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La follia dei totalitarismi




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La follia dei totalitarismi


La storia recente ci presenta vari esempi di totalitarismo, che possono per certi versi essere spiegati in chiave di mera follia e di demonismo.

Secondo il filosofo Erich Fromm, la caratteristica della condizione dell'individuo nella moderna società capitalistica sarebbe rappresentata dal venir meno di quei legami primari con il mondo esterno, che precedentemente avevano fatto sì che egli sentisse di appartenere ad una comunità e, quindi, si sentisse una persona con un proprio ruolo nella società, una sicurezza e una libertà di esprimere la propria personalità nel lavoro e nella vita emotiva. Il capitalismo avrebbe liberato l'uomo dai vincoli tradizionali e avrebbe contribuito ad accrescere la libertà positiva e a sviluppare la personalità attiva, critica e responsabile. Tuttavia, il capitalismo nello stesso tempo ha reso l'individuo più solo e isolato e lo ha pervaso di un sentimento di irrilevanza e impotenza. L'isolamento, l'insicurezza e l'impotenza dell'uomo moderno metterebbero in moto dei "meccanismi di fuga" o di difesa, attraverso i quali il singolo e interi gruppi di individui cercherebbero di reagire alla loro condizione. L'individuo può scegliere se superare l'intollerabile stato di impotenza e solitudine, tra due vie. Può progredire alla "libertà positiva", mettendosi in rapporto con il mondo spontaneamente con l'amore e il lavoro; può così ritrovare di nuovo l'unità con l'uomo, la natura e se stesso, senza rinunciare all'indipendenza e all'integrità della propria personalità. L'altra via è quella di ritirarsi, di rinunciare alla sua libertà, e di cercare di superare la sua solitudine eliminando il vuoto che si è formato tra il suo essere e il mondo.

Alcuni "meccanismi di fuga" avrebbero una scarsa rilevanza sociale, altri ne avrebbero una notevole, necessaria per capire le motivazioni psicologiche dei moderni fenomeni politico-sociali. Fromm non si limita a descrivere i "meccanismi di fuga" che sarebbero alla base del fascismo, quello dell'"autoritarismo", della "distruttività" e del "conformismo da automi", ma affronta il problema stesso del fascismo, negando che per spiegarlo bastino i fattori politici ed economici. Questi sono importanti tanto quanto quelli psicologici: le ragioni del successo del fascismo, della sua presa su milioni di individui, possono essere spiegate solo dal punto di vista psicologico.

Per quanto riguarda il nazismo, Fromm cerca di spiegare il comportamento sia di quella parte del popolo tedesco che si è inchinata al regime senza opporre una forte resistenza, ma anche senza ammirare l'ideologia e la prassi politica naziste (la classe operaia e la borghesia liberale e cattolica), sia di coloro che avevano seguito entusiasticamente il nazionalsocialismo (gli strati inferiori della classe media). La classe operaia si era affacciata al dopoguerra nutrendo grandi speranze nella realizzazione del socialismo, ma all'inizio del 1930 i frutti delle sue vittorie erano già quasi completamente distrutti, e il risultato di ciò era un profondo sentimento di rassegnazione. Quanto, invece, ai secondi, il loro comportamento andrebbe spiegato in relazione al carattere sociale della piccola borghesia, al suo amore per i forti, al suo odio per i deboli, alla sua meschinità, alla sua avarizia. La situazione economica della classe media inferiore ha cominciato a declinare dopo la guerra; invece di rendersi conto del destino economico e sociale della vecchia classe media, i suoi membri interpretavano il loro destino come coincidente con quello della nazione.

Per Fromm il fascismo può essere spiegato completamente solo partendo dal presupposto dell'interdipendenza delle forze economiche, psicologiche e ideologiche e del ruolo di cerniera che in questo rapporto avrebbe il carattere sociale. La classe media inferiore ha reagito a certe trasformazioni economiche con un'intensificazione di certi tratti di carattere, e precisamente, delle sue tendenze sadiche e masochistiche; l'ideologia nazista ha esercitato un'attrazione su questi tratti, intensificandoli; e i nuovi tratti di carattere sono diventati forze che hanno efficacemente sostenuto l'imperialismo tedesco. Per Fromm, il fascismo e lo stalinismo hanno qualcosa in comune: il fatto di offrire all'individuo atomizzato, nuovo rifugio e sicurezza.

Questi sistemi costituiscono il massimo dell'alienazione. All'individuo si insegna a proiettare tutte le sue energie umane nella figura del capo, dello stato, della patria, cui deve sottomettersi e che deve venerare. Mussolini, un millantatore codardo, diventò un simbolo di virilità e di coraggio. Hitler, un maniaco della distruzione, fu esaltato come il costruttore di una nuova Germania. Stalin, un ambizioso intrigante di sangue freddo, fu dipinto come l'amoroso padre del suo popolo.

Molto significativa è anche la posizione di Talcott Parsons, che si muove sulla stessa linea di fondo di Fromm. L'insicurezza e la mancata integrazione avrebbero valore soprattutto come spiegazione di una particolare situazione psicologica nella quale larghi ambienti sarebbero sensibili agli appelli fascisti; di per sé soli, non sarebbero però sufficienti per spiegare l'effettiva genesi di tali movimenti e soprattutto la loro struttura politica. Parsons si è sforzato di approfondire questo aspetto in termini sostanzialmente più sociologici che psicologici.

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