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Pirandello - La vita, La formazione, Il teatro, I romanzi




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Pirandello


Pirandello è il più grande autore di teatro del Novecento italiano: per la consapevolezza della crisi di identità dell'uomo nella società moderna e per la novità della sua opera che sconvolge le tradizionali tecniche espressive nel teatro. La sua visione tragica della vita deriva dalla percezione che nella società borghese si è consumata la definitiva frattura tra l'io e la realtà, fra individuo e società: la realtà diventa allora il caos inspiegabile della vita e del mondo, così come l'uomo diventa il caos indecifrabile delle sue centomila e nessuna identità. Pirandello rappresenta così una delle voci più alte della «coscíenza della crisi» che domina nella letteratura europea del tempo. Ma la sua estraneità ai clamori avanguardistici e dannunzíani dei primo Novecento italiano gli consentì di raggiungere la fama solo molto tardi, quando la crisi dei dopoguerra fece maturare le condizioni perché il suo messaggio potesse essere compreso.


La vita

La vita Nacque nel 1867 ad Agrigento da famiglia agiata (il padre era proprietario di una miniera di zolfo) e di cultura laica. Trascorse infanzia e adolescenza in Sicilia. Dopo aver frequentato l'università di Palermo e di Roma, si laureò nel 1891 in Germania, a Bonn, in filologia romanza.


Tornato a Roma nel 1893, si dedicò alla narrativa, incoraggiato da Capuana. Nel 1894 sposò Antonietta Portulano.


L'esperienza dei dolore. Il 1897 segnò per Pirandello l'inizio di una profonda crisi familiare, a causa dei fallimento della miniera dei padre che rovinò il patrimonio suo e quello della moglie. La donna, che già aveva dato segni di fragilità nervosa, ebbe da quest'ultima vicenda un trauma che la portò alla pazzia.


Pirandello si dovette impiegare nell'insegnamento presso l'Istituto Superiore di Magistero di Roma, dove  insegno' fino al 1922.


Continuava intanto la sua produzione di saggi, romanzi, novelle e nel 1910 esordi come autore teatrale (riducendo per il teatro la sua novella Lumìe di Sicilia).


Il teatro. A partire dal 1916 si dedicò quasi completamente al teatro e nel 1921 ottenne, proprio dopo un clamoroso insuccesso, la fama.


Il dramma "Sei personaggi in cerca d'autore",  fischiato durante la prima al teatro Valle di Roma, suscitò grande scalpore e viva curiosità: a Milano l'accoglienza di pubblico e critica fu trionfale


Nel 1924, dopo il delitto Matteotti, si iscrisse al partito fascista, anche se i suoi rapporti con il regime furono poco cordiali.


Raggiunta una celebrità mondiale, fondò nel 1926 la compagnia dei Teatro d'arte di Roma di cui fu direttore e regista, per la messa in scena dei suo repertorio. Si legò affettivamente a Marta Abba, attrice di spicco della compagnia. Nel 1934 gli venne conferito il premio Nobel per la letteratura. Morì a Roma noi 1936.


La formazione

Appartenente ad una famiglia della borghesia siciliana che si era distinta nelle lotte garibaldine, Pirandello sentì fin dalla giovinezza una profonda delusione per il fallimento degli ideali risorgimentali e una avversione per la classe dirigente liberale che ne era responsabile.


Un'avversione che si tradusse in un atteggiamento di estrancità alla politica (e forse la clamorosa adesione al fascismo di Pirandello ne è la provocatoria testimonianza), così come fu estraneo all'interventismo della cultura italiana del primo Novecento.

Egli coltivò in appartata solitudine il suo lavoro intellettuale, che lo portò a spostare la sua riflessione sulla crisi contemporanea dal piano storico al piano esistenziale: per Pirandello è l'uomo che è malato, al di là della configurazione politica della società.


Del resto, le sue stesse vicende personali - ed in particolare la pazzia della moglie lo obbligarono ad una dolorosa rìflessione sulla dimensione tragica della condizione umana.


Fin dalla sua prima produzione narrativa emerge la tematica che, via via approfondita, caratterizza tutta la sua opera e al contempo esprime la sua visione del mondo il sentimento della condizione tragica dell'uomo, condannato alla sconfitta per l'impossibilita di comunicare con gli altri e di conoscere se stesso. A ribadire e spiegare - questa condizione «disperata» si aggiungono:

- il sentimento del contrasto tra illusione e realtà, poiché l'uomo è obbligato ad assumere una «forma» per esistere marito ladro, adultero ) la quale però si rileva illusoria rispetto al continuo fluire della «vita»;

- il sentimento della casualità della vita, che si svolge in un mondo privo di valori e di certezze, governato da un'assoluta relatività.


I personaggi di Pirandello, infatti, sono quasi sempre dei piccoli borghesi dalla vita meschina, soffocati dalle convenzioni sociali, alle quali si adattano con passiva inconsapevolezza. Ma talvolta, rivelando una insospettabile voglia di vivere, essi prendono coscienza e reagiscono mediante gesti apparentemente bizzarri, che però non trovano sbocco se non nella valvola liberatrice della pazzia o nella rassegnazione dolente e consapevole. E tutto si conclude con la constatazione dell'invivibilità di una esistenza autentica, ma anche dell'illusorietà di ogni ribellione.


