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Santa Venera e San Sebastiano




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Santa Venera e San Sebastiano




Ad Acireale si celebrano solennemente i santi Venera e Sebastiano.
Alla prima, patrona della città, vissuta nel II sec. gli Acesi dedicano i festeggiamenti, per ragioni climatiche, il 26 luglio, anzichè il 20 novembre.
Il seicentesco fercolo d´argento della Santa viene portato in processione per le vie cittadine, accompagnato dalle Cannalore, alti legni intagliati e decorati portati a spalla dai rappresentanti delle antiche corporazioni di arti e mestieri.

La figura di Santa Venera, Vergine e martire, Patrona di Acireale , è stata sempre circondata da un alone  di legenda. Secondo i più la Santa nacque intorno all'anno 100 d.C. da un tale Agatone e da una donna chiamata Politia, vicino alle terme romane. Essendo nata di venerdi le fu imposto il nome di Venera o Parasceve che in linguaggio greco significava appunto venerdi. Rimasta orfana giovanissima distribui le sue ricchezze ai poveri e si uni ad altre ragazze per professare il Cristianesimo. All'età di 25 anni intraprese la predicazione del Vangelo e si trasferi in una città della Calabria dove fu arrestata da un certo Antonio che, vedendola cosi bella, le chiese di diventare sua sposa e patto che diventasse pagana. Venera respinse la proposta e per punizone le fu messo sul capo un elmo incandescente. Qui si verificò il primo miracolo. In un antico scritto si legge:"posto sul capo della Santa l'elmo infuocato, subito divenne come il gelo, senza bruciarle neppure un capello". Il feroce Antonio, esasperato da quell'evento, ordinò che la Vergine fosse inchiodata a terra come in croce, facendole porre sul petto un grosso masso. Miracolosamente il grosso masso fu spostato dal vento e i chiodi con cui era stata inchiodata improvvisamente si staccarono. Il popolo che aveva assistito insieme ad Antonio al supplizio rimase sbigottito ed esterrefatto. Fu ordinato allora di buttare la Vergine dentro una caldaia di pece bollente, ma ella rimase ancora una volta incolume. Antonio,adirato, si avvicinò alla Vergine che pregava intorno all'enorme caldaia e ricevette in viso alcune gocce di liquido bollente che lo accecarono all'istante. Allora Santa Venera lo toccò con le sue mani ed egli subito riacquistò la vista. Il tiranno dinnanzi a quel miracoloso evento si converti al Cristianesimo lasciando libera la Santa. Da un altro tiranno, di nome Tennio, la Santa fu sottoposta al taglio delle mammelle che miracolosamente ricomparirono subito;lo stesso Tennio la fece buttare in una fossa, dove si trovava un grosso serpente che miracolosamente scomparve. Anche Tennio si converti al Cristianesimo. Trasferitasi in un'altra città la Santa fu arrestata da tale Asclepio che dopo averla sottoposta alle più atroci torture ne ordinò la decapitazione. La martire allora si rivolse al Signore e pregandolo di chiamarla a se pronunziò queste parole:" nella città o terra dove sorga un tempio consacrato al nome della tua serva non permettere che avvenga mai alcunché di male o danno.Custodisci gli abitanti, le loro sostanze e il loro gregge". Era il giorno 26 Luglio quando la Santa veniva decapitata.

Contemporaneamente avveniva un gran terremoto. Il corpo della martire da un monaco di nome Antonio fu nascosto e, dopo qualche tempo, portata ad Ascoli Piceno.

Successivamente,il 14 Novembre di un anno compreso tra il 302 e il 312, l'imperatore Diocleziano portò le ossa della martire da Ascoli Piceno a Roma e furono seppellite nelle catacombe di San Sebastiano. La prima reliquia della Santa fu portata ad Acireale il 6 Giugno 1651 dal cappellano della Cattedrale Ippolito Leopardi che la ottenne dal cardinale Martino Ginnetto. Un'altra reliquia fu portata ad Acireale il 17 Maggio 1725 dal sacerdote Celso Grassi che la ottenne dal vescovo di Perugia mons. Vitale Giuseppe de Bobus.

Ma il principale evento religioso della città è la Festa di San Sebastiano, il guerriero romano di origine spagnola reso martire da Diocleziano cui si attribuisce il potere di proteggere le popolazioni dall´epidemia della peste. Infatti, gli antichi credevano che Dio scagliasse dal Cielo i dardi della peste per punire gli uomini, e, poichè Sebastiano, riuscì a sopravvivere al supplizio delle frecce, si riteneva che egli sapesse sconfiggere con le sue preghiere la terribile malattia.
Il 20 gennaio, sul fercolo d´argento, la statua del Santo bello e giovane(come direbbe Dante:"al pari di un efebo della Grecia")viene portata a spalla dai devoti percorrendo un itinerario lungo e faticoso , per fare rientro nella sua bella dimora verso la mezzanotte.

Al sentimento popolare di fede,vivo, profondo e travolgente verso il martire Cristiano di Spagna, si ricollegano, poi le forme esteriori del culto e le caratteristiche peculiari della festa, di sapore tipicamente spagnolesco: il bellissimo e pregevole fercolo d'argento, di squisita linea barocca, trainato "a braccia" da una massa di "divoti" in costume a piedi scalzi(hanno solo le calze), con la testa fasciata da vioriopinti fazzoletti di seta annodati sulla nuca, inneggianti al Santo per tutta la durata "giro" attraverso tutte le strade, vecchie e nuove della città.

E lo sparo dei mortaretti e dei fuochi d'artificio accompagna il Santo ininterrottamente, si può ben dire, dall'uscita solenne del fercolo che avviene normalmente verso le ore 11) al rientro in chiesa dopo l'estenuante giro, a notte inoltrata, quando per il troppo gridare la masse dei "divoti" è ormai diventata afona.

E' uