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Wassilij Vasil'evic Kandinskij




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Wassilij Vasil'evic Kandinskij


Introduzione


Partendo dalla figura del pittore Kandinskij, fondatore dell'astrattismo, analizzerò la situazione di arte  e artisti nella Germania nazista, soffermandomi in particolare sull'esibizione dell'"Entartete Kunst" ("Arte degenerata").

Dopo aver esposto il concetto di arte affermato dall'ideologia del Terzo Reich, tratterò invece la concezione che Kandinskij aveva dell'arte e del suo stretto rapporto con la musica, partendo dal dipinto "Mosca I".

Infine approfondirò la visione "sinestetica" dell'artista russo, illustrando come l'utilizzo della sinestesia sia diffuso anche in altri campi, come quello della letteratura.






Cenni biografici

Wassilij Vasil'evic Kandinskij nasce a Mosca nel 1866, nella Russia zarista, ma nel 1896, dopo aver scoperto la sua vocazione artistica, decide di trasferirsi a Monaco, uno dei centri culturali più sviluppati. Qui ha l'occasione di entrare in contatto con altri pittori come Paul Klee e con il gruppo impressionista Die Brucke.

Il 1910 è una data importante per la maturazione artistica del pittore: egli realizza il Primo acquerello astratto: si tratta del primo dipinto in cui l'autore si propone di non rappresentare nulla di "oggettivo".

Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, si ritira in Svizzera, per poi ritornare in Germania a guerra terminata. Qui, prima a Weimar e poi a Berlino, parteciperà alla vita del Bauhaus, una delle prime scuole di arte moderna. Questa organizzazione formava gli allievi con un metodo didattico rivoluzionario, aprendo gli insegnamenti a tutti i campi dell'espressione artistica e unendo strettamente la pratica e la teoria. Nel 1933 il Bauhaus è costretto a chiudere per volere del regime nazista, affermatosi in quegli anni con la salita al potere di Hitler. Kandinskij si trasferisce in Francia mentre in Germania sue diverse opere vengono messe al bando. Egli morirà il 13 dicembre del 1944 a Neuilly-sur-Seine, nei pressi di Parigi.


La sorte di arte e artisti durante il Terzo Reich


Nel 1933 il partito nazionalsocialista prende il potere in Germania, quando Hitler viene nominato cancelliere da Hindenburg. Anche il mondo dell'arte risentirà profondamente di questa svolta decisiva, infatti il Fuhrer farà della cultura un efficace mezzo di propaganda da assoggettare alle esigenze del regime.

Tutto ciò che non era in linea con l'ideologia nazista veniva emarginato e represso. Questo fenomeno interessò diversi aspetti della cultura.

Per quanto riguarda la letteratura, furono organizzati numerosi roghi pubblici di libri considerati "corrotti", come quelli di Thomas Mann, Freud, Einstein e Kafka.

Nell'ambito della musica, vennero contestati i brani con influenze jazz, e le innovazioni, come le composizioni atonali di Schoenberg.

Molti film e opere teatrali vennero censurati: questa sorte capitò ai capolavori espressionisti di Robert Wiene ("Il gabinetto del Dr. Caligari , e Fritz Lang Metropolis

Nel campo dell'arte, venne rifiutata ogni avanguardia, etichettata come incomprensibile.

Gli artisti che contravvenivano agli indirizzi del regime erano allontanati dai loro incarichi, e inoltre veniva loro impedito di esporre o vendere le proprie opere.

Nel settembre del 1933 venne fondata la Corte Imperiale della Cultura, capeggiata da Goebbels, ministro della propaganda. Questo organo si suddivideva in tante sottocamere che dovevano raggruppare i vari autori: solo coloro che vi aderivano potevano continuare regolarmente il proprio lavoro. Ovviamente per farne parte gli artisti dovevano essere in linea con il nuovo ideale di arte proposto da Hitler, e dovevano dimostrarsi privi di ogni sintomo di "decadenza culturale". Esemplificativo del pensiero del Fuhrer sono le parole da lui pronunciate in occasione del discorso durante il congresso sulla cultura, nel 1935:


<< Sono certo che pochi anni di governo politico e sociale nazionalsocialista porteranno ricche innovazioni nel campo della produzione artistica e grandi miglioramenti nel settore rispetto ai risultati degli ultimi anni del regime giudaico. (.) Per raggiungere tale fine, l'arte deve proclamare imponenza e bellezza e quindi rappresentare purezza e benessere. Se questa è tale, allora nessun'offerta è per essa troppo grande. E se essa tale non è, allora è peccato sprecarvi un solo marco. Poiché in quel caso essa non è un elemento di benessere, e quindi del progetto del futuro, ma un segno di degenerazione e decadenza. Ciò che si rivela il 'culto del primitivo' non è espressione di un'anima naif, ma di un futuro del tutto corrotto e malato. (.) Chiunque ad esempio volesse giustificare i disegni o le sculture dei nostri dadaisti, cubisti, futuristi o di quei malati espressionisti, sostenendo lo stile primitivista, non capisce che il compito dell'arte non è quello di richiamare segni di degenerazione, ma quello di trasmettere benessere e bellezza >>


Arte nazista


Proprio Hitler che, ironicamente, era stato rifiutato due volte all'Accademia delle Belli Arti di Vienna, assunse il ruolo di principale critico d'arte.

