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La russia




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LA RUSSIA


La storia della Russia cominciò nei secoli VI e VII A. c. quando gli Slavi si stabilirono nella pianura russa, anche se probabilmente essi non furono i primi abitanti di quella regione.


POLITICA

Questa popolazione era inizialmente organizzata in tribù auto-governate.

A questa situazione di estremo decentramento si oppose nel secolo IX un processo di consolidamento dovuto al fatto che ciascuna città cercò di impadronirsi del territorio contiguo.

A poco a poco nacque la Rus', con capitale Kiev, formata dal territorio conquistato alle tribù slave del sud dalle più evolute popolazioni del nord aiutate da mercanti avventurieri e da principi Vichinghi.

I 150 anni che seguirono videro una fioritura culturale e l'affermarsi della Russia di Kiev come potenza europea.

Sotto il regno di Vladimiro questo processo fu considerevolmente aiutato dall'adozione del cristianesimo, nella sua forma bizantina, nel 988.

Poi, non più di 100 anni dopo, lo stato di Kiev cominciò a decadere principalmente a causa di due motivi: il primo, di natura politica, era il fatto che nonostante ufficialmente si trattasse di uno stato unitario, nella Russia c'erano almeno dodici principati separati, tutti virtualmente autonomi; l'altro, di natura economica, fu il rude colpo subito dal commercio a causa della presa di Costantinopoli da parte dei veneziani che così si conquistarono il monopolio commerciale.

Ad uno stato così indebolito e privo di un' organizzazione centrale fu impossibile resistere all'invasione dei Mongoli.

La loro conquista, avvenuta negli anni 1237-40, interruppe in modo decisivo il contatto slavo con l'Europa.

I nuovi dominatori non si imposero però come tiranni nei territori conquistati.

I Chan governarono indirettamente e mai tentarono d'interferire negli affari interni degli Slavi, eccetto quando vedevano minacciata la propria supremazia.

Essi esercitavano il potere non colonizzando i territori occupati o applicando il proprio sistema di governo, ma imponendo tributi agli Slavi e riservandosi il diritto di eleggere ogni nuovo governante.

Tuttavia fu proprio sotto l'egida dei mongoli che il piccolo principato di Mosca affermò la propria posizione di nucleo della Russia futura.

Occorsero circa due secoli (metà XIII - metà XV) prima che la Moscova (il principato di Mosca) conquistasse un'indiscussa supremazia sugli altri stati slavi affermandosi come principale successore del dominio mongolo.

Il lento sorgere della Moscova fu dovuto alle buone relazioni che intercorsero tra Slavi e Mongoli: nessun principe infatti fu più assiduo nel corteggiare il chan regnante, o più umile nella sua diplomazia, di quanto lo furono i principi della Moscova.

Fu grazie a simili tortuosi metodi che la Moscova conquistò il poco onorevole ma importante diritto di esigere  i tributi imposti dai Mongoli agli Slavi.

Questo da un lato incrementò le risorse economiche della Moscova, dall'altro fece conquistare al suo principe autorità sugli altri.

Così, nel 1380 la Moscova tentò per la prima volta di liberarsi della dominazione Mongola, e verso la metà del secolo XV la supremazia del principato si affermò definitivamente.

Il primo sovrano a regnare su Mosca indipendente fu Ivan III, conosciuto anche come Ivan il Grande, dal 1462 al 1503.

Il suo regno costituì senza dubbio un momento cruciale nello sviluppo del futuro stato russo.

In politica e in questioni militari Ivan evitò le lotte frontali. Preferì raggiungere i suoi scopi facendo ricorso alla diplomazia e si servì della forza solo come ultima risorsa.

Tuttavia i suoi sforzi furono principalmente mirati all'espansione territoriale, prima nei territori limitrofi e poi contro i suoi due più temibili nemici: i Lituani e i Mongoli sui quali però non riuscì ad avere la meglio.

