientali, come i virus, possono svolgere un ruolo nell'espressione di questa predisposizione genetica.

Clinica: I sintomi classicamente presenti nella celiachia del bambino sono: la diarrea cronica e il deficit di crescita. Questi due sintomi non sono necessariamente presenti, anzi stanno diventando sempre meno frequenti.

I quadri clinici ed istopatologici regrediscono eliminando dalla dieta frumento, orzo, segale e avena.

Le manifestazioni sono differenti a seconda dell'età:

Nei primi 2 anni di vita il quadro in genere è più grave: il bambino può presentare il quadro sintomatologico classico ("celiachia classica"), con malnutrizione; può morire per le complicanze, quali infezioni ricorrenti, emorragie (causate da un contemporaneo malassorbimento di vitamina K); può presentare diarrea profusa, con disidratazione, acidosi e quadri di shock. Eliminando il glutine dalla dieta i disturbi regrediscono, fino alla guarigione completa. Viene considerata la forma tipica della celiachia. Essa ha un esordio precoce, entro i primi 2 anni di vita. Si ha dapprima diarrea intermittente, poi continua, le feci possono essere voluminose, untuose, ma anche francamente acquose; in rari casi la diarrea è alternata a stipsi. Inoltre hanno vomito e anoressia. Il bambino appare progressivamente più debilitato: diventa irritabile o apatico, con l'espressione del volto triste e diffidente, è astenico, non cresce più o cala di peso. La magrezza contrasta con l'addome dilatato e teso. Possono essere presenti segni carenziali: pallore da anemia, edema ipoproteinemico, porpora ed emorragie da ipoprotrombinemia, demineralizzazione dell'osso, tetania ipocalcemica.;

Dopo i primi 2 anni di vita (forma atipica), i sintomi ed i segni, soprattutto quelli digestivi, diminuiscono di intensità ed il riconoscimento della celiachia diviene più difficile per un più frequente interessamento di sedi extraintestinali. Tra i sintomi extraintestinali sono già de tempo noti quelli ematologici, anemia sideropenica, resistente al trattamento marziale, e quelli endocrinologici, bassa statura e ritardo puberale. Il piccolo paziente può presentare patologie autoanticorpali associate: dermatite erpetiforme, alterazioni dello smalto dentario, tiroiditi ecc.. L'artrite è stata osservata come unico sintomo di malattia celiaca, come pure l'ipertransaminasemia e l'epatite cronica criptogenetica. Nel bambino più grande e nell'adolescente, la malattia presenta un quadro più sfumato, potendo essere paucisintomatica o addirittura silente (scoperta solo grazie ad uno screening eseguito per la presenza di parenti con patologia conclamata). Le manifestazioni possono variare anche a seconda dell'estensione della mucosa intestinale coinvolta.

Diagnosi

Anti-TGa: anticorpi anti-transglutamminasi tissutale. Oggi è il test di prima scelta nel sospetto di celiachia;

EMA: anticorpi anti-endomisio, oggi è stato ampiamente sostituito dai test per gli anticorpi anti-transglutamminasi tissutale per i costi elevati e per gli errori causati dalla forte dipendenza dall'operatore;

AGA: anticorpi anti-gliadina: più sensibili nel bambino di 2 anni (perché la risposta anticorpale alla gliadina è la prima a comparire dopo introduzione del glutine); più indicati in caso di deficit di IgA perché sono sia IgA che IgG, mentre gli altri due (EMA e anti-TGa), più frequentemente utilizzati, valutano solo le IgA. Nel bambino più grande gli AGA non sono più raccomandati (soprattutto IgG) per la notevole mancanza di specificità (falsi positivi in caso di esofagite, gastrite, gastroenterite, MICI, IPLV, fibrosi cistica);

Test di permeabilità tissutale: Verifica la severità del danno mucosale, verificando l'integrità sia intracellulare che intercellulare. Viene eseguito mediante l'uso di un monosaccaride, a basso peso molecolare, (mannitolo o ramnosio) e di un disaccaride, ad alto peso molecolare, (cellobiosio o lattulosio), sfruttando il loro diverso indice di permeabilità intestinale. Normalmente il rapporto disaccaridi/monosaccaridi nelle urine è <0.023.

