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Le favole di Fedro




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Le favole di Fedro


20 . Esopo e lo schiavo fuggitivo

Non bisogna aggiungere male a male



Uno schiavo, fuggendo da un padrone duro di cuore, si imbatté in Esopo, che lo conosceva per via del vicinato. «Perché sei così sconvolto?» «Te lo dirò francamente, padre - e sei degno di essere chiamato con questo nome, perché con te ci si può sfogare senza pericolo. Botte ne ho d'avanzo, mi manca il cibo; spesso mi si manda alla fattoria senza vitto per il viaggio. Se lui cena a casa, mi tocca stare in piedi tutta la notte, se invece è invitato, me ne sto giù, sdraiato sul marciapiede, fino allo spuntare del giorno. Mi sono già guadagnato la libertà, eppure con i capelli bianchi continuo a servire. Se avessi sulla coscienza qualche colpa, sopporterei di buon animo; non ho mai mangiato a sazietà e per di più, disgraziato che sono, mi tocca subire un crudele dispotismo. Per queste ragioni e altre ancora, che sarebbe lungo enumerare, ho deciso di andare dove mi porteranno i piedi». «Allora ascolta!», disse Esopo. «Non hai fatto nulla di male, eppure, come riferisci, soffri queste pene; cosa ti capiterà se commetterai una colpa? Quali punizioni pensi che dovrai subire?». Con tale consiglio fu distolto dalla fuga.


21 . Il cavallo da corsa venduto al mulino

Bisogna sopportare serenamente qualunque cosa capiti



Un cavallo da corsa, famoso per le sue molte vittorie, fu rubato da un tale che lo vendette a un mulino. Staccato dalla mola e portato fuori a bere, scorse i suoi compagni andare al circo, per gareggiare con gioia durante gli spettacoli. Gli spuntarono le lacrime: «Andate felici!», disse. «Celebrate senza di me con la corsa questo giorno di festa; io, dove la mano scellerata di un ladro mi ha trascinato, lì, in balia di una sorte crudele, piangerò il mio destino».


22 . L'orso affamato

La fame aguzza l'ingegno agli esseri animati



Quando nella foresta viene a mancare il nutrimento, l'orso corre alla costiera rocciosa e, tenendosi stretto a uno scoglio, cala a poco a poco nel bassofondo le zampe pelose; non appena tra i peli rimangono impigliati i granchi, balza a terra, si scuote di dosso la preda del mare e poi si gusta i bocconcini raccolti qua e là; furbo lui!

La fame dunque aguzza l'ingegno anche agli stolti.


23 . Il viandante e il corvo

Gli uomini si lasciano spesso ingannare dalle parole



Un tale, percorrendo un sentiero fuori mano tra i campi, udì «Salve»; sostò un momento e quando vide che non c'era nessuno, riprese il cammino. Di nuovo la stessa voce lo saluta da non si sa dove. Rassicurato dal tono amichevole, si fermò per ricambiare la cortesia dell'altro, chiunque fosse. Guardò in giro e rimase a lungo nel suo errore, perdendo il tempo necessario per percorrere alcune miglia; finalmente si mostrò un corvo, che passando a volo su di lui, continuò a riversargli addosso «Salve». Allora, accorgendosi di essere stato preso in giro, disse: «Ma un accidente a te, disgraziato d'un uccello, che hai trattenuto così i piedi di chi ha fretta».


24 . Il pastore e la capretta

Nulla è così ben nascosto da non essere scoperto



Un pastore aveva spezzato il corno di una capretta col suo bastone: si mise a pregarla di non denunciarlo al padrone. «Sì, tacerò, anche se sono stata ferita senza meritarlo; ma l'evidenza stessa griderà la tua colpa».


25 . Il serpente e la lucertola

Quando manca la pelle del leone, bisogna cucirsi addosso quella della volpe: cioè, quando mancano le forze, bisogna servirsi dell'astuzia



Un serpente aveva preso una lucertola per la coda; quando spalancò la gola per ingoiarla, quella afferrò un rametto che era lì per terra, e tenendolo di traverso stretto forte tra i denti, con questo ingegnoso impedimento ostacolò le avide fauci. Il serpente lasciò cadere dalla bocca l'inutile preda.


