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Commenti delle letture estive




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- OBBLIGATORI


"LA LOCANDIERA" di Carlo Goldoni

La Locandiera di Carlo Goldoni, commediografo e scrittore italiano, è una delle opere teatrali tra le più belle e celebri composte dall'autore. Goldoni stesso nella prefazione diretta al lettore definisce la commedia come "la più morale, la più utile e la più istruttiva" da lui composte.

L'intera commedia è centrata sul personaggio di Mirandolina, una locandiera molto affascinante, amata da due nobili, il conte d'Albafiorita e il marchese di Forlipopoli, e da Fabrizio, cameriere della locanda, che la corteggia con peculiare semplicità e timidezza, al contrario degli altri due contendenti molto più cerimoniosi ed esibizionisti, dato il diverso ceto d'appartenenza.

L'arrivo del Cavaliere di Ripafratta, un convinto misogino che si ritiene immune al fascino femminile, irrita la giovane donna che vorrà ad ogni costo fare innamorare l'uomo a lei indifferente con la civetteria, la malizia e la furbizia femminili di cui Mirandolina è incarnazione.

Le ragioni del carattere morale e istruttivo della vicenda teatrale stanno nella denuncia dell'ipocrisia femminile e della sua pericolosità. Goldoni prende spesso spunto dalle sue vicende personali per narrare alcune Scene, prova del fatto che egli voglia inviare una sorta di avvertimento al lettore affinché quest' ultimo non si lasci sconvolgere sentimentalmente dal mondo femminile.

Allo stesso tempo però lo scrittore mostra una certa solidarietà verso la Locandiera in quanto ella riesce a "punire" il comportamento superbo e presuntuoso del cavaliere che dovrà ricredersi sulle sue convinzioni misogine alquanto ottuse ed ormai superate.

La commedia di Goldoni ci mostra inoltre un forte cambiamento di mentalità per quanto riguarda la concezione della donna. Fino ad allora, infatti, le donne non avevano ragione d'esistere se non supportate da una figura maschile, il padre o il marito. Il personaggio inventato dallo scrittore, invece, è una figura femminile autonoma, sicura di sé, a volte frivola ma sempre intelligente ed attenta, che riesce addirittura ad avere il controllo dei sentimenti degli uomini.


"ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI" di Carlo Goldoni

Il testo teatrale Arlecchino servitore di due padroni viene realizzato nella sfera della Commedia dell'Arte, in cui Goldoni spesso lavora.

L'opera può essere letta come un'ironica allegoria del mondo moderno inevitabilmente diviso tra padroni ricchi che appartengono alla classe dominante e servi che costituiscono invece la classe subordinata.

Rappresentante della classe che detiene il potere è il personaggio di Pantalone, mercante veneziano, testardo, brontolone ed esageratamente avaro. Egli rispetta dunque uno dei "tipi" fondamentali della Commedia dell'Arte, quello del "vecchio" di cui vengono esasperate l'avarizia e il carattere scorbutico.

Arlecchino, invece, recita la parte del "servo", eternamente affamato, attaccabrighe e scansafatiche, talvolta illuminato da una lodevole genialità e intuitiva furbizia, talvolta ostacolato invece dal suo carattere un po' sciocco ed ingenuo.

Altri ingredienti canonici della commedia sono: il travestimento di Beatrice che cerca di ingannare il vecchio per sposare Clarice; il fatto che i due giovani innamorati non riescano a sposarsi; e ancora il lieto fine che conclude la storia.

Sono frequenti anche le situazioni comiche, addirittura ridicole, come la scena in cui Arlecchino si trova a dover servire contemporaneamente i due padroni ignari di condividere il loro servo.

Lo scopo di quest'opera è sicuramente quello di mostrare gli aspetti negativi della società contemporanea servendosi di elementi satirici, descrivendo caricaturalmente i personaggi comuni, per ottenere nel pubblico un divertimento immediato ed una conseguente riflessione interna in ciascuno spettatore.  


"LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS" di Ugo Foscolo

Nel romanzo Le ultime lettere di Jacopo Ortis si rispecchia l'esperienza vissuta da Foscolo che attinge largamente dalle sue vicende personali per rappresentare il protagonista di Jacopo. Il personaggio è un patriota esiliato che ritiratosi sui Colli Euganei conosce una giovane, Teresa, di cui si innamora. Ma ella è già stata promessa in sposa ad un giovane di nome Odoardo. Dopo molte delusioni e un inquieto peregrinare per l'Italia, Jacopo conclude la sua tormentata esistenza col suicidio, spinto anche dall'angoscia della responsabilità di un omicidio involontario che viene svelata al lettore solo alla fine del libro. 

I temi più evidenti del racconto sono l'amore, vissuto in modo tormentato e sconvolgente dallo sfortunato protagonista, e la politica, a causa della quale egli deve sopportare il peso e l'umiliazione dell'esilio da Venezia.

