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Franz Kafka - Il Processo




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Franz Kafka

Foto 1



 

Foto 1

 
Nacque nella Praga austroungarica il 3 luglio del 1883 dal commerciante ebreo Hermann Kafka (1852-1931) e da Julie Löwy (1856-1924). Dopo che la costituzione austriaca nel 1867 ebbe conferito agli ebrei la parità giuridica, il padre di Kafka, che parlava jiddish e ceco, era passato dal villaggio di Wossek, nella Boemia meridionale, a Praga e qui aveva sposato Julie Löwy, nata a Podebrady, di famiglia borghese e di lingua tedesca. Franz nacque quando la situazione economica del padre, che possedeva un emporio di articoli di moda, era solida. La casa dove nacque, quasi completamente distrutta, è stata ricostruita e della struttura originale è rimasto solo il grande portone (una lapide con busto all'angolo ricorda che qui è nato lo scrittore). Ebbe tre sorelle più giovani, Elli Valli e Ottla, scomparse tutte nei campi di concentramento nazisti. Suo padre, commerciante, fu una presenza soffocante: in tal modo Kafka ne parla nelle pagine appassionate, dolenti e accusatorie della Lettera al padre (1919), documento fondamentale per conoscere la sua vicenda umana. Insofferente ai legami familiari, ma non forte abbastanza per rinunciarvi; costretto in una città che sente angusta, ma incapace di lasciarla, Kafka trascorre a Praga quasi tutta la sua vita, separandosene solo per viaggi causati dalle sue precarie condizioni di salute e durante un periodo in cui visse a Berlino. Negli anni 1889-1901, Kafka studia nella Deutsche Knabenschule e successivamente nel ginnasio tedesco di Stato nel palazzo Golz-Kinskỳ, dal cui balcone, nel 1948, Klement Gottwald proclamò la vittoria del comunismo sovietico; uno dei tipici ginnasi umanistici in lingua tedesca dai quali la monarchia asburgica traeva i funzionari e i professionisti: per il padre, l'iscrizione a quella scuola costituiva una manifestazione di distacco dall'etnia ceca a dalla religione ebraica. Nei sotterranei del palazzo si può assistere a una mostra dedicata allo scrittore (vedi foto 1) Negli anni 1901-1906 frequenta l'Università Tedesca di Praga, dove si laurea in giurisprudenza. Di questi anni (1904-1905) è il testo letterario Descrizione di una battaglia. Laureatosi in giurisprudenza all'università di Praga, nel 1907 iniziò a lavorare presso le "Assicurazioni Generali", per poi passare nell'anno successivo all'"Istituto di assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro per il Regno di Boemia", di cui rimarrà dipendente fino al 1922, anno in cui andrà in pensione per malattia.  Nel 1902 conobbe Max Brod (vedi scheda), che sarebbe diventato il suo più caro amico e dopo la morte di Kafka ebbe il benemerito per aver salvato e pubblicato tutto il lascito inedito dello scrittore. Proprio a casa di Brod, il 13 agosto del 1912, conobbe Felice Bauer, con la quale fu fidanzato (con una lunga interruzione) fino al dicembre 1917: la tormentata relazione è documentata nelle Lettere a Felice, raccolte nel 1967.