La dimostrazione dell'atrofia sub totale della mucosa digiunale è necessaria per la diagnosi. La biopsia digiunale può essere fatta o mediante un gastroscopio (EGDS) o tramite la capsula di Crosby; un'apposita sonda terminante con una capsula che, dopo essere stata deglutita dal paziente, viene guidata sotto controllo fluoroscopico sino alla giunzione duodeno-digiunale. La capsula è provvista di un foro attraverso il quale viene risucchiata per aspirazione la mucosa che viene poi sezionata da una lama rotante.

Diagnosi conclusiva: criteri di ESPGHAN 1989 (attualmente in corso di revisione):

reperto istologico della biopsia intestinale, eseguita durante dieta libera, caratterizzato da atrofia dei villi, iperplasia delle cripte, anomalie dell'epitelio intestinale di superficie con aumento del numero dei linfociti intraepiteliali;

completa guarigione clinica e quindi anche la normalizzazione dei tests umorali e la negativizzazione degli anticorpi anti-AGA e anti EMA in seguito a dieta strettamente priva di glutine.

Entrambi i criteri sono condizione sine qua non per la diagnosi di MC. Nei pazienti assolutamente asintomatici è richiesta una seconda biopsia di controllo per documentare la ripresa di una normale morfologia mucosale in corso di terapia dietetica.

Celiachia latente o potenziale: I villi sono perfettamente intatti ma, probabilmente in futuro o aumentando il carico di glutine nella dieta, potrebbe rendersi evidente. La sierologia è compatibile, con normale architettura mucosale, predisposizione genetica (DQ2 e/o DQ8) e alterazioni immunologiche simili a quelle dei celiaci floridi. Molto spesso si tratta di individui che appartengono a "gruppi a rischio".

Terapia: Esistono due forme di celiachia:

Celiachia glutine dipendente: regredisce completamente eliminando il glutine dalla dieta. È sufficiente escludere il glutine dall'alimentazione e quindi i cibi contenenti frumento, avena, segale, orzo. La dieta senza glutine è abbastanza facile da attuare nei primi due anni di vita, perché il bambino generalmente si accontenta dei cibi offerti dai genitori. Più avanti con l'età possono insorgere dei problemi, sintetizzabili nei termini seguenti:

La dieta può diventare monotona e quindi male accettata;

Il ragazzino rifiuta psicologicamente la dieta. Da una parte si accorge che l'ingestione occasionale di alimenti proibiti non provoca disturbi immediati, dall'altra sente il bisogno di cibi che favoriscano la sua socializzazione, come panini, merendine, dolci, pizze e pizzette;

Celiachia autoimmune: regredisce con eliminazione dalla dieta di glutine e aggiunta di terapia con i farmaci steroidei.

Prognosi: La risposta clinica alla dieta priva di glutine di solito comporta un miglioramento dell'umore, dell'appetito e una riduzione della diarrea entro una settimana.

La celiachia è associata a linfoma intestinale e ad altre forme di cancro, in particolare l'adenocarcinoma dell'intestino tenue, della faringe e dell'esofago.


MICI

Con la denominazione di Malattia Infiammatoria Cronica aspecifica dell'Intestino (MICI) comprendiamo due malattie, la Retto-Colite Ulcerosa (RCU) la Malattia di Crohn (MC), con varie caratteristiche comuni: la presentazione clinica, l'interessamento infiammatorio aspecifico dell'intestino, la cronicità, la misteriosità dell'eziopatogenesi. Sia nella RCU che nella malattia di Crohn, il decorso è di solito a poussées (decorso intermittente), con periodi di acuzie e di remissioni. Spesso si ha una evoluzione verso la cronicità che dura tutta la vita. Si manifestano solitamente dopo i 3-4 anni.

Epidemiologia: In passato era sotto-diagnosticata, nel corso degli anni le diagnosi/anno in ambito pediatrico sono drammaticamente aumentate. Oggi si registrano 60-70 casi/anno. Dieci anni fa i casi erano 1⁄4, se non proprio 1/10, dei casi attuali. L'incidenza è aumentata e per aumento della patologia e per miglioramento delle diagnosi. C'è un'ampia variabilità clinica. La diagnosi è spesso tardiva (fino a 1 anno) e spesso si costringono i pazienti a molte indagini invasive e giorni di degenza, con costi particolarmente elevati per la sanità pubblica. Il momento dell'esordio più comune è nell'epoca prepubere e nella prima età adulta. È stata dimostrata una distribuzione bimodale, con un inizio precoce a 10-20 anni di età ed un secondo picco, meno accentuato, a 50-8' anni. Il 25% dei pazienti presenta la patologia prima dei 20 anni.

