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La prima guerra mondiale




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La prima guerra mondiale


Riprendiamo alcuni concetti già espressi precedentemente:

L'annessione della Bosnia‑Erzegovina (1908) da parte dell'Austria, la guerra italo‑turca (1911), le guerre balcaniche (1912-13: Serbia, Bulgaria, Grecia, Romania avevano lottato tra di loro e contro la Turchia per la conquista dell'indipendenza e per il possesso della Macedonia) avevano acuito la tensione internazionale. Si era formato un clima minaccioso che avrebbe portato a ben più grave catastrofe, alimentato anche dalla corsa agli armaménti delle grandi potenze. La scintilla che fece esplodere questa miscela di odi e antagonismi europei fu provocata dall'uccisione dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo e di sua moglie a Serajevo, ad opera di uno studente bosniaco (28 giugno 1914). Un mese dopo, l'Austria dichiarava guerra alla Serbia. Il 30 luglio la Russia accorreva in aiuto della Serbia, il 1° agosto scattava l'alleanza militare franco‑russa e la Francia scendeva in campo. La Germania, dopo aver dichiarato guerra alla Francia e alla Russia, invase il Belgio per entrare in Francia aggirando la linea fortificata. Il 5 Agosto anche l'Inghilterra dichiarò guerra alla Germania e all'Austria. La Turchia si affiancò agli Imperi centrali.

Italia e Romania si mantennero per il momento neutrali. Era diffusa la convinzione in molti strati dell'opinione pubblica che la guerra sarebbe durata poco: in realtà, la guerra durò 4 anni, coinvolse non solo gli eserciti al fronte, ma tutta la struttura economica e amministrativa degli stati belligeranti, modificò la mentalità di molta gente sottoposta alle norme della mobilitazione generale e di una intensa e prolungata propaganda militarista. Persino i partiti socialisti di Francia e Germania dettero il loro appoggio alla guerra.

La guerra fu guerra di movimento nei primi mesi, e vide l'avanzata delle truppe tedesche fino a 40 chilometri da Parigi. La Francia fu salvata dalla resistenza organizzata sulla Marna. Da questo momento la guerra ristagnò estenuante e logorante nelle trin­cee. Le cose andavano meglio per gli austro‑tedeschi sul fronte orientale, dove nel maggio 1915 occuparono la Polonia e le repubbliche baltiche occidentali. L'Italia, dichiarò la sua neutralità al momento dell'intervento dell'Austria contro la Serbia, ma presto sul piano interno si scatenò una violenta polemica tra neutralisti e interventisti. Neutralisti erano buona parte dei socialisti, i giolittiani e buona parte dei cattolici. Interventisti erano gli irredentisti, i nazionalisti, i liberali salandrini, D'Annunziò, i repubblicani, i riformisti, riformisti, Gaeta­no Salvemini e Mussolini, che, lasciato il partito socialista, fondò "Il Popolo d'Italia" giornale che nel sottotitolo continuò a dirsi "socialista" fino al 1919.

Con il patto di Londra (26 aprile 1915) 1'Italia si impegnava con le potenze dell'Intesa a entrare in guerra contro l'Austria, cosa che avvenne il 24 maggio 1915. Le offensive del generale Cadorna riuscirono ad immobilizzare sul fronte notevoli forze austriache. Nel 1916 una grossa spedizione austriaca, che fu detta punitiva, scese fino all'Altopiano di Asiago, dove fu bloccata. I1 1916 fu l'anno della battaglia di Verdun, in Francia, che costò all'una e all'altra parte circa 600 mila morti. Segni di stanchezza incominciarono a delinearsi nei due campi di lotta.

Un'offensiva di pace fu condotta dagli imperi centrali, senza suc­cesso.

Invano Benedetto XV invitò le potenze belligeranti a cessare dalla "Inutile strage".

Con lo scoppio della prima guerra mondiale, Lenin, che si era rifugiato in Svizzera, e il partito bolscevico videro accrescere la possibilità di sfruttare lo scontento delle masse rurali per aprire la strada a una rivoluzione, che avrebbe dovuto distruggere il potere zarista e instaurare lo stato socialista.

Nel febbraio 1917 operai e soldati si sollevarono a Pietroburgo. Nicola II abdicò a favore del fratello Michele, che a sua volta rinunciò alla corona.