Fra il 1910 e il1911 Kafka si occupò sempre più intensivamente della cultura ebraica e strinse amicizia con Jizchak Löwy, che era a capo di una piccola compagnia di attori ebrei. Nel 1910 inizia i Diari. Nel 1911 comincia il romanzo Il disperso (rimasto incompiuto, pubblicato postumo da Brod con il titolo America). In questi anni scrive otto brevi prose, apparse dapprima nella rivista "Hyperion" (1908), infine in una edizione a parte con il titolo Meditazioni assieme ad altre dieci, apparsa nel 1913 presso l'editore Rowohlt. Nello stesso anno scrive Il fuochista. Negli ultimi mesi del 1912 scrive La condanna e La metamorfosi;quest'ultimo venne pubblicato nel 1915. subito dopo una prima rottura del fidanzamento con Felice Bauer, nell'agosto 1914, inizia il romanzo Il processo, di però interromperà la stesura all'inizio del 1915. nel frattempo scrive Nella colonia penale,di cui darà una lettura pubblica nel novembre 1916. fino all'aprile del 1917, Kafka scrive la serie di racconti che apparirà nel volume dal titolo Un medico di campagna, nel 1919. All'inizio del 1917 comincia a studiare l'ebraico. Nella notte tra il 9 e il 10 agosto del 1917 accusa una grave emottisi[1]; il 4 settembre gli viene diagnosticata la tubercolosi polmonare. Per questo motivo kafka rompe definitivamente il fidanzamento con Felice Bauer nel dicembre del 1917. nel 1919 si fidanza con Julie Wohryzeck, proveniente da una famiglia di operai ebrei di origine ceca; anche questo fidanzamento verrà interrotto nel 1920. Ai primi dello stesso anno, durante una permanenza in un sanatorio di Merano, inizia la corrispondenza con la giornalista ceca Milena Jesenskà, (le lettere sono state raccolte nel volume Lettere a Milena), unica donna non ebrea nella vita di Kafka, moglie di Ernst pollak e prima traduttrice in ceco di numerosi racconti kafkiani. A lei Kafka affida i propri diari, consentendone così la sopravvivenza. Nel 1922 Kafka soggiorna per tre settimane nel sanatorio di Spindelmühle; a febbraio inizia il suo terzo romanzo, Il castello, progetto abbandonato nell'agosto dello stesso anno per un peggioramento delle condizioni di salute. Nel 1922 inizia anche il ciclo degli ultimi grandi racconti: Primo dolore, Un digiunatore, Indagini di un cane. All'inizio del 1923 intensifica il suo studio dell'ebraico e progetta un viaggio in Palestina cui pensava già da molti anni. In luglio-agosto, in un soggiorno a Müritz, sul Mar Baltico, conosce la giovane Dora Dyamant, ebrea di origine polacca, con lei finalmente lascia Praga e convive a Berlino. L'inverno berlinese del 1923-1924, particolarmente severo, insieme alle condizioni economiche rese drammatiche dall'inflazione, pregiudicano definitivamente la sua salute. Contemporaneamente però Kafka sembra aver raggiunto una condizione di vita cui aveva sempre aspirato trascorre le giornate nella scrittura e nello studio intensivo della lingua e della cultura ebraica. Alla fine di febbraio 1924 le sue condizioni peggiorano al punto che Max Brod lo riaccompagna a Praga, dove scrive Giuseppina la cantante o il popolo dei topi. Gli viene diagnosticata una laringite tubercolare che gli impedisce di parlare (restano i suoi ultimi biglietti di conversazione) e alla fine anche di inghiottire. In queste condizioni viene trasferito alla casa di cura Kierling, presso Klosteneuburg in Austria, dove negli ultimi giorni corregge le bozze dell'ultima raccolta (che da uno dei racconti prenderà il titolo di Un digiunatore) che apparirà presso l'editore "Die Schmiede" subito dopo la sua morte. Franz Kafka muore il 3 giugno 1924; al letto di morte sono presento Dora Dyamant e il giovane amico e medico Robert Klopstock. L'11 giugno viene sepolto nel nuovo cimitero ebraico di Praga-Strashnitz. Nel suo testamento Kafka chiedeva all'amico Max brod di dare alle fiamme tutti i manoscritti inediti e impedire nuove edizioni di quelli editi. Brod tuttavia rifiuta di esaudire il desiderio dell'amico e negli anni seguenti pubblica i tre romanzi, tutti i racconti e frammenti, i diari e gran parte delle lettere. Già negli anni Trenta, ma in forma sempre più imponente nei decenni successivi, la grandezza letteraria di Kafka è riconosciuta in tutta Europa.




