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L'interesse filosofico per la prospettiva tra pragmatica e semiologia dell'arte




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L'INTERESSE FILOSOFICO PER LA PROSPETTIVA TRA PRAGMATICA E SEMIOLOGIA DELL'ARTE




1.1 Il Realismo prospettico: dall'esattezza alla coerenza



La prospettiva, come artificio artistico finalizzato alla rappresentazione di uno spazio tridimensionale su una superficie bidimensionale, ê oggetto di studio di molte discipline sia letterarie che scientifiche. L'interesse per la prospettiva ê rivendicato dalla storia dell'arte e dalla scienza, grazie alla singolare convergenza che unisce in seno alla civilta del Rinascimento la perspectiva naturalis con la pittura. Non manca la sociologia che privilegia le influenze della cultura umanistica sulla trattatistica prospettica, nonché le condizioni economiche e sociali che hanno favorito l'emergenza del dispositivo artistico. Tuttavia nessuna delle singole indagini riesce a rendere conto della complessita dell'oggetto trattato.

Hubert Damisch parla al riguardo di una storia plurale1 capace di svelare l'importanza della prospettiva solo allo sguardo di piü discipline, in grado di collaborare nello studio e nella definizione di quella che puO essere ritenuta una delle invenzioni piü influenti della cultura occidentale.

Non a torto viene utilizzato il termine invenzione nei riguardi della prospettiva, poiché di questa si parla e non di scoperta. Tutt'altro che trascurabile, la scelta di utilizzare il sostantivo invenzione permette di evitare equivoci che hanno caratterizzato molte delle indagini sulla prospettiva, le quali la ritenevano esclusivamente un dispositivo di spiccato realismo, vale a dire in grado di rappresentare con assoluta fedelta il mondo come la vista umana lo percepisce. Grazie all'opera di Panofsky una parte delle ingenuita riguardanti la prospettiva ê stata dileguata. Se da un lato la sua prospettiva simbolica permette di approfondire lo studio dell'arte rinascimentale, individuandone, anche se marginalmente, gli aspetti che possono riferirsi alla teoria della conoscenza, dall'altro essa sviluppa uno schema hegeliano tramite il quale la prospettiva diventa una forma mentis atemporale. Conseguentemente il compimento della prospettiva coincide con la rappresentazione dello spazio isotropo e omogeneo della scienza moderna, sul quale la finestra albertiana, secondo Panofsky, aprirebbe i suoi battenti.

La questione dello spazio geometrico diviene cosI l'espediente che rende la prospettiva una prefigurazione filosofica delle teorizzazioni scientifiche proprie dell'eta moderna. L'ideologia della prospettiva si fonda su due speculazioni: la riproduzione fedele della realta quale appare alla vista e la rappresentazione geometrica dello spazio matematico moderno. Panofsky evita il realismo ma non l'anacronismo.

Sia White sia Francastel ritengono che la questione della rappresentazione dello spazio nella prospettiva non possa essere trattata univocamente. Se White teorizza l'esistenza di una prospettiva sintetica, in grado di rappresentare uno spazio geometrico piü fedele alla vista diversamente da quello della prospettiva lineare2, Francastel ritiene un errore il fatto di credere nel carattere privilegiato del sistema rappresentativo del Quattrocento. Il processo artistico non consiste nella riproduzione di elementi colti dai sensi in un momento dato e da angolo dato, bensI nella produzione di immagini, le quali racchiudono in sé elementi culturali. L'immagine ê un sistema di segni dialettici generati da un immaginario comune e organizzati secondo i canoni della coerenza e non dell'esattezza. Lo spazio artistico raffigura una

certa societa e un certo pensiero non una apprensione sensibile "Lo

spazio plastico in sé ê un miraggio. Sono gli uomini che creano lo spazio dove si muovono e si esprimono. Gli spazi muoiono e nascono come le societa: vivono e hanno una storia"3.

Letture di questo tipo permettono la comprensione del carattere

problematico della prospettiva, poiché la visione e lo spazio che essa mette in scena sono prodotti storicamente determinati. La prospettiva rinascimentale teorizzata da Alberti e Piero della Francesca ê il dispositivo che dimostra questa tensione tipica del mondo Quattrocentesco. Anziché essere solamente la coincidenza delle leggi della visione con quelle della rappresentazione ai fini realistici della pittura, la prospettiva si rivela un artificio pittorico in grado di esprimere la disposizione incoativa del sapere rinascimentale.

La prospettiva ê stata fin dalla sua genesi narrata nel De pictura di Leon Battista Alberti un artificio estraneo all'univocita. Come scrive Wajcman "C'ê nel trattato di Alberti una sorta doppio movimento, l'intreccio di due fili estranei, eterogenei, nello stesso tempo scientifico e mitologico. Da una parte, la prospettiva che pone la prospettiva sotto lo sguardo dell'ottica geometrica, e, nello stesso

tempo, il riferimento a Narciso come mito d'origine della pittura"4.



Panofsky sbaglia nell' assegnare precocemente un' intuizione moderna dello spazio ai pittori rinascimentali, nondimeno riesce a mettere in luce per primo l'essenziale contraddittorieta del dispositivo prospettico, qualificandolo come un'arma a doppio taglio "CosI la storia della prospettiva puO essere concepita a un tempo come un trionfo del senso della realta distanziante e obiettivante, oppure come un trionfo della volonta di potenza dell'uomo che tende ad annullare ogni distanza; sia come un consolidamento e una sistematizzazione del mondo esterno, sia come ampliamento della sfera dell'io"5.

In questo bellissimo passo Panofsky formula la trasformazione



di un problema che da estetico diviene epistemologico: la visione, come insieme di regole alle quali la prospettiva si richiama per giustificare la scientificita della rappresentazione, prima di essere esclusivamente una geometria di matrice euclidea, ê l'instaurarsi di una relazione tra due poli sempre in contesa. Tale relazione non ê piü solo artistica ma conoscitiva "Posso concludere che, radicalmente,

senza la prospettiva, non c'ê alcuna distanza pensabile e dunque alcun


Nel suo trattato sulla pittura Alberti dichiara l'arte capace di riprodurre fedelmente l'esperienza visiva "Delle chose quali non possiamo vedere, niuno nega nulla apartenersene al pictore; solo studia il pictore fingiere, quello che si vede"7.

