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Machiavelli - il principe




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MACHIAVELLI


VITA

Machiavelli nasce a Firenze il 3 maggio del 1469. La sua vita appare segnata dallo spartiacque del 1512, quando, tornati i Medici a Firenze, egli deve abbandonare i suoi impegni politici. Dal 1498 al 1512, infatti, Machiavelli aveva ricoperto importanti incarichi nell'amministrazione politica della Repubblica fiorentina. Costretto all'otium letterario, dal 15121 al 1525 egli si dedicherà quasi esclusivamente a scrivere le sue maggiori opere. Solo negli ultimi anni di vita (1525 - 1527), i Medici gli affideranno di nuovo qualche incarico politico, ma la restaurazione della Repubblica ebbe come conseguenza una nuova esclusione dall'attività politica che gli fu decretata poco prima della morte, avvenuta il 21 giugno 1527.

Le sue maggiori opere sono:

- Belfagor arcidiavolo (novella),

- Mandragola (teatro),

- Discorsi sulla prima deca di Tito Livio,

- Il Principe.


BELFAGOR ARCIDIAVOLO

Plutone, re dell'inferno, decide di mandare un diavolo sulla terra a vivere da uomo ammogliato, per verificare se è vero che la vita coniugale è peggiore dell'inferno. Invia Belfagor, con una forte somma di denaro e diversi diavoli trasformati in servitori: dovrà sposarsi e restare sulla terra dieci anni. Belfagor, divenuto uomo, va a vivere a Firenze e si sposa, finendo vittima della moglie che lo costringe a contrarre un debito dietro l'altro. Il povero diavolo deve fuggire, inseguito dai creditori. E' salvato da un contadino, Gianmatteo del Brica. Per compensarlo, promette di farlo diventare ricco come esorcista delle indemoniate. Belfagor, infatti, penetra nel corpo di alcune donne e ne esce quando il contadino glielo chiede. Fattolo diventare ricco, Belfagor si dichiara indisponibile ad aiutarlo ulteriormente; e in effetti, quando Gianmatteo viene chiamato dal re di Francia per liberare dal demonio la figlia, si rifiuta di andare in suo soccorso. Gianmatteo rischia così di essere condannato a morte dal re. A questo punto il villano organizza una beffa ai danni di Belfagor facendogli credere che stia per giungere la moglie: il diavolo si spaventa a tal punto che lascia la fanciulla e fugge per sempre nell'inferno.


Il mondo umano è davvero peggiore di quello infernale! Così l'assunzione del punto di vista di un diavolo serve in realtà per smascherare gli egoismi, le cattiverie, gli inganni della vita umana.

Notiamo una forte misoginia da parte di Machiavelli.



MANDRAGOLA

La vicenda prende il nome da un'erba medicinale che avrebbe la virtù di combattere la sterilità delle donne. Nicia, dottore in legge ma persona semplice e meschina, cade nell'inganno tesogli da Callimaco, che è innamorato della moglie di lui, Lucrezia, bellissima ma savia e onesta. Callimaco si avvale dei consigli di un sensale di matrimoni, il parassita Ligurio, freddo calcolatore e stratega della beffa. Poiché Nicia vuole avere un figlio, Ligurio lo convince a far bere alla moglie una pozione di mandragola, avvertendolo però - sta qui l'astuzia - che la prima persona che giacerà per primo con Lucrezia ne assorbirà il veleno e morirà entro otto giorni. Occorre dunque trovare qualcuno che si presti, a sua insaputa, a morire al posto del marito. Ovviamente questo qualcuno sarà Callimaco, che così potrà per una notte godersi Lucrezia con il consenso del marito. Più difficile è convincere Lucrezia, che viene indotta ad accettare il gioco solo quando la madre e il confessore la forzano a tale passo. Alla fine Lucrezia, dopo la notte d'amore con Callimaco, deciderà di avere con lui una relazione duratura.

Si è visto in Lucrezia qualcosa del principe machiavelliano nella sua capacità di respingere le ipocrisie e le mezze misure (o si è del tutto buoni, come lei cerca di essere all'inizio, o si è del tutto cattivi, come finisce con l'essere alla fine) - Russo - e di adattarsi alle circostanze diverse imposte dalla fortuna - Ferroni - mutando con esse; ma non è mancato chi ha insistito sulla sua passività e sul suo conformismo - Sasso -.



DISCORSI SULLA PRIMA DECA DI TITO LIVIO

Analizza le varie forme di governo. Arriva alla conclusione che la migliore è stata la res publica romana, ma non è riproponibile perché le condizioni attuali dell'Italia (divisione in tanti stati, discese degli stranieri, colpi di stato.) non permettono di ricrearla.



IL PRINCIPE

LA VERITA' EFFETTUALE

L'analisi storica rivela a Machiavelli la profondità della crisi italiana. Occorre che a essa ponga rimedio un principe che con la sua "virtù" riesca a creare uno Stato nuovo ponendo fine all'inettitudine dei gruppi dirigenti e sconfiggendo le avversità della "fortuna".

Per realizzare questo programma occorre andare dietro alla verità effettuale delle cose. È questo il realismo di Machiavelli che si propone di guardare in faccia la realtà e di demistificare ogni sua interpretazione idealistica. Per questa sua presa di posizione possiamo definirlo "filosofo del sospetto ante litteram".

Marx = analizza la società,

Freud = analizza i comportamenti,              filosofi del sospetto

Nice = analizza la morale.