Eziopatogenesi: L'eziopatogenesi è polifattoriale, dipende da un'interazione complessa fra fattori genetici predisponenti, risposta immunitaria dell'ospite, fattori esterni sensibilizzanti e scatenanti. Sono stati evidenziati numerosi loci di suscettibilità, designati con le sigle IBD1 e IBD2, rispettivamente sui cromosomi 16, 12, 6, 14, 5 e 19. Il locus IBD1, che ha mostrato maggiore suscettibilità, viene denominato NOD2/CARD15.

Mentre il possesso di una copia dell'allele aumenta il rischio di sviluppare il morbo di Crohn di 2-4 volte, il possesso di 2 copie dell'allele lo aumenta di 20-40 volte. Queste variabili genetiche alterano l'attivazione di NF-kB intestinale in risposta ai lipopolisaccaridi e ai peptidoglicani batterici. Altri loci IBD possono codificare per il gene della resistenza multi-farmaco e per i geni cluster dei geni trasportatori di cationi organici.

Tra i fattori ambientali ricordiamo il fumo di sigaretta, che costituisce un fattore di rischio per il morbo di Crohn e un fattore protettivo per la rettocolite ulcerosa; nessun agente infettivo specifico è stato associato in maniera riproducibile con le MICI.

Anatomopatologia: La retto-colite ulcerosa interessa il tratto gastrointestinale dal cieco fino al retto, preferendo nel bambino un interessamento dell'intero colon (pancolite); il morbo di Crohn interessa più frequentemente l'ileo terminale, ma può interessare qualsiasi punto del tratto gastrointestinale, dal cavo orale all'orifizio anale. E' caratteristico della malattia di Crohn, a differenza della colite ulcerosa: interessamento di tratti d'intestino ben delimitati da segmenti normali (skip lesions), non limitazione alla tonaca mucosa, ma l'estensione a tutti gli strati della parete, con presenza di cellule infiammatorie, fissurazione della mucosa e della sottomucosa ed ulcerazioni.

Approccio Diagnostico: Anamnesi e Clinica: familiarità, diarrea, dolore addominale, feci muco-ematiche, febbre, rallentamento velocità di crescita staturo-ponderale, sintomi extraintestinali. Le manifestazioni extraintestinali sono: l'artrite si osserva più spesso nella malattia di Crohn; l'interessamento epatico (steatosi, epatite cronica attiva, colangite sclerosante) nella colite ulcerosa.

Figura : Caratteristiche salienti delle MICI.

Manifestazioni cliniche

Retto colite ulcerosa: sono comuni sintomi come il tenesmo, l'urgenza, il dolore addominale crampiforme (soprattutto in concomitanza con la defecazione) e le evacuazioni notturne. Per quanto riguarda la modalità di insorgenza, la malattia può presentarsi sia in forma insidiosa, con una regressione graduale dei sintomi, sia in forma acuta e fulminante. La colite fulminante è caratterizzata dalla presenza di febbre, anemia severa, ipoalbuminemia, leucocitosi e più di 5 evacuazioni ematiche al giorni per 5 giorni. Le manifestazioni extraintestinali che tendono a verificarsi più comunemente in caso di rettocolite ulcerosa che di morbo di Crohn, comprendono il pioderma gangrenoso, la colangite sclerosante, l'epatite cronica attiva e la spondilite anchilosante.

Morbo di Crohn: la classificazione di Vienna dei sottotipi di morbo di Crohn (le cui variabili comprendono età, localizzazione, comportamento della malattia, che può essere tipo infiammatoria, stenosante, fibrostenosante o fistolizzante) è stata proposta, ma non canvolidata, come strumento prognostico, sia negli adulti, sia nei bambini. I pazienti con malattia dell'intesino tenue hanno maggiori probabilità di presentare un quadro di tipo ostruttivo (più spesso con dolore nel quadrante inferiore destro), caratterizzato da fibrostenosi, mentre quelli con malattia colica tendono a presentare sintomi derivanti dall'infiammazione (diarrea, sanguinamento, crampi). I fenotipi di malattia spesso variano man mano che si prolunga la durata della malattia (la malattia infiammatoria diventa stenosante). I segni e sintomi sistemici sono più comuni nel morbo di Crohn che nella rettocoilte ulcerosa. Sono frequenti febbre, malessere e facile affaticabilità. Al contrario di quanto avviene nella retto colite ulcerosa, è comune la malattia perianale (skin tags o marische, ossia pliche cutanee, fistole, ascessi). L'interessamento gastrico o duodenale può essere associato a vomito ricorrente e dolore epigastrico. Le manifestazioni extraintestinali sono più comuni nel morbo di Crohn che nella RCU; quelle particolarmente associate al morbo di Crohn comprendono le ulcere afose orali, l'artrite periferica, l'eritema nodoso, l'ippocratismo digitale, l'episclerite, i calcoli renali (acido urico, ossalato) e i calcoli biliari.