La «coscienza della crisi». La motivazione di questo atteggiamento dell'autore

sta nella consapevolezza di una crisi storica ormai irreversibile della società borghese e della cultura positivista dell'Ottocento. Egli non ne ricerca, se non occasionalmente, le ragioni politiche o sociali, ma rappresenta con lucida angoscia la condizione alienata dell'uomo che vive in una realtà caotica e priva di senso.


La poetica dell'umorismo. Conseguente alla sua visione dei mondo è la sua poetica: così come l'arte tradizionale si è ispirata al principio dell'equilibrio per rappresentare una vita e un mondo logicamente ordinati, l'arte nuova deve rappresentare con altre forme il caos di una realtà frantumata, l'intreccio di tragico e dì comico che costituisce la vita moderna.


Di qui la sua poetica dell'umorismo: l'umorista scava più in profondità dello scrittore comico e di quello tragico perché, intervenendo con la riflessione nell'atto di rappresentare la realtà, ne smaschera le menzogne delle convenzioni sociali e degli autoinganni.


L'«umorismo» è cioè «il sentimento del contrario»: la contemporanea presenza nello scrittore del critico e del poeta, che riproduce nell'opera i due volti della realtà, il comico e il tragico, il riso e il pianto.


Le caratteristiche principali dell'arte umoristica di Pirandello.


Mentre l'arte tradizionale tende alla coerenza e alla compostezza e, mirando a comunicare una presunta verità o essenza delle cose, scarta gli elementi casuali e accessori, l'arte umoristica di Pirandello ama la discordanza, la disarmonia, la contraddizione, indugia in divagazioni e in particolari gratuiti, distrugge le gerarchie e i sistemi di valore del passato, predilige il difforme, il grottesco, l'incongruente, il ridicolo, il dissonante;


Nella consapevolezza che la vita «non conclude» ‑ non ha un ordine, un senso, un inizio o una fine ‑, anche Pirandello nelle sue opere umoristiche punta a strutture aperte e inconcluse;


L'arte umoristica respinge le leggi esteriori della retorica classica e le «veneri dello stile» (come dice Pirandello) per adeguarsi al movimento libero e spontaneo della riflessione: mentre sia gli autori classici che quelli romantici tendono al Sublime,  Pirandello sceglie il linguaggio quotidiano, l'unico adatto a comunicare una concezione della vita che non rivela nulla di essenziale ma solo le storture di un'esistenza insensata;


La poetica umoristica rifiuta la concezione sia classica, sia romantica, sia, infine, decadente dell'arte: l'arte umoristica non nasce dal rispetto di regole estranee al momento dell'elaborazione (come pensavano i classici), né è espressione immediata dell'autenticità della passione o del sentimento o della natura (come ritenevano i romantici).



L'umorismo

(1908) Saggio, scritto in occasione di un concorso a professore ordinario, che compendia la poetica di Pirandello.

Pirandello definisce «comico» l'«avvertimento dei contrario»: l'avvertimento della dissonanza tra la sostanza e le forme provoca il riso.

Ma se riusciamo a passare dall'avvertimento al «sentimento dei contrario», se riusciamo cioè a riflettere oltre l'apparenza per guardare nell'interiorità dell'uomo allora il riso si trasforma in pianto,


Celebre è l'esempio della vecchia signora «goffamente imbellettata e parata di abiti giovanili» che muove il riso dei lettore, il quale avverte in lei il contrario di come si dovrebbe acconciare una vecchia signora.

Ma se egli riflette sul perché ella inganni così pietosamente se stessa, nel tentativo magari di trattenere un marito più giovane di lei, ecco che perverrà al <<sentimento del contrario>> ed il riso cederà il posto alla pietà.




Lingua e stile


Dalla sua poetica, dal suo bisogno di rappresentare senza veli la tragicità del reale nasce una lingua cruda, che rifugge dalle finezze stilistiche e manda all'aria la sintassi e il lessico tradizionali. Il suo stile si distingue così per la sua violenza espressiva, libero da ogni convenzione letteraria, sia nella narrativa che nel teatro.


Il teatro


Il primo teatro pirandelliano, come del resto la narrativa, si muove dentro gli schemi dell'impostazione naturalistica, che riproduce fedelmente nella finzione teatrale la verità oggettiva del reale. Ma Pirandello fin dall'inizio modifica questi schemi perché i suoi personaggi si muovono tra illusione e realtà, in un contrasto che distrugge la pretesa di una verità oggettiva.


Ma intorno al 1917‑18 (Così è se vi pare, Il gioco delle parti) Pirandello sceglie di rinunciare del tutto agli schemi naturalistici e di far risaltare l'assoluta relatività del reale attraverso la struttura stessa della vicenda, inducendo così lo stesso spettatore a non capire più, alla fine, chi abbia torto e chi ragione.