VIRTU' E FORTUNA

Lo studio della realtà mostra che la "fortuna", cioè la mutevolezza del caso e della storia, determina in larga misura le vicende umane. L'uomo può opporle solo la sua "virtù", cioè il suo ingegno, la sua prudenza e la sua audacia. In certe situazioni occorrerà un atteggiamento impetuoso, in altre uno cauto ("respettivo"); purtroppo l'uomo è dotato di un carattere immodificabile e dunque difficilmente può adattarlo alle circostanze adeguandosi alle varie esigenze imposte dal mutare della sorte e dagli imprevisti della storia. Ma poiché la fortuna è donna, essa preferisce i giovani e gli impetuosi rispetto agli anziani e ai "respettivi".

Per i romani la virtus era rappresentata dal vigore, dalla forza e dal valore militare. Nel medioevo acquista poi un significato morale, ma con Machiavelli torna al suo significato originario: coincide, infatti, con la capacità di sostenere il contrasto con la fortuna e con la forza dei tempi.


UOMO E BESTIA - GOLPE E LIONE

Il principe non può farsi condizionare da preconcetti morali: la sua moralità consisterà nel bene dello Stato. Viene dunque fondata l'autonomia della politica dalla morale comune. Poiché il principe deve obbedire solo alla ragion di Stato, può usare a tal fine anche strumenti moralmente riprovevoli. Ciò non significa che Machiavelli sia cinico e senza morale. Il male è sempre visto come male, senza compromessi e ipocrisie. È bene che sia <<pietoso>> ma se necessario anche <<crudele>>; deve saper usare la bestia e l'uomo, la ferinità e l'intelligenza; deve essere capace di usare sia l'inganno o l'astuzia (essere <<golpe>>) sia la forza (essere <<lione>>).

Nella concezione dell'uomo di Machiavelli la <<bestia>> non rappresenta l'immagine della degradazione, della perdita delle facoltà razionali, della discesa ad un'incapacità di agire: l'uso di essa è subordinato a una norma razionale, distingue tra la bestia coscientemente usata dal savio e quella irrazionalmente incarnata nel pazzo.

CAPITOLO I

Procedimento dilemmatico o disgiuntivo.


Stato                       repubblica


principato ereditari


nuovi del tutto nuovi


annessi a un altro stato


CAPITOLO VI

Illustra la situazione di coloro che al principato provengono con virtù e armi proprie. Si avvia la discussione sui principati del tutto nuovi, sia per dinastia che per tipo di governo. L'attenzione si sposta dalla classificazione dei principati alla ricerca della corretta azione politica in rado di conquistare il nuovo stato. Per raggiungere tale obbiettivo bisogna ispirarsi ai grandi esempi di Mosè, Ciro, Romolo e Teseo. Come esempio negativo è indicato invece Savonarola, che non ricorse all'uso della forza, da Machiavelli ritenuto necessario per istituire nuovi ordinamenti.


CAPITOLO VII

Si apre in forma antitetica rispetto al capitolo sesto: coloro i quali conquisteranno uno Stato con l'aiuto della fortuna e con armi altrui lo manterranno con grandissime difficoltà. È possibile però combattere anche le estreme difficoltà. Machiavelli porta come esempio il duca Valentino, Cesare Borgia, figlio del papa Alessandro VI. Il Valentino è indicato come modello a chi voglia conquistare e mantenere un principato. Tuttavia l'epilogo della sua avventura politica non fa eccezione alla regola generale: fondandosi sulla fortuna e sulle armi altrui, anch'egli va incontro alla rovina. Cercò di essere anche previdente rispetto al futuro: cercò di far eleggere un papa non ostile, ma il suo tentativo fallì. Vari furono i cambiamenti di fortuna che lo portarono alla rovina: la morte del padre, una malattia improvvisa e l'elezione di papa Giulio II Della Rovere.


CAPITOLO IX

A favorire il privato cittadino nella conquista dello Stato è il consenso del popolo o quello dei ceti più alti. Machiavelli distingue due <<umori>> all'interno delle lotte sociali: il popolo e i grandi. Si tratta di due ceti sociali animati da due ragioni antagoniste: resistenza all'oppressione e volontà di oppressione. Chi perviene al principato appoggiandosi sui grandi mantiene il potere con maggiore difficoltà rispetto a chi gode del consenso popolare.


CAPITOLO XV

Vi troviamo la consapevolezza di Machiavelli della novità del principe rispetto al genere letterario degli specula principis. Machiavelli si contrappone alla trattatistica precedente per il richiamo alla <<verità effettuale>>. Il principe che voglia mantenere il potere deve quindi saper essere buono o non buono a seconda delle necessità. È perciò da respingere il catalogo delle qualità e dei vizi da perseguire o da fuggire, come compariva invece nella precedente tradizione politica.


CAPITOLO XVIII

Machiavelli designa due modi di combattere: quello dell'uomo e quello della bestia. Il primo usa il confronto di idee che ha come risultato le leggi, il secondo impiega la violenza. Quando le leggi non bastano, il principe deve saper impiegare la violenza. Poiché il principe deve per necessità ricorrere anche alla parte bestiale, Machiavelli illustra i due modi in cui essa si manifesta: ricorre alla figura della <<golpe>> e del <<lione>>, immagini dell'astuzia e dell'impeto violento, con i quali è possibile evitare i tranelli e vincere la violenza degli altri. Alla necessità della forza si affianca la necessità della simulazione. Per il principe è più utile simulare pietà, fedeltà, umanità, lealtà, religione (che è un semplice instrumentum regni), che osservarle veramente. Le doti etiche sono pure illusioni nella lotta politica. Il popolo, ignaro e passivo, guarderà solo le apparenze, mentre i pochi che non giudicano dalle apparenze non riusciranno ad imporsi perché la maggioranza ha dalla propria parte l'autorità dl principe.


ESORTAZIONE FINALE

I Medici vengono esortati a sconfiggere le terribili fanterie spagnole e svizzere e mettersi alla guida di uno Stato unificato.

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