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L'Idea dell'Europa




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L'Idea dell'Europa




Ho scelto questo argomento perché non solo è attuale ma è anche interessante.

Vorrei così ripercorrere alcune tappe fondamentali connesse con la nostra cultura, la nostra storia e che permeano il nostro corso di studi.


Qualcuno dell'antichità disse: "L'Europa è un calderone di storia e cultura." In effetti se andiamo a scavare alle radici della formazione dell' Europa, troveremo grandi eventi e fenomenologie senza le quali non avremmo avuto la formazione di questo Stato.

All'alba della storia si delineò una frattura non solo di civiltà, ma anche geoclimatica, che divise l'Europa antica in due settori ben distinti: da una parte una cultura mediterranea, che si evolse grazie ai contatti con l'Egitto e il Medio Oriente, zone molto progredite, e dall'altra una cultura continentale che non sviluppò sistemi sociali altrettanto complessi, rimanendo nel quadro di un'economia di villaggio quasi autosufficiente. All'inizio del I millennio a.C., in Italia la sovrapposizione tra elementi differenti, quello celtico, quello indoeuropeo, quello greco, fu più marcata che altrove e determinò il nascere di una società capace di raffinate elaborazioni simboliche ed espressioni artistiche, come quella degli etruschi. Nello stesso periodo, sul Mediterraneo la fioritura delle città-stato della Magna Grecia creava ulteriori collegamenti con le evolute civiltà orientali.                   


L'Italia è al centro di questo processo. Il solo mediatore per "l'unificazione" non può che essere un impero forte, che accomuni queste genti e le faccia convivere: "L'Impero Romano".

Roma, la cui origine data dall'VIII secolo a.C., procedette alla progressiva unificazione della cultura mediterranea, spostando contemporaneamente a nord, sino al confine Reno - Danubio, l'area della sua influenza e del suo potere. Là dove arrivò l'organizzazione dell'impero romano, essa lasciò un segno durevole, favorendo la colonizzazione delle terre agricole e il loro razionale sfruttamento, creando una rete di strade e di servizi, diffondendo il modello urbano plasmato su Roma.

Fino al momento del suo apogeo (inizio del II secolo d.C.), l'impero romano fu il più potente fattore di unificazione dell'Europa compresa tra la linea Reno - Danubio e il Mediterraneo, estesa alle aree francese, inglese e spagnola. Il quadro mutò sostanzialmente ai tempi di Marco Aurelio (161-180), quando si verificò la prima grande invasione di popolazioni germaniche che superarono i confini del Reno e si spinsero fino in Italia, dove furono respinte. Non erano che le avanguardie di quelle ondate migratorie che, nel V e VI secolo, portarono dentro i confini dell'ex impero popoli provenienti dall'est e che i romani chiamarono 'barbari'. L'insediamento di popolazioni germaniche e slave disgregò l'impero romano d'Occidente. L'imponente movimento di unni, ostrogoti, visigoti, alani, vandali, svevi, franchi e germani non distrusse però il tessuto intimo della civiltà romana che, mentre assimilava le genti dell'est nelle sue strutture, ne veniva a sua volta radicalmente modificata.

La fusione fra la cultura Romana e la cultura "straniera" avviene comunque sotto poteri sia repubblicano che imperiali. Anche se possiamo parlare solamente di "Europa culturale" , ciò che venne a formarsi interessò geograficamente le diverse etnie europee.


Il ricordo più antico che ho dell' Europa mi viene sicuramente dalla Letteratura antica; come sarebbe possibile quindi, non includere, la Letteratura Latina nel processo evolutivo europeo?

Analizziamo, quindi, come viene visto secondo alcuni autori latini il quadro Europeo di quel tempo.


È impossibile studiare la letteratura latina senza avere come punto di riferi­mento quella greca; sin dall'inizio, infatti, fra le due culture si instaurarono rapporti strettissimi e quanto mai complessi. La letteratura latina nacque nel III secolo a.C. e progredì nei secoli successivi sotto l'impulso di quella elleni­stica, nella quale era confluito, trasformandosi in possesso comune dell'inte­ro bacino del Mediterraneo, tutto il patrimonio letterario, filosofico e scien­tifico elaborato dalla civiltà ellenica fra il VII e il IV secolo a.C. È un dato di fatto che a partire dal Il secolo a.C. l'intellettuale romano fu sempre bilin­gue, che il completamento degli studi superiori prevedeva un viaggio di stu­dio ad Atene e nei maggiori centri della cultura ellenistica per seguire corsi di filosofia e di retorica tenuti da maestri greci e che quasi tutte le forme del­la comunicazione letteraria latine sono in varia misura modellate su quelle greche. Ma ciò non significò mai acritica sudditanza, bensì disponibilità ad imparare e ad assimilare quanto era ritenuto utile e funzionale.

