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Simboli e psicoanalisi - luna




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Simboli e psicoanalisi - luna


Il simbolo

Nel mondo greco il simbolo (symbolon) era una sorta di tessera che veniva usata per indicare il legame di ospitalità esistente tra due persone, due famiglie o due città: essa veniva spezzata in due parti, ognuna delle quali veniva consegnata a ciascun contraente come contrassegno del legame.

In questa accezione di contrassegno, di cosa che significa altro, il termine "simbolo" entrò nel vocabolario filosofico e nella terminologia teologica, dove indicava il simbolo di fede (che doveva distinguere i veri fedeli e diversificarli rispetto ai pagani, agli ebrei, agli eretici) e successivamente il pane e il vino, in quanto rimandano al corpo e al sangue di Cristo nell'eucarestia.

Secondo Freud il simbolo è da ricollegarsi al sogno, inteso come realizzazione simbolica di un desiderio represso: l'impossibilità dell'appagamento fa in modo che il materiale onirico subisca una censura attraverso proiezioni, sdoppiamenti e condensazioni. Il sogno non è mai univoco e semplice, ma piuttosto complicato: "simbolico" è il materiale inconscio che inganna e supera la censura.


Carl Gustav Jung nacque nel 1875 e morì nel 1961. Iniziò la sua esperienza di ricercatore con lo studio sulle associazioni verbali e sulla schizofrenia. Proprio questi studi gli fecero intravedere una dimensione psicologica diversa da quella di Freud: i disturbi psicologici non vanno riferiti solo all'inconscio legato alla storia dell'individuo, ma ad un'area molto più vasta che Jung chiamò inconscio collettivo. Di conseguenza la sua psicologia è caratterizzata da una grande apertura verso i problemi del mondo e non è relegata alla sofferenza nevrotica specifica.

La psiche umana è una continua crescita alla ricerca di un equilibrio: la sua conquista non è rivolta superficialmente al mondo esterno ma, attraverso un processo di individuazione, verso il mondo interiore. La psiche non si esprime in maniera diretta ma per simboli, cioè attraverso un sistema di comunicazione allusivo.

Il simbolo non è qualcosa che sta per qualche altra cosa, ma l'espressione di una sintesi di opposti tra i quali la coscienza si dibatte inutilmente: le immagini psichiche, sia che provengano direttamente dall'inconscio, sia che derivino da uno spazio intermedio fra inconscio e coscienza, sono simboliche quando riescono a mediare fra opposti che altrimenti lacererebbero la coscienza.

Il simbolo quindi non è un'allegoria, il cui significato è codificato chiaramente: se il simbolo dà alla luce il suo significato è un simbolo morto e diventa un semplice segno. Esso non è mai univoco ma rimanda sempre a qualcosa di diverso dal suo significato apparente; il suo significato reale si lascia afferrare dall'intuizione, ma rimane sempre fondamentalmente vago.


Il lunatico

Jung sostiene che la vita psicologica è caratterizzata da un rapporto dialettico fra varie istanze, una polarità che in una dialettica inesauribile vivifica entrambe le parti in gioco.

Ad esempio sono polarità l'estroversione e l'introversione.


Impostazione generale della coscienza: il lunatico, o introverso, non si orienta in base all'oggetto e al dato obiettivo ma in base a fattori soggettivi: fra la percezione dell'oggetto e il comportamento dell'individuo si inserisce un punto di vista soggettivo che impedisce che il comportamento assuma un carattere corrispondente al dato obiettivo.

Il tipo estroverso si richiama prevalentemente a ciò che a lui giunge dall'oggetto; l'introverso si richiama a ciò che l'impressione esterna mette in azione nel soggetto. Questa impostazione potrebbe sembrare egocentrica ma non si deva dimenticare che l'attività conoscitiva non è condizionata solo dall'oggetto, ma anche dal soggetto: la conoscenza ha un soggetto "e non vi è in genere conoscenza  e neppure quindi vi è per noi un mondo, ove non vi sia nessuno che dica io conosco".

Come all'introverso sembra inconcepibile che l'oggetto debba essere il fattore decisivo nella conoscenza della realtà, così per l'estroverso rimane un mistero come un punto di vista soggettivo si possa sovrapporre alla realtà oggettiva; di conseguenza egli considera l'introverso egocentrico e nevrotico.