Affinché questo avvenga, Alberti unisce la visione alla rappresentazione, creando cosI una vera ottica dell'arte. Nel descrivere il processo della visione tramite i celebri raggi visivi (extremi, mezzani, e centrico8), Alberti trasporta la teoria ottica medievale in ambito estetico e questo gli permette di coniare la definizione della pittura come intersezione della piramide visiva




Qual cosa se cosI ê, quanto dissi, adunque chi mira una pictura, vede certa intersegatione d'una piramide. Sara dunque pictura non altro che una intersegatione della piramide visiva, secondo distantia, posto il centro et costituiti i lumi in una certa superficie con linee et colori artificioso rappresentata9.



Assumendo come criterio di scientificita le teorie ottiche medievali, la prospettiva si arroga il diritto di poter dimostrare una

verita sul mondo sensibile. Ma, spostando la problematica dal campo ottico a quello artistico, la prospettiva involontariamente diviene portatrice di una nuova concezione della visione estranea alle teorie ottiche antiche.

L'esperienza prospettica porta lo spettatore a domandarsi se la visione non sia un continuo esercizio di lettura e interpretazione di qualcosa, che posto ad una certa distanza, assume una coerenza compositiva. L'esperienza prospettica introduce quel sentimento di conquista e lavoro che caratterizza il rapporto al visibile nella modernita, rompendo in tal modo con un realismo della visione proprio delle teorie ottiche antiche "In altri termini, l'esteriorita sensibile- per gli Antichi- ê sempre la, data nell'atto stesso del senso, mentre negli autori moderni lei non si da che al termine di una conquista e ancora in maniera incerta e precaria"10.

Inoltre Alberti sceglie di tralasciare ogni discorso inerente la

natura di ciO che viene trasmesso nel processo della visione e ogni teoria fisiologica riguardo l'emissione o la ricezione dei raggi visivi, al fine di privilegiare solo l'aspetto geometrico. Tale presa di

posizione esplicita, sottolineata piü volte da Alberti in varie pagine del suo trattato " Noi la descriveremo a nostro modo" 11e "Ma in ogni nostro favellare, molto priegho, si consideri me non chome matematico ma come pictore scrivere di queste cose"12, rende palese la forza del modello prospettico del teorico fiorentino. Infatti, escludendo ogni indagine fisiologica o ontologica sulla natura del vedere, Alberti crea una teoria della rappresentazione che simula le cause della visione "La rappresentazione prospettica ê la produzione di una visione artificiale per simulazione -su una tela- delle cause della visione naturale"13.

Se la pittura simula le cause della visione significa che oltre


l'apparente ossatura geometrica della piramide visiva c'ê dell'altro: essa agisce sullo spettatore come una metafora. Le costrizioni che subisce l'osservatore albertiano di fronte al quadro, in aggiunta all'esplicita negligenza della condizioni fisiologiche della visone, obbligano a trovare un secondo piano di lettura.

La geometria di Alberti ê la geometria dell'osservatore rinascimentale non del geometra moderno. La costruzione legittima ê

tale non perché atemporale quanto perché adatta alla mentalita e all'approccio dell'uomo al mondo tipico del periodo rinascimentale. Infine, prima di divenire modello epistemologico per l'eta classica, la prospettiva ê l'enigma che riassume la nuova gnoseologia quattrocentesca. L'esperienza prospettica ê cieca poiché la sua verita risiede altrove: essa consiste nella sperimentazione da parte del fruitore di un nuovo rapporto che lo lega al mondo.

La metonimia che si realizza nel passaggio da un problema ottico ad artistico, stravolge la gerarchia tra visione e prospettiva. In questo modo svanisce anche la distinzione tra perspectiva naturalis e artificialis, poiché vedere ê sempre essere costretti alla dittatura del punto di vista. Come magistralmente riassume Wajcman "Non c'ê altra prospettiva che quella artificiale"14.

La questione della visione nella prospettiva, lungi dall'essere



solamente un requisito che giustifica un'interpretazione realistica dei fini della pittura, ê invece una problematica che promuove una nuova idea di visione, come relazione estetica e conoscitiva basata sulla distanza.

La novita che introduce Alberti rompe la continuita tra

osservatore e mondo "Dato il punto di vista e la distanza, la pittura intercetta lo sguardo. Fra l'occhio e il mondo, mette una immagine

'vera', rende visibile una sezione della piramide invisibile nella quale la vista si effettua"15.

Tuttavia tale relazione non ê ancora il modello epistemologico dell'eta classica che Heidegger accusa negli Holzwege. Come ricorda Panofsky, l'utilizzo di norme fisse e scientificamente fondate in pittura attua solo in parte le norme che caratterizzano la relazione tra l'uomo e il mondo nel pensiero scientifico moderno. L'arte del Rinascimento "raggiunse questo suo importantissimo scopo sempre subordinandosi all'ipotesi (universalmente accettata) che al di sopra del soggetto e dell'oggetto esistesse un sistema di leggi universali ed assolutamente valide, da cui quelle norme dovessero essere derivate, e la cui definizione rappresentasse il compito specifico della teoretica

dell'arte"16.



Come mette bene il luce Iacono la questione della rappresentazione prospettica ê sempre coinvolta in un radicale dualismo "La pittura rappresenta le realta attraverso tecniche

dell'imitazione oppure interpreta la realta, usando quest'ultima come referente per esprimere il rapporto che si instaura tra pittore e oggetto della sua pittura, tra osservatore e osservato?" 17.

Altro equivoco che conduce gli studiosi a considerare la prospettiva solamente un artificio finalizzato alla riproduzione esatta del reale, ê la questione dello spazio pittorico.

Alberti piü volte si richiama alla geometria come competenza fondamentale dei pittori"pertanto affermo sia necessario al pictore inprendere geometria"18.