Dal secolo XIV in poi, il legame tra chiesa e stato, intimo come nessun altro del genere avutosi nell'Europa occidentale, si strinse sempre più, finchè agli inizi del secolo lo zar (il sovrano) arrivò ad essere considerato come una persona quasi sacra dotata di poteri illimitati e rappresentante di Dio in terra.

La monarchia divenne, oltre che assoluta, di carattere divino. L'autorità dello zar era economica, militare, religiosa oltre che politica. Ciò lo portò però a scontrarsi con i boiari che si erano visti privati del loro potere politico e vedevano minacciati i loro diritti di proprietari terrieri.

Ma quello che costituisce la grande gloria di Ivan, cioè il suo successo nella politica estera e l'instaurazione della monarchia assoluta fu solo un preludio agli sconvolgimenti verificatisi durante il regno di suo nipote, Ivan il Terribile.

Il figlio di Ivan il Grande, Basilio III, ereditò sia il trono che i problemi.

La Moscovita continuava a essere uno stato che non trovava una stabile forma sociale e attraversava ancora un problema di transizione verso la monarchia assoluta.

Il regno di Basilio durò molto poco e alcuni anni dopo la sua morte venne incoronato zar suo figlio diciassettenne Ivan il Terribile.

Si manifestò subito uno dei temi dominanti del suo regno: la lotta dello zar contro i boiari che fremevano per un ritorno al feudalesimo che avrebbe favorito i loro interessi.

Ormai il ducato si estendeva su tutto il corso del Volga.

In politica interna venne compiuto un primo passo verso la democrazia, con la firma da parte di Ivan di un documento che limitava il suo potere e che diede il via alla formazione nel paese di una organizzazione giurisdizionale indipendente.

Da parte sua Ivan procedette alla riforma del sistema militare, obbligando ogni proprietario terriero a fornire dei soldati.

Dal 1556 in poi i boiari furono costretti a servire lo zar della Moscovia sotto pena di essere privati delle proprie terre, mettendo fine al potere politico di questa classe.

Tutta la prima decade del regno di Ivan fu contrassegnata dal definitivo assoggettamento delle province mongole.

Il nuovo stato era diventato insostenibilmente vasto e Ivan, conscio del fatto che era impossibile governarlo da solo, divise la Moscova in due stati indipendenti: "Opricina" e "Zemscina", il primo sotto il suo personale governo, il secondo sotto l'amministrazione dei boiari (riservandosi comunque un'autorità formale).

La dinastia dei sovrani si estinse nella persona del figlio più giovane di Ivan, Teodoro.

Il suo regno coincise con l'esplodere dei problemi sollevati dalla politica del padre.

Per la prima volta nella storia moscovita, al principio del secolo XVII, si ebbero rivolte contadine su larga scala, non più locali o regionali, tanto che il periodo che va dal 1598 al 1613 fu chiamata "l'epoca dei disordini".

Teodoro era così palesemente inadatto a governare che si ricorse alla reggenza, che venne assunta da Godunov.

Sotto molti aspetti egli seguì, all'interno e all'esterno, l'esempio dato da Ivan il Terribile.

Nel 1597 emanò un decreto che autorizzava i padroni di terre a riprendersi con la forza ogni contadino che fosse fuggito.

Alla morte dello zar Teodoro, avvenuta nel 1598, il potere passò alla zarina Irina che però ben presto abdicò e prese il velo.

Non vi era altra scelta che eleggere uno zar.

Gudonov sembrò il candidato più accreditato ma volle che ad eleggerlo fosse l'assemblea della terra che era più o meno l'equivalente degli Stati Generali di Francia.

Anche questo zar dovette fare i conti con l'avversione delle famiglie boiare che non avevano partecipato all'elezione.

Divenuto zar, si occupò innanzitutto dell'istruzione.

Cercò anche di eliminare gli abusi più appariscenti nell'amministrazione della giustizia.