Progenitrici della Letteratura latina sono senz'altro la commedia e la tragedia, importate d'oltremare dalla cultura ellenica da Livio Andronico e Nevio.

Si cominciò così con spettacoli che erano stati appositamente composti per intrattenere e divertire il pubblico, come la fabula palliata e togata; successivamente vennero portate a Roma alcune tragedie greche tradotte in latino, come la fabula cothurnata, e praetexta.

Parte della scintilla che fece partire l'evolversi della Letteratura latina fu proprio l'ellenizzazione, intorno al II secolo a.C., cioè l'incontro non sempre felice, del mondo latino con un modello di civiltà alternativo a quello romano.

L'espandersi di questo fenomeno trovò però diversi ostacoli soprattutto di carattere ideologico culturale. Difatti gli ideali di vita proposti dalla cultura greca erano totalmente estranei al mos maiorum. Ricordiamo l'epicureismo come una grande corrente filosofica che era in voga a Roma.

L'autore che ricorderemo come promotore dell'epicureismo

L'integrazione delle diverse culture a Roma non ebbe sempre vita facile questo a causa dei conservatori i quali giudicavano inquinante ogni elemento estraneo alla cultura Romana.

Ci volle circa un secolo prima che a Roma, incominciando a prendere piede le diverse culture elleniche, si iniziò a pensare in maniera più liberale e si iniziarono le grandi conquiste, espandendo la cultura Romana ai confini dell'Europa.

Caio Giulio Cesare è il conquistatore per antonomasia, il quale descrive se stesso nel "Commentarii de Bello Gallico" come liberatore degli altri popoli. In effetti vi sono discordanze su quali metodi adattasse per le sue conquiste.

Il tentativo di unificazione dell'impero fu comunque portato a lungo nei secoli da diversi imperatori ed ebbe la massima estensione con la conquista della Dacia sotto l'impero di Traiano.

Le popolazioni conquistate venivano inglobate nella cultura Romana, poiché i Romani offrivano la cittadinanza ai popoli, non sfruttandoli e trattandoli come gente conquistata ma bensì considerandola gente Romana a tutti gli effetti, Ciò impediva rivolte e tumulti popolari provocati dall'oppressione e dal malcontento.

Con il passare dei secoli però, il grande Impero Romano andò in decadimento, dopo che il legame che teneva salde queste popolazioni non era più un identità comune, ma il Cristianesimo.

Per una serie di vicissitudini l'Impero Romano non riuscì più a fronteggiare le invasioni a respingerle e mantenersi saldo e unito.

Alla fine dell'VIII secolo, dopo i grandi rivolgimenti delle invasioni barbariche e dopo la breve riconquista operata da Giustiniano, imperatore dell'impero romano d'Oriente, il quadro parve stabilizzarsi con il consolidamento di differenti domini: il regno dei franchi, il cui predominio si esercitava in occidente; il regno dei longobardi, insediati nell'Italia settentrionale; l'area bizantina nel Sud Italia inserita nell'impero romano d'Oriente; le culture slave a est dell'Adriatico. Dopo la dissoluzione dell'impero romano, l'Europa trovò una sua parziale identità. L'assimilazione dell'elemento germanico con quello romano fu favorita dal successo del regno dei franchi, la più solida forma politica del Basso Medioevo, che Carlo Magno portò alla massima estensione. Fondamentale fu il ruolo della Chiesa, riorganizzata sul piano disciplinare e attrezzata culturalmente allo scopo di operare l'inquadramento e l'ordinamento delle popolazioni. Nell'est dell'Europa, la Chiesa cattolica entrò in competizione con quella bizantino - ortodossa, organizzata a Costantinopoli: la rottura tra Chiesa occidentale e Chiesa orientale (1054) ne fu la conseguenza.