26 . La cornacchia e la pecora

Molti attaccano i deboli e cedono ai forti



L'odiosa cornacchia si era piazzata sulla schiena della pecora, che dopo averla portata malvolentieri e a lungo, disse: «Se lo avessi fatto al cane ben provvisto di denti, l'avresti pagata cara». Quella maledetta replicò: «Disprezzo i deboli, ma cedo ai forti; so chi attaccare e chi blandire falsamente; ecco perché riesco a prolungare la mia vecchiaia fino a mille anni».


27 . Schiavo e padrone

Nessun insulto è più pesante di quello della propria coscienza



Uno schiavo dissoluto, che aveva sedotto la moglie del proprio padrone, insultava Socrate; questi, poiché sapeva che il fatto era noto alla cerchia dei presenti, disse: «Tu ti piaci perché piaci a chi non dovresti; ma non senza tuo danno, perché non piaci a chi dovresti».


28 . La lepre e il bifolco

Molti sono gentili a parole, sleali nel cuore



Una lepre, fuggendo a zampe levate da un cacciatore, fu vista da un bifolco mentre si insinuava sotto a un cespuglio. «Per gli dèi e per tutte le tue speranze ti supplico, bifolco, non tradirmi; non ho mai fatto nulla di male a questo tuo campo». E il contadino: «Non temere; stattene nascosta senza preoccuparti». Ecco già lì il cacciatore che la inseguiva: «Dimmi, bifolco, è per caso venuta qui una lepre?» «Sì, ma se ne è andata per di qua, a sinistra»; e con un cenno indica la destra. Il cacciatore, per la fretta che aveva, non capì e sparì dalla vista. Allora così il bifolco: «Mi sei grata per averti tenuta nascosta?» «Certo non nego di essere grata alla tua lingua e di doverla ringraziare moltissimo; ma quanto ai tuoi occhi traditori mi auguro che ti si accechino».


29 . La cortigiana e il giovane

Ci fanno piacere molte cose che però recano danno



Una cortigiana bugiarda coccolava un giovane e lui, pur essendo stato più volte ferito da molti tradimenti, si mostrava tuttavia indulgente con la donna. Quella femmina piena di trappole lo lisciava così: «Anche se tutti cercano di conquistarmi, facendo a gara con i doni, io però tengo a te più di ogni altro». Il giovane, ricordando quante volte era stato ingannato, disse: «Ascolto volentieri, gioia mia, queste parole, non perché siano sincere, ma perché mi fanno felice».


30 . Il bivero

Molti vivrebbero se, per salvarsi, tenessero in poco conto i loro beni



Quando non riesce più a sfuggire ai cani, il bivero (che i Greci chiacchieroni chiamarono castoro e diedero a una bestia il nome di un dio, proprio loro che si vantano della ricchezza della loro lingua) si strappa con un morso i testicoli, almeno così si dice, perché forse si accorge di essere cacciato proprio per causa di essi. Non potrei negare che questo avvenga per disposizione divina; il cacciatore infatti, una volta che ha trovato il suo farmaco, smette di inseguire l'animale e richiama i cani.

Se gli uomini riuscissero a rinunciare ai loro averi, poi vivrebbero sicuri; nessuno tenderebbe insidie a un corpo nudo.


31 . La farfalla e la vespa

Bisogna guardare non la sorte passata ma quella presente



Una farfalla, via via svolazzando, aveva visto una vespa. «O sorte iniqua! Finché vissero i corpi dai cui resti noi abbiamo ricevuto l'anima, io ero eloquente in pace, valoroso in guerra, il primo tra i miei coetanei in ogni arte. Ecco tutto quel che sono: leggerezza polverosa e cenere che svolazza! Tu che eri un mulo da soma, ora ferisci chi ti pare, trafiggendolo col pungiglione». E la vespa pronunciò queste parole, degne del suo stile: «Guarda non quel che eravamo, ma quel che siamo ora».


32 . La terragnola e la volpe

Non bisogna prestare fede ai malvagi



L'uccello che i contadini chiamano terragnola, perché si fa il nido realmente per terra, una volta si imbatté in quella furbacchiona della volpe; al vederla, si portò più in alto con un colpo d'ala. «Salve», disse la volpe; «ma, scusa, perché sei fuggita? Come se io non avessi nel prato cibo in abbondanza, grilli, scarabei, locuste in grande quantità; non hai nulla da temere: io ti apprezzo molto per la tua maniera di vivere pacifica e onesta». Rispose l'altra a sua volta: «Tu certo predichi proprio bene; ma per terra non ti sono pari, in aria, sì. Anzi, seguimi: quassù ti affido la mia salvezza».


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