Indagini di I livello

Emocromo: anemia, piastrinosi infiammatoria;

Indici di flogosi: aumento VES e PCR (soprattutto nel MC), ferritina;

QPE: ipoalbuminemia, iper-γ-globulinemia (per la flogosi);

ricerca di sangue occulto nelle feci;

indici di funzionalità epatica (le MICI si associano spesso alla colangite sclerosante ed all'epatite autoimmune).

Indagini di II livello: non invasive:

calprotectina fecale: valori aumentati rispetto ai pazienti normali e con altre patologie intestinali ma intermedi rispetto ad altre patologie, come la celiachia; ha una correlazione molto più vicina a 1 rispetto alla VES e alla PCR; la calprotectina è prodotta dai granulociti (60% quota proteica citosolica), dai monociti e dai macrofagi, ha un'attività: antimicrobica (batteri e miceti), immunologica (chemiotassi, inibizione sintesi Ig, attivazione integrine), antiproliferativa (apoptosi), è dosabile in plasma, liquor, liquido sinoviale, feci e frammenti bioptici intestinali, è stabile a RT sino a 7 gg, facilmente dosabile con test ELISA;

ASCA/pANCA;

test di permeabilità intestinale;

eco addome: permette di vedere lo spessore della parete dell'ultima ansa intestinale, patologico se >3 mm;

tenue seriato;

RMN, con gadolinio;

TAC;

scintigrafia con granulociti marcati: vengono captati a livello intestinale dal processo infiammatorio;

breath test: per ricercare una concomitante intolleranza al lattosio.

Invasive:

ileo-colonscopia, può mostrare: eritema, edema, afte, fissure mucose, ulcere confluenti, acciottolato; è inoltre utile per l'istologia del tessuto prelevato: tranne che in 1⁄4 dei casi di malattia di Crohn in cui il colon è risparmiato, l'endoscopia consente di visualizzare l'estensione e la gravità dell'interessamento del grosso intestino, e di confermare con la biopsia e i risultati dell'esame istologico il sospetto diagnostico;

esofago-gastro-duodeno-scopia (EGDS): mostra aree di eritema, afte e ulcere confluenti con aspetto acciottolato; mostra lo stato dell'intestino, ma se la lesione è all'ultima ansa intestinale spesso non è possibile raggiungerla;

biopsia intestinale: mostra l'infiltrato infiammatorio discontinuo della lamina propria, la distorsione criptica discontinua, la criptite focale, il granuloma isto-epitelioide non caseoso.

video-capsula endoscopica, indicazioni: età > 5aa, peso > 17 Kg, MC, Poliposi, Malformazioni vascolari, Sanguinamento da cause ignote.

La diagnosi di MICI è endoscopica/ istologica: nella rettocolite ulcerosa classicamente la malattia comincia nel retto, con un aspetto macroscopico caratterizzato da eritema, edema, perdita del reticolo vascolare, granulosità e friabilità; i reperti tipici sono la criptite, gli ascessi criptici, la separazione delle cripte da parte delle cellule infiammatorie, i foci di cellule infiammatorie acute, l'edema, la deplezione mucosa e la ramificazione delle cripte. Gli esami di laboratorio possono evidenziare anemia (da carenza di ferro o da malattia cronica) o ipoalbuminemia. I markers sierologici sono di ausilio nella diagnosi iniziale e nella diagnosi differenziale tra le varie forme di MICI e possono avere valore prognostico. L'uso integrato di markers sierologici e di flogosi/integrità mucosale incrementa l'accuratezza diagnostica. I markers di flogosi/integrità mucosale sono di ausilio nel follow-up per monitorare l'andamento della malattia e la risposta al trattamento.

