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Realta' e immagine: rene' magritte




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REALTA' E IMMAGINE: RENE' MAGRITTE


Una breve biografia


René Manritte nasce a Lessines, Belgio, nel 1898 da padre un mercante. Nel 1912, quando aveva solo 14 anni, sua madre Adeline muore probabilmente suicida, gettandosi nel fiume Sambre: viene ritrovata annegata, con la testa avvolta dalla camicia da notte, e questo fatto rimane particolarmente impresso in alcuni dipinti.

Dopo gli studi classici, René volge i suoi interessi alla pittura. Nel 1916 si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Bruxelles, città dove la famiglia si trasferisce nel 1918 e inizia ad interessarsi alle ricerche futuriste.

I suoi inizi di pittore si muovono nell'ambito delle avanguardie del Novecento, assimilando influenze dal cubismo e dal futurismo. Secondo quanto affermato da lui stesso in un suo scritto, la svolta surrealista avviene con la scoperta dell'opera di Giorgio De Chirico, dalla quale viene profondamente colpito.

Nel 1925 Magritte entra nel periodo surrealista ed espone le sue prime tele.

Dopo una mostra personale a New York ed una a Bruxelles, nel 1937 soggiorna a Londra, dove dipinge alcune grandi tele per il collezionista Edward James.

Dopo un ultimo lungo viaggio fra Cannes, Montecatini e Milano, avvenuto nel 1966, muore il 15 agosto dell'anno successivo a Bruxelles.



La poetica


Magritte è l'artista surrealista che, più di ogni altro, gioca con gli spostamenti del senso, utilizzando sia gli accostamenti inconsueti, sia le deformazioni irreali. Ciò che invece è del tutto estraneo al suo metodo è l'automatismo psichico, in quanto egli non vuole far emergere l'inconscio dell'uomo ma vuole svelare i lati misteriosi dell'universo. Ed è proprio su questo punto che la sua poetica conserva lati molto affini con quelli della metafisica.

Volutamente le sue immagini conservano un aspetto pittorico, senza alcuna ricerca di illusionismo fotografico. Già in ciò si avverte una delle costanti poetiche di Magritte: l'insanabile distanza che separa la realtà dalla rappresentazione. E spesso il suo surrealismo nasce proprio dalla confusione che egli opera tra i due termini.

In certi quadri Magritte gioca con il rapporto tra immagine naturalistica e realtà, proponendo immagini dove il quadro nel quadro ha lo stesso identico aspetto della realtà che rappresenta, al punto da confondersi con esso.

Di notevole suggestione poetica sono anche i suoi accostamenti o le sue metamorfosi. Combina, nel medesimo quadro, cieli diurni e paesaggi notturni. Accosta, sospesi nel cielo, una nuvola ed un enorme masso di pietra. Trasforma gli animali in foglie o in pietra.

Il suo surrealismo è dunque uno sguardo molto lucido e sveglio sulla realtà che lo circonda, dove non trovano spazio né il sogno né le pulsioni inconsce. L'unico desiderio che la sua pittura manifesta è quello di 'sentire il silenzio del mondo', come egli stesso scrisse.

Magritte riteneva, come Leonardo, che la pittura fosse una "cosa mentale", una proposta di riflessione o un'idea che deve prendere forma attraverso di essa, mantenendosi entro i limiti della riproduzione del mondo visibile. Ciò che rende diversa la sua pittura è la rappresentazione circoscritta ad ambienti quotidiani, riprodotti con la massima fedeltà, con lo scopo di provocare una riflessione che metta in discussione ciò che si dà per scontato. L'immagine assume allora l'aspetto di uno schermo cieco la cui ovvietà non è altro che un'illusione.



Analisi ed interpretazione dell'opera: Il castello dei Pirenei


Generalmente i quadri di Magritte lasciano ampio spazio all'interpretazione: è infatti molto difficile intuire quale messaggio l'artista voglia comunicare dalla semplice osservazione della tela. Ricordando inoltre che il fine di Magritte è "mettere in dubbio" e non "spiegare", è possibile pensare che l'autore concepisse più possibili interpretazioni dei suoi lavori, lasciando così campo aperto alla fantasia dell'osservatore.

