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Il lavoro minnorile in brasile




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IL LAVORO MINNORILE IN BRASILE



Presentazione


Il Brasile è uno dei più grandi paesi dell’America Latina, con all’incirca 184 milioni di abitanti e una superficie 32 volte più grande dell’Italia. Come in quasi tutti i paesi in via di sviluppo, il Brasile affida il suo futuro hai giovani.

Per definizione, il lavoro minorile è quello realizzato da bambini e adolescenti che sono sotto l’età minima per entrare nel mercato lavorativo e che eseguono compiti insalubri e pericolosi, compromettendo la loro integrità fisica, morale e psico-sociale.

La principale causa che induce bambini e giovani ad essere obbligati a lavorare è la povertà. Famiglie con un basso redito lottano quotidianamente per la loro sopravivenza in paesi i cui governi non danno la priorità ad aree come la salute, l’educazione e benessere sociale. I bambini sono obbligati ad assumere responsabilità a casa o finiscono per andare a cercare una ‘collaborazzione’ al redito familiare.

In questa ricerca saranno presentate le leggi che proteggono i bambini e i progetti del governo brasiliano per finire questa crudeltà, ma saranno sufficienti?









I numeri


Il numero dei bambini lavoratori è spaventoso, anche se presenta una notevole discesa. I dati qui riportati, sono stati processati dall’IBGE e dal PNAD, organi che gestiscono i censimenti in Brasile. E avvertiamo anche che in questi dati non sono stati considerati i bambini della zona agricola della Regione nord.


Gruppo dai 5 ai 9 anni → I dati del 1995 indicano che 3,6% (581,3 mila) bambini lavoravano in quel periodo, con una giornata lavorativa di all’incirca 16, 2 ore. Cosi, il 63,2% dei bambini lavoratori erano occupate, nel settore agricola, come lavoratori in proprio. Del numero totale di questi bambini, 75% di loro il capo famiglia ocupato in attività agricole e che il 61% di loro sono lavoratori autonomi. Si deve rendere noto che il 51,7% di questi bambini risiedevano negli stati del nordest brasiliano.


Gruppo dai 10 ai 14 anni → La percentuale di questi bambini è sostanzialmente più alta, il numero di quelli che lavoravano ha rappresentato il 18,7% (3,3 milioni), per un totale di circa 17,6 milioni di bambini in questa età. Il lavoro è prevalentemente maschile (87,4%), circa il 54,6% di loro avevano come domicilio una zona rurale.






La distribuzione regionale indica che il 47,5% dei bambini sono localizzati nel nordest e il 23,8% nel Sudovest. Dal numero totale di bambini (1,48 milioni) con domicilio urbano, il 34,1% si trovavano al nordest, mentre il 33,1% al sud, ciò dimostra un certo ‘equilibrio’ tra le due regioni. Bisogna evidenziare comunque che i bambini che avevano domicilio rurale (1,78 milioni), la proporzione nordestina è molto più elevata (58,6%) a quella del sud (16%) rivela . Questo rivela una partecipazione notoria dei bambini che lavorano nelle zone rurali del nordest e, secondariamente, nella zona rurale del sud.

La principale occupazione minorile, come possiamo evidenziare nel grafico sotto illustrato, ancora è quella nel settore agricola. Infatti, i dati dimostrano che il 53,8% dei bambini lavora in fattorie, pollai, piantagioni ec.. il 23,1% in negozi, fabbriche, officine e uffici. I bambini che lavoravano nella zona rurale in gran parte in proprietà appartenenti alla famiglia, principalmente nelle piantagioni di zucchero di cana e nella produzione di carbone vegetale, i genitori usano i figli per coprire le quote di produzione, ovvero, l’inserimento dei loro piccoli è una strategia per aumentare la produzione e quindi l’aumento del reddito.

Questa strategia, pur avendo una certa razionalità economica immediata come forma di assicurare la sopravivenza della famiglia, si trasforma in un elevato costo sociale con il passare del tempo in proporzione perpetua tra la povertà e la desigualdade dentro e tra le generazioni. Il lavoro minorile esiste anche fuori dal contesto e quindi lontano dalla protezione familiare.



Un altro aspetto importante è quello dello stipendio percepito da questi minorenni, un’indagine dimostra che 56,6% dei minori lavoratori non ricevevano nessuna remunerazione e tra quelli che ricevevano uno stipendio, 88,8% guadagnavano una somma fino ad uno stipendio minimo, all’incirca €56,00 mensili.