La geometria, finalizzata alla realizzazione del pavimento a

scacchiera su cui verranno a posizionarsi le figure, ha portato ingannevolmente molti studiosi a ritenerla una formulazione ante litteram dello spazio moderno. Primo fra tutti Panosfky che sembra tuttavia ritrattare e integrare le sue posizioni nei lavori successivi. Per evitare tale equivoco l'attenzione deve essere diretta su due concetti ulteriori che vengono mobilitati nel trattato di Alberti: la finestra e la storia. Tale spostamento di interesse permettera l'interpretazione del dispositivo prospettico come una tecnica capace di generare immagini,

vale a dire oggetti la cui logica compositiva risponde ai canoni della coerenza.



La capacita di riassumere in sé elementi eterogenei e di lasciarli convivere, anziché minare le fondamenta teoriche della prospettiva, ne regola il funzionamento e ne permette l'efficacia. Se la filosofia vuole reclamare un campo di indagine sulla prospettiva, non puO che dedicarsi alla ricerca della sua struttura paradossale, inserendola in un orizzonte piü ampio, in grado di legittimarla e non di darle risposta.








1.2 Apertura sulle leggibilita: la finestra e la storia






La geometria della visibilita descritta nel Della pittura non produce una teoria scientifica dei fenomeni. Come ricorda Damisch, pensare di assimilare l'utilizzo della geometria nel trattato di Alberti alla riduzione dei fenomeni all'ordine e alla misura equivale a "dimenticare che la geometria dei Greci, alla quale fa riferimento l'autore del Della pittura, era una geometria finita che non aveva come oggetto lo spazio, ma le figure e i corpi cosI come sono descritti o delineati nei loro limiti, che si tratti del contorno che li circoscrive o delle superfici che li racchiudono, per riprendere la definizione data

dall' Alberti stesso"19.



Il pavimento a scacchiera non ê che uno dei termini messi in gioco nella creazione dell'immagine in prospettiva, esso si snoda tra la finestra e la storia. La fortunata metafora del quadro come una finestra che si apre sulla storia deve essere analizzata piü attentamente, al fine di approfondire la natura e le potenzialita della prospettiva legittima.

La finestra albertiana non ê un termine di una similitudine, al contrario, essa descrive l'atto tramite il quale ogni quadro deve essere realizzato. E' un gesto inaugurale che descrive la natura ontologica della pittura tramite l'operativita che caratterizza il suo nascere e il suo essere. Se la finestra non ê una semplice analogia, la sua connotazione operativa legittima l'ipotesi secondo la quale essa si apre non sulla storia, ma per essa. In altre parole, in quanto condizione della realizzazione del quadro e della sua visibilita da parte dello spettatore, la finestra apre su una possibilita. A questo atto si accompagna la nozione di storia che promuove, insieme alla finestra, una nuova logica della visibilita. Ponendo l'accento sulla storia e non sul pavimento geometrico che essa sottende, Alberti assimila la

visibilita alla leggibilita. La rappresentazione dello spazio secondo le regole della prospettiva (la convergenza delle ortogonali al quadro nel punto di fuga, l'equivalenza del punto di fuga e punto di vista, l'orizzonte ecc.) si subordina alla messa in scena di una storia, la cui logica compositiva, destinata ad essere letta e svelata dallo spettatore, rileva uno stretto legame con la retorica. La compositione20, l'operazione mediante la quale le figure che compongono la storia vengono a posizionarsi sul terreno geometrico, segue una logica di matrice retorica che permette di assimilarla ad una vera figurazione linguistica. Come scrive Baxandall "La nozione di compositio costituisce in effetti una metafora ben precisa, che presta alla pittura un modello d'organizzazione tipico della Retorica. Ogni allievo di una scuola umanista aveva imparato ad applicare al linguaggio il concetto tecnico di compositio. Questo designava, non quello che noi intendiamo per "composizione letteraria", ma il montaggio d'insieme di una frase o periodo sviluppato"21.

Il dispositivo prospettico informa sulla natura del visibile,

divenuto uno spazio logico-narrativo del quale la leggibilita ê il criterio decifrante per eccellenza. Alberti nelle prime pagine del suo sts. La découverte de la composition en peinture, Ed. de Seuil, Parigi, 2013, p. 207.


trattato, declina un vero e proprio alfabeto del visibile la cui unita minimale ê il segno. Lo sguardo dello spettatore sperimentera che i criteri per giudicare un quadro sono gli stessi per giudicare una storia scritta22, ma in virtü del legame con l'ottica medievale, lo spettatore sperimentera altresI che tali criteri sono gli stessi per decifrare anche il visibile.

Nella questione della prospettiva si riassume la condizione di ogni visibilita che si basa sull'interazione tra tre elementi: il soggetto/spettatore, l'oggetto/storia e la finestra/rappresentazione. La prospettiva propone un modello epistemologico importante fin dalle sue origini, ma la condizione del sapere e il rapporto dell'uomo al mondo nel Rinascimento ne impediscono la piena evoluzione. Ed ê solo in tale orizzonte piü ampio che si inscrive la possibilita di comprendere la natura eterogenea del dispositivo prospettico. Tale orizzonte permette di rivalutare il carattere storico della rappresentazione del Quattrocento: essa adatta uno certo stato del sapere matematico alla rappresentazione di un certo universo in cui le distanze fisiche tradizionali entrano in disaccordo con quelle mentali.

Al riguardo scrive Francastel: "Domandiamo a Euclide il segreto di un' interpretazione e non di una nuova visione dello spazio"23.



In questo modo la storia assume un' importanza strutturale e teorica enorme, in quanto permette di individuare il sottofondo estetico che ogni relazione conoscitiva al mondo presume: "Grandissima opera del pictore sara l'istoria"24.

Un equivoco che puO sorgere nel privilegiare la storia all'interno della teoria albertiana, ê ritenere l'iconografia la disciplina alla quale afferire per comprenderne la struttura. In altre parole, considerare la storia dipinta come una semplice riproduzione della narrazione di un evento gia accaduto, ê ridurre lo spettatore ad un erudito. La subordinazione della rappresentazione dello spazio geometrico alla storia dipinta deve essere concepita in termini semiologici e non iconografici: la pittura piü che imitare la realta mette in scena un pensiero del segno.

