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Teoria della comunicazione di jakobson




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TEORIA DELLA COMUNICAZIONE DI JAKOBSON


Roman Jakobson, linguista russo seguace dello strutturalismo e ammiratore di Saussure, nacque a San Pietroburgo nel 1896. Costretto, come molti suoi concittadini, ad abbandonare la sua patria in seguito alla rivoluzione d'ottobre, si trasferì a Praga dove seguitò i suoi studi linguistici. In questa città, insieme ad altri linguisti e critici letterari (tra cui Trubeckoj, emigrato russo anch'egli) contribuì alla fondazione della scuola di Praga. I componenti di tale scuola misero in particolare evidenza il concetto di funzione del linguaggio, arrivando ad ipotizzare in extremis che esistessero lingue diverse per funzioni diverse. Tra le funzioni possibili, pensiamo a quella di esprimere contenuti, stati emotivi, o alla volontà di influire sull'ascoltatore.

Divenuto un linguista di fama e allontanatosi da Praga, Jakobson si interessò a lungo ai testi poetici. Fu proprio tale interesse che lo portò a riflettere sulla definizione di testo, e a formulare la sua teoria della comunicazione.

La comunicazione nei suoi elementi essenziali è così definita: parlante, messaggio e ascoltatore.

PARLANTE >>> MESSAGGIO >>> ASCOLTATORE

Arricchendo la definizione, Jakobson schematizza sei elementi fondamentali di una comunicazione, distinguendo un mittente (o locutore, o parlante) che è colui che invia un messaggio all'ascoltatore (o interlocutore o destinatario). il messaggio non si esplica solo attraverso la forma, ma è anche portatore di contenuti, che Jakobson definisce contesto (o co-testo, "che va insieme al testo", in pratica ciò che il testo tratta). Il messaggio dev'essere formulato attraverso un codice (un sistema di segni, in genere una lingua) che risulti comune sia al mittente sia al destinatario, e un contatto che è al tempo stesso un canale fisico e una connessione psicologica fra il mittente e il destinatario, che consente loro di stabilire la comunicazione e di mantenerla.


Esempio: I Promessi Sposi sono un romanzo storico(testo) scritto da Alessandro Manzoni(mittente) in dialetto fiorentino(codice) e consegnato al pubblico(destinatario) tramite la stampa(contatto). Il romanzo è ambientato nel XVII secolo e affronta la storia di Renzo e Lucia, due giovani che vivono in una località lecchese, nei pressi del lago di Como, ecc.ecc.(contesto).


Le funzioni

La comunicazione linguistica assume diverse funzioni che corrispondono a ciascuna delle sei componenti, o 'punti di vista'.

mittente:        funzione espressiva tramite la quale egli esprime i propri stati d'animo, sentimenti,  

emozioni, ecc.

destinatario funzione conativa (dal latino conari, "intraprendere, tentare") tramite la quale il

mittente cerca di influire sull'ascoltatore

messaggio funzione poetica (dal greco poieo, "fare") attraverso la quale il testo manifesta la sua

struttura, il modo in cui è organizzato

contesto funzione referenziale che espone i contenuti del messaggio

contatto funzione fatica (dal latino fari, "pronunciare, parlare") che assicura che il canale di

comunicazione resti aperto (pensiamo ai "ti sento, si." pronunciati durante una

conversazione telefonica e che esercitano funzione fatica, e non di comune asserzione)

codice funzione metalinguistica che descrive, cioè, la lingua stessa.

Una comunicazione può essere studiata dal punto di vista di ciascuna di queste componenti, le cui tracce si ritrovano tutte nel testo. Il testo è proprio quella materia linguistica strutturata all'interno della quale si possono ritrovare le tracce delle funzioni linguistiche.

Una traccia della presenza del parlante potrebbe essere il riferimento alla prima persona singolare, una traccia della presenza dell'ascoltatore potrebbe essere l'utilizzo di imperativi. Non dobbiamo tuttavia confonderci: l'atto linguistico appartiene - in quanto creatore - al mittente, l'ascoltatore è "presente" all'interno del messaggio in quanto il mittente si rivolge a lui chiamandolo in causa.


La pragmatica

Con la teoria della comunicazione di Jakobson usciamo dalla descrizione prettamente teorica della lingua, per prendere in esame lo studio degli atti linguistici concreti, a metà strada tra filosofia linguistica e pragmatica(branca della linguistica tesa allo studio della comunicazione linguistica compiuta tramite atti linguistici concreti). La pragmatica è già stata affrontata nella dicotomia saussuriana langue-parole. In effetti Jakobson parte proprio dalla descrizione dell'atto di parole di Saussure e lo sviluppa riempiendolo di contenuti. Lo stesso Saussure presuppone la presenza di almeno due individui (emittente e destinatario) separati dall'aria (canale) attraverso la quale viaggiano le onde sonore portatrici di un messaggio(significante) che a sua volta rivela un contenuto(significato); egli ancora sottintende evidentemente la condivisione dello stesso codice da parte dei due individui affinché la comunicazione avvenga in maniera efficace.


LA DEISSI

La deissi (dal greco deiksis, derivato da deíknymi, "indicare") è il modo linguistico di agganciare un testo (o messaggio) a una certa situazione comunicativa.

Il concetto di deissi fa riferimento ad espressioni interpretabili solo a partire da tale situazione.

Esistono tre tipi fondamentali di deissi:

deissi temporale: il tempo linguistico è relativo al momento in cui avviene la produzione

linguistica.

Esempio: nella frase "oggi piove", l'avverbio temporale "oggi" è un deittico temporale che indica esattamente "il giorno in cui il parlante ha eseguito la produzione linguistica".

deissi spaziale: lo spazio linguistico è relativo al luogo in cui avviene la produzione linguistica.

Esempio: nella frase "guarda qui!", l'avverbio di luogo "qui" è un deittico spaziale che indica "il luogo in cui il parlante si trovava quando ha eseguito la produzione linguistica"

deissi personale: riguarda il ruolo del parlante e dell'interlocutore durante una comunicazione, e si

manifesta nei pronomi personali e possessivi e negli aggettivi possessivi alle prime e

seconde persone, che si interscambiano in relazione a chi li usa(Jakobson li definisce

shifters, dall'inglese to shift, "spostarsi, cambiarsi"). Proprio per questa ragione, i bambini alle prime armi con la lingua non riescono a utilizzare correttamente le prime e seconde persone, confusi dal loro utilizzo alternato all'interno di una comunicazione, e si riferiscono a se stessi in terza persona.

Esempio: nella frase "non dovresti dirglielo" l'utilizzo della seconda persona singolare del verbo è un deittico personale che indica l'ascoltatore, colui a cui è riferito il messaggio.

I deittici sono presenti in tutte le lingue del mondo(universale linguistico) in quanto servono ad orientare la comunicazione.



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