Egli si propose di dare vita ad un'arte tedesca, pura, sana ed ideale, da contrapporre a quella decadente e "malata" delle nuove avanguardie, che in Germania erano tanto diffuse. La visione artistica del Terzo Reich è rispecchiata nei quadri di Becker: culto del corpo, unità razziale e forza militare. I sentimenti che l'opera d'arte doveva ritrarre erano il patriottismo, l'eroismo, i valori morali.

Altri temi ricorrenti erano la celebrazione storica di un passato glorioso, l'esaltazione della supremazia ariana, la vicinanza con la natura. Lo stile era realistico e faceva riferimento al classicismo greco e romano, visto da Hitler come l'unica modalità espressiva priva di contaminazioni "semite".

I soggetti rappresentati erano per la maggior parte paesaggi e nudi. Le rappresentazioni della bellezza femminile si sviluppavano attorno all'ideale della donna sana, rigorosamente bionda e dai tratti "ariani", casta e finalizzata principalmente alla procreazione.

Lampante è il contrasto con i nudi di Nolde, ritratti in gioiosi slanci sensuali e quasi primitivi, oppure con il quadro di Otto Dix che ritrae tre prostitute, ovvero il lato emarginato e "decadente" della società.


Nel dicembre del 1936 fu aperta una competizione a tutti gli artisti di nazionalità o "razza" tedesca affinché producessero opere da esporre in una mostra che avrebbe rappresentato l'ideale artistico del Terzo Reich. Delle 15.000 opere proposte, una giuria nominata da Hitler ne scelse 1.500 da esporre alla Grande Esibizione di Arte Tedesca, installata nel 1937 nella Haus Der Kunst (Casa dell'Arte). Ma, più che un'arte nuova e innovativa, come sosteneva Hitler, si trattava piuttosto di un ritorno al passato e ai riferimenti estetici di una tradizione ormai superata.

Entartete Kunst e Il concetto di degenerazione


<< La nostra pazienza con tutti quelli che non sono stati capaci di allinearsi è giunta alla fine. Ciò che voi state vedendo qui sono i risultati distorti della pazzia, dell'impertinenza, della mancanza di talento.Avrei bisogno di numerosi treni merci per pulire i nostri musei da questa spazzatura.Ciò avverrà molto presto >>.


Così parlò Adolf Ziegler, presidente della Corte Imperiale della Cultura, riferendosi ad un progetto che avrebbe avuto luogo di lì a pochi mesi. Contemporaneamente alla Grande Esibizione di Arte Tedesca, fu inaugurata infatti un'altra mostra, che comprendeva però opere delle avanguardie moderne, chiamata in modo dispregiativo "Entartete Kunst", ovvero "arte degenerata". Questa, per effetto indesiderato, ebbe un successo di gran lunga maggiore di quella "ufficiale", e la sua apertura dovette essere prolungata. In realtà i nazisti avevano progettato l'"Entartete Kunst" con lo scopo di mostrare ai cittadini quale tipo di arte non era accettato dal Reich, e come quest'arte fosse dunque degenerata e da disprezzare.


L'esibizione si tenne in 11 città di Germania e Austria, attirando più di due milioni di visitatori in soli quattro mesi, circa il triplo della mostra dell'arte tedesca in linea col regime.

Le 650 opere esposte di 112 artisti erano state confiscate insieme ad altre 6 mila opere. Le restanti vennero in parte destinate al rogo, in parte vendute all'asta a musei americani e svizzeri.















[Nell'immagine: la vendita all'asta di un autoritratto di Van Gogh].



Molti artisti emigrarono in altri paesi per sfuggire alla severa censura: il pittore surrealista Max Ernst si trasferì in America, Klee, insegnante al Bauhaus, si ritirò in Svizzera, Max Beckman in Olanda, Kandinskij in Francia. Altri invece cercarono di adattarsi alle esigenze del regime, e restarono in Germania nonostante la confisca delle loro opere da parte dei nazisti: questo fu il caso di Nolde.