Questo punto ê centrale. Se la pittura mette in scena un pensiero del segno, significa che essa non puO che darsi come una rappresentazione, nel senso filosofico del termine. L'iconografia si

rivela essere insufficiente alla spiegazione del dipinto in prospettiva, in quanto essa, come ricorda Damisch, ha orrore del vuoto25. Se la storia non puO essere ridotta a una rappresentazione di un evento accaduto nella realta, a cosa puO essere ricondotta ?

Darsi come rappresentazione significa essere una duplicazione della realta che non intrattiene con questa rapporti di perfetta somiglianza, ma di significazione. Se la storia indica l'avvento di un nuovo pensiero del visibile basato su una sua intelligibilita linguistica, la gnoseologia rinascimentale impedira il totale dispiegarsi del suo valore conoscitivo. La profonda paradossalita del sistema prospettico, prima di risolversi nel dominio moderno del soggetto, si rivela essere la figurativita di un mondo le cui trame sono tessute da Dio.

Questo significa che la coincidenza delle distanze iconiche con le distanze fisiche, cioê il fatto che la distanza dal quadro sia assimilabile alla distanza dal mondo, lungi dall'essere semplicemente frontale, si rivela essere mobile e obliqua: anamorfica. Il testo del quadro per essere compreso, deve essere letto da piü parti e decifrato grazie al giusto spostamento. Lo scarto da una posizione all'altra che la prospettiva mette in scena permette allo spettatore di comprendere

la natura della storia, al soggetto di muoversi nel mondo, ai saperi di costruirsi e alla rappresentazione stessa di oscillare entro due regimi figurativi eterogenei. Ma tale movimento non trova soluzione a causa della condizione storica dell'uomo e dei suoi saperi nel Quattrocento. Se la semiologia dell'arte rivela questo continuo movimento, nello stesso tempo rivela che ogni prospettiva ê anamorfosi, nella misura in cui richiede per essere letta lo spostamento, lo scarto e la ricerca inquieta.




1.3 Il pensiero del Segno



Un pregiudizio diffuso riguardo la prospettiva ê considerarla una costrizione per l'occhio dello spettatore, tale da togliergli ogni possibilita di movimento dal luogo che la pittura gli assegna.

La riduzione dello spettatore al un punto geometrico non ê da considerarsi un'imposizione di immobilita. La prospettiva nel Rinascimento assegna allo spettatore una minima liberta di movimento, mediante la quale si costituisce la relazione tra uomo e mondo. Tale relazione che ha come centro emittente l'occhio geometrico della spettatore, come base l'oggetto mirato e come termine medio la finestra, ê generata da un movimento che il dispositivo prospettico dimostra e dissimula nello stesso tempo. I due

punti che la prospettiva assegna allo spettatore sono il punto geometrico e il punto del soggetto nella cui distanza si crea la rappresentazione.

Lo sguardo del Quattrocento che la prospettiva dipinge, ê uno sguardo capace di coniugare un senso scientifico e morale, nella misura in cui ê in grado di percepire la complessa costruzione prospettica intrisa di un senso allegorico. Lo sguardo del Rinascimento apre le palpebre sulla coesistenza armoniosa di Dio e uomo nel mondo. La prospettiva si configura come "simbolo analogico di una convinzione morale (occhio morale e spirituale) e come un cenno escatologico di beatitudine (le delizie sensibili del

paradiso)"26.



Nonostante la correttezza dell'intuizione, l'approccio sociologico alla prospettiva si rivela insufficiente, poiché l'appellativo di Simbolo analogico trascura l'originalita della proposta di Alberti. Se ê indubbia la presenza di una struttura duale che anima lo stesso dispositivo prospettico, questa deve essere reperita al livello della rappresentazione e non del simbolo. Come ci ricorda Iacono "nel De

Pictura di Alberti troviamo un'idea di rappresentazione che implica l'imitazione come riproduzione, come duplicazione dell'oggetto"27.



A tale riguardo la prospettiva si rivela essere un dispositivo paradigmatico in grado di permettere al suo interno l'avvento del concetto di rappresentazione-segno (duplicazione dell'essere). Questo comporta che, altrimenti dal simbolo, vi sia una partecipazione attiva del soggetto nel riconoscimento del segno. Come scrive Damisch "in un rapporto metaforico con le condizioni di piena oggettivita, di piena comprensione di un oggetto, da qualsiasi angolo e da qualsiasi punto di vista lo si consideri, in riferimento a un dato orizzonte e a una data distanza"28.

La prospettiva mette in scena una storia da concepire come una nuova logica del visibile piuttosto che una mera referenza iconografica. La rappresentazione che ne scaturisce diviene un segno dell'essere caratterizzato dall'opacita e dalla trasparenza. Queste sono le due caratteristiche della rappresentazione che fonderanno la gnoseologia dell'eta classica.

Tuttavia la filosofia ha permesso di reperirle gia nella rappresentazione prospettica rinascimentale, individuando una

componente opaca mediante la quale, la rappresentazione si denuncia come tale e una trasparente, mediante cui essa si dissolve di fronte all'oggetto duplicato. Tale capacita transitiva raggiunge la sua massima realizzazione nel momento in cui sulla tela sembra che "i morti dopo molti secoli essere quasi vivi, tale che con colpa molta admiratione del artefice et con molta volupta si riconoscono"29.

L'iconografia ê insufficiente perché non ê in grado di reperire i



luoghi dell'opaco ma solo quelli della trasparenza, non ê in grado di rendere conto del vuoto dal quale sorge la significazione prospettica come tale. In tali non luoghi verso cui lo sguardo ê costantemente attirato, la prospettiva svela la sua operazione e impedisce allo spettatore di perdersi nell'immagine, permettendogli al contrario di reperirsi come soggetto di enunciazione.

Gli zeri prospettici sono continuamente dissimulati all'interno della rappresentazione, basti pensare ai punti di fuga chiusi da porte o finestre, alla disposizione delle figure che ricalcano le linee del pavimento a scacchiera (la "caccia" di Paolo Uccello), ai gesti che indicano la costruzione sottesa alla storia, alle architetture che consigliano la profondita e ai veli che impediscono di vedere oltre.