La fine del racconto consiste in una tragica sconfitta, quale è il suicidio. E' difficile a questo punto riuscire a capire quale sia stato il motivo che ha portato Jacopo ad una così drastica risoluzione dei suoi problemi. Non è esplicito infatti quale abbia influito di più tra le sue sfortune, se le vicende amorose, quelle politiche o ancora quell'episodio sconvolgente in cui egli diventa autore dell'uccisione di uno sconosciuto. Probabilmente però non esiste nella storia una gerarchia di importanza tra le disavventure del protagonista, è molto più verosimile invece pensare ad un'angoscia insostenibile causata dal sovrapporsi di vicende sempre più spiacevoli, scoraggianti e anche spaventose dell'Ortis.


"LA VITA DI GALILEO" di Bertolt Brecht

L' opera di Brecht riprende la vita di uno dei personaggi più importanti di questo secondo millennio. Questo libro sembra voler essere un elogio all'illustre scienziato, non perché ne da una descrizione soggettiva ed estremamente positiva, ma perché mostra realisticamente un uomo di grandi qualità morali, oltre che alle sue doti in campo scientifico.

Nel racconto Galileo viene descritto prima di tutto come uomo, infatti non vi sono troppi approfondimenti in merito alle sue scoperte, bensì descrizioni dell'aspetto umano e caratteriale che emergono dalla semplice narrazione di vita quotidiana nella casa di Galileo. Anche la paura della morte, che lo porta a rinnegare, almeno apparentemente, gran parte dei suoi studi, ci mostra una persona normale. Egli infatti, nonostante la sua genialità, la sua intelligenza e il suo grandioso intuito scientifico, si rivela un personaggio fragile di fronte alle paure umane e per questo suscita profonde delusioni tra i suoi amici-allievi ed anche nel lettore.

Nella conclusione, però, Brecht narrando la partenza di Galileo intenzionato a ricominciare, evidentemente, i suoi studi, lascia trasparire una speranza: la speranza che le grandiose scoperte dei primi studi dello scienziato non vadano perduti. E proprio per questo il lettore prova una sorta di accettazione, o addirittura di comprensione, per l'atteggiamento con cui il protagonista si è arreso piuttosto che continuare a sostenere le sue idee in campo scientifico. Infatti si può pensare che se Galileo avesse affrontato la morte pur di non cedere al ricatto dell'Inquisizione, probabilmente nessuno avrebbe potuto completare la sua opera.

In contrasto con la figura positiva e innovatrice di Galileo, esiste però una figura estremamente forte e per questo pericolosa: la Chiesa oscurantista e conservatrice del 1500. E' dunque presente un'analisi della contrapposizione tra il sapere innovativo della scienza e un potere ecclesiastico austero e oppressivo che comunque risulterà superato dalla prima.

Brecht non risparmia quindi critiche indirette verso questa istituzione che rendono il libro una denuncia contro il ruolo della Chiesa.


"LA STREGA E IL CAPITANO" di Leonardo Sciascia

Lo scrittore siciliano in questo brevissimo racconto tratta di un argomento di un particolare spessore: il concetto di strega esistente nelle credenze mistico-religiose dei secoli medievali e in parte rinascimentali.

Sciascia si occupa della storia di una donna, di cui parla anche il Manzoni in alcune opere, che venne ingiustamente incolpata di stregoneria e per questo processata e condannata. Dopo un lungo e attento studio dei documenti originali del caso, lo scrittore svolge una ricostruzione dei fatti ed una relativa spiegazione, cercando di essere più obbiettivo rispetto alle fonti originali, non sempre imparziali.

A distanza di parecchio tempo Sciascia spiega che i "sintomi sospetti" che ebbero gli uomini che furono a contatto con la donna hanno una spiegazione scientifica. Dunque si trattava di malattie allora sconosciute, non certo di risultati della stregoneria della povera donna che si mostra in realtà innocente.

Sciascia vuole evidentemente proporre al lettore una riflessione sull'ignorante e dannosa istituzione che fece moltissime vittime innocenti basandosi (o servendosi?) di conoscenze e credenze retrograde e profondamente errate.


"Q" di Luther Blisset

Questo romanzo si propone come un'analisi storica raccontata da vari personaggi, dunque da diversi punti di vista.

I temi affrontati sono molteplici: la riforma luterana, con le sue contraddizioni interne, i difficili rapporti con lo Stato e i difficilissimi contrasti con la Chiesa Cattolica; le ragioni dei contadini, lavoratori del 1500, esasperati dalla povertà ed dalle autorità super potenti che si arricchiscono a loro spese; inoltre la struttura interna della Chiesa, in cui incontriamo spie e intriganti relazioni segrete.