Altri ancora, invece, risentirono più fortemente delle conseguenze della guerra e della repressione nazista: Kirchner, ad esempio, anche a causa del rifiuto delle sue opere da parte della società, si ammalò di depressione e si suicidò nel 1938.


Appena entrati attraverso una stretta scalinata si accedeva alle prime stanze della mostra. Le tele, spesso senza cornice, erano state volutamente esposte in modo caotico e disordinato ed erano accompagnate da slogan sarcastici che puntavano a ridicolizzarle. Oppure erano accostate a disegni realizzati da veri malati mentali a titolo di confronto e di denuncia della corruzione.

Talvolta era indicato anche il prezzo esageratamente alto che i musei avevano precedentemente pagato agli "speculatori ebrei" per comprarle.

Ovviamente nessuno sottolineò il fatto che i prezzi così alti erano in parte dovuti alla forte inflazione verificatasi negli anni della Repubblica di Weimar.


Le opere definite degenerate erano accusate di sostenere una visione "bolscevica", "ebraica", o semplicemente antinazista. Anche se solo 6 artisti su i 112 le cui opere vennero esposte erano effettivamente ebrei, anche i lavori degli altri furono catalogati come appartenenti ad una razza inferiore e impura.  Le opere vennero suddivise in varie categorie tematiche come ad esempio: 'Manifestazioni dell'arte razzista giudaica', 'Invasione del bolscevismo in arte', 'La donna tedesca messa in ridicolo', 'Oltraggio agli eroi',' I contadini tedeschi visti dagli ebrei', 'La follia eretta a metodo' o 'La natura vista da menti malate'.

Ma non erano solo i soggetti dei dipinti ad essere criticati: anche lo stile tendente all'astrattismo, la visione deformata del reale, erano visti come sintomi di menti contorte e malate.


La mostra si basava su una vera e propria "teoria della degenerazione", diffusa dai saggi di Max Nordau, fondatore, tra l'altro, del sionismo. Egli si richiamava agli studi di Cesare Lombroso, antropologo e criminologo italiano, che affermò la teoria su cui si basa la fisiognomica: i criminali presentano dei tratti somatici caratteristici, innati ed ereditari. Secondo lo studioso, questa categoria di persone appartiene quindi ad un gruppo umano che ha subito un processo involutivo (contrario all'evoluzione "normale"), cioè degenerato.

Nordau riscontrò segni di questi caratteri atavici in molti musicisti, poeti, pittori e scrittori del suo tempo. Egli concentrò la sua analisi in particolare sulla letteratura dei simbolisti francesi e del movimento estetico inglese, mentre nell'ambito della pittura interpretò lo stile impressionista come sintomo di una distorsione della percezione visiva degli artisti.

Secondo Nordau, quindi, molti autori erano afflitti da malattie nervose e i loro disturbi mentali trasparivano nel disordine, nell'irrazionalità delle loro opere contorte e apparentemente prive di senso. Queste tele apparivano deviate e  incomprensibili perché i loro artefici avevano perso l'autocontrollo necessario a produrre un lavoro coerente. Egli sostenne le sue teorie confrontando le figure distorte dei dipinti moderni con fotografie di persone con deformità o malattie.

Gli ideologi razziali nazisti furono affascinati dalla teoria della degenerazione ereditaria di Nordau, e la utilizzarono per giustificare la loro politica culturale. Il regime aveva il dovere morale di combattere la degenerazione dell'età moderna, la corruzione con cui l'arte "ebrea", "bolscevica", l'arte "inferiore", tentava di contaminare la purezza di quella tedesca "ariana".









Per la copertina del catalogo dell'"Entartete Kunst" venne scelta un'opera 'primitivista' di Otto Freundlich, artista noto soprattutto per la sua tendenza verso l'astrazione, accennata anche nella geometrizzazione di questa scultura.








In conclusione, riuscirono i nazisti ad affermare il loro concetto di arte, e a screditare quella "degenerata"?

Sicuramente l'insistente propaganda del Terzo Reich contribuì a diffondere un tipico luogo comune, cioè l'incomprensibilità dell'arte d'avanguardia. D'altra parte, il fatto che essi considerarono come un serio problema il diffondersi di questa nuova concezione artistica ed utilizzarono molte risorse per distruggerla, è la prova della forza stessa di queste avanguardie: i nazisti in realtà le temevano, come temevano anche il loro potere comunicativo e di denuncia.


Gli artisti condannati dal regime, sentivano davvero di produrre lavori "degenerati"? Quali erano le ragioni delle loro scelte stilistiche così rivoluzionarie?