Possiamo concordare con Belting quando riguardo del punto di fuga scrive: "Nella rappresentazione prospettica il punto di fuga ê il punto zero, a partire dal quale si possono misurare tutte le grandezze e le distanze. Questo ê il motivo per cui non lo si puO rappresentare, sebbene tutta le rappresentazione trovi in esso il proprio riferimento. Possiamo bensI identificarne il luogo sui diagrammi, ma la pittura, come anche il nostro sguardo empirico, puO soltanto postularne il luogo geometrico"30.

La questione della dissimulazione nella rappresentazione prospettica ê di capitale importanza, perché permette di individuare un certo rapporto con la verita che essa non ha mai tentato di eludere. Denunciandosi come rappresentazione, la prospettiva ha sempre fondato le sue esigenze sulla verita. La rappresentazione opaca non si da allo sguardo dello spettatore come una qualunque parte dello spazio reale, bensI interrompe il continuo percettivo costituendosi come rappresentazione desiderosa di essere letta e riconosciuta. La discontinuita figurativa ê la garanzia della veridicita dell'esperienza prospettica.

Tale rapporto con la verita, conviene ribadirlo, si costituisce come obliquo, cioê necessitante un atto di riconoscimento da parte del soggetto a cui viene offerta la rappresentazione (pragmatica dell'arte). Ma verita di che tipo ? Cosa consigliano i vuoti allo spettatore?

La rappresentazione prospettica cova in sé una tensione irrisolta che la sospende nel tempo. Tale sospensione ê quella dell'uomo e del suo sapere nel Rinascimento, ma prima di chiarificarla ê necessario approfondire ancora l'indagine.

Gli elementi meta-figurativi che presentano la rappresentazione permettono la difesa dalle accuse di illusorieta della prospettiva, ma ne mettono in luce una struttura di base essenzialmente esclusiva. L'attenzione a uno o all'altro degli elementi rappresentativi corrisponde un détournement dello spettatore "il richiamo dell'ordine e della legge, il segnale dell'azione rituale interrompe la contemplazione della storia rappresentata"31.

L'immagine del Quattrocento oscilla continuamente tra un riferimento a una realta naturale (connotato descrittivo) e un ordine intellettuale (connotato simbolico). Gli elementi meta-figurativi permettono il passaggio dall'uno all'altro dei registri della pittura, ne

autorizzano la reversibilita e allo stesso tempo ne suggeriscono la presenza.



La prospettiva non ê un dispositivo statico, bensI assegna liberta di movimento allo spettatore il quale, a seconda del luogo ricercato, vedra cambiare il senso dell'immagine. "Nel regime figurativo istituito nel Rinascimento, la rappresentativita del segno iconico, come quella della rappresentazione stessa ê guidata da una struttura caratteristica all'interno della quale si articolano i diversi sensi che sono contenuti nella definizione della parola rappresentazione: (ri)produzione, evocazione, sostituzione"32.

Rappresentare assume una doppia valenza semiologica in opposizione all'icona cristiana e al simbolo rinascimentale "L'historia albertiana realizza una teoria che si distacca radicalmente dalle semiologie dell'incarnazione e dell'espressione, facendo del segno pittorico una pura rappresentazione"33.

La pittura non da niente a vedere in assenza dello spettatore e ciO che essa rappresenta non ê l'oggetto, poiché ne ê separata ontologicamente. La prospettiva da sempre motivo di una doppia

lettura, sia al livello rappresentativo in cui essa si da come segno tra opacita e trasparenza, sia come modello pragmatico, in virtü del quale lo spettatore della storia diviene soggetto.

Gli studi semiologici hanno permesso di individuare che la celebre costrizione dello spettatore rinascimentale, in realta concedeva una liberta di movimento all'interno della prospettiva. La pragmatica artistica ne studiera gli effetti, mettendo il luce la pluralita e la complessita del dispositivo rinascimentale le cui implicazioni non sono ancora state appieno valutate.

Infine ê necessario sottolineare che, l'individuazione della natura dell'immagine in prospettiva costantemente tesa tra il descrittivo e il simbolico, scoperta avvenuta tramite gli strumenti di presentazione della rappresentazione, significa soprattutto che l'immagine accoglie nel suo grembo l'illusione e la deformazione. Essa sopravviene nel momento in cui lo sguardo dello spettatore invece di muoversi tra la storia e il punto di fuga, erra.

L'anamorfosi ê iscritta nel codice prospettico fin dalle origini, infatti "piuttosto che all'annientamento del sistema, lei lavora al suo deregolamento sistematico, e questo - ê necessario insisterci- tramite

gli stessi mezzi del codice, definito come regolatore" 34.



Le due non sono separabili: un codice regolatore accetta sempre dentro di sé una certa liberta di gioco.




1.4 Pragmatica artistica



La rappresentazione come duplicazione dell'essere si offre sempre allo sguardo di un soggetto, poiché la prospettiva ê il paradigma che lega soggetto, rappresentazione, oggetto e distanza. Il passaggio dalla rappresentazione alla presentazione ê il passaggio dalla pittura dipinta allo spazio in cui essa si da a vedere "Prima che ci si abituasse alla sua arte della mimesi, nella prospettiva si aprI improvvisamente il vertiginoso baratro dell'esperienza di sé. La teoria dell'arte a saperla leggere, fu pertanto e soprattutto una teoria dello sguardo. E, con lo sguardo, entrO in gioco il soggetto"35.

Emblematica a tale riguardo ê la figura dell' ammonitore che chiama lo spettatore ad assumere la giusta posizione riguardo ciO che avviene , scegliendo se privilegiare la storia oppure la costruzione che la rende possibile. Scrive Alberti



E piacemi sia nella storia chi admonisca et insegni ad noi quello che ivi si facci; o chiami con la mano a vedere; o con viso cruccioso et con li occhi turbati minacci, che niuno verso loro vada; o dimostri qualche pericolo o cosa ivi

meravigliosa; o te inviti ad piagniere con loro insieme o a ridere36.




La pittura cosI viene a dipendere dalla disponibilita dello spettatore a credere, condizione vincolante la riuscita dell'effetto voluto e l'instaurazione di una relazione conoscitiva. Lo spettatore deve reperirsi nella pittura che non sempre lo chiama ma lo espelle oppure lo dimentica. In questa dialettica tra l'essere attirato e l'essere respinto si sviluppa lo sguardo dello spettatore del Rinascimento. Il passaggio da un punto di vista all'altro ê la caratteristica della rappresentazione quattrocentesca, diversamente dall'icona cristiana che impediva qualsiasi spostamento in quanto eterna e congelata nello sguardo di Cristo.