Nell'aprile del 1605 Gudonov morì.

Demetrio, figlio dell'ultima moglie di Ivan il Terribile, fu incoronato zar e divenne uno dei più strani governanti saliti sul trono.

Si accollò con disinvoltura le sue responsabilità e trattò tutti con grande liberalità e giustizia.

Si manifestò nel Cremlino un nuovo clima di tolleranza religiosa; i forestieri furono i benvenuti.

Lo zar si rifiutò di usare il terrore come arma politica.

Ma la sua politica gli valse ancora una volta l'avversione dei boiari che riuscirono a spodestarlo e a far salire al torno un nuovo zar tratto dalle loro file.

Per la prima volta nella storia russa il potere del sovrano era limitato da una specie di documento costituzionale che lo obbligò a:

non dar corso a denunce senza compiere prima una debita inchiesta;

non ordinare esecuzioni capitali;

non punire parenti innocenti di colpevoli;

non confiscare proprietà senza autorizzazione dei boiari.

Queste limitazioni favorivano una sola classe e non avevano beneficio per coloro che non erano boiari. In questo modo si passò da un regime monarchico ad uno oligarchico.

Nel 1613, giunta l'epoca di sostituire lo zar, fu necessario scegliere una persona che potesse mettere d'accordo tutte le classi sociali. La scelta cadde su Michele Romanov.

L'elezione del primo monarca Romanov non segnò la fine dei disordini. Le casse dello stato erano vuote. In vaste zone del paese scorrazzavano bande di saccheggiatori, mentre la fuga della popolazione agricola aveva causato un netto declino della produttività agricola; tuttavia il paese stava già dimostrando una notevole capacità di ripresa di fronte al pericolo di una crisi generale.

Lo zar, resosi conto che la condizione essenziale per questa ripresa era che vi fosse un paese unito e che le classi dominanti e dei mercanti non fossero unite e non controllassero lo stato, ordinò la fine del sistema in base al quale la nascita e la condizione familiare determinavano le nomine dei vari funzionari, ambasciatori e ufficiali dell'esercito.

Inoltre promosse una statalizzazione sia nel campo economico che in campo organizzativo.

Lo zar ebbe anche fortuna nella sua opera di riorganizzazione dell'esercito che d'ora in avanti fu permanente e composti da soldati russi e ufficiali mercenari.

Furono anche aumentati gli stipendi dei reggimenti formati dagli strel'cy, una sorta di forza di pronto intervento.

Michele morì nel 1676 e ancora per alcuni anni dopo la sua morte Mosca fu tormentata da una crisi dinastica che si risolse nel 1682, quando Pietro il Grande fu proclamato zar all'età di dieci anni.

Pietro fu certamente il più fortunato e vigoroso di tutti gli zar nei suoi sforzi rivolti a creare una Russia capace di stare su un piano di parità con l'Occidente.

Innanzitutto sentì il bisogno di compiere un viaggio ad ovest, cominciato nel 1697, durante il quale apprese i modelli più recenti adottati nelle costruzioni navali e reclutò specialisti militari.

Tornato dall'Europa dedicò i successivi anni allo sviluppo e alla creazione di un nuovo esercito.

La politica estera di Pietro poco differì da quella degli zar dei secoli XVI e XVII. Si trattava sempre di una lotta per raggiungere gli sbocchi al mare. Alla fine del secolo XVII, alla tradizionale e perenne lotta per il Baltico si aggiunse quella per il Mare d'Azov, il Mar Nero e le sponde del Caspio.

In politica interna invece il suo lavoro fu prevalentemente basato sulla riforma degli organi centrali e provinciali del governo.

In un primo tempo seguì la via della decentralizzazione: creò otto governi provinciali dotati di poteri assai ampi. In questo modo venne a crearsi un vuoto al centro perciò qualche anno più tardi istituì un senato di nove membri che dovevano controllare il lavoro dei governi provinciali, funzionare come suprema corte di giustizia e, soprattutto, fare in modo che le tasse venissero riscosse in modo efficiente.

