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La storia della punteggiatura




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La storia della punteggiatura


1 Nascita e sviluppo dei primi segni interpuntivi

Ironia della sorte vuole che la storia dell'interpunzione inizi proprio su una lapide. I primi esempi significativi di scrittura latina sono infatti le epigrafi, nelle quali non si trovano segni di punteggiatura, ma soltanto un punto per separare tra loro le parole [ ∙ ].

Un esempio è l'iscrizione funebre dedicata a Cornelio Lucio Scipione Barbato:

In effetti la punteggiatura che troviamo oggi nelle edizioni moderne di scrittori latini non è originale, ma rappresenta il risultato di secoli di aggiunte e di adeguamenti. L'interpunzione latina era infatti molto diversa da quella di epoca moderna. La punteggiatura delle versioni sui libri di testo è quindi una punteggiatura "tradotta", un'interpretazione con i segni moderni di quello che pensiamo indicasse la punteggiatura latina.

Agli albori della scrittura la pausa veniva indicata con un semplice spazio vuoto. Successivamente, la necessità di economizzare lo spazio sulla lastra impose l'eliminazione degli spazi tra parola e parola, e nacquero così la scrittura continua, le sigle e le abbreviazioni. Con lo sviluppo di periodi più complessi, nacque però l'esigenza di dividere le frasi per comprenderne pienamente il senso (funzione segmentatrice), e con la nascita delle scuole di oratoria e la diffusione della lettura ad alta voce, si sentì il bisogno di qualche indicazione che aiutasse il lettore a dosare gli intervalli (funzione pausativa).

Fin dalle origini, quindi, alla punteggiatura era attribuita sia una funzione pausativa sia una funzione sintattica. Gli stessi termini, tradotti dal greco, con cui furono indicati i primi segni interpuntivi avevano in origine un valore sintattico: i tre termini "comma", "colon" e "periodos", che indicavano le diverse parti della frase, passarono ad indicare i segni. Ancora oggi in inglese sono usati i termini greci: "comma" significa virgola, "colon" due punti, "semicolon" punto e virgola, e "period" punto. I termini "distinctiones" e "positurae" indicavano invece le pause, di cui i segni d'interpunzione sono i simboli grafici. A questi primi segni interpuntivi era spesso attribuita una funzione ornamentale. Nelle epigrafi i punti potevano infatti essere anche quadrati o triangolari, o assumere la forma di una foglia di edera.  In alcune iscrizioni il punto si trovano così tra le sillabe e addirittura tra le singole lettere.

E' ipotizzabile inoltre che a un diverso orientamento delle prime "verghette" (verso l'alto o verso il basso) corrispondesse un diverso andamento da dare all'intonazione (ascendente o discendente). Ad una diversa disposizione dei punti corrispondevano inoltre tre "distinctiones": il punto in basso segnava la subdistinctio e si diceva comma, il punto in mezzo rappresentava la media distinctio e si diceva colon, mentre quello in alto indicava la distinctio e si chiamava periodos. A questi tre gradi d'interpunzione corrispondo i segni odierni della virgola, del punto e virgola e del punto fermo.

Nel II e III secolo d.C. si ha però un profondo cambiamento nella scrittura latina, ovvero il passaggio da una scrittura maiuscola a una scrittura minuscola. Con l'avvento delle lettere più piccole lo spazio non era più sufficiente per le tre posizioni differenti, e per questo il punto rimase soltanto nella posizione in basso ad indicare una pausa forte. Un lungo processo portò quindi il sistema classico delle tre "positurae" ad accogliere altri segni interpuntivi e si cominciarono ad usare altri segni che erano il risultato di combinazioni di punti, virgole e trattini.

L'Ars punctuandi nel Medioevo

urante tutto il Medioevo divenne sempre più importante e significativo il peso dato all'aspetto artistico della scrittura: codici e manoscritti erano impreziositi da raffinate miniature e fregi decorativi e i caratteri diventarono sempre più ricercati. Questa ricerca raffinata, caratteristica dei monasteri, dove la scrittura era studiata e tramandata, era un gusto che continuerà per molti secoli a venire. Gli amanuensi medievali coprivano come possibile tutti gli spazi bianchi che offriva loro la pagina, scrivendo perfino rubriche ai margini del testo. I segni d'interpunzione servivano quindi anche ad occupare gli spazi fra parola e parola.