Atteggiamento dell'inconscio: nell'individuo introverso si verifica un notevole squilibrio fra fattore oggettivo e fattore soggettivo e a lungo andare l'oggetto, cioè la realtà, assume una posizione insostenibile poiché svanisce ogni possibilità di adattamento ad essa. L'introverso vuole distaccarsi sempre di più dall'oggetto e nello stesso tempo vuole circondarsi di un sistema di difese per mantenere una posizione di superiorità su di esso. A causa di tutto ciò egli si esaurisce completamente, da un lato adottando provvedimenti difensivi, dall'altro tentando di imporsi e prendere il sopravvento. Questo immane lavoro interiore provoca una forma di nevrosi chiamata psicoastenia, caratterizzata da una grande sensibilità, grande disposizione all'esaurimento e stanchezza cronica. Poiché il rapporto con l'oggetto è parzialmente rimosso, esso passa nell'inconscio, dove si carica di caratteri infantili ed arcaici. Il rapporto con l'oggetto diviene primitivo: esso possiede una potenza magica.


Tipo di pensiero: l'introverso è influenzato in modo determinante dalle idee, che però non derivano dalla realtà obiettiva ma da una base soggettiva. Se l'estroverso segue le sue idee verso l'esterno, l'introverso le segue verso l'interno, in profondità e non in estensione: in lui tutto tende ad eclissarsi, a rimanere nascosto nell'interiorità. Nella costruzione del suo mondo di idee egli non indietreggia di fronte ad alcun rischio, ma è colto dalla più grande ansietà se deve dare alla luce i propri pensieri, che devono trovare da soli la luce verso l'esterno. L'introverso manca di capacità pratiche (cioè quelle legate agli oggetti) e di ogni specie di diplomazia: se la sua opera gli sembra giusta non farà nulla per convincere anche gli altri del suo valore o lo farà in modo così maldestro da ottenere esattamente l'effetto contrario di quello che si era proposto.

Con l'approfondire al massimo i propri problemi egli non fa che complicarli, con il risultato di essere sempre in preda ad ogni sorta di perplessità. Lavora con difficoltà ed è taciturno, non si sente compreso dalle altre persone. Il suo comportamento esteriore è allo stesso tempo maldestro ed

incurante; visto da lontano appare sgarbato ed autoritario, più lo si conosce e più ci si accorge di quanto in realtà valga la sua persona.

Con l'accentuarsi del suo tipo egli diviene più rigido e meno duttile nelle sue convinzioni, più scontroso e altezzoso con gli estranei e più dipendente dalle persone intime: le sue idee vanno sempre più in profondità ma non riescono più a tradursi nel materiale a loro disposizione. In questo modo l'introverso si isola progressivamente e le sue idee, all'inizio feconde, diventano distruttive poiché vengono avvelenate dall'amarezza accumulata. Questo travaglio interiore lo consuma interiormente.


Tipo di sentimento: il lunatico appare in genere freddo e riservato, perciò in base ad un giudizio comune gli si nega la capacità di provare dei forti sentimenti. Ciò è radicalmente falso in quanto i suoi sentimenti, come le sue idee, non sono estensivi ma intensivi, cioè non si sviluppano in estensione ma in profondità. Per esempio, chi vive estensivamente un sentimento di compassione lo manifesta attraverso parole e fatti ed è in grado di liberarsi immediatamente dall'impressione ricevuta; chi vive la compassione in modo intensivo si astiene da ogni manifestazione esteriore e arriva ad una profondità passionale che comprende in sé la miseria e l'infelicità di tutto un mondo.

Questo grande sentimento può prorompere improvvisamente e smodatamente in qualche atto sconcertante di carattere più o meno eroico.

All'occhio dell'estroverso tale compassione sembra freddezza, poiché non fa nulla di ostensibile nella realtà, ma nello stesso tempo l'introverso acquista una certa misteriosa potenza, che talvolta lo affascina fortemente.


In conclusione si può affermare che l'estroverso resta agganciato alla realtà delle cose, al dato oggettivo, mentre l'introverso coglie l'importanza del soggetto come centro di conoscenza e quindi della vita interiore, mutevole ed incostante. All'introversione è strettamente collegato il concetto di Ombra: l'Ombra secondo la concezione di Jung indica l'aspetto nascosto della personalità, del quale in genere non abbiamo consapevolezza ma che comunque agisce e siamo costretti a fronteggiare di continuo nella nostra vita. L'Ombra evoca per l'uomo moderno la lotta incessante con la dimensione contraria dell'individuazione, che agisce come freno al suo sviluppo. L'uomo deve lottare continuamente contro questa dimensione avvilente e nello stesso tempo affascinante per i pericoli che comporta.