Si articola dunque uno spazio costruito da un occhio plurale che sceglie di posizionarsi sull'asse della profondita oppure su quello della trasversalita. Secondo Louis Marin il dipinto grazie alla prospettiva ê in grado di compiere una rotazione di 90°, cambiando cosI il suo asse di riferimento. Tale movimento produce una strana conseguenza: "E' come se un secondo occhio fosse situato nella quinta di sinistra della scena, vicinissimo al piano del quadro e percepisse, da questo luogo

nascosto, come una larghezza, la dimensione della profondita aperta sul piano dalla relazione fra il punto di vista e il punto di fuga che l'occhio dello spettatore non potra mai vedere, poiché ê la visione stessa"37.

Questo occhio di sinistra ê l'occhio anamorfico il cui sguardo di scorcio ossessiona la rappresentazione. In altre parole l'occhio dell'anamorfosi sottolinea l'impossibilita per lo spettatore di assumere i due punti di vista contemporaneamente. L'esclusione obbliga lo sguardo a spostarsi continuamente e tale in movimento si genera l'estensione della rappresentazione nel Rinascimento. Tuttavia questo cambiamento non ê, come sara invece nel Barocco, un cammino di perdizione.

In un'incisione magnifica38 de Vries rappresenta le tre posizioni che l'osservatore puO assumere nei confronti della prospettiva. Nella convergenza del punto di fuga si trova un uomo che accoglie lo spettatore come un amico, in quanto ne rappresenta il riflesso speculare. Alla sinistra una figura losca appena uscita da una quinta teatrale immersa nell'ombra, sta per entrare nella rappresentazione per

turbarne la chiarezza espositiva. Infine, al centro, un uomo disteso somigliante ad un cadavere rappresenta la progressiva diminuzione delle grandezze verso l'orizzonte.

Nella sua Perspective del 1639, de Vries incide il cambio d'epoca che la prospettiva sottende. Il sentimento di illusorieta e di inquietudine che emergono dalla rappresentazione sono figli del Barocco. L'anamorfosi, come si nota bene dall'incisone, ha reso la distanza tra i due uomini incolmabile, sembra infatti che essi provengano da mondi diversi. L'uomo di destra non accoglie ma deride lo spettatore, il quale, a sua volta, piü che sentirsi accolto, si sente ingannato e in pericolo di poter fare la stessa fine del terzo uomo al centro dell'incisione.

Sono i vuoti che consigliano e indicano il passaggio da un piano all'altro della rappresentazione, ovvero dal piano della rappresentazione dello spazio a quello dello spazio della rappresentazione. Lo sguardo, chiamato dall'ammonitore a compiere tale passaggio, ê libero ma mai errante.

La scelta di un diverso punto di vista da parte del pittore e dello spettatore corrisponde alla scelta di un diverso messaggio da veicolare. A tale riguardo la pittura di Masaccio, Mantegna e Piero della Francesca risulta esemplare. Nei capolavori di questi pittori lo scarto tra ordine geometrico e ordine immaginario coincide con la natura del messaggio da veicolare. Arasse scrive "Coniugando paradossalmente le linee per impedire la percezione della profondita spaziale o dei volumi delle figure, comprimendo volumi e figure in un motivo piatto, Piero si abbandonava a un 'trompe-l'intelligence' mediante il quale invitava l'occhio dell'intelletto a ricostruire la profondita fittizia della rappresentazione, che la costruzione prospettica avrebbe, in se stessa, resa impercettibile all'occhio

sensibile"39.



In tal modo l'osservatore del quadro diviene agente attivo della rappresentazione, vale a dire un osservatore perspicace in grado di reperire la corretta posizione e nello stesso tempo del messaggio dissimulato.

Le teorizzazioni di Alberti e Piero della Francesca hanno fornito un modello teorico a cui la pittura non potra piü sfuggire. Il fatto che molte pitture non rispettino il cosiddetto lirismo della prospettiva, ossia un'ossequiosa osservanza della prospettiva legittima teorizzata da Alberti, permette di capire quanto i pittori avessero compreso le

potenzialita del dispositivo inventato e lo usassero a veri e propri fini didattici o euristici.



Tra punto geometrico e punto immaginario si instaura una dialettica che rende riconoscibile lo stile del pittore.

La perpendicolarita tra due piani da luogo alla lateralita della storia come nelle pitture di Carpaccio e Veronese. Al contrario, la sovrapposizione dell'uno sull'altro dona un senso di un'ascensione divina come nelle pitture di Tintoretto. Genio indiscusso della prospettiva ê Mantegna, il quale giocando non solo sullo scarto tra i due poli rappresentativi, ma anche sulla distanza effettiva tra il soggetto e il quadro, costringera lo spettatore ad inginocchiarsi di fronte alla salma di Cristo.

I pittori potranno scegliere come gestire la prospettiva, come costruirla a seconda degli obiettivi e dell'oggetto della rappresentazione. Potranno renderla gradevole all'occhio, oppure illusoria e irregolare creando confusione fra piani di costruzione. Potranno portarla fino alle sue estreme conseguenze, ma mai potranno ignorarla. Questa regolarita infrangibile ê garante della poesia della prospettiva. Il senso di familiarita e fascino provato di fronte alle pitture rinascimentali ê dato dalla sicurezza su cui l'impianto figurativo poggia le radici, a sua volta sorretto dalla Verita che anima gli intenti della prospettiva. Infrangibile ê la prospettiva come infrangibile ê il Cosmo.




1.5 Annunciazione e sapere rinascimentale



Lo spettatore ê chiamato ad essere perspicace per reperire la verita che continuamente viene nascosta e a fare intervenire l'occhio teorico perché possa vedere il senso che la rappresentazione ospita.

