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Economia del '600




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ECONOMIA DEL '600

Nei cento anni successivi al 1570 la peste, la malaria, il tifo colpirono gravemente le grandi città europee e le popolazioni rurali, frenando lo sviluppo demografico. La peste era ormai allo stato endemico, cioè piccoli focolai del male continuavano ad essere presenti, alternando, a seconda delle condizioni climatiche e dello stato di benessere della popolazione, anni con qualche centinaio di morti e anni con molte migliaia. La peste colpiva soprattutto le città che però colmavano i vuoti rapidamente per il continuo afflusso di popolazione eccedente dalle campagne.

La tendenza di fondo dell'economia continuò a essere di rialzo fino al 1620, ma per quanto riguarda la demografia si ha una rottura antecedente causata dall'improvviso mutare della peste. Nell'intera Europa quest'epidemia che chiudeva il '500 e apriva il '600, uccise circa un milione di persone e diede un duro colpo all'economia atlantica. Le ragioni di una crisi demografica non sono limitate alla sola peste, si diffusero altre malattie infettive come la sifilide, il tifo, il vaiolo e la tubercolosi, tutte malattie associate a cattive condizioni igienico-sanitarie.

Le annate di cattivo raccolto divennero più frequenti aumentando le cattive condizioni alimentari. Non erano stati fatti sostanziali progressi in campo agricolo nel secolo precedente, si aveva, infatti, un cattivo impiego del terreno a causa delle rotazioni che costringevano a lasciare periodicamente un terzo del suolo incolto, i rendimenti unitari erano bassi, la concimazione scarsa, e c'era concorrenza fra allevamento e agricoltura. L'Europa industriale e mercantile conobbe una vistosa crisi nel 1609-13, ma riuscì a superarla con 6 o 7 anni di crescita economica; la successiva crisi del 1620 si rivela una frattura profonda, che mette in luce una crisi strutturale maturata da tempo.

Le manifatture delle Province Unite riuscirono a mantenere per tutto il '600 un ritmo elevato di produzione, ma bisogna aggiungere che esse approfittarono inizialmente della crisi del Belgio e delle Fiandre: artigiani e mercanti, infatti, si trasferirono in gran numero nella repubblica calvinista per sfuggire alle persecuzioni religiose. In un secondo tempo la crescita delle manifatture olandesi appare legata al tracollo di quella italiana. I successi olandesi non sono un sintomo dell'allargamento del mercato, ma un caso di sostituzione.

Di un caso di sostituzione si deve parlare anche della crescente presenza olandese e in minor misura inglese nel grande commercio su scala internazionale.

Nel corso della prima metà del Seicento gli olandesi si sostituirono ai portoghesi nel commercio con l'India e gli altri paesi dell'Estremo Oriente.

Olandesi e inglesi penetrarono nel Mediterraneo sottraendo a Venezia buona parte del commercio con l'impero Ottomano. Ma al di là di queste sostituzioni non si ha l'impressione di una crescita del commercio nelle aree marittime

Un ultimo settore di arretramento è quello degli scambi commerciali fra Siviglia e l'America spagnola, il valore degli scambi subì una contrazione dell'ordine del 50% dopo il 1920.

Nel '600 il governo spagnolo è sempre meno in grado di controllare il contrabbando, inoltre è possibile che il grado di dipendenza delle colonie spagnole dall'Europa sia andato diminuendo.

1° modello della crisi (di Hamilton): Nei rapporti fra America spagnola ed Europa è rilevante l'esportazione di argento, nel 1620-30 il tesoro Americano sembra essersi prosciugato: le miniere americane si esaurirono, la circolazione di metalli preziosi diminuì, i prezzi si fermarono o diminuirono.

La stagnazione dei prezzi fece svanire le speranze di guadagno dei produttori, così le attività economiche rallentarono e i capitali furono ritirati dagli affari e diretti verso beni sicuri come la terra. La terra tornò a essere un bene di prestigio e i proprietari preferirono le rendite e gli affitti alla gestione diretta, quindi lo sfruttamento capitalistico fu sostituito dal più tradizionale sfruttamento degli affittuari, con forme poco dinamiche e poco aperte.