Il lavoro precoce, come generatore di povertà tra le generazioni, fondamenta lo stabilimento di due relazioni: quella della povertà essere una delle cause del lavoro precoce e quella del lavoro precoce, a suo turno, costituire una delle cause della povertà. Cosi il lavoro minorile affetta siano i rediti futuri, nella vita adulta, quanto il grado di scolarità ricevuta.

Le cause del lavoro minorile, quindi, sono multiple e complesse. L’origine del problema demanda, conseguentemente, azioni dello Stato e della società in vari front.

La questione necessita la mobilitazione dell’energia sociale, creatività nel concepimento del marco legale e meccanismo efficaci per la sua applicazione, collaborazione e sviluppo di programmi efficaci sono fondamentali per il combattimento questo problema.











Cosa stabilisce la legge per proteggere i bambini e adolescenti?


L’estinzione del lavoro minorile è nel mirino del governo brasiliano, che sta promovendo azioni integrative per garantire ai bambini e adolescenti il diritto alla vita e al suo normale sviluppo. E dobbiamo anche nominare gli organi internazionali che combattono e appoggiano le misure contro questo problema.

La legislazione brasiliana relativa alla regolamentazione del lavoro minorile, è del lontano 1891 (appena alcuni anni dopo l’abolizione della schiavitù), quando il decreto 1.313 definiva che i bambini del sesso femminile con età tra i 12 e i 15 anni e quelli del sesso maschile tra i 12 e 14 anni, avrebbero una giornata massima di 7 ore, e passava a 9 ore per i bambini maschi tra i 14 e 15 anni. Dopo la Consolidazione delle Leggi del Lavoro (CLL), avvenuta nel 1943, vari dispositivi hanno regolato l’età minima per il lavoro, il Primo Codice del Minore dell’America Latina, del 1927, che vietava il lavoro ai minori di 12 anni e vietava anche il lavoro notturno ai minori di 18 anni. La CLL ha trattato l’argomento in modo molto vasto, definendo l’età minima in 12 anni e stabilendo le condizioni per svolgere il lavoro.

Per occasione della Prima Riunione Ibero-Americana sull’Estinzione del Lavoro Infantile (Cartagena dell’Indie, maggio 1997), il Governo brasiliano, rappresentato dal Ministero del Lavoro, ha firmato la Dichiarazione di Cartagena che hanno rinforzato i compromessi dei paesi partecipanti di riconoscere che i diritti dell’infanzia sono i fondamenti dei diritti umani. Tutti i paesi si sono impegnati a :


I)       Promuovere la crescita economica che risulti nella scomparsa della povertà;

II)     Rinforzare di più le attività per combattere il lavoro minorile, tramite strategie che compromettano i diversi livelli sociali;

III)          Creare comitati nazionali per mettere in azioni il Piano Nazionale di Azione Contro il Lavoro Minorile;

IV)           Stabilire un sistema regionale di informazioni per meglio seguire i lavori dei comitati.


A parte questa Dichiarazione, la Legislazione brasiliana, Capitolo V – Diritti a una Professione e alla protezione al lavoro:


Art. 60 – Sono vietati qualsiasi lavori ai minori di 16 anni, salvo come apprendista, a partire dai 14 anni. Nuova redazione data, secondo Emenda Costituzionale n° 20 del 16 dicembre 1998.


Art. 61 – La protezione al lavoro degli adolescenti è regolamentata da una legislazione speciale, senza interferire nell’articolo anteriore.


Art. 62 – Si considera apprendista secondo le basi delle legislazioni dell’educazione in vigore, la formazione tecnico-professionale va comunque supervisionata secondo queste basi.


Art. 63 – La formazione tecnico professionale ubbidirà i seguenti principi:

I)        garanzia di accesso e frequenza obbligatoria all’insegnamento regolare;

II)      attività compatibile con lo sviluppo dell’adolescente;

III)            orario speciale per l’esercizio delle attività lavorative.


Art. 64 – All’adolescente fino a 14 anni è assicurata una borsa di apprendista.


Art. 65 – All’aprendista, con più di 14 anni, sono assicurati i diritti lavorativi e previdenziali.


Art. 66 – All’adolescente portatore di handicap è assicurato il lavoro protetto.