E' inoltre proprio in questa epoca che comincia il processo che vede la scrittura diventare funzionale alla lettura silenziosa e sempre meno a quella ad alta voce. Proprio per questo all'aspetto visivo si presta una cura particolare. La crescente finalità decorativa attribuita ad alcuni segni non ne riduce tuttavia la funzione interpuntiva: si osservano ad esempio segni di pausa forte ritoccati in modo da divenire un fiore.

In questo periodo fioriscono trattati sull'arte della punteggiatura, e si cominciano ad individuare alcune regole che costituiranno le fondamenta del sistema di punteggiatura moderno.

Si continua il sistema delle tre "positurae", che subisce tuttavia alcune innovazioni sul piano grafico: il comma è raffigurato con una sorta di punto e virgola rovesciato, il colon da un semplice punto [.] e il periodos è costituito da una verghetta posta dopo un punto [./], o da un punto molteplice [.:: :-]

3 Esempi d'autore: la punteggiatura di Petrarca e di Boccaccio

Per gran parte dei testi medievali è difficile parlare di "punteggiatura d'autore", in quanto i testi venivano tramandati attraverso numerosi passaggi da copista e copista. Prima di Petrarca e Boccaccio, infatti, non si potrebbe parlare di "punteggiatura di autore" e neanche di italiano, che sarà il risultato di un lungo processo di evoluzione proprio dall'iniziale modello di Boccaccio per la prosa e di Petrarca per la poesia. Nel loro caso è quindi possibile risalire alla "ratio punctandi" delle loro opere. Non si può però parlare di filosofia della punteggiatura, come per Joyce, in quanto non esisteva una norma codificata. Non si possono considerare come scelte stilistiche, insomma, gli usi interpuntivi di autori che scrivono in epoche in cui non c'è ancora un canone certo con cui confrontare le loro "stravaganze".

Al tempo di Petrarca la scrittura usata è la scrittura gotica, e i segni interpuntivi usati sono perlopiù il comma, la virgola, il punto interrogativo, il punto intersecato da virgola, e il segno di paragrafo. Nelle opere giovanili di Petrarca, l'uso della punteggiatura si dimostra conforme a quello della sua epoca. Nel decennio 1330-1340, gli studi nell'università di Bologna hanno un peso decisivo nella pratica della scrittura e della punteggiatura di Petrarca. Sulla base del Canzoniere si possono riconoscere due caratteristiche fondamentali della punteggiatura petrarchesca: la scrittura unita di molte parole e un sistema interpuntivo costituito di soli tre elementi (punto, sbarra obliqua e punto esclamativo). Si segnalano inoltre il punto interrogativo anche con valore esclamativo, e altri segni con funzione particolari, come ad esempio due virgole che racchiudono la lettera "e" e servono ad identificarla come "è". 


Sulla base dell'analisi del Decameron si nota che anche Boccaccio riprese i tre elementi alla base del sistema interpuntivo di Petrarca: il punto seguito da maiuscola, una virgola seguita sia da minuscola sia da maiuscola, e una sbarra obliqua. Il sistema interpuntivo di Boccaccio era però più articolato e comprendeva, tra gli altri segni, anche il punto e virgola e i due punti con valore di pausa lunga e il punto interrogativo usato anche per le interrogative indirette. Boccaccio era d'altronde anche un copista di testi altrui ed era educato a considerare i segni interpuntivi come parte integrante del testo.


4 Le novità introdotte dalla stampa

Con l'invenzione e la progressiva diffusione della stampa, si ebbe una delle più grandi rivoluzioni nella storia della cultura mondiale. Essa rappresentò un passaggio decisivo nell'affermazione del predominio della parola scritta su quella orale. Per questo, come mezzo proprio della scrittura, la punteggiatura acquista un ruolo sempre più importante. Sono quindi numerosi in questo periodo veri e propri trattati dedicati per intero all'ars punctandi. Alla diffusione della stampa si legano altri importanti cambiamenti, come la nascita di nuove professioni, ad esempio il tipografo, l'espansione del mercato editoriale e l'allargamento del pubblico, che portò all'esigenza di uniformare graficamente i testi. Il pubblico era infatti composto da lettori "specialisti" (studiosi ed intellettuali in genere) e "non specialisti", lettori per diletto o per mestiere (borghesi, uomini di legge, ecc.).

Tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento i cambiamenti apportati al sistema interpuntivo furono molti. L'apostrofo è una delle innovazioni, e la sua paternità è attribuibile a Pietro Bembo. Viene inoltre uniformato l'uso dell'accento, e con Petrarca appare per la prima volta il punto e virgola per indicare una pausa intermedia tra la virgola e i due punti. Il segno era già attestato nei testi greci più antichi, ma la sua funzione era di norma interrogativa.

Una differenza fondamentale tra la punteggiatura del Cinquecento e la punteggiatura moderna riguarda l'uso del punto. Nel Cinquecento esistevano infatti due tipi di punti: il punto fermo, seguito dalla maiuscola, che indicava la fine di un periodo, e il punto mobile, seguito dalla minuscola, che indicava invece la fine di una proposizione.

Ancora nel Cinquecento il punto esclamativo si distingue dall'interrogativo e si impone nell'uso, così come si diffonde l'uso della virgola. Altri segni, come il segno di paragrafo, tendono invece a cadere in declino.

Negli anni successivi alle prime stampe, oltre a quelle interpuntive, si affermarono anche altre novità tipografiche, tra cui la regolarità grafica, il formato e il carattere.


5 La punteggiatura nel Seicento

Con l'affermazione di una norma linguistica stabile e definita secondo l'esempio di Petrarca per la lirica e di Boccaccio per la prosa, si crea anche la volontà di trasgredirla. Con lo stile barocco si affermano quindi accostamenti ora capricciosi ora grotteschi, e la scrittura si basa sulla meraviglia e sullo stupore.

Il Seicento rimane però il secolo nel quale la lingua italiana comincia ad avere una solida diffusione: anche se il latino mantiene ampi ambiti d'uso, soprattutto nella letteratura scientifica e giuridica, si scrive e si stampa in italiano su qualsiasi argomento. In questo periodo viene quindi pubblicato il Vocabolario della Crusca, e l'Accademia della Crusca si avvia a diventare la principale autorità in fatto di norma linguistica.

Nel corso del XVII secolo si afferma inoltre la consapevolezza degli scrittori di avere tra i mezzi a disposizione anche la punteggiatura, intesa come strumento caratteristico della scrittura, che quindi in questo periodo si stabilizza. Alla fine del Seicento, nelle scritture colte, il sistema interpuntivo era ormai quello moderno e cadono le ultime differenze rispetto al sistema odierno, come il punto mobile.


6 L'innovazione settecentesca e l'influenza dello style coupé

Con l'affermarsi dell'Illuminismo, si ha l'esigenza di adeguare alle nuove idee un nuovo modo di comunicare, con chiarezza ed efficacia. L'Arcadia, prima accademia italiana a carattere nazionale, sorta con il preciso intento di opporsi al gusto barocco, si prefigge l'obiettivo di separare nettamente la lingua della poesia da quella della prosa, sottolineando dell'una l'aspetto espressivo e dell'altra quello comunicativo. Poiché il fine della prosa è quello di comunicare, la lingua deve essere semplice e chiara, caratterizzata da frasi brevi.

Forte è l'influenza dello stile spezzato, lo "style coupé" francese, che invitava ad usare le frasi coordinate, prive di congiunzioni e unite tra loro soltanto dai segni di punteggiatura. La coordinazione per asindeto è quindi l'elemento costitutivo del periodo settecentesco.

Dal tardo Settecento, inoltre, le scelte interpuntive degli autori cominciano ad avere un intento più consapevolmente stilistico, in un processo che si approfondirà ulteriormente nell'Ottocento. Se prima di allora le varie proposte volevano imporsi come modello dominante, ora che un modello già esiste, il problema per gli scrittori è quello di esplorare orizzonti non ancora praticati, come nel caso di Ugo Foscolo, la cui opera chiude il XVIII secolo e apre il XIX secolo.


7 La punteggiatura nell'Ottocento

Alla fine del Settecento, se sul piano della lingua letteraria l'italiano scritto aveva conosciuto una progressiva diffusione e uniformazione, mancava ancora un vero italiano parlato, diffuso omogeneamente in tutta la penisola.