Con l'XI secolo si avviò una forte ripresa dell'Europa: si incrementarono gli scambi interni e ci furono un notevole sviluppo economico, frutto di una rivoluzione agraria, e un forte rinnovamento culturale nato nelle università e nei monasteri. Tutto ciò fu accompagnato da un cambiamento ai confini orientali: ungari, cechi e polacchi presero stanza nelle regioni dell'Europa centrale e si convertirono al cristianesimo, creando con la loro presenza una barriera difensiva di fronte ai nomadi delle steppe. Le frontiere dell'Europa, sempre mutevoli, si stabilizzarono intorno a tre grandi spazi politico-culturali: il primo era quello delle regioni centro-occidentali (Italia, Francia, Germania) a cui il neonato Sacro romano impero dava una parvenza di unità istituzionale, ma a cui la Chiesa imprimeva l'identità più forte; il secondo coincideva con un'indefinita zona periferica di missione e di conquista, lungo i margini orientali a est del Danubio, che si stavano trasformando in periferia della civiltà europea; il terzo si proiettava oltre quei confini, verso nazioni e popoli che fino al Settecento saranno comunemente considerati barbari, viventi tra le pianure dell'Ucraina e gli Urali, tra l'Ungheria e il Caucaso, tra il Baltico e il Circolo polare artico.

Il cuore dell'Europa era quindi l'Occidente plasmato dal sistema feudale e via via riorganizzatosi in unità politiche, sorte su base regionale o nazionale, che andavano dai comuni alle signorie, dagli stati regionali alle città-stato patrizie, dalle repubbliche mercantili ai regni nazionali. Tra queste forme di dominio le monarchie dinastiche con ampia giurisdizione territoriale erano destinate a esercitare un ruolo preminente, grazie al monopolio della forza militare, all'assoggettamento del territorio, all'utilizzazione di funzionari al servizio dello stato.

L'Europa nell'età moderna si trovò divisa in tante unità politiche, tra le quali emersero Spagna, Francia e Inghilterra, che tra Cinque e Settecento avrebbero assunto un ruolo-guida negli equilibri statali del continente. La cultura laica dell'umanesimo e del Rinascimento diede un'impronta di alta civiltà all'Europa che stava uscendo dal Medioevo e fornì un modello di creatività culturale che spezzò le forme statiche e autoritarie del sapere.

All'alba dell'età moderna un altro fattore di trasformazione decisivo è rintracciabile nella rottura dell'unità religiosa provocata dalla Riforma protestante. Proprio le confessioni religiose contribuirono a definire le unità culturali di tipo nazionale in Germania e nel Nord Europa e resero coeso lo spazio cattolico della Controriforma; d'altro canto emarginarono le minoranze religiose e azzerarono i valori della tolleranza. In quello stesso periodo gli europei si espandevano al di fuori del proprio habitat millenario, intraprendendo in Asia, Africa e America, viaggi di esplorazione e conquiste, che diedero origine alla lunga epoca coloniale conclusasi nel XX secolo. L'ultima guerra di religione si consumò nel Seicento: si tratta della guerra dei Trent'anni, che fu però anche guerra per l'egemonia politica. Dopo il 1648 gli stati europei non avrebbero più combattuto guerre di religione e, fino a Napoleone, avrebbero evitato di turbare un sistema di equilibri dal quale era cancellata l'idea che un solo stato fosse predominante. Nello stesso secolo iniziò l'aggregazione all'Europa di nazioni fino ad allora marginali o esterne come la Svezia e la Russia. Quest'ultima era portatrice di modelli politici, culturali e religiosi così diversi da quelli dell'Occidente che il suo ingresso nel sistema degli stati europei ai tempi di Pietro il Grande non significò ancora l'accesso alla civiltà europea.

Il Settecento, secolo dei Lumi e della Rivoluzione francese, fornì una più intima coesione culturale all'Europa, che sviluppò un linguaggio internazionale della politica e visse tensioni ideologiche comuni, mentre l'espansione rivoluzionaria e napoleonica della Francia travolse i vecchi equilibri delle monarchie assolute.

Uno dei più grandi tentativi di unificazione dell' Europa, in tempi più recenti, fu senz'altro quello di Napoleone Bonaparte.

L'Italia fu una delle aree che più a lungo furono interes­sate dalla dominazione napoleonica. Le conseguenze Politiche e sociali furono rilevanti: in tutta la penisola fu abolito il feudalesimo, molte terre ecclesiastiche poste in vendita, privatizzati i demani co­munali, introdotto il Codice napoleonico, ristrutturate le amministrazioni statali. Ne trassero vantaggi soprattutto la bor­ghesia e in parte anche la vecchia aristo­crazia, i ceti che furono i principali inter­locutori del regime napoleonico in linea con il suo moderatismo politico, i quali accrebbero le loro proprietà terriere, for­nirono i quadri delle nuove amministrazioni, poterono far carriera nell'esercito napoleonico più contraddittorio il bilancio sul piano economico: le manifatture, già poco svi­luppate, furono sacrificate agli interessi dell'industria francese e i porti soffrirono per il blocco continentale; l'Italia del Nord venne tuttavia inserita nel più am­pio mercato continentale e collegata con una nuova rete stradale a Svizzera, Germania e Francia.