L'OPERA  
I temi dell'opera di Kafka, la solitudine, il senso di colpa dell'individuo minacciato da forze anonime e inafferrabili al di fuori del suo controllo, la condanna, lo avvicinano agli esistenzialisti (vedi scheda) del Novecento. La sua prosa  è nitida, a tratti ironica, e nel descrivere situazioni assurde in toni di superficiale quotidianità crea un'atmosfera da incubo, comunica il senso che la vita è una trappola e che l'individuo è preda di forze invincibili, indefinite e inconoscibili.


LA METAMORFOSI

Esemplare da tale punto di vista è il racconto La metamorfosi (1916 vedi scheda), storia di Gregor Samsa, commesso viaggiatore che, svegliandosi un mattino, si trova trasformato in un insetto: in quel momento la sua preoccupazione non è la metamorfosi subita ma l'ansia di perdere il treno e di non concludere gli affari necessari a mandare avanti la famiglia. E la famiglia è la prima a rifiutare Gregor e a provocarne la morte. Un orrore altrettanto crudele vive nelle pagine del racconto Nella colonia penale (1919), dove con gelida precisione viene descritto uno strumento di morte, una macchina costruita per uccidere i condannati perforandoli con aghi che imprimono sul loro corpo il nome del reato commesso. Fra gli altri racconti si ricordano Preparativi di nozze in campagna (1907), La condanna (1916), La tana (1919).

ROMANZI  
Prima di morire, Kafka affidò a Brod l'incarico di bruciare i manoscritti, ma questi, contravvenendo al desiderio dell'amico, curò la pubblicazione postuma delle carte inedite, fra le quali i tre romanzi rimasti incompiuti: Il processo (1925; celebre la trasposizione cinematografica, uscita nel 1962, di Orson Welles), storia di Josef K., impiegato di banca accusato di un indefinito reato per il quale viene istruito un processo che si svolge sempre e dovunque, finché lo stesso K. è alla fine convinto di essere colpevole; Il castello (1926), storia dell'agrimensore K., che deve sempre restare a disposizione dei 'signori del castello' per svolgere un incarico imprecisato; America (1927), dove Karl Rossmann, mandato in America perché si allontani da una domestica rimasta incinta, si smarrisce in un mondo estraneo e indecifrabile.

Il Processo

(Der Prozess)




Il romanzo, le cui vicende si svolgono in un anno, è ambientato nella Praga storica.

Il protagonista, Josef K., è accusato di un indefinito reato per il quale viene istruito un processo che si svolge sempre e dovunque. All'inizio K. respinge le accuse di aver violato la legge perché ignora di quale delitto sia stato accusato; ma poi lentamente si identifica nel colpevole, cerca affannosamente una via d'uscita, e, solo quando si rende conto che ogni tentativo è vano perché la sua condanna è già stata pronunziata, solo allora si arrende, quasi con la convinzione di essere davvero colpevole. Cerca addirittura di accelerare la fine di quell'incubo, lasciandosi condurre da due individui «in finanziera, pallidi e grassi, con cilindri in apparenza inamovibili» in una piccola cava abbandonata (probabilmente la cava di Strahov). Qui verrà giustiziato:

«Intorno alla gola di K. si posarono le mani di uno degli uomini, mentre l'altro gli immergeva il coltello fino al cuore e lo girava due volte. Con gli occhi che si spegnevano, K. vide ancora gli uomini che vicino al suo viso, guancia a guancia, osservavano l'esito. "Come un cane!" disse, era come se la vergogna dovesse sopravvivergli».