All'interno di questo contesto culturale, spicca la figura di Ugo Foscolo che, con le sue Ultime lettere di Jacopo Ortis, va alla ricerca di uno stile adatto al genere epistolare. Foscolo cerca infatti di concepire uno stile naturale, che si avvicini il più possibile al parlato, attraverso una serie di espedienti linguistici, tra i quali rientra un particolare uso dei segni interpuntivi. La lineetta viene utilizzata per dare un'impronta espressiva prima o dopo frasi vocative, come in "Italia placa l'ombre de' tuoi grandi. -Oh! io mi risovvengo col gemito nell'anima delle estreme parole di Torquato Tasso". La lineetta viene anche utilizzata per segnalare un brusco cambio, come nel caso di "Teresa è al mio fianco, e mi sento sospirar su la bocca, e-perchè mi trovo un vuoto, un vuoto di tomba?". Foscolo utilizza inoltre segni interpuntivi come il punto, tradizionalmente segno conclusivo, davanti a congiunzioni coordinanti, costruzione tipica del parlato, come in "gelida nebbia che piombava ad accrescere il lutto dell'aere freddo ed ottenebrato. E parevami vedere quelle nevi disciogliersi". Frequente è anche l'uso del corsivo e delle virgolette, che richiamano l'attenzione del lettore.

All'inizio dell'Ottocento, quindi, l'uso dei segni interpuntivi definisce lo stile di un autore e la punteggiatura aiutava gli scrittori ad imprimere alla frase il ritmo e il respiro voluti. Un esempio dello stile interpuntivo "personale" è quello del Manzoni, che cerca di avvicinarsi quanto più possibile al parlato, impiegando la punteggiatura per rendere i ritmi del parlato. Nella seconda edizione de I Promessi Sposi la punteggiatura è più abbondante rispetto alla prima, e si ha quasi un eccesso di virgole.

Leopardi stesso si soffermò a riflettere più volte su punti e virgola, riproponendosi di scrivere un "Trattatello della punteggiatura". In una lettera indirizzata all'amico Pietro Giordani, il poeta scriveva che "spesse volte una sola virgola ben messa dà luce a tutto il periodo". In più passi dello Zibaldone dichiara la sua riluttanza nei confronti dei puntini e delle lineette: "La scrittura dev'essere scrittura e non algebra; deve rappresentar le parole coi segni convenuti, e l'esprimere e il suscitare le idee e i sentimenti, ovvero i pensieri e gli affetti dell'animo, è ufficio delle parole così rappresentate. Che è questo ingombro di lineette, di puntini, di spazietti, di punti ammirativi doppi e tripli, che so io? Sto a vedere che torna alla moda la scrittura geroglifica, e i sentimenti e le idee non si vogliono più scrivere ma rappresentare, e non sapendo significare le cose colle parole, le vorremo dipingere o significare con segni, come fanno i cinesi la cui scrittura non rappresenta le parole, ma le cose e le idee.".



La punteggiatura nel Novecento: verso una semplificazione del sistema di punteggiatura

Gli usi particolari e le diverse competenze linguistiche degli autori ottocenteschi affermarono l'importanza dello stile nella scelta della punteggiatura da adottare nelle loro opere. Nel Novecento si passa dalla punteggiatura esemplare e perfetta del Boccaccio, da quella minuziosa e attenta del Leopardi, da quella ricca e viva del Manzoni, al "ribellismo" di D'Annunzio e all'abolizione di ogni punteggiatura da parte dei futuristi.

La sensibilità di D'Annunzio per la punteggiatura è legata al potere evocativo affidato alla parola. A volte utilizza la virgola per sottolineare una parola o il corsivo per prendere le distanze da termini borghesi, come nel Piacere, nella frase "tra gli invitati una persona interessante, anzi fatale", o ancora lo spazio bianco per isolare un vocabolo o un'espressione.

La rottura dei futuristi è ancora più radicale: nei Manifesti Marinetti proclama di voler distruggere la sintassi, proponendo liberi accostamenti di idee e parole. Da qui l'abolizione della punteggiatura:

"Abolire anche la punteggiatura. Essendo soppressi gli aggettivi, gli avverbi e le congiunzioni, la punteggiatura è naturalmente annullata, nella continuità varia di uno stile vivo, che si crea da sé, senza soste assurde delle virgole e dei punti. Le parole liberate dalla punteggiatura irradieranno le une sulle altre, incroceranno i loro diversi magnetismi, secondo il dinamismo ininterrotto del pensiero."

Per dare "i movimenti successivi d'un oggetto bisogna dare la catena delle analogie che esso evoca", occorre inventare "l'mmaginazione senza fili". Bisogna fare coraggiosamente "il brutto in letteratura" e "uccidere la solennità". Ci vogliono quindi "parole in libertà", nate dall'abbattimento della barriera tra parole e immagini.