2° modello della crisi (di Morineau): al posto del crollo descritto da Hamilton si hanno alcuni decenni di relativa contrazione rispetto al massimo del 1591-1600. Dal 1660 gli arrivi dell'argento si situano a un livello superiore a quello della fine del '500. La cronologia della crisi appare dunque indipendente dalle importazioni di argento. Fu piuttosto a causa di una serie di fratture demografiche ed agricole che l'Europa giunse ai limiti massimi del suo sviluppo. La crisi delle manifatture fu solo una conseguenza della stagnazione dell'economia e della società.


La lunga fase di blocco non si spiega solo in termini di epidemie e aumento della mortalità, una tendenza a spostare in avanti di qualche anno l'età del matrimonio e quindi a ridurre la natalità

Le condizioni economiche delle grandi masse contadine avevano cominciato a peggiorare per 2 ragioni principali: da un lato la pressione fiscale dello stato resa sempre più intollerabile a causa delle guerre, dall'altro la pressione dei proprietari terrieri, che avevano ripiegato sulla rendita parassitaria e neofeudale.

Le caratteristiche di fondo della società rimasero uguali infatti i mercati erano cresciuti in maniera insufficiente e la tecnologia produttiva non aveva conosciuto mutamenti rivoluzionari. Le crisi agricole della fine del '500 eliminarono dal mercato una parte consistente di quelli che vi erano entrati, le attività produttive si dovettero ridurre e le classi dominanti rinunciarono ai profitti rischiosi in cambio di un aperto sfruttamento dei contadini.

Perciò la società resta contratta per un secolo (popolazione, produzione, prezzi) fino a che non si verificarono mutamenti di struttura realmente innovatori.

Mentre le dimensioni della torta da dividere fra i gruppi sociali restavano così limitate, le tensioni e le lotte fra questi gruppi aumentarono a dismisura. C'era la lotta nelle campagne fra proprietari terrieri e contadini e quella nelle città fra lavoratori e imprenditori.

Un posto di rilievo spetta poi alla lotta fra gli stati per accaparrarsi il grande commercio internazionale fonte di grandi ricchezze, lotta che fu causa di tutte le guerre del '600.

In un'epoca di sviluppo contratto, si aveva l'idea che i beni del commercio fossero limitati e l'unico modo per accrescere la propria quota consistesse nel sottrarla a un altro paese.

Il complessi delle teorie e delle pratiche elaborate per raggiungere questi scopi prese il nome di mercantilismo. Il mercantilismo non faceva molto conto sullo sviluppo dell'agricoltura in vista degli obbiettivi di prosperità e potenza, che dipendevano invece dalla disponibilità di denaro per finanziare guerre e il denaro poteva entrare solo con l'attività dei mercanti.

Fra stato e mercanti c'era perciò una certa convergenza di interessi e toccava all'autorità pubblica proteggere gli uomini d'affari dalla concorrenza straniera. Occorreva che le importazione di prodotti finiti dall'estero fossero il più possibile frenate, parallelamente si dovevano sviluppare le manifatture nazionali in modo da impedire la fuoriuscita di materie prime dal paese e favorire la trasformazione dalle manifatture interne.

Mercantilismo significa una politica doganale molto rigida. Ecco allora l'ultimo elemento del mercantilismo, i monopoli costituiti dall'autorità pubblica a favore di compagnie commerciali nazionali, cioè il loro diritto esclusivo a comprare e a vendere in un determinato paese o in un certo settore.

La logica del monopolio è pericolosa perché i profitti sicuri, con l'eliminazione della concorrenza, spengono la creatività e si trasformano in parassitismo a spese della società intera. I sovrani poi vendevano monopoli come cariche pubbliche con lo scopo di aumentare le loro risorse finanziarie.

LE PROVINCE UNITE

L'Olanda è una delle 7 province settentrionali dei paesi bassi, che avevano dichiarato la loro indipendenza dalla Spagna. In larga misura l'Olanda si limitò a ereditare le funzioni economiche tenute dai Paesi Bassi meridionali come nel caso della produzione dei tessuti di lana.

Amsterdam sostituì Anversa come grande emporio dei prodotti del Baltico e del Mediterraneo, delle spezie dell'Oriente o dei tessuti olandesi e inglesi..










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