Art. 67 – All’adolescente impiegato, apprendista, in regime familiare di lavoro, allievo in scuola tecnica, assistito o no di qualsiasi associazione non governamentale, è vietato il lavoro:

I)        notturno, svolto dalle ore 22 di un giorno fino alle ore 5 del giorno successivo;

II)      pericoloso, penoso o insalubre;

III)            realizzato in ambienti non insalubri al suo sviluppo fisico – morale – sociale;

IV)           realizzato in orari che non lo permettono di frequentare la scuola.


Art. 68 – Il programma sociale che ha come base il lavoro educativo, sotto responsabilità di entità governativa o no senza scoppi lucrativi, dovrà assicurare all’adolescente che partecipa a questo programma condizioni di lavorare ricevendo un contributo regolare.


Art. 69 – l’adolescente ha diritto ad una formazione professionale e di protezione nel lavoro, osservando le seguenti condizioni:

I)        rispetto alla condizione peculiare di persona in sviluppo;

II)      insegnamenti professionali adeguati al mercato lavorativo.



Ovviamente i bambini e adolescenti sono tutelati anche dalle regole dell’Unicef. Purtroppo queste leggi vanno ignorate da quasi tutti i datori di lavoro, e per i bambini che devono contribuire al redito familiare, il lavoro notturno è quello più redditizio. Portando, quindi, i bambini a trasgredire completamente le leggi.
























Borsa-Scuola, un incentivo all’insegnamento


Rompere il circolo vizioso della povertà significa offrire opportunità alle famiglie, soprattutto quelle di basso redito, usando l’educazione di qualità. Il Governo federale viene combattendo questo problema dal 1995, combattendo la povertà strutturale e promovendo l’inserimento sociale. Dopo l’ampliamento dei posti nelle scuole medie, sono state adottate nuove misure di trasferimento di redito che incentivassero le matricole e la frequenza nella scuola. Sviluppato attraverso iniziative di alcuni comuni che hanno avuto successo, il Programma Nazionale della Borsa Scuola è stato creato nel 2001, col proposito di concedere beneficio monetario mensile alle migliaia di famiglie brasiliane, in cambio della mantenimento dei bambini nelle scuole.

La popolazione che poteva usufruire di questa iniziativa è stata definita secondo due parametri e un requisito: età, redito e frequenza scolastica. Cosi, tutte le famiglie con pro-capite mensile inferiore a €29,00, i cui bambini tra i 6 e 15 anni frequentassero le scuole d’obbligo regolarmente, possono essere beneficiate con la Borsa Scuola. Una volta approvata la pratica, la famiglia passa a ricevere €4,70 mensile per allievo, limitato fino a €14,11 o 3 bambini per famiglia. I soldi sono distribuiti della Cassa di Risparmio Federale, le famiglie ricevono un bancomat personalizzato, usato esclusivamente per prelevare i soldi.

Ogni tre mesi, la frequenza dei bambini borsisti è analizzata e il pagamento del beneficio ai suoi genitori o responsabili può essere sospeso quando hanno più del 15% di assenze in uno dei mesi controllati.

Il processo di verifica e supervisione del programma è eseguito da Consiglio di Controllo Sociale, creato specificamente a questo scopo. Tra i suoi integranti, è obbligatorio che almeno 50% siano rappresentanti della società, senza vincoli con l’amministrazione comunale.

Lo scopo di questa iniziativa è promuovere l’educazione dei bambini appartenenti alle famiglie di basso redito, assicurando la sua permanenza nella scuola, tramite incentivo finanziario, contribuendo per una miglioria delle condizioni nel paese. Stimolare la creazione di una cultura scolastica positiva tra le persone meno fortunate economicamente e recuperare la dignità e l’auto stima della popolazione esclusa, con la speranza di garantire un futuro migliore ai loro figli, usando la educazione.


Perché non usufruire di questa iniziativa?


Il lavoro infantile rende più della Borsa scuola, il progetto funziona nelle zone interne, ma nei centri urbani, è molto meno atraente.


‘Antonio Baptista, 12 anni, lavora come ambulante nel centro di San Paolo, vendendo articoli di cancelleria. Circa un anno fa, Antonio si è trasferito dalla Bahia a San Paolo, dove vive con la sorella. Non frequenta più la scuola e afferma che non ha intenzioni di cambiare il lavoro per la Borsa Scuola. Motivo: guadagna all’incirca €6,26 al giorno, contro €4,70 mensili che la sua famiglia riceverebbe se lui frequentasse la scuola.’