Al posto dei tradizionali segni di punteggiatura, i futuristi utilizzano i simboli della matematica o della musica; possono inoltre sfruttare, strategicamente, il potenziale grafico degli spazi bianchi e dei diversi caratteri tipografici, come le maiuscole e il grassetto, con i quali indicano la gerarchia dei significati e delle espressività. Il futurismo estremizza la graficità del testo poetico. Il movimento ottenuto dalla varietà dei caratteri, pone in rilievo il testo sulla pagina.

La principale novità che caratterizza il Novecento è però la diffusione che conosce in questo secolo la lingua italiana, che arriva ad essere parlata per la prima volta in tutta la penisola. Dal punto di vista letterario si arriva così ad una visione dualistica dell'italiano parlato e dell'italiano scritto. In questo modo lo scrittore, per la prima volta nella storia dell'italiano, quando scrive non dispone soltanto della lingua della tradizione scritta, ma può attingere all'uso vivo e parlato. Un narratore può quindi scegliere di allontanarsi dalla tradizione, semplificando la propria scrittura sul modello del parlato. La conquista della lingua comune da parte di una fetta sempre più vasta della popolazione italiana fa sì che la lingua letteraria si avvicini alla quotidianità. Autori come Pavese e Calvino si libereranno così del peso di una tradizione troppo "scritta" come quella italiana. Il risultato di questo processo è che la letteratura finisce inevitabilmente per riproporre la lingua parlata.

Le autorità in fatto di lingua non sono più le grammatiche, bensì i mass media, le pubblicità, la politica. In molti autori si riscontra così una prosa di stampo giornalistico, dalle frasi brevi e asciutte, che ricorre a pochi segni interpuntivi, soprattutto virgole, due punti e punto.

Nella punteggiatura è in atto un processo di "assestamento" dell'uso dei diversi segni: il punto e virgola è in declino, mentre in ascesa sono i due punti e i puntini di sospensione.


9 I tempi della Rete: nuove funzioni dei segni interpuntivi

Le nuove generazioni hanno un rapporto privilegiato con Internet, e a questo rapporto si lega il "ritorno alla scrittura", dal momento che e-mail e chat si servono dalla parola scritta. L'esplosione della rete, con i suoi milioni di utenti che per comunicare utilizzano la tastiera, sta cambiando profondamente il modo di leggere ed interpretare i segni. La grande novità introdotta da Internet è la possibilità di comunicare in tempo reale, riducendo le distanze tra scritto e parlato. La necessità di scrivere in tempi molto ristretti nelle chat costringe gli utenti a servirsi di frasi brevi, di abbreviazioni e di una punteggiatura ridotta al punto e ai segni espressivi (puntini di sospensione, punto esclamativo e punti di sospensione). I segni interpuntivi, variamente combinati tra di loro, diventano "faccine", anche dette "smiley" o "emoticon", dalla combinazione di "emotion" e "icon", per la loro caratteristica di sintetizzare un'emozione in una piccola immagine.

Grande è infine il successo della lingua della pubblicità: per quanto riguarda i segni interpuntivi conoscono grande fortuna, per il loro potenziale espressivo, i puntini di sospensione, in messaggi del tipo "Liscia gassata o. Ferrarelle?". Da un punto di vista linguistico, oltre all'espressività del messaggio è importante la sua brevità. Diventa così uno schema molto diffuso quello che accosta, per mezzo del punto, un unico elemento e una frase, come in "Post-it Note. Il tuo biglietto giallo che risolve ogni situazione". Nello slogan pubblicitario è molto usato anche lo schema con un'interrogativa contratta, che imita il carattere informale ed emotivo del parlato, come in "Fatica? Con Axil ti passa.".


10 Il futuro

In futuro potremmo vedere nascere nuovi segni di punteggiatura, come " " , proposto durante la Settimana del Libro Olandese 2007, che indicherebbe il senso ironico della frase, o " ", il cosiddetto "interrobang", che combinerebbe le funzioni del punto interrogativo e del punto esclamativo.

Questo viaggio esplorativo nella storia della punteggiatura si conclude qua, ma lo stesso non vale per la storia della punteggiatura. Come questa ricerca ha dimostrato, la punteggiatura, così come la lingua italiana, è e sarà sempre in continua trasformazione.


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