Anche per quanto riguarda l'amministrazione della Chiesa le cose cambiarono.

Il vecchio "ufficio dei monasteri" che fino ad allora aveva avuto determinati ristretti poteri nell'amministrazione della Chiesa fu trasformato nel "Sacro Sinodo", organo dotato di potere più ampio che inglobò anche le proprietà del clero.

Lo stesso principio che ognuno dovesse servire lo stato convinse Pietro ad avviare i monaci ad attività produttive.

Pietro il Grande morì nel 1725


ECONOMIA

Fin da quando si stabilirono nella regione russa, gli slavi si trovarono assorbiti entro la rete di relazioni commerciali che legavano l'Asia minore alle regioni dell'Europa occidentale; perciò si posero come mediatori di questi commerci e in poco tempo le loro attività fecero sorgere un gran numero di città.

Con l'unificazione sotto un'unica bandiera delle varie tribù, i russi cominciarono a far sentire la loro presenza nello scenario internazionale.

Nel 907 il sovrano Oleg guidò una flotta di duemila navi contro Bisanzio riuscendo a imporre ai Greci un trattato di commercio vantaggioso per Kiev.

Tuttavia, base dell'economia della Rus' di Kiev era l'agricoltura.

Durante la dominazione mongola il livello del lavoro si abbassò; peggiorò la situazione dell'artigianato e ne risentì persino il livello artistico.

Le cose cambiarono quando il granducato della Moscovita conquistò l'indipendenza: da quel momento la Moscova non fu più tenuta a versare tributi ai Mongoli.

L'economia, sotto il regno di Ivan il Grande si evolse, passando da un sistema caratterizzato da una proprietà fondiaria e un potere suddiviso, a un altro sistema implicante una concentrazione delle terre e del potere nelle mani di un autocrate sostenuto da una classe sottomessa di proprietari terrieri tenuti a prestare servizio.

L'agricoltura infatti, anche sotto il regno di Ivan il Terribile, costituiva il settore predominante dell'economia nazionale.

Ma all'interno di questa nuova struttura erano al lavoro forze che col tempo mutarono il circoscritto sistema agricolo Moscovita:  fra queste la principale era data dallo sviluppo del capitale commerciale.

Gran parte di questa attività commerciale non veniva svolta da privati perché lo stato esercitava quasi un monopolio.

Le grandi proprietà dei magnati continuavano a costituire l'unità produttiva e la moneta era ancora scarsamente usata, ma fu allora che cominciò ad aversi una graduale suddivisone del lavoro. Contadini specializzati venivano allontanati dall'aratro e impiegati nell'artigianato e si cominciò a vedere un lento passaggio ad un'economia basata sul denaro.

Il susseguirsi dal 1601 al 1603 di una serie di rapporti disastrosi mise in ginocchio l'economia russa.

Gli abitanti di interi villaggi morirono di fame e molti proprietari di terre incapaci di nutrire i propri contadini li scaricarono, rendendoli nullatenenti.

Si calcola che in quel periodo vi fosse solo un terzo della ricchezza necessaria a vivere.

Fu lo zar Michele Romanov che tentò di mettere fine a questo stato di stallo, promovendo la statalizzazione del sistema economico: il commercio, l'industria, e ogni nuovo processo economico, come ad esempio nel campo delle miniere e della fabbricazione di prodotti industriali, veniva automaticamente a trovarsi sotto l'egida dello stato.

Il commercio ne fu subito avvantaggiato tanto che il secolo XVII vide un considerevole aumento delle esportazioni russe.

Tuttavia non esisteva ancora una marina mercantile degna di tale nome, ed è per questo che gli zar della nuova dinastia si preoccuparono della istituzione di nuove compagnie commerciali.