Ogni artista aveva delle precise motivazioni che lo spingevano ad adottare un certo linguaggio pittorico, non sempre realistico e convenzionale. Spesso una modalità espressiva caotica e apparentemente irrazionale voleva contestare le costrizioni della tradizione accademica, oppure la raffigurazione di figure deformi e deturpate mirava a denunciare gli orrori della guerra e gli aspetti negativi e della società, spesso rifiutati dall'arte ufficiale.

Anche per Kandinskij la scelta dello stile pittorico, nel suo caso dell'astrattismo, fu un'operazione consapevole e dettata da chiare esigenze. Per introdurre le sue riflessioni sull'arte ho deciso di partire da un suo quadro, non ancora completamente astratto, ma significativo per comprendere il suo pensiero.













Mosca I (Piazza Rossa)


Questo dipinto si avvicina allo stile impressionista, in cui vi è l'accostamento di macchie di colori puri e molto vivaci per delineare la città e gli elementi che la costituiscono. Non si tratta infatti di un quadro astratto, poiché l'intenzione dell'autore è stata quella di rappresentare una situazione precisa ed "esteriore": il tramonto del sole che cala su Mosca donando una particolare luce ai suoi palazzi, ai suoi grattaceli, alle ciminiere, ai ponti e agli edifici religiosi. Nel cielo si stagliano alcuni uccelli neri e uno splendido arcobaleno. Al centro si possono notare due figure, forse una coppia di innamorati, che contemplano la scena da una collinetta: quasi degli spettatori all'interno dell'opera stessa.

Se si osserva la tela nella sua globalità, se ne può individuare la costruzione: al centro vi è una zona più chiara e luminosa, mentre le estremità sono più scure. In particolare dagli angoli in alto sporgono degli ammassi di nuvole, da cui si dipartono dei raggi verso la zona centrale.

All'interno dell'area più chiara si trovano le due figure umane, circondate da un alone costituito prevalentemente da due colori: il giallo, che trasmette un'idea di positività ed energia, e il verde, che dà invece un senso di calma e pace. Secondo le indicazioni di Kandinskij, infatti, i colori sono in grado di suscitare delle emozioni nell'osservatore, e in questo dipinto suggeriscono gioia e vitalità.

L'esperienza del tramonto a Mosca segnerà profondamente il pittore russo, e resterà sempre tra i suoi ricordi più forti ed emozionanti, come egli afferma nell'autobiografia Sguardo al passato:


«Mosca si fonde in questo sole in una macchia che mette in vibrazione il nostro intimo, l'anima intera come una tuba impazzita. No, non è questa uniformità in rosso l'ora più bella! Essa è soltanto l'accordo finale della sinfonia che avviva intensamente ogni colore, che fa suonare Mosca come il fortissimo di un'orchestra gigantesca».


In questa descrizione la visione dell'artista si traduce in un'esperienza uditiva, in una 'sinfonia' di colori che ha cercato di trasporre anche nel dipinto. L'andamento delle linee e la ripetizione regolare di alcune forme suggeriscono in effetti un certo ritmo, un certo movimento dal sapore musicale, che richiama suoni gioiosi, esuberanti, maestosi. Tutte quelle ciminiere e quei palazzi allungati potrebbero ricordare i tubi di alcuni strumenti a fiato, oppure di un gigantesco organo.

Kandinskij resterà molto colpito quando, nel 1896, assisterà alla rappresentazione del melodramma wagneriano 'Lohengrin'. La musica suscitò in lui non solo le stesse sensazioni che aveva provato contemplando il tramonto a Mosca, ma anche le medesime immagini. Come se le note avessero disegnato nella sua mente i colori e le forme rimaste impresse in quel lontano ricordo, che sfumava nella dimensione fantastica e fiabesca:


<<I violini, I suoni profondi dei bassi, e soprattutto gli strumenti a fiato, in quel momento incarnarono per me il potere del tramonto. Vidi tutti i miei colori nella mia mente, stavano davanti ai miei occhi. Linee selvagge e caotiche erano abbozzate davanti a me. Oserei dire che Wagner ha dipinto musicalmente quella mia ora.>>


Pittura e musica


La relazione tra musica e pittura è fondamentale per Kandinskij, ed è largamente trattata nelle sue opere teoriche. Spesso egli utilizza termini musicali per parlare dei suoi dipinti: "composizione", "improvvisazione", strutture "melodiche" e "sinfoniche". Nei suoi scritti ricorrono anche numerose metafore che rimandano all'arte dei suoni:


<<Sentivo a volte il chiacchiericcio sommesso dei colori che si mescolavano>>


<<In generale il colore è un mezzo che consente di esercitare un influsso diretto sull'anima. Il colore è il tasto, l'occhio il martelletto, l'anima il pianoforte dalle molte corde. L'artista è una mano che toccando questo o quel tasto mette in vibrazione l'anima umana.>>                        [Lo Spirituale nell'Arte ].