Nelle grandi città, il programma rischia di non compiere il suo principale obbiettivo, stimolare i bambini a frequentare la scuola in cambio di un incremento nel redito familiare. Quando lavorano nelle strade, guadagno di solito molto di più da quanto offre la borsa fornita dal governo. Pertanto, se non appoggiato a altre politiche di miglioria della qualità di vita, la Borsa Scuola rischia di non poter compiere la sua funzione.

Il combattimento efficace del lavoro infantile e adolescenziale si basa su 3 fattori: educazione, fiscalizzazione e fonte di redito. Le strategie usate sono giuste e le prospettive sono buone. Le statistiche dimostrano che la riduzione del lavoro infantile è assai diminuita, nonostante ciò, i progetti ufficiali nono sono ancora sufficienti per sostenere la gravità del problema. Il Governo mantiene 3 progetti: il Peti, Bolsa Suola e L’agente giovane dello sviluppo sociale e umano. I due primi sono dedicati hai bambini dai 7 a 14 anni, basati nel pagamento di una borsa mensile legata alla frequenza scolastica. Il terzo è destinato ai ragazzi tra 15 e 17 anni. Purtroppo il Peti non sta andando come si credeva, perché tanti ragazzi lasciano il programma per tornare a lavorare, perché hanno bisogno di mantenersi. L’obbiettivo dell’Agente Giovane è lavorare in torno a questo problema, ma la sua scala di ricevimento è ancora insufficiente, lavorando soltanto con 24 mila ragazzi a Pernambuco e Mato Grosso do Sul.

Il Ministero dell’Educazione cerca di combattere questo problema con la fiscalizzazione, e identificando le aree dove occorrono questo tipo di problema. La fiscalizzazione è fondamentale per estinguere il lavoro minorile, il Ministero conta con 3.300 fiscali in tutto il paese senza parlare dell’appoggio dei comuni.

Purtroppo il lavoro nelle grandi città, per molti di questi bambini è il lavoro notturno, mettendo in difficoltà i fiscali. Quelli che non trovano lavoro nelle fabbriche e che non hanno possibilità di aprire un lavoro autonomo (come ambulante per esempio), svolgono delle mansioni vergognose: raccolgono le lattine di bibite in alluminio, che poi sono vendute ad all’incirca €0,30 al kg oppure la carta che è venduta ad un prezzo ancora più basso, questi materiali riciclabile sono poi venduti alle fabbriche di riciclaggio. Ci sono anche quelli che in tarda serata lavano i taxi e mezzi di trasporto pubblico. Questo assurdo lavoro notturno porta il bambino ad un basso rendimento scolastico e alla non frequenza della scuola, visto che il lavoro è sempre più redditizio degli incentivi del Governo.























Conclusione


Il Governo non può pretendere di finire il lavoro minorile se gli incentivi dati non sono interessanti. Credo che incentivare lo studio attraverso i soldi sia una maniera sbagliata di portare i bambini in classe, non possono frequentare la scuola a stomaco vuoto oppure senza il materiale scolastico. Tutte le iniziative proposte dagli ultimi governi sono basate sull’educazione e sulla specializzazione della mano d’opera, e tutte attraverso incentivi finanziari. Questo abbandono della scuola e conseguentemente dalla mano d’opera specializzata sono vincolati, chi non studia non si può specializzare.

La soluzione sarebbe quella di finire con l’incentivo finanziario e cominciare con la distribuzione di genere alimentari (esiste già un programma chiamato ‘Spesa Basica’ che distribuisce mensilmente una cesta con gli alimenti principali della dieta brasiliana) per ogni bambino che va alla scuola, selezionati usando sempre la strategia della Borsa Scuola. E per gli adolescenti, suggerirei di dare premi mensile, come una gita o cinema, anche dei vestiti o materiale scolastico per quelli che si distaccano di più. Ciò aumenterebbe non solo la cultura generale, ma anche la competitività per un domani nel mondo lavorativo.

I dati esposti in questa ricerca si riferiscono agli anni 1995 al 2001, questo dovuto al cambiamento di governo. Il Governo attuale ha lasciato il lavoro minorile in secondo piano, non dando continuità al lavoro iniziato precedentemente, continuando la catena della non curanza delle opere veramente importanti per il futuro del paese e occultando un problema di carattere mondiale.

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