Segue dunque un'interpretazione personale dell'opera Le chateau des Pirénées.




Il quadro propone un masso di dura roccia sospeso nel cielo sopra un mare abbastanza tranquillo. Sopra il masso si erge un castello, apparentemente costituito dello stesso materiale, saldamente ancorato al suolo. Lo sfondo è dominato dal cielo azzurro coperto di nuvole bianche.

Il dipinto può essere pensato come metafora della razionalità, o meglio di quella parte della razionalità che presiede alla conoscenza scientifica della realtà. L'uomo è collocato all'interno del castello, utilizza la sua razionalità in modo del tutto spontaneo, quasi inconsapevole ed automatico; ritiene la sua conoscenza razionale saldamente fondata e basata sulla realtà dei fatti, tanto da applicarla ad essa senza alcun dubbio o sospetto. Osservando le fondamenta del proprio castello si compiace della sua opera apparentemente indistruttibile.

Chiuso nella torre però, l'uomo non si accorge che la costruzione della sua mente, benché forse ancor più grande di come l'immaginava, è sospesa nel nulla ed è priva di qualsiasi legame con la realtà. A sottolineare l'estrema instabilità della conoscenza vi è il mare, pericoloso e liquido, capace di inghiottire il masso da un momento all'altro. Dove sono allora i fondamenti della scienza? Su quali basi essa si fonda? Come trova un legame con la realtà, distante e minacciosa?

Il quadro interpreta alla perfezione quella sensazione di dubbio ed incertezza che domina il periodo post-moderno. Le disparità e le differenze tra le varie teorie scientifiche sembrano rivelare la vera fragilità e precarietà di una struttura teorica apparentemente indistruttibile: il castello sembra fatto di pietra e si configura come una parte del masso stesso, per evidenziarne l'affinità. Tale "solidità" è però soltanto una presunzione umana, e svanisce immediatamente alla vista della voragine, piccola ma incolmabile, che separa verità logica e realtà.






La parola, l'immagine e la realtà: Questa non è una pipa


La parola e l'immagine sono sempre stati i mezzi privilegiati per la descrizione della realtà. Il quadro Il tradimento delle immagini (questa non è una pipa) distrugge, o meglio mette in dubbio, l'unità del trinomio realtà-parola-immagine. Magritte raffigura una pipa, ma aggiunge la scritta "Questa non è una pipa" al di sotto dell'oggetto rappresentato. L'intento dell'autore è quello di comunicare che il disegno della pipa è soltanto una rappresentazione della pipa, non la pipa in sé. Allo stesso modo la parola "pipa" non è di per sé una pipa, ma soltanto un rimando ad essa. I mezzi tradizionalmente usati nella descrizione della realtà, dunque, potrebbero non essere adatti a questo scopo: esiste dunque una frattura tra cose e segni, e questi ultimi non sono altro che convenzioni appartenenti all'uomo.





L'inganno di sensi: La condizione umana


Con il dipinto appena presentato Magritte giunge a dubitare del fatto che il quadro possa comunicare la realtà nella sua essenza. Attraverso il quadro La condizione umana questa riflessione viene estesa alle capacità percettive dell'uomo: anche ciò che vediamo infatti potrebbe essere una mera illusione della realtà. Tale concetto viene reso nel quadro attraverso una confusione che si crea tra il paesaggio reale e il quadro che lo rappresenta. Non vi è alcuna distinzione, e non è possibile riconoscere quale delle due immagini è la più illusoria.

Magritte instaura dunque un'ambiguità tra la realtà, l'immagine della realtà (il quadro da lui dipinto) e l'immagine dell'immagine della realtà (il quadro nel quadro). A tal punto risulta impossibile discernere cosa sia vero e cosa sia illusione.




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