Secondo Kandinskij la musica è "la più immateriale delle arti odierne", in quanto non rappresenta nulla della realtà ma si esprime esclusivamente con un suo linguaggio. Quindi essa è estremamente importante poiché, essendosi liberata completamente dalla forma esteriore e dalla dipendenza dalla natura, è il mezzo più adatto per comunicare emozioni e sensazioni, per interagire cioè con l'interiorità dell'artista e dell'ascoltatore:


<<Le esperienze musicali non sono di ordine acustico, ma puramente psichico>>.


E' proprio per questo motivo che la pittura si deve ispirare alla musica per progredire verso l'astrattismo puro e rendersi consapevole delle possibilità dei propri mezzi, come egli afferma ne Lo Spirituale nell'Arte :


«Con poche eccezioni e deviazioni la musica già da alcuni secoli è l'arte che non ha adoperato i suoi mezzi per ritrarre le manifestazioni della natura, bensì per esprimere la vita psichica dell'artista attraverso la vita dei suoni musicali (). Un'arte deve imparare da un'altra in che modo quest'ultima proceda coi mezzi che le sono propri e deve imparar ciò, per usare poi nello stesso modo i propri mezzi secondo il proprio principio, cioè nel principio che ad essa sola è peculiare».

Teoria dei colori: la sinestesia in Kandinskij


Il rapporto tra pittura e musica non si limita ad una subordinazione della prima alla seconda, ma procede oltre: infatti Kandinskij insiste fortemente sullo stretto legame che intercorre tra suoni e colori. Egli sostiene che le forme e le loro tinte siano dotate di una particolare risonanza musicale: ad ognuno di essi la mente umana è portata a far corrispondere una particolare esperienza acustica, e viceversa. Ne Lo Spirituale nell'Arte egli associa con precisione uno strumento musicale ad ogni colore:

- il giallo è messo in relazione alla tromba (acuta) o al verso del canarino;

- l'azzurro se scuro rimanda al violoncello, se tendente al nero al contrabbasso o all'organo, se chiaro al flauto;

- Il verde è collegato invece ai suoni calmi, lunghi e semibassi del violino;

- il bianco non ha suono, evoca il puro silenzio;

- il nero indica un "silenzio senza avvenire", una "pausa di chiusura", è il meno sonoro, mentre dall'accostamento con lui gli altri colori risuonano maggiormente;

- anche il grigio è privo di risonanza;

- Il rosso può apparire caldo, chiaro e risuonare come una fanfara, oppure freddo e allora rimandare al suono del violino;

- l'arancione è associato alla campana, alla viola, o al contralto;

- il viola è scostante, spento, triste come il suono di corno inglese, zampogna, o fagotto.


Ma non solo: egli individua relazioni anche tra i colori e gli altri sensi. Ad esempio utilizza la separazione delle tonalità in "calde" e "fredde", suddivisione accettata ancora oggi come universalmente valida e insita nella natura stessa del colore, ma che in realtà rimanda a percezioni tattili, non visive. Il pittore russo specifica come i colori "caldi", il giallo ad esempio, tendano ad espandersi verso lo spettatore, mentre quelli "freddi" come il blu, tendano ad allontanarsi dagli occhi, a far sprofondare lo sguardo nella tela, ad immergerlo sempre più a fondo nel quadro. Quindi ad ogni colore corrispondono anche delle sensazioni sensoriali di altro tipo (il pittore russo parlerà, ne Lo Spirituale nell'Arte, di "sapore dei colori") e delle emozioni. Ad esempio il giallo chiaro è inconsciamente associato al limone e ad un sapore aspro, e per questo "rende l'uomo irrequieto, lo punge, lo eccita e rivela il carattere della forza espressa nel colore, che opera sull'animo in modo arrogante ed esasperante", "un'intensità che diventa insopportabile all'occhio e all'animo", o ancora "raffigurazione colorata della demenza, di un eccesso di furore, della follia cieca, del delirio". Invece il rosso appare necessariamente caldo, poiché il nostro cervello lo lega all'idea della fiamma.

In conclusione, Kandinskij sostiene che la percezione di un colore porti con sé, oltre ad una prima impressione visiva puramente fisica, altre sensazioni appartenenti a sfere sensoriali diverse e ad emozioni psichiche, cioè dell'anima.

Ovviamente l'artista non propone queste corrispondenze come regole inderogabili e universali, poiché è convinto che tutte queste concezioni siano relative e che non vi possa essere nulla di preciso e assoluto né nell''arte, né nella realtà. Quindi questa classificazione non va presa come una teoria perfetta e quasi "matematica", ma come un tentativo di delineare le principali associazioni tra colori e tipi di suoni che secondo Kandinskij sorgono spontaneamente in ogni mente umana.