E' «teatro nel teatro». L'urgenza di rappresentare la dimensione assurda della vita in tutta la sua devastante problematicità spinge infine Pirandello a dissolvere la stessa struttura tradizionale del teatro, e ad abolirne la finzione scenica come principio costitutivo (Sei personaggi ).


Il teatro diventa così:

il luogo stesso in cui si svolge il dramma vero, non quello «finto», e quindi diventa l'emblema del contrasto fínzíone­realtà che caratterizza la condizione dell'uomo moderno;

il luogo in cui si svela il mistero della creazione artistica come momento ordìnatore del caos

della realtà, che vìnce la resistenza dell'autore stesso e si concretizza nella forma dell'arte.


I romanzi

Il fu Mattia Pascal


Il fu Mattia Pascal (1904) è un'opera di piacevole lettura, come dimostra il successo di pubblico, e al tempo stesso molto innovativa, a cominciare dalla presenza di due introduzioni, nelle quali, attraverso la voce del narratore e protagonista, Pirandello esprime una poetica antinaturalista e una filosofia radicalmente pessimistica, che vede l'uomo sperduto in un cosmo insensato che in ogni momento può schiacciarlo senza alcuna ragione.

Il fu Mattia Pascal, romanzo dal quale traspare il dramma familiare dell'autore e il suo desiderio di impossibile evasione.


Mattia Pascal vive un esistenza quotidiana opprimente e senza sbocchi, a causa soprattutto dei suo matrimonio mai riuscito, finché un giorno trova la forza di fuggire dal suo «inferno farniliare».

A Montecarlo vince una grossa somma, poi legge sul giornale la notìzia della sua morte: un cadavere trovato in una roggia viene identificato per quello di Mattia Pascal. Il caso gli offre dunque l'occasione per rifarsi una vita.


Cambia così il proprio aspetto esteriore, assume il nome di Adriano Meis va a vivere a Roma.

Ma il senso esaltante dì liberazione dura poco. «Uomo inventato», privo di stato anagrafico, cioè di «forma», il Meis non riuscirà a ricostruirsi una vita. Gli ostacoli gli si presentano ovunque improvvisi ed invalicabili: viene derubato e non può denunciare il furto; non può possedere un cane perché dovrebbe pagare l'apposita tassa; ama una ragazza e non può sposarla.


Non gli resta che inscenare il suicidio di Adriano Meis e ritornare alla vita precedente.

Ma anche questo glì sarà impossibile: infatti la moglie si è risposata e tutti si sono abituati all'idea della sua morte. Confinato allora in una condizione di morto vivente, non gli resta che essere il fu Mattia Pascal e recarsì ogni tanto a pregare sulla tomba dello sconosciuto che porta il suo nome.


Sei personaggi in cerca di autore


Nel 1917  Pirandello cominciò a pensare a un romanzo intitolato Sei personaggi in cerca d'autore, sviluppato attraverso il lavoro di tre novelle, (Personaggi, La tragedia di un personaggio,Colloqui con i personaggi), fu in un secondo momento che si trasformò nell'idea di una commedia, messa in scena nel 1921.


E' l'opera teatrale più trasgressiva e originale dello scrittore Agrigentino, lo dimostrano il fiasco della  prima sia il successo inarrestabile che ebbe nei mesi successivi e che diede a Pirandello fama internazionale.

Per la prima volta egli mostra sulla scena anche ciò che accade dietro le quinte, mentre si prepara la rappresentazione vera e propia.

Il pubblico viene infatti coinvolto, anche perché non c'e il sipario, e gli attori entrano nello spazio della sala.


Benchè la vicenda dei sei personaggi abbia i tratti tipici del "dramma" romantico (abbandoni e gelosie coniugali, contrasti familiari, prostituzione ecc.) la sua trattazione appare del tutto diversa  dai modelli ottocenteschi.

Ogni personaggio  racconta la sua versione dei fatti, e il dramma nasce proprio dallo scontro tra le varie versioni; dei personaggi e degli attori, che vedono la loro vita dall'esterno e tentano invano di riprodurla sulla scena.


Uno, nessuno, centomila


(1926). Pirandello  lo definisce il romanzo della scomposizione della personalità, egli dice la realtà siamo noi che la creiamo, mai fermarsi in una sola realtà: si finisce per soffocare, per morire.


Vitangelo Moscarda entra ìn crisi il giorno in cuì sua moglie gli fa notare che il suo naso pende a destra, cosa di cui lui non si era mai accorto.

Può constatare che l'uorno si crede «uno» ed è invece «centomila», le centomila immagini secondo cui gli altri lo vedono; ma questo equivale ad essere «nessuno».

Si propone dunque di scoprire le molte identità che gli altri gli hanno dato. Appreso che i suoi concittadini lo considerano un usuraio, cerca di distruggere quell'immagine con atti clamorosi, come distruggerà via via i suoi ruoli di amico, marito, ecc.

Alla fine, consapevole che lasciarsi chiudere in una «forma» equivale ad annientare la nostra personalità perennemente cangiante, rinuncerà a qualunque forma, immergendosi nel flusso della vita, senza memoria e senza aspettative, vivendo nell'attimo presente.

Bisogna invece variarla continuamente e variare la nostra illusione.




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