Diagnosi Differenziale

Infezioni: Salmonella, Campylobacter, Shigella, Yersinia, Mycobacterium tubercolosis, Clostridium difficile, Escherichia coli, Entamoeba histolitica, Giardia lamblia, Citomegalovirus;

Malattie vascolari: Malformazioni, Vasculiti, M. di Behçet;

Neoplasie: Linfomi, Sarcoma, Leucemie;

Enteropatie da cause iatrogene: coliti pseudo-membranosa da antibiotici, enteropatie da FANS, enteropatie da radiazioni;

Altre patologie: Disordini funzionali gastrointestinali, celiachia, allergie alimentari, patologie chirurgiche (appendicite acuta, litiasi biliare o renale), cause ginecologiche, m. di Whipple, sarcoidosi, pancreatite cronica, febbre mediterranea familiare, sindrome uremico-emolitica.

La distinzione tra le due MICI è la diagnosi differenziale più difficile, perché l'infiammazione del colon nel morbo di Crohn, all'inizio della patologia, può apparire identica a quella della rettocolite ulcerosa; l'aspetto macroscopico della colite o lo sviluppo di una malattia dell'intestino tenue alla fine portano alla diagnosi di rettocolite ulcerosa, ma ciò può avvenire anche anni dopo la presentazione iniziale.

Trattamento: Il morbo di Crohn, a differenza della RCU, non può essere guarito né con al terapia medica né con quella chirurgica. Lo scopo del trattamento è do alleviare i sintomi, prevenire le complicanze dell'infiammazione cronica (anemia, ritardo della crescita), evitare le riacutizzazioni e, se possibile, far cicatrizzare la mucosa. Le specifiche modalità terapeutiche dipendono dalla localizzazione, dalla severità dell'infiammazione, dall'età del paziente e dalla presenza di complicanze.

Farmaci cortisonici, farmaci immunosoppressori, sulfasalazina (nel caso del morbo di Crohn utile per la colite di Crohn lieve, ma non nella malattia dell'intestino tenue)  o 5-ASA: hanno un effetto soppressivo sui sintomi, consentono di dominare le ricadute e, probabilmente, modificano sensibilmente la storia naturale, rendendo meno probabili o meno severi gli esiti cicatriziali.

Farmaci biologici.

Terapia chirurgica: la colectomia totale risolve invece la malattia nella rettocolite ulcerosa, nel morbo di Crohn il trattamento chirurgico è la terapia di scelta nella malattia localizzata del tenue e del colon che non risponde alla terapia medica. Il rischio di recidiva, nel morbo di Crohn, è >50% a 5 anni.

Dieta elementare.


Vomito

Il vomito è un processo riflesso estremamente coordinato che può essere preceduto da aumentata salivazione e inizia con conati involontari. Il violento abbassamento del diaframma e la contrazione dei muscoli addominali, con rilassamento del cardias, spingono attivamente il contenuto gastrico in senso retrogrado verso l'esofago.

Il vomito, come la maggior parte dei sintomi rilevabili nel bambino, ha differenti significati e differenti cause, a seconda dell'età in cui si presenta, e, naturalmente, anche a seconda dei modi con cui si manifesta. Distingueremo dunque il vomito del neonato, del lattante e del bambino più grandicello; e ancora il vomito acuto o occasionale, il vomito abituale e il vomito ciclico.


Il vomito del neonato

Costituisce un fenomeno acuto e va sempre considerato come un segno importante e potenzialmente minaccioso. Può, naturalmente, come in tutte le età, non voler dire niente di significativo ed essere dovuto all'ingestione, durante il parto, di un eccesso di liquido amniotico, ma deve far avanzare il sospetto di una patologia grave, e in particolare di una situazione malformativa del tratto gastrointestinale.

Le cause da considerare sono:

l'atresia esofagea (in questo, però, più che di un vomito si tratta di una non deglutizione di latte, che si ferma nella tasca esofagea atresica);

l'atresia o la stenosi duodenale (in questo caso il vomito è in genere sporco di bile);

un'atresia intestinale a qualunque livello;

un ileo da meconio;

megacolon agangliare.

L'atresia dell'esofago di solito non si confonde con le altre cause; queste ultime, d'altronde, si esprimono già sul piano clinico, specialmente col segno della distensione addominale, oltre che con la mancata emissione di meconio.