Il concetto di arte monumentale


Benché, come abbiamo visto, Kandinskij sottolinei l'importanza del ruolo della musica, questo non significa che voglia mettere le altre arti in secondo piano. Al contrario, egli vagheggia il raggiungimento di un'unione tra le diverse tecniche che dia origine a quella che lui definisce "arte monumentale".


L'artista russo vede in parte realizzarsi questo suo sogno utopistico in molte opere teatrali di Wagner in cui vi è la commistione di poesia, musica, danza, e pittura.

Nella riflessione kandiskiana sull'arte il processo sinestetico non è quindi solamente un espediente attraverso cui valorizzare particolari proprietà dei colori e degli accostamenti cromatici rilevandone la multisensorialità, come esposto nella sua teoria dei colori, ma è anche una sorta di obiettivo: secondo lui l'evoluzione dell'arte tende alla sinestesia, alla contaminazione tra le diverse sfere della percezione.


Anche oggi si sono sviluppate molte arti che coinvolgono ambiti differenti: basti pensare al cinema (suoni e immagini in movimento) o alla multimedialità.

Sempre più numerosi sono anche gli eventi che promuovono la valorizzazione dell'esperienza multisensoriale: degustazioni accompagnate dalla musica, proiezioni cinematografiche interattive (che aggiungono alle sensazioni uditive e visive anche sensazioni tattili e olfattive), mostre che cercano di coinvolgere più sensi diversi (come il "Dialogo nel buio" installato all'Istituto dei Ciechi di Milano), musei ed esposizioni multimediali.























Basi "scientifiche" della sinestesia


Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, Kandinskij sostiene che vi siano delle corrispondenze specifiche tra colori, forme, suoni, odori, e altri tipi di sensazioni.

Cosa c'è di vero e scientificamente provato in questa teoria?


Prendendo in considerazione le modalità di propagazione di luce e suono, si possono fare alcune considerazioni.

E' interessante notare come entrambi si propaghino sotto forma di onde, anche se sono rintracciabili numerose differenze:

- il suono ha bisogno di un mezzo per propagarsi, mentre la luce può viaggiare anche nel vuoto;

- l'onda sonora assume velocità diverse a seconda del mezzo che attraversa (ad esempio è più veloce nei liquidi che nei gas), la velocità della luce invece è costante;

- il suono viaggia in media ad una velocità molto più bassa (nell'aria è di 300 m/s) di quella della luce (300.000 km/s).


Tuttavia sono riscontrabili delle caratteristiche comuni a tutti i tipi di onde, cioè la lunghezza d'onda, la frequenza e l'ampiezza.

Se nelle onde sonore la frequenza determina suoni gravi o acuti, nelle radiazioni luminose questa determina il colore. Così è spiegabile come sorga spontaneo associare ai suoni più acuti (alta frequenza) colori luminosi, e a quelli più gravi (bassa frequenza) colori scuri.

Inoltre le onde sonore, propagandosi in modo sinusoidale come la luce, condividono gli stessi fenomeni ad essa associati, come l'interferenza, la diffrazione, la riflessione, la rifrazione, e anche l'effetto Doppler.

Questo effetto spiega la variazione di frequenza che avviene se la sorgente o l'ascoltatore sono in moto relativo (fenomeno percepibile ad esempio da un osservatore fermo superato da un'ambulanza con la sirena accesa).

Anche  per le onde luminose è valido l'effetto Doppler, e si manifesta, per esempio, nello spostamento verso il rosso delle righe spettrali della radiazione proveniente da galassie che si allontanano dalla Terra, la cui osservazione ha permesso di misurare la velocità di espansione dell'Universo (chiamata appunto Red Shift).

Nonostante queste affinità, è impossibile stabilire in modo scientifico una precisa corrispondenza tra colori e suoni: in questo caso entrano in gioco anche fattori soggettivi.


L'esperienza sinestetica, intesa come contaminazione di diverse sfere sensoriali, è comune a tutte le persone. Può capitare che la percezione di un odore o di un sapore evochi impressioni di altri sensi, o la vista di un cibo richiami nella mente il suo sapore. Questo è dovuto al fatto che i cinque sensi, pur essendo autonomi, spesso interagiscono tra di loro.

E' inoltre è dimostrato che la maggior parte delle persone tende ad associare a certi suoni determinati colori. Questo tipo di corrispondenze è universalmente riconosciuto, come anche la percezione "visiva" delle vocali: O e U a tinte scure, A, E, I con luminosità crescente, ed è valido nonostante la differenza di pronuncia nelle diverse lingue. L'uomo è quindi in grado di associare variazioni cromatiche a variazione uditive.