L'evento che caratterizzò lo scatenarsi dei nazionalisti italiani fu il trattato di Campoformio nel quale Napoleone dette la repubblica Veneziana all'Austria.

Con il trattato di Campoformio Napoleone aveva sconsacrato la sua immagine offrendo una terra in più al dominatore straniero.

L'autore italiano che certamente ci illustra il suo disappunto per la cessione di Venezia all'Austria è Ugo Foscolo.

Foscolo, notevolmente amareggiato per la sprovveduta decisione di Napoleone, si ritira nella scrittura dove può sfogare la delusione del suo infelice animo. La trama vorrebbe accogliere, in un tempo concitato, gli affetti di un giovane che sentendo tradita Venezia, sua patria, dopo il trattato di Campoformio col quale la repubblica era venduta schiava all'Austria, e non potendo neppure salvarsi nell'amore, poi che una tempestosa passione lo ha avvinto per una donna che non può corrispondergli, in una suprema disperazione si uccide.

Ma una domanda sorge spontanea "Romanzo d'amore o romanzo politico?".Sicuramente l'amore non corrisposto accentua la negatività dell'animo creatasi da delusioni ideologico - politiche. Un'altra domanda: romanzo o confessione? La storia dell'Ortis più che essere legata a qualche altro determinato avvenimento, a qualche deter­minata persona, a Campoformio, ad Isabella Albrizzi o a Isabella Roncioni o a Teresa Monti, sembra la storia dell'anima di un adolescente che si fa uomo: nessuna passione particolare, amorosa o politica spiega il perché del romanzo.






Ho voluto riportare così l'Incipit dell'opera "Le ultime lettere di Jacopo Ortis"


Da' colli Euganei 11 ottobre 1797.



Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so: ma vuoi tu ch'io per sal­varmi da chi m'opprime mi commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto dalle sue lagrime le ho ubbidito, e ho lasciato Venezia per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci. Or dovrò io abbandonare anche questa mia solitu­dine antica, dove, senza perdere dagli occhi il mio sciagurato paese, posso anco­ra sperare qualche giorno di pace? Tu mi fai raccapricciare, Lorenzo; quanti sono dunque gli sventurati? E noi, pur troppo, noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue degl'italiani. Per me segua che può. Poiché ho disperato e della mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra braccia straniere; il mio nome sarà sommessa­mente compianto da' pochi uomini buoni, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno su la terra de' miei padri.


Tornando alla unificazione di uno stato, e perciò all'amore che si ha della patria, si può vedere come per diversi autori il nazionalismo e il patriottismo abbiano suscitato quel bel sentimento patriottico per "la terra natia".

Foscolo riguardo alle ideologie patriottiche scrive nel sonetto a Zacinto l'espressione dei suoi sentimenti.

Il poeta si rivolge alla sua terra natia Zacinto ed esprime il timore di non poterla più rivedere.

Il motivo dell'esule, quasi distaccato da ogni ragione personale, è espresso poeticamente nell'immagine favolosa di Ulisse sullo sfondo di mitiche terre e di limpide visioni di natura.

A Zacinto


Né più mai toccherò le sacre sponde

Ove il mio corpo fanciulletto giacque,

Zacinto mia, che te specchi nell'onde

Del Greco mar da cui vergine nacque


Venere, e fea quelle isole feconde

Col suo primo sorriso, onde non tacque

Le tue limpide nube e le tue fronde

L'inclito verso di colui che l'acque


Cantò fatali, e il diverso esiglio

Per cui bello di fama e di sventura

Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.


Tu non altro che il canto avrai del figlio

O materna mia terra , a noi prescrisse

Il fato illacrimata sepoltura.



Diversamente, sul tema del nazionalismo la pensava Alessandro Manzoni, che

definisce il concetto di Nazione: una nazione non è tale per un fatto geografico o politico, ma solo, quando è costituita da un popolo che si sente accomunato dalla coscienza di tradizioni militari,linguistiche etniche , senza la coscienza di essere "fratelli legati ad un patto non si hanno le nazioni ma volghi spregiati".