Nel romanzo pervade un'atmosfera cupa, opprimente. Vari ambienti descritti presentano queste caratteristiche. Per cominciare, la sala delle udienze, in cui si tiene il primo interrogatorio di K., è piccola e affollata, c'è aria viziata ed è significativa la figura di un uomo «piccolo, grasso e ansimante» al centro di una bassissima pedana, perché rispecchia l'ambiente. Negli uffici del tribunale si respira un'aria viziata, afosa e irrespirabile, tanto che K. si sente male e, quando una ragazza, l'impiegata di quell'ufficio, tenta di aprire un finestrino in alto che dà all'aperto, cade nella stanza tanta fuliggine che ella è costretta a richiudere immediatamente.

Il ripostiglio, che fa da sfondo al quinto capitolo, in cui assistiamo alla scena irreale che vede come protagonista un bastonatore che è intento a punire le guardie Franz e Willem, che avevano arrestato K., in seguito a una lamentela che lo stesso K. aveva fatto al giudice istruttore nei loro confronti a causa del loro comportamento scorretto, è piccolo e buio, illuminato solo dalla luce di una candela fissata su uno scaffale.

La camera da letto dell'avvocato Huld, il difensore di K., che , malato, giaceva a letto, è anch'essa illuminata da una piccola candela, insufficiente ad illuminarla. Infatti, in un angolo buio è addirittura nascosto un amico dell'avvocato.

Il duomo, teatro del nono capitolo, è completamente buio. A parte una lampada in fondo, su un piccolo pulpito, del tutto insufficiente a illuminare la vastità dell'ambiente. Poi c'è un lungo momento di buio totale, dopo che la lampada si è spenta, durante il quale K. fa fatica a trovare l'uscita. Fuori piove a dirotto, il cielo è plumbeo.


Il tema centrale della colpa e della condanna domina tutta l'opera di Kafka, caratterizzata da atmosfere da incubo. Il Processo ne è un valido esempio. In tutti i racconti di Kafka la colpa non ha motivazioni concrete, ma è un dato di fatto, un aspetto normale dell'esistenza. Tale condizione di colpa e condanna è accettata dal protagonista, che alla fine non tenta di fare nulla per cambiarla. Ogni possibilità di aiuto non viene sfruttata con particolare entusiasmo, ma viene vissuta con una certa indifferenza.

Ecco un brano, «L'avvoltoio», che appartiene ai vari manoscritti inediti che Kafka affidò all'amico Brod. È un valido esempio della tematica di Kafka e delle caratteristiche che accomunano tutte le sue opere.


L'AVVOLTOIO

C'era un avvoltoio che menava colpi di becco contro i miei piedi. Aveva già lacerato stivali e calze e ora già beccava i piedi. Continuava a menar colpi, poi volò più volte irrequieto intorno a me e riprese il lavoro. Passò un tale che stette a guardare e dopo un poco domandò perché tolleravo quell'avvoltoio. «Sono inerme» risposi. «È venuto e ha incominciato a  beccare. Naturalmente volevo cacciarlo via, tentai persino di strozzarlo, ma un animale così ha molta forza e poiché già stava per saltarmi in viso ho preferito sacrificare i piedi. Ora sono quasi straziati». «Come si fa a lasciarsi torturare così?». Disse quello. «Uno sparo e l'avvoltoio è spacciato». «Davvero?» esclamai. «E ci vuole pensare lei?» «Volentieri» rispose. «Devo soltanto andare a casa a prendere lo schioppo. Può aspettare ancora mezz'ora?» «Non lo so» dissi e stetti come irrigidito dal dolore. Poi soggiunsi: «Per favore, tenti in ogni caso». «Sta bene» disse lui «cercherò di far presto». Durante questo colloquio l'avvoltoio aveva ascoltato tranquillo guardando ora me, ora lui. Ora vidi che aveva capito tutto, si sollevò, piegò la testa all'indietro per prendere lo slancio e come un lanciere affondò il becco attraverso la mia bocca, dentro di me. Cadendo all'indietro sentii, liberato, che nel mio sangue straripante, di cui erano piene tutte le cavità, l'avvoltoio affogava irrimediabilmente.




Fuoruscita di sangue dalla bocca.

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