Esistono poi degli individui particolari, chiamati "sinesteti", dotati del cosiddetto "ascolto colorato", in grado di percepire colori e forme a seconda del suono udito. Questo è un processo che avviene in modo immediato e involontario, ma la sensazione persiste ed è insopprimibile, come se suono e colore fossero un tutt'uno.

Spesso i sinesteti sono addirittura in grado di collegare a suoni non solo colori, ma perfino forme, linee e figure, anche se molto semplici. Queste immagini possono variare di grandezza e luminosità a seconda del volume del suono (suoni più acuti evocano forme più piccole), e della sua velocità (ad esempio se la musica avrà un ritmo molto veloce, la forma diventerà spigolosa e tagliente).

Lo stesso principio è oggi utilizzato in alcuni riproduttori musicali per computer, come windows media player. Mentre si ascolta un brano sullo schermo compaiono forme astratte che si muovono, cambiano colore, si deformano, svaniscono, il tutto in perfetta sincronia con la musica. Viene così riprodotto in modo artificiale ciò che dovrebbe percepire chi possiede un "ascolto colorato".


Concludendo, ognuno di noi è dotato di "collegamenti sinestetici" nel proprio cervello, e quelle correlazioni tra i diversi sensi, che nei sinesteti sono portate allo stadio estremo, sono presenti anche tra le persone "normali".

Tutti sono quindi in grado di cogliere particolari corrispondenze tra impressioni sensoriali differenti.


























La sinestesia nella letteratura simbolista: Rimbaud


Nella letteratura la sinestesia è quella figura retorica che consiste nell'associare due termini appartenenti a sfere sensoriali diverse. L'effetto ottenuto è quello di aumentare l'efficacia comunicativa, di sfumare il significato di una parola grazie ad un accostamento inusuale.


Verso la fine dell'ottocento i poeti simbolisti inaugurarono una rivalutazione della sinestesia  e la considerarono come una valida modalità espressiva, in grado ritrarre alcune impressioni in modo suggestivo. Esemplare è in proposito la poesia di Arthur Rimbaud "Vocali", in cui ad ogni lettera sono associate altre percezioni sensoriali.


Voyelles (1871)  da Poesie


A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu; voyelles,
Je dirai quelque jour vos naissances latentes:
A, noir corset velu des mouches éclatantes
Qui bombinent autour des puanteurs cruelles,


Golfes d'ombre; E, candeurs des vapeurs et des tentes,
Lances des glaciers fiers, rois blancs, frissons d'ombelles;
I, pourpres, sang craché, rire des lèvres belles
Dans la colère ou les ivresses pénitentes;


U, cycles, vibrements divins des mers virides,
Paix des patis semés d'animaux, paix des rides
Que l'alchimie imprime aux grands fronts studieux;


O, supreme Clairion plein des strideurs étranges,
Silences traversés des Mondes et des Anges;
- O l'Oméga, rayon violet de Ses Yeux!


Vocali


A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
Io dirò un giorno le vostre origini misteriose:
A, nero manto villoso delle mosche lucenti
Che ronzano intorno a fetori crudeli,


Golfi d'ombra; E, candori di vapori e di tende,
Lance di fieri ghiacciai, re bianchi, brividi di umbelle;
I, porpore, sangue sputato, riso di belle labbra
Nella collera o nelle ebbrezza penitenti;


U, cicli, vibrazioni divine di mari verdi,
Pace dei pascoli seminati di animali, pace delle rughe
Che l'alchimia scava nelle ampie fronti studiose


O, Tuba suprema piena di stridori strani,
Silenzi attraversati dai Mondi e dagli Angeli:
- O l'Omega, raggio violetto dei Suoi Occhi!


Questa poesia non presenta una situazione definita, ma è formata da un susseguirsi di immagini, impressioni, e diverse sensazioni sensoriali. Il poeta associa ad ognuna delle cinque vocali dapprima un colore, poi altri elementi, seguendo corrispondenze e fili di pensiero che sfiorano l'irrazionalità. Il processo analogico è molto forte, come anche quello fonosimbolico, che conferisce un significato al suono e alla musicalità delle parole.

Alla prima vocale è associato il colore nero, che richiama alla mente del poeta il corpo scuro e peloso delle mosche (sensazione tattile e visiva), le quali a loro volta rimandano al ronzio (sensazione uditiva) e a qualcosa in putrefazione (sensazione olfattiva). I fetori sono detti "crudeli", suscitano cioè paura e senso di morte. Si può notare che in questa strofa vi è una concentrazione di suoni cupi e duri (c, r, u).