Ma l'occhio teorico dell'uomo rinascimentale ê un occhio religioso che cerca Dio. Le Annunciazioni dipinte dai maestri del Rinascimento, sono l'esempio piü emblematico delle finalita del dispositivo prospettico, la cui scienza geometrica si piega sotto il peso del messaggio divino. Lo spettatore chiamato ad assistere ê il credente, il quale alla ricerca del corretto punto di vista nella risoluzione delle incongruenze tra il punto geometrico e il punto dell'immaginario, diviene un vero e proprio osservatore perspicace di natura religiosa "L'invenzione di uno spazio regolato dal dispositivo prospettico ê, in qualche modo, investita teologicamente e misticamente dal mistero dell'Incarnazione e l'annunciazione del suo segreto"40.

La prospettiva non svela il segreto della Rivelazione, al contrario ê in grado di dimostrane la non figurabilita. Il mistero riesce ad accedere alla pittura e nello stesso tempo ê salvaguardata la sua logica divina.

Capolavoro della Rivelazione cristiana ê l'Annunciazione di Piero della Francesca in cui la dialettica tra piano e profondita rivela una relazione mistica tra l'angelo e la Vergine. La costruzione geometrica dissimula il fatto che l'angelo non possa in alcun modo vedere la Vergine direttamente, ma solo vedere in lei.

Il luogo di incontro tra profondita e lateralita dove avviene l'Annunciazione rivela la necessita di uno sguardo dello Spirito il quale, piuttosto che vedere la Vergine, ascolta l'eterno messaggio dell'Incarnazione "Lo spettatore ê chiamato a riconoscere queste strategie comunicative e di dissimulatrici cosicché l'efficacia semantica e pragmatica della rappresentazione in pittura lo riconduca alla contemplazione e, per forza degli schemi geometrici e cognitivi, alla credenza e alla fede"41.

La meticolosita con la quale i pittori del Rinascimento dipingono l'Annunciazione tutela il mistero e impedisce all'uomo di penetrarne il segreto. Il vuoto tra la Vergine e l'Angelo impedisce di comprendere il momento della comunicazione: il messaggio ê stato appena consegnato oppure sta per venire consegnato? Il vuoto ê imminenza o un'evanescenza del tempo?. Il carattere di eterna sospensione del presente caratterizza le Annunciazioni dei maestri rinascimentali. Inoltre in tale ambito di indecisione, si realizza la liberta dell'osservatore di credere o non credere all'incarnazione, di piegarsi oppure no al cerimoniale mistico della venuta del figlio di Dio.

Tale situazione di esitazione ê lo specchio di un Universo in cambiamento, che oscilla tra il polo della scientificita e il dell'immaginario. Se la prospettiva ê inscindibile da un pensiero antropocentrico tramite il quale l'uomo reclama "una posizione dalla quale appropriarsi del mondo sotto forma di immagini"42, ê altrettanto vero che il mondo, del quale tenta di appropriarsi, ê il quello scritto da Dio.

Il continuo movimento che la rappresentazione richiede affinché il soggetto la crei e la riconosca, permette di creare quello spazio della

storia che l'uomo riconosce come suo, uno spazio cioê misurato e posseduto. Lo spazio della rappresentazione ê indubbiamente uno spazio antropocentrico, ma non per questo scientifico.

La prospettiva mette in scena il rapporto duale che sussiste tra l'uomo e la Natura durante il Rinascimento, di conseguenza in alcun modo essa promuove una visione del mondo deteologizzata.

Il senso della vita dell'uomo non esclude Dio come non lo esclude la rappresentazione prospettica e se si ritiene la prospettiva un' invenzione legittimata dalla mentalita dell'uomo rinascimentale, non ê possibile escludere, ai fini di una sua spiegazione, il rapporto ambiguo che viene modificandosi tra Dio, l'uomo e la Natura.

La prospettiva esclude a priori qualunque cosa non possa essere ridotta alla geometria e in questa esclusione Dio diviene il contenuto non rappresentabile del senso nascosto nella Natura.

Gia Alberti nel suo Momo rivela quanto, lungi dall'essere oggetto di attenzione scientifica, la Natura sembra essere l'ultimo ente che conservi un bagliore di divinita, al contrario degli uomini falsi e meschini. Questa ê la reazione di Caronte, che appena uscito dagli inferi, rimane stupefatto dalla bellezza della Natura "Per strada, poi, Caronte vedendo che paesaggio piacevole e vario offriva la natura, i colli, le valli, le fonti, i corsi d'acqua,i laghi e cosI via, chiese a un certo punto a Gelasto da dove il mondo avesse attinto tutto quel lussureggiante splendore"43.

Se l'uomo nel Rinascimento rivendica un ambito d'azione tutto umano e una certa liberta nei confronti della tradizione letteraria e artistica, se l'atto creativo estetico in ultima analisi puO essere considerato altresI un atto di lucidita storica44, non per questo si rivela essere anche un approccio moderno al mondo, vale a dire basato sulla riduzione all'ordine e alla differenza del fenomenico. "Attraverso il velo [] il pittore scorge una natura naturata cioê curata modificata secondo la vecchia conoscenza di un ordine morale"45.

Se la prospettiva ê l'invenzione che figura lo sguardo dell'uomo sul mondo, tale sguardo ê costantemente guardato a sua volta da Dio. Come nell'immagine prospettica, anche nella conoscenza rivolta al mondo naturale il senso non si esaurisce mai in qualcosa di pienamente accessibile all'uomo, ma ê sempre essere accompagnato da quello divino. Scrive Arasse: "Nel sistema prospettico del Trecento

e del Quattrocento, l'uomo non esclude Dio dal mondo; si afferma tuttavia gia possessore e padrone insieme a Dio"46.



La prospettiva dunque circoscrive il luogo dell'agire umano e delle sue leggi, mentre Dio, per la sua stessa natura, non puO esservi rappresentato. La prospettiva ê un dispositivo esclusivo in virtü di una carenza rappresentativa e non di un' onnipotenza figurativa. In tal senso essa puO essere letta come un interrogativo riguardo le possibilita della conoscenza umana in un mondo retto da Dio. Alberti scrive che il pittore rispetto al filosofo ê in grado di scorgere una verita47, ma quale?