Con l'ode "Marzo 1821" egli dimostra che il suo concetto di nazione non era diventato chiuso nazionalismo.


In lingua Inglese


The Romanticism in Europe


Derived from the term 'romance-like,' in which sense it was used during the 17th and 18th centuries. romanticism in its specific historical application refers to a movement in European art from about 1800 to 1850. It had its roots in the preromantic concepts of the second part of the 18th century, as expressed in Jean Jacques Rousseau's writings and in the cult of the 'genius,' the '`original.' and the '`characteristic,' Neo-Gothicism. Sturm und Drang ('`storm and stress') in German literature, and sentimentalism prepared the ground for the romanticism of the 19th century.
Romanticism did not produce a unified style but expressed itself in central and northern Europe in terms of the somewhat earlier linear neoclassicism. Only in French painting did romanticism develop a new. spontaneous. subjective, and painterly language in contrast to the deliberate. objective, linear style of the neoclassical masters. Paralleling the philosophical and literary cult of nature and the natural, it reintroduced landscape painting and reflected the newly awakened sense for history, in historical paintings, and for religious-metaphysical speculations. in its revival of Christian art. Christian symbolism was related to the cosmic infinite; historical religion, to the seasons and the hours of the day..
In France the heroic age of the Revolution and of Napoleon's empire gave the romantic spirit a tendency toward the contemporary. The actual, the sensational, the unusual. and the exalted prevailed.
Between the year 1744 (when the Pope died) and the year 1798 (when the Lyrical Ballads first appeared) a great change had taken place, men thought and felt the change by many factors, historical, religious economic and political. Many revolutions won by people seemed to prove to the whole world that the individual could win against the "System", that liberty for all men wasn't a hopeless dream.

The literary expression in England of the period may be said to have opened in 1798, year of the publication of the Lyrical Ballads, result of the collaboration of two young poets Wordsworth and Coleridge. In the first edition of the Ballads passed almost unnoticed, but the second in 1800, attracted the attention of critics for the <<Preface>> to the new edition explained the ideas behind the new type of poetry.

Poetry, thought Wordsworth and Coleridge, should deal with simple subjects and humble people, and moreover, be written in the simple language of everyday life.



Il Romanticismo si presenta così nelle svariate arti

L'artista Romantico per dar forma alle proprie inquietudini personali non tiene conto dei modelli formali tradizionali. La musica viene giudicata l'arte per eccellenza in quanto i suoni rappresentano immediatamente il puro sentimento.



Il romanticismo si presenta diverso nelle varie nazioni, e spesso all'interno della stessa nazione;in politica alcuni gruppi appoggiano la restaurazione ed inizia 15 anni più tardi. E le manifestazioni letterarie che incontriamo tra gli anni 20 e 50 sono caratterizzate da motivi politici risorgimentali che influenzeranno anche autori di dopo l'unità come De Sanctis, Verga, Carducci.



L'età della Restaurazione, inaugurata dal congresso di Vienna (1814-15), conobbe un disegno d'ordine politico e di stabilità internazionale di cui si resero garanti le grandi potenze, ma che non resse l'onda d'urto di insurrezioni nazionali, indipendentistiche e sociali che a più riprese ne scompaginarono il quadro.

Processi di indipendenza e unificazioni statali (Grecia, Belgio, Italia, Germania) crearono un'Europa distinta in due settori: da una parte gli stati nazionali, retti perlopiù da monarchie liberali, dall'altra i tre grandi imperi tedesco, austro-ungarico e russo, aggregazioni multinazionali e plurietniche, tendenzialmente esposte a forme autoritarie del potere. Crescita demografica e sviluppo economico indotto dall'industrializzazione modificano la fisionomia sociale e materiale dell'Europa: nascevano le città industriali, si formavano ceti medi e proletariato, si elaboravano moderne ideologie e forme di partecipazione nuove che esprimevano la transizione dalle società elitarie alle società di massa.

Gramsci vede il Risorgimento italiano , intimamente legato al processo di trasformazione politico-sociale iniziatosi "attivamente" con la rivoluzione francese,e che si trasferisce in Italia,portando, anche se lentamente,alla dissoluzione dell'antico regime e all'affermarsi della società borghese.

Gramsci insiste sul rapporto dell'Italia con l'Europa. "Le origini del moto del risorgimento cioè del processo di formazione delle condizioni e dei rapporti internazionali che permetteranno all'Italia di riunirsi in nazione e alle forze interne nazionali di svilupparsi e di espandersi,non sono da ricercare in questo o quell'evento concreto. ma nello stesso processo storico per cui l'insieme del sistema europeo si trasforma."