A questa descrizione si contrappone quella riferita alla "E", più fresca e serena: vapori, tende, montagne appuntite e imbiancate, petali leggeri e luminosi. Predominante è l'insistenza sul colore bianco, ma le sensazioni presentate non sono solo di natura visiva: ve ne sono anche di tattili (vapori, lance, ghiacciai, brividi). Questi versi appaiono più distesi e sereni grazie alla presenza del suono aperto di molte E ("candeurs des vapeurs et des tentes, // Lances des glaciers fiers, rois blancs, frissons d'ombelles").

Invece la forma sottile della "I" è associata al rosso e a immagini di violenza (lo schizzo di sangue), di splendore (la porpora evoca l'idea di stoffe pregiate, o di un tramonto solenne) e di sensualità (le labbra che ridono in preda a forti emozioni). La frequenza con cui compare la consonante "r" in questi versi sottolinea l'aggressività di questa vocale secondo il poeta.

La U, associata al colore verde, evoca immagini calme e rassicuranti, il mare, i pascoli, le fronti quiete degli studiosi. Questa staticità è accentuata dalla ripetizione della parola "pace". La forma della vocale allude invece ad un moto circolare, simbolo di perfezione.

Infine la O, in virtù della sua forma, evoca la tromba del giudizio universale, i mondi e il cerchio dell'universo, gli occhi. Inoltre suggerisce al poeta degli "stridori strani" che rompono quel silenzio presentato subito dopo nell'immensità dello spazio celeste. Questa vocale è l'ultima dell'alfabeto greco: indica un limite, una conclusione. Gli occhi da cui è emanata quella luce violetta potrebbero essere proprio quelli della morte: così si chiude il ciclo avviato dalla prima lettera, la "A", che corrispondeva al nero, colore funebre. D'altronde il mistero della vita, della nascita, che il poeta si propone di svelare, non può non essere correlato con la morte, suo opposto.


Altri spunti.


Anche nella letteratura italiana non mancano esempi dell'impiego della tecnica sinestetica.

Primo fra tutti si può ricordare Pascoli, il quale dà particolare rilievo a questa tecnica per creare suggestivi accostamenti. Egli la utilizza ad esempio nella poesia "Arano". Questa lirica si conclude con l'immagine del pettirosso nascosto tra i rami, e del suo canto, definito "sottil tintinnio come d'oro". La sensazione acustica, accentuata dall'onomatopea, si fonde con quella visiva della brillantezza e luminosità dell'oro.

Anche nell'"Assiuolo", componimento caratterizzato da una forte musicalità (basti pensare all'onomatopea "chiù", alle anafore, alle consonanze), è rintracciabile una sinestesia: "soffi di lampi". In questo caso all'immagine visiva del lampo è accostata quella tattile del soffio, che suggerisce l'idea della rapidità, ma anche della fragilità e transitorietà del lampo.

Ungaretti invece conferisce grande importanza alle sensazioni evocate dall'impatto grafico-visivo di una poesia: lo spazio bianco impregnato di silenzio, l'isolamento di parole chiave che paiono "distaccate" dal resto del verso. Questa tecnica rientra comunque nel campo dell'esperienza sinestetica: è infatti verificato che vi sono relazioni tra la "taglia" della lettera e il suo "volume" uditivo. Ad esempio la "i" è percepita visivamente come sottile e piccola, e quindi anche più "luminosa".

Bibliografia


Testi scolastici:


- "Eikon, guida alla storia dell'arte 3" di Emma Bernini e Roberta Rota - Editori Laterza

- "Tempi dell'Europa e tempi del mondo 3" di De Bernardi, Guarracino e Balzani - Edizioni scolastiche Bruno Mondadori

- "Il sistema letterario 2000, testi 7" di S. Guglielmino e H. Grosser - Casa Editrice G. Principato

- Appunti delle lezioni in classe


Altri testi:


- "Kandinsky" della collana I classici dell'arte, il Novecento del Corriere della Sera - Ed. Rizzoli / Skira

- "Wassily Kandinsky, Tradizione e astrazione in Russia, 1896 - 1921" di Doriana Comerlati - Ed. Gabriele Mazzotta

- "Vasilij Kandinskij" Fondazione A. Mazzotta - Ed. Gabriele Mazzotta

- "Lo Spirituale nell'arte" di W. Kandinskij - De Donato Editore

- "Punto, linea, superficie" di W. Kandinskij - Adelphi Edizioni


Siti internet:


- Wikipedia, l'enciclopedia libera ( www.wikipedia.org )

Scarica gratis Wassilij Vasil'evic Kandinskij
Appunti su: libri sul Bauhaus censurate durante il perioso nazista,



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