L'arte del Rinascimento ê come se consigliasse una certa esitazione dei riguardi dell'invenzione prospettica, in quanto tale artificio rappresentativo glorifica la potenza dello sguardo dell'uomo, indicandolo capace di ridurre ai criteri scientifici anche quel mondo che da sempre ê manifestazione di Dio.

L'intercambiabilita tra distanze iconiche e distanze fisiche, cioê il trasferimento del punto di vista dal dominio geometrico a quello dell'uomo dei confronti del Cosmo, ovvero il passaggio da un modello estetico a un modello conoscitivo, ê la tensione che anima la prospettiva fin dalle sue teorizzazioni originarie, la sua grande novita.

Ma affinché si completi e si palesi un'anima conoscitiva del dispositivo prospettico, ê necessario che lo spettatore sia soggetto cartesiano.

La prospettiva rappresenta uno spazio fittizio che ê la trasposizione esatta dello spazio operativo dell'uomo quattrocentesco: autonomo, storico e impegnato civilmente. Il nuovo spazio della liberta, figlia anche di un approccio filologico alle autorita indiscusse, l'opposizione ad un certo pensiero dell'uomo contemplativo, una vecchia metafisica dettata dalla teologia, e la contrarieta ad una certa scienza raziocinante e lontana dalla vita, contribuiscono a rivendicare ambiti della vita umana in cui l'uomo si definisce legislatore e padrone: la vita, la morale, la politica e l'economia.

L'uomo produce e conquista, ricerca un nuovo regime di evidenza, un ritorno alle cose stesse, il Cosmo diventa una possibilita e tale rivoluzione rivaluta anche quei tipi di sapere che la logica razionale e ascetica medievale aveva denigrato: magia, alchimia, astrologia tessono continuamente trame col pensiero scientifico rinascimentale. "Troppa parte della storiografia dall'800 in poi, e vorrei dire dal razionalismo illuministico in poi, ha inteso il Rinascimento come un avvio al divorzio tra raziocinare puro, cartesiano, scientifico, e forze oscure, vitali, anime dei cieli e delle cose, relitti diceva il Burckhardt, di antiche e medievali tenebrose superstizioni. In realta si lotta proprio contro quel divorzio e quel contrasto per una convergenza nuova" 48.

La lettura che il sapere rinascimentale da del mondo ê la storia di una progressiva conquista che non svela con prepotenza il senso divino delle cose, bensI con umile reverenza lo coglie.

La Natura a cui si rivolge l'uomo del Rinascimento ê viva, pervasa dai segni che nascondono e velano il loro Creatore. La profanazione della natura tramite il linguaggio democratico della matematica ê l'antitesi dell'operare dello scienziato rinascimentale, il quale conoscendo l'essenza divina del mondo, lo tutela in un linguaggio iniziatico. La Natura nel Quattrocento seduce e allude,in nessun caso obbedisce al principio di causa efficiente.

Conoscere ê interpretare "L'interprete, il dotto, deve tendere dall'esterno all'interno, dalla chiarezza al mistero, dalla parola all'ineffabile. Ogni sforzo ermeneutico dinanzi al libro della Natura, si configura sempre, non come ricerca di distinzione, ma come bisogno

dell'unita indistinta originaria: lo studio delle corrispondenze non ê un avvio a un ordine razionale fondato su rapporti chiaramente pensabili, ma esigenza dell' Uno padre, dell'Assoluto primario"49.

Tale sapere si muove in un orizzonte solidale, sicuro dove ogni cosa rimanda all'altra in virtü di una unione di fondo che il cosmo geocentrico assicura. La corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo non solo rende sicuro e quasi infallibile il naturalismo rinascimentale, ma gli conferisce anche un grande limite endogeno "Il mondo magico ê compatto e totalitario. Non viene facilmente incrinato, né soffre smentite"50.

La similitudine come categoria epistemologica rinascimentale assicura la struttura dello scibile e rende potenzialmente concepibile una distanza fra l'uomo e Dio, poiché il Cosmo chiuso e ordinato ê regolato da distanze immense ma non infinite. La cosmologia classica ê insieme garanzia e peso di ogni sapere rinascimentale "C'ê ovunque lo stesso gioco, quello del segno e del simile, ed ê per questo che la natura e il verbo possono intersecarsi all'infinito, costituendo per chi sa leggere come un gran testo unico"51.


Cosmo chiuso decreta la cumulabilita come categoria euristica dei saperi rinascimentali. La reciprocita presto si tramuta in circolarita "Sapere cumulativo, si potrebbe dire anche incoativo: a ogni distinzione o punto di vista nuovo lo stesso schema degli elementi si trova ripreso e conferisce un fondo di comune similitudine apriorica ad ogni livello della realta"52.

Il Cosmo finito decreta il cammino dell'interpretazione scientifica come incoativo, incapace di padroneggiare l'oggetto della sua indagine, incapace di svelarne il mistero poiché il linguaggio di scrittura ê quello di Dio.

Il problema del punto di vista ê incompatibile con un pensiero antropocentrico dove la liberta di movimento ê limitata. Paradossalmente si puO affermare che il punto di vista dell'uomo rinascimentale ê un punto fisso.

La prospettiva ê tutto questo, ê il miracolo del colpo d'occhio su una condizione umana complessa che rivendica un ambito di vita esclusivamente umano in un Cosmo chiuso. E l'interrogativo senza risposta che indaga la possibilita di convivenza tra un nuovo approccio

al mondo, sempre piü esperienziale, e un immaginario significativo divino al cui interno l'approccio umano deve sempre collocarsi.


Nella prospettiva si mette in scena e si nasconde: l'uomo ê assegnato al punto di vista, Dio ê assegnato al cielo.

La dissimulazione della presenza divina rende gli strumenti di presentazione della rappresentazione allusivi e invocativi. Tra il Creatore e l'uomo la pittura inserisce un breve scarto tra l'immaginario e il geometrico, sospeso in un eterno presente. Un'Annunciazione immanente o evanescente ê la debolezza e la grandiosita dell'uomo quattrocentesco, la proroga e il ritorno del suo sapere.

L'anamorfosi sara l'abisso che il Barocco scavera tra i luoghi interpretativi della prospettiva legittima. Una rivoluzione astronomica, una'abdicazione e una filosofia renderanno tale iato insormontabile.


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