Nel  commercio interno invece l'iniziativa era lasciata ai privati imprenditori., i cui capi erano conosciuti come "ospiti".

Un nuova svolta si ebbe durante l'età di Pietro il Grande.

Per finanziare i suoi sforzi bellici sequestrò tutte le rendite della chiesa; tutto sommato circa l'ottanta per cento del reddito nazionale fu impiegato a sopperire ai bisogni della guerra.

Svalutò la moneta; introdusse ogni tipo di tasse indirette che venivano spesso suggerite da uno speciale corpo di persone che ne traevano profitto.

Entro il 1710 queste misure si erano già dimostrate inefficaci, il che portò a una variazione dell'incidenza della tassazione diretta aumentando le imposte.

I contadini dovettero coltivare maggiori quantità di terra per pagare le tasse e ciò fece aumentare di più del 50% la superfice dell'area coltivata.

Il sovrano incoraggiò inoltre l'industrializzazione del paese anche se prevalentemente a scopo militare applicando tariffe protettive, fornendo l'aiuto statale, stabilendo il lavoro forzato per i disoccupati e abolendo le tasse doganali.

Alla fine del suo regno la Russia contava circa duecento fabbriche, alcune delle quali impiegavano più di mille soldati.

Anche le industrie mineraria e metallurgica migliorarono, tanto che nel giro di vent'anni la Russia era riuscita a diventare la maggiore produttrice di ferro al mondo.


CULTURA E SOCIETA'

Fin dalla sua nascita la Russia si presentò come uno stato socialmente organizzato.

Nella Rus' di Kiev, alla sommità della gerarchia sociale stava il principe, le cui funzioni erano soprattutto militari e giuridiche.

Egli doveva difendere il suo principato e sovrintendere all'amministrazione della giustizia.

In entrambe queste funzioni era consigliato e assistito da un consiglio di boiari, cioè di proprietari terrieri indipendenti, che costituivano una nascente aristocrazia terriera.

L'amministrazione urbana era controllata dalla Vece, un'assemblea popolare composta da tutti i maschi adulti e liberi mentre un consiglio di Boiari, la Duma, aveva il compito di consigliare il re nelle sue decisioni.

Anche dopo la conquista Mongola, le cose rimasero pressoché invariate, perché i nuovi sovrani non interferirono nella vita interna del paese.

Dopo la conquista dell'indipendenza e della supremazia del principato della Moscova cominciò a sorgere una classe di proprietari terrieri che servivano nell'esercito.

Soprattutto questo fu un periodo caratterizzato dal passaggio di una società fatta di principati indipendenti organizzata principalmente secondo il modello feudale a una monarchia assolutistica.

La fine del potere politico dei boiari inoltre fece della Moscovia uno stato in cui il servizio era obbligatorio e in cui ciascuna classe sociale era legata da obblighi, anche se talvolta indiretti, nei confronti dello zar.

L'ideale era quello di una forte monarchia e di uno stato centralizzato, basati su una classe di servitori devoti operanti come soldati o funzionari dello stato.

La nuova organizzazione politica decretò la nascita di una nuova classe: i "pomesciki".

Il nucleo centrale era formato da quei boiari e principi, assieme ai soldati che ne dipendevano, i quali avevano perduto la loro funzione originaria; vi erano anche i mercanti, i funzionari di palazzo, privati cittadini e anche schiavi ancora legati ai vecchi padroni.

Costoro divennero la spina dorsale della nuova Moscovita di Ivan il Terribile.

Più tardi, a causa della crisi agricola, si affermò la servitù della gleba e il proprietario divenne il padrone assoluto dei propri contadini.

Al tempo di Michele Romanov, grazie all'apertura dei confini, a Mosca si sviluppò un quartiere abbastanza ampio riservato agli stranieri. Questo quartiere era destinato a diventare una grossa sorgente di attività intellettuale.