Si costituì un governo provviso­rio, presieduto dal socialista menscevico Kerensky. Nell'aprile del 1917 Lenin rientrava in Russia (aiutato dai tedeschi, che conoscevano la contrarietà a quella guerra di Lenin e dei bolscevichi e che dunque da una vittoria di questi si aspettavano la firma di un armistizio), incitando il proletariato ad abbattere il governo provvisorio. Il governo Kerensky, indebolito dal collasso economico che sembrava travolgere il Paese da un momento all'altro, e dalle continue insurrezioni bolsceviche, incapace di arrestare lo sfaldamento dell'esercito russo, non fu piú in grado di farsi ubbidire. Le guardie rosse, il 7 novembre 1917 (il 24 ottobre secondo il calendario russo) occuparono il palaz­zo d'inverno, sede del governo. Kerensky fuggì all'estero, mentre si costituì il pri­mo governo rivoluzionario presieduto da Lenin che emanò una serie di leggi che scardinarono il vecchio assetto sociale: dall'abolizione della proprietà privata delle terre al controllo operaio delle fabbriche, alla nazionalizzazione delle ban­che. La Russia precipitò in una fase di terrore, terrore bianco e terrore rosso. Il governo sovietico affrettò, secondo le aspettative tedesche, la conclusione della pace. Un armistizio con i tedeschi fu firmato il 15 dicembre 1917.

I1 1917 fu un anno importante anche perché vide 1'ingresso degli Stati Uniti in guerra, a fianco delle potenze alleate. Per noi fu un anno disastroso, per la terri­bile sconfitta che toccammo a Caporetto: L'Italia perdette in un solo colpo 400 mila uomini, tra morti feriti e prigionieri. L'avanzata austro‑tedesca fu arrestata sulla linea del Piave. Il Paese reagí con animo forte al disastro. Fu costituito un nuovo governo presieduto da Vittorio Emanuele Orlando, comandante supremo fu nominato Armando Diaz in sostituzione di Cadorna. Si promise la terra ai con­tadini.

Il 1918 fu 1'anno risolutivo della guerra. Fallirono l'offensiva scatenata dai tedeschi sulla Marna (contro i francesi) e quella austriaca sul Piave (contro gli italiani). Nell'ottobre del 1918 1'esercito italiano passò alla controffensiva (battaglia di Vittorio Veneto), che si concluse con la disfatta austriaca. Il 4 novembre l918 Diaz poteva annunciare la nostra vittoria. Qualche giorno dopo anche la Germania si arrese agli alleati. L'imperatore aveva già lasciato il Paese, dove si era instaurata la repubblica. Il 19 gennaio 1919 si aprì a Parigi la Conferenza della pace. Il presidente degli USA Wilson avrebbe voluto che tutti i partecipanti alla Conferenza si uniformassero ai 14 punti del suo programma, che comprendevano la libertà dei mari, il diritto all'autodecisione dei popoli, il rispetto delle nazionalità, l'abbattimento delle barriere economiche, la condanna dei trattati segreti e la corsa agli armamenti. Ma il programma di Wilson venne a conflitto con gli interessi degli alleati, che non erano disposti a rinunciare ai vantaggi territoriali e alle ragioni economiche che avevano ispirato la loro condotta di guerra. I trattati di pace furono cinque e vennero firmati in varie località nei dintorni di Parigi. Il piú importante fu il trattato di Versailles, che fu imposto alla Germania. Le principali clausole pre­vedevano il ritorno alla Francia dell'Alsazia e della Lorena; le zone polacche e tedesco‑polacche della bassa Vistola, eccetto Danzica (città libera), passarono al risorto Stato polacco; le colonie tedesche furono ripartite tra Inghilterra, Francia e Giappone; la Germania fu gravata da pesanti riparazioni. In garanzia del debito gli alleati avrebbero mantenuto per 15 anni 1'occupazione della riva sinistra del Reno. Con il trattato di Saint‑Germain, l'impero asburgico veniva smembrato nei tre nuovi stati indipendenti: Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia. All'Italia andavano il Trentino, l'Alto Adige fino al Brennero, Trieste e l'Istria, come era pre­visto dal Patto di Londra. Non andò Fiume, e questo fu motivo di malcontento tra i nazionalisti e molti ex combattenti, che seguirono D'Annunzio nella spedizione militare sulla città. Dalla Conferenza della pace uscì anche la Società delle Nazioni, la cui sede fu fissata a Ginevra.


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