Particolarmente interessante è riuscire a vedere (e talvolta a "vivere") queste battaglie, sia ideologiche e morali, che fisiche, da un punto di vista interno. Infatti spesso si è portati a leggere nei manuali di storia solo l'aspetto prettamente storico, appunto, e ci si limita ad analizzare cause e conseguenze di eventi che furono certamente fondamentali nella storia del mondo. Raramente però ci si interroga sull'aspetto umano di questi episodi. Non sempre si capisce cosa significarono per migliaia di persone "le date" che si studiano. In questo libro esiste invece una profonda introspezione negli stati d'animo delle persone che vissero quei momenti, e rende esplicita la sofferenza e l'orrore che le battaglie tra potere temporale e civile, e tra correnti riformatorie, produssero.

E' incredibilmente originale anche il modo in cui vengono narrati i fatti, utilizzando particolari artifizi letterali, come flashback e eventi raccontati da alcuni personaggi.


- FACOLTATIVI


"COSE DI COSA NOSTRA" di Giovanni Falcone

Questo libro tratta di un argomento delicato e particolare: il mondo della mafia italiana.

E' interessantissimo il modo in cui il giudice Falcone si occupava di questo fenomeno. Egli studiava in maniera molto approfondita e sottile tutti gli aspetti di questa organizzazione, soffermandosi in particolare sulla mafia siciliana "Cosa nostra". Al contrario di moltissimi altri giudici Falcone cercava prima di tutto di comprendere la mentalità e le ragioni di quegli uomini troppo spesso trattati come semplici delinquenti. La Giustizia Italiana invece ha sempre sottovalutato l'importanza di relazionarsi con i personaggi mafiosi, e questa è uno dei "rimproveri" che Falcone fa allo Stato. Egli ritiene infatti che sia indispensabile conoscere l'associazione mafiosa sia strutturalmente che ideologicamente, per poterla combattere efficacemente. E' per questo che nel libro sono riportate spiegazioni e riflessioni storiche, sociali e politiche che riguardano moltissimi aspetti di Cosa Nostra: i messaggi e il modo in cui gli "uomini d'onore" comunicano tra loro e con l'esterno; la contiguità e la logica che esiste tra le operazioni mafiose; il concetto di onore e di potere all'interno dell'organizzazione.

Un'altra accusa contro le istituzioni consiste nel constatare la loro pressoché totale assenza nella politica e nell'economia del sud del mondo, ed è anche a causa di questa mancanza, secondo Falcone, che le organizzazioni hanno potuto diventare così forti, tanto da poter addirittura prevalere sullo Stato e sostituirlo completamente in alcune regioni di Italia.

In queste pagine è facile intuire i motivi della tragica eliminazione del giudice Falcone, un personaggio che evidentemente è stato sorprendentemente intelligente e coraggioso, forse addirittura "troppo".


"I SENTIERI DEI NIDI DI RAGNO" di Italo Calvino

Nel libro sono narrate le avventure di un adolescente, Pin, costretto a "diventare grande" troppo presto a causa delle situazioni sociali e politiche esistenti in quel periodo, cioè durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale.

Le tematiche che Calvino approfondisce sono numerose e tutte miscelate insieme in un unico romanzo scorrevole, dal linguaggio semplice e dal lessico colloquiale e molto diretto.

Uno dei temi che vengono affrontati sin dall'inizio del libro è quello della natura con cui il personaggio di Pin più volte si relaziona e in cui cerca talvolta rifugio (come nel bosco).

L'altra tematica dominante è quella dell'amicizia. Questo concetto ci accompagna per tutta la durata del racconto. Viene introdotta dalla descrizione iniziale della solitudine di Pin che nutre il sogno di trovare un giorno il Grande Amico, simbolo della fedeltà, dell'aiuto e della devozione più sana e leale. Pin riconoscerà questa persona alla fine del racconto nella figura del Cugino.

Inoltre troviamo il tema della guerra, uno degli argomenti principali della narrazione. Questo viene approfondito in particolar modo nella seconda parte del libro quando l'adolescente, guidato dalla nuova conoscenza di Cugino, arriva al campo base dei partigiani dove resterà per parecchio tempo, e dove avrà modo di sperimentare direttamente gli aspetti di un mondo a lui ancora sconosciuto, data la sua giovane età. L'autore in queste pagine riesce a rendere il ritmo, gli stati d'animo, i colori della guerra partigiana, pur restandone sempre al margine, attraverso le descrizioni di momenti talvolta anche banali ma significativi per la realtà in cui si trovano.

Tra i temi meno predominanti ma comunque di importante spessore morale troviamo il rapporto tra il mondo degli adulti, disattenti e disinteressati, e il mondo degli adolescenti, incapaci di comprendersi, caratterizzato dalla sensazione di essere rifiutati dai bambini, troppo piccoli, e dagli adulti, troppo grandi.  


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