In ogni caso di sospetto la prima cosa da fare è una lastra in ortostatismo; questa sarà spesso sufficiente a far la diagnosi di natura e di sede: assenza di aria intestinale nell'atresia dell'esofago (o, viceversa, eccesso di aria intestinale se c'è la fistola tracheo-esofagea); singolo, grande livello idroaereo intestinale nel caso di atresia o stenosi duodenale (il livello duodenale più il livello gastrico danno l'immagine tipica di doppia bolla); livelli multipli con ansa terminale iperdistesa a livello intestinale, di solito riconoscibile nelle stenosi più basse; massa radio-opaca nell'addome destro nel caso dell'ileo da meconio; colon iperdisteso nel caso di morbo di Hirschsprung; livelli in torace nel caso di ernia diaframmatica intasata (ma qui l'addome è avvallato e la tosse e la dispnea sono preponderanti rispetto ai segni occlusivi diretti). Il paziente diventa subito di pertinenza chirurgica.


Il vomito del lattante

Vomito acuto: Compare in modo inatteso e si accompagna di solito a diarrea; è quasi sempre espressione di un'infezione gastrointestinale (gastroenterite). Di solito si ripete a distanza di minuti o di poche ore, e mette rapidamente il bambino in una situazione di prostrazione. In questo caso, il ricovero è ragionevole, e una fleboclisi (o una gastroclisi a goccia) va posta in funzione prima che il piccolo si disidrati, nei casi in cui la reidratazione orale risulti difficile. Se il vomito è accompagnato da distensione dell'addome, da dolore e da interruzione dell'alvo, differenti ipotesi debbono essere considerate: l'appendicite (in pratica nel lattante è sempre una peritonite), l'invaginazione intestinale e il volvolo.

Anche qui la clinica e la radiologia (addome in bianco) costituiscono gli elementi diagnostici di primo approccio: nell'appendicite (rara) va rilevato lo stato settico e il dolore peritoneale con carattere continuo; nell'invaginazione (accidente che si verifica di solito tra i 3 mesi e i 2 anni e non ha un'unica causa; anzi, spesso, semplicemente non ha spiegazione) la clinica può mettere in rilievo il carattere colico, intermittente del dolore, eventualmente il "salsicciotto" dell'ansa ileo-colica nell'emiaddome di destra e, quando compare (ma è meglio anticipare la diagnosi), la tipica enterorragia; nel volvolo il sospetto clinico può essere dato dalla ricorrenza degli episodi (c'è obbligatoriamente una base malformativa, costituita dalla malrotazione dell'intestino, che comporta un mesoileale a strettissima base di impianto, coincidente, di fatto, con l'arteria mesenterica superiore).

La radiologia mostra un ileo paralitico nell'appendicite avanzata; nell'invaginazione i segni radiologici dell'occlusione tardano a comparire (e nel sospetto bisogna ricorrere al clisma opaco, che dà un'immagine tipica); nel volvolo, i segni idroaerei dell'occlusione alta, con dilatazione dell'ansa a monte, sono invece in genere precoci e, contemporaneamente, si può notare l'anomala distribuzione del gas colico per la malrotazione, che il clisma opaco può confermare. Oggi, l'ecografia addominale, che costituisce il passo immediatamente successivo alla radiologia, contribuisce tantissimo al chiarimento diagnostico: individua nella maggior parte dei casi l'appendice distesa e flogistica della appendicite, l'immagine e bersaglio del colon invaginato, la riduzione dell'invaginazione, ottenibile col clisma d'acqua.

Vomito abituale: Si presenta in due forme nettamente distinte: la stenosi pilorica e il reflusso gastroesofageo (GER).

La stenosi pilorica compare quasi sempre nella 4° settimana di vita, per aggravarsi progressivamente, comportando un appiattimento della curva ponderale e un'alcalosi metabolica (perdita di Cl) nel secondo mese; il vomito è a getto, lo stomaco disteso, il quadro è altamente evocativo e la diagnosi si fa con l'ecotomografia. La malattia è chirurgica.

Il vomito da reflusso gastroesofageo compare di solito più precocemente: è l'espressione di un'incompetenza (da immaturità funzionale) dello sfintere cardiale, che si rilassa a tratti, facilitato dall'eccessivo riempimento gastrico e di solito da un allargamento dell'angolo di His, che consente il reflusso dallo stomaco in esofago e, sovente, l'emissione di un rigurgito atonico, abbastanza diverso dal vomito a getto della stenosi. Di solito questo tipo di vomito abituale, sostanzialmente asintomatico, non disturba la crescita né la cenestesi del bambino: in questo caso esso va semplicemente trascurato. In altri casi si accompagna a crisi dolorose postprandiali o prandiali, dovute all'effetto del contenuto acido dello stomaco sull'esofago (per fortuna l'acidità gastrica del lattante è minore di quella dell'adulto): e questo è un segno di esofagite. In altri casi ancora si accompagna ad un arresto della crescita.

Il GER sintomatico deve ricevere un trattamento commisurato al disturbo: mantenere il bambino dopo il pasto, per una ventina di minuti, in posizione semi-eretta o semi-prona, inclinata comunque verso l'avanti, abbracciata al braccio della mamma, in modo che il livello idroaereo non impegni il raccordo gastroesofageo (posizionato posteriormente). Nel bambino allattato al poppatoio l'ispessimento del pasto con ispessenti specifici o aspecifici dal terzo-quarto mese in poi rende il rigurgito meccanicamente più difficile. Questi due interventi possono essere prescritti sulla semplice base dei sintomi, senza effettuare indagini.

Un ulteriore passo terapeutico è dato dall'aggiunta di un farmaco procinetico, in grado di accelerare lo svuotamento gastrico (cisapride, domperidone), di rendere più continente lo sfintere esofageo inferiore e più prontamente pervio il piloro. Dove ci sta un sospetto di esofagite da reflusso (dolore post-prandiale insistente, ematemesi) l'endoscopia (esofago-gastroscopia) è indicata. Il trattamento con antiacido (ranitidina) è mandatorio. Non dimenticare che GER e intolleranza alle proteine del latte vaccino (IPLV) sono spesso associate, e che, se se ne ravvisa la possibilità (anticorpi anti-latte, eosinofilia, difetto di crescita, dermatite atopica) la sostituzione del latte di formula con un latte vegetale può essere doverosa.

La IPLV, d'altronde, può essere causa sufficiente di vomito o rigurgito anche in assenza di GER. Di fronte a un vomito senza causa, in bambino al poppatoio, specie se concomitano i segni a cui abbiamo accennato più sopra, va considerata in prima battuta.


Il vomito nel bambino grandicello

Passata l'età del lattante, il vomito smette di essere un sintomo comune.

Il vomito acuto: Può ripresentarsi, nel bambino più grande, prima di tutto per una gastroenterite ("influenza intestinale", "vomito epidemico", "vomito invernale"). Ricordiamo che gli agenti virali responsabili di gastroenteriti (rotavirus, coronavirus, adenovirus, parvovirus) sono anche responsabili di infezioni respiratorie, e questo spiega il possibile concomitare di segni a livello di due sistemi. Il vomito acuto inoltre si può ritrovare come segno di esordio in molte malattie, più o meno tipicamente. È tipico dell'esordio della scarlattina, come è tipico della meningite.

Vomito abituale: A quest'età non c'è più, a meno che non vogliamo indicare con questo termine il bambino "col vomito facile", che vomita quando si arrabbia o quando la mamma lo esorta troppo tenacemente a mangiare.

Vomito ciclico: È una sindrome caratterizzata da numerosi episodi di vomito intervallati da periodi di benessere, tipico del bambino dell'età prescolare o scolare. Il termine ciclico, consacrato dall'uso, è scorretto e dovrebbe essere sostituito con ricorrente, perché una vera ciclicità non si ha mai. Forse non è un'entità clinica, ma soltanto una sindrome; frequentemente è accompagnato a chetosi intensa (viene anche chiamato vomito ciclico acetonemico), anche se non vi è alcuna evidenza che la chetosi giochi un ruolo patogenetico in questo tipo di disturbo (viene più facile considerarla secondaria alla mancata introduzione del cibo). Ogni episodio dura molto: da qualche ora a qualche giorno, e il vomito, dapprima alimentare, diventa poi bianco e infine a volte biliare. Molti lo descrivono come una parte di una cosiddetta sindrome periodica che, a sua volta, molti indizi tendono ad accomunare con l'emicrania, come espressione di un disturbo specificamente circolatorio distrettuale o, più genericamente, come un disturbo del metabolismo di mediatori. Alcuni lo chiamano semplicemente emicrania addominale e lo considerano un precursore dell'emicrania comune. Non riconosce altro trattamento efficace che l'antiemetico (metoclopramide, domperidone) per supposte o per via intramuscolare.


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