L'introverso può dunque essere paragonato alla Luna, sempre uguale a se stessa eppure sempre diversa, con la sua luce e la sua ombra, e chiamato lunatico, termine entrato nel linguaggio quotidiano proprio per indicare una persona dall'umore mutevole e dal carattere difficile.

Miti e credenze popolari                    


Nella sfera religiosa l'importanza della Luna è legata soprattutto ai mutamenti periodici del suo aspetto e dalle connessioni stabilite tra essa e il mondo animale e vegetale.

Il periodico comparire e scomparire dell'astro viene spesso assimilato ad una vicenda di morte e rinascita; più in particolare, dal contrasto che si crea osservando che l'uomo, una volta morto, non rinasce, si attribuisce alla Luna l'immagine della morte.

Secondo molti miti, soprattutto africani, nell'antichità le condizioni umane vennero radicalmente mutate da un messaggio mandato dalla Luna per mezzo di un animale (una lepre o una lucertola): esso avrebbe dovuto annunciare agli uomini che essi sarebbero morti e risorti ciclicamente come la Luna, ma purtroppo per errore annunciò loro il contrario e da quel momento gli uomini furono irrevocabilmente soggetti alla morte. Addirittura nelle religioni della Polinesia  e della Grecia antica si credeva che la Luna fosse la sede dei morti.

Molte culture stabiliscono una relazione tra ciclo lunare e ciclo mestruale, entrambi di 28 giorni, e successivamente una stretta relazione con la sfera sessuale: a volte la Luna è un essere maschile (come in Sud America, Polinesia ed Indonesia), altre volte è un essere femminile ed altre ancora un essere bisessuale (Nord America e Africa).

Nelle culture primitive e anche nella moderna cultura europea si trova una valenza vegetale della

Luna, messa in relazione alla crescita della piante e quindi alla fecondità.

L'eclissi lunare risulta essere fondamentale per la spiegazione di alcuni miti presenti nelle culture primitive: spesso il fenomeno è spiegato con il fatto che un animale o un essere mitico tenta di divorare l'astro (Groenlandia, Nord e Centro America, Africa) e in genere si deve reagire provocando rumori per allontanare l'essere che minaccia la Luna.

Si può poi ricordare la divinità greca Selene, personificazione della Luna in seguito identificata con Artemide, che pure assunse un carattere lunare. In Egitto tale carattere era attribuito a Iside (che in età ellenistica diventò Selene) e anche in questo caso l'immagine della Luna è collegata all'idea di morte e rinascita: il culto di Iside era un culto misterico che prometteva la resurrezione dopo la morte (secondo il mito la dea aveva raccolto il corpo smembrato del marito Osiride e l'aveva fatto rivivere). Anche molte divinità centrali per le culture mesopotamiche sono in qualche modo legate alla Luna.

Un importante collegamento viene poi istituito tra la Luna ed il calendario, dovuto principalmente alla periodicità. La regolare celebrazione di novilunio e plenilunio rappresentò per molti popoli un riferimento cardine per il calcolo del tempo: esistono calendari lunari, basati sulle lunazioni (calendario maomettano), e altri lunisolari, che cercano di far coincidere i mesi con le lunazioni e le stagioni solari (calendario ebraico). 

Un'altra interessante leggenda collegata alla Luna è quella della licantropia: secondo una credenza diffusa il licantropo (dal greco lykos, che significa lupo, e anthropos, uomo) o lupo mannaro (dal latino lupus hominarius, che significa lupo simile all'uomo) era un uomo affetto da una malattia di origine sconosciuta che assumeva in certi periodi le sembianze di un lupo. Si riteneva che la peluria del corpo potesse aumentare in modo vistoso e che unghie e denti assumessero la forma tipica di quelli di un lupo. In queste condizioni il malato era indotto a vagare per i boschi nascondendosi dagli altri uomini e aggredendo i poveri sfortunati che incontrava sul suo cammino. Terminata la crisi l'uomo tornava alla normalità, conducendo una vita normale e non ricordando nulla di ciò che gli era accaduto. La condizione di lupo mannaro quindi non era considerata una condizione stabile e permanente, ma temporanea e scatenata da fattori esterni, il più significativo dei quali, ai fini di questa tesina, è la notte di Luna piena.


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