Il risorgimento italiano va visto e spiegato con la visione del cambiamento economico e politico sociale dell'europa a partire dalla rivoluzione industriale e dalla rivoluzione francese.

La rivoluzione napoletana 1820/21 è la spinta della piccola e media borghesia che però fu incapace di esprimere un proprio governo;"la rivoluzione fu strappata a coloro che l'avevano fatta",e al posto del generale Pepe con l'aiuto dell'Austria il vecchio Ferdinando potè instaurare un regime poliziesco e di terrore.

E' il mancato rispetto delle etnie e delle nazionalità, la repressione delle esigenze liberali che provocò come reazione l'attività cospiratrice di gruppi borghesi organizzati nella massoneria e nella carboneria : ondate di rivolta in Europa moti 1820-21 ; 1830-31; 1848-49

Nel 1848 in Piemonte Carlo Alberto concede lo statuto Albertino,ma nello stesso perido la eroica esperienza della Repubblica Romana con guide illustri Mazzini Garibaldi.

Il 1848 mise in risalto come accanto alle aspirazioni nazionali che erano il fulcro di tante rivoluzioni,vive erano ormai aspirazioni di un mutamento sociale.Il socialismo mette radici in Europa e proprio alla vigilia delle rivoluzioni del 48 comparve il manifesto del partito comunista (marx Engels)

Alla fine dell'Ottocento si esasperò il nazionalismo e lo sviluppo industriale scatenò mire imperialistiche.

Età dell'imperialismo (1870-1914) indica l'epoca storica nella quale il capitalismo raggiunse una notevole fase del suo sviluppo , fu fortemente presente in tutte le strutture degli stati industrializzati, ed estese il suo sistema a tutto il mondo.Nasce la preoccupazione per il rifornimento delle materie prime ,per gli sbocchi di merci e capitali e la difesa degli interessi militari e strategici con quella degli interessi economici. Forse è l'aggressivo imperialismo di tipo tedesco che condusse alla prima guerra mondiale.

Questi fattori furono fra le cause dello scoppio, nel 1914, della prima guerra mondiale, un conflitto di dimensioni continentali come non si erano più viste dai tempi di Napoleone.

La guerra mondiale divenne crogiolo di tensioni sociali che si arroventarono nell'immediato dopoguerra, rinfocolate dalla crisi economica che produsse disoccupazione e inflazione. Esasperazione dei ceti medi, sottoposti a perdita di reddito e di prestigio, spirito di rivalsa dei ceti abbienti nei confronti del movimento operaio, attesa di soluzioni rivoluzionarie sull'esempio del bolscevismo in Russia furono altrettanti elementi che infuocarono il clima europeo e predisposero gli animi alle soluzioni autoritarie e illiberali: il fascismo prima e il nazismo poi furono la risposta totalitaria e di massa ai conflitti del primo dopoguerra. La seconda guerra mondiale fu innanzitutto lo scontro tra democrazie e dittature, che prese una dimensione internazionale. Il secondo dopoguerra aprì la strada al ripristino della democrazia e alla ricerca di integrazioni politiche ed economiche che scongiurassero futuri conflitti tra gli stati.

Gli obbiettivi che la comunità europea vuole raggiungere sono così elencati

1)      Istituzione di una cittadinanza europea;

2)      Promozione di una politica di crescita economica finalizzata allo sviluppo dell' occupazione;

3)      Attuazione di una politica estera e di sicurezza comune;

4)      Sviluppo della cooperazione ne settore della giustizia e degli altri affari interni.

L'Europa come un mercato unico in un'area di grande civiltà, con diffusi livelli di benessere, con ampie garanzie di libertà personali e con standard tecnologici d'avanguardia, è l'obiettivo finale del processo di unificazione attualmente in corso.


Bibliografia


F GAETA P VILLANI, Documenti e testimonianze,Principato,Milano ,1990

ROMANO LUPERINI,La scrittura e l'interpretazione,Palombo,Firenze,1997

ETTORE PARATORE,La letteratura dell'età imperiale,Firenze,Sansoni,1969

GIOVANNI VITOLO-AURELIO MUSI,Dall'autunno del Medio Evo all'età moderna, Milano,Bompiani,1997

B DE LUCA-U GRILLO ,Virws of literature , Milano,Loescher ,1998



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