Gli stranieri portavano inoltre la loro abilità tecnica e iniziavano l'istruzione degli apprendisti russi, mentre lo stato forniva la manodopera.

Grazie alle riforme nel campo dell'esercito e del commercio si crearono all'interno del ceto medio due nuove figure: gli Strel'cy e gli Ospiti.

I primi erano una sorta di forza d'intervento dell'esercito.

Gli sterl'cy ricevevano un salario fisso, e data la loro vicinanza al trono e la loro caratteristica di casta a parte erano a volte politicamente importanti, specialmente se il salario tardava.

Gli altri invece erano legati al settore commerciale.

Gli "ospiti" infatti godevano di alcuni privilegi: acquistavano merci per lo zar e le commerciavano di proprio conto; sfruttavano le concessioni e curavano il commercio interno dello zar.

A seguito della politica estera, e sulla scia dei tecnici stranieri, si ebbe una lenta infiltrazione di idee occidentali in Russia.

Finora, rinascimento, riforma e controriforma non avevano avuto la minima influenza all'interno del paese, perché ogni penetrazione intellettuale veniva repressa fin dall'inizio.

Accettare dall'Occidente idee che non riguardassero le varie tecniche sapeva ancora di tradimento, perché le aggressioni alla Russia, fin dal tempo dei cavalieri teutonici, erano sempre arrivate da ovest.

Fu durante il regno di Pietro il Grande che si verificarono i più radicali cambiamenti.

La politica sociale di Pietro fu intenzionalmente volta a causare profondi mutamenti negli obblighi a cui le varie classi erano tenute e nelle relazioni che intercorrevano fra loro.

Come sempre, l'obbiettivo più importante di tutti fu quello di organizzare la popolazione in modo tale che essa adempisse ai suoi obblighi verso lo stato.

Per esempio, già a quindici anni un nobile padrone di terra doveva scegliere fra il servizio nell'esercito, nella marina, o nella burocrazia.

Più tardi lo zar introdusse la cosiddetta "tabella dei gradi" in base alla quale la classe di un cittadino veniva determinato in base ai meriti (al grado) che aveva conseguito nel suo servizio nei confronti dello stato.

La vera importanza della "democratizzazione" della nobiltà consistette nell'aver creato per la società una struttura eminentemente burocratica.

I contadini di proprietà dello stato, i dipendenti dei monasteri e in genere coloro che svolgevano un lavoro subordinato, furono assoggettati a condizioni pressoché servili. 

Pietro il Grande divise la popolazione urbana in tre classi principali: la prima associazione di mestiere, che comprendeva la borghesia elevata con i ricchi mercanti e professionisti, la seconda associazione che comprendeva i piccoli mercanti e artigiani, e infine la plebe composta da lavoratori dipendenti e dai poveri in genere.

Continuò la sua opera di occidentalizzazione tentando di ingentilire i costumi, di promuovere l'istruzione e l'arte  (inaugurò tra l'altro il primo teatro pubblico), pose fine alla discriminazione legata al sesso.

Malgrado tutto però gli sforzi di Pietro di creare una Russia moderna andarono per gran parte a vuoto.

Questo tentativo di occidentalizzare l'aspetto interiore dei sudditi di Pietro ebbe poco successo al di fuori degli ambienti di corte e militari

In Russia infatti vi erano due mondi in contrasto: una minoranza educata alle idee occidentali ma poco permeata da esse, e una maggioranza ancora assai lontana dall'Europa.

La massa, attanagliata dalla povertà e dall' analfabetismo, era radicalmente conservatrice.

La classe superiore parlava un linguaggio differente, pensava in modo differente e aspirava a differenti  ideali.

Questa divisione fu un dato fatale dell'eredità lasciata da Pietro alla Russia del futuro che ebbe bisogno di un'altra e più completa rivoluzione per sanare la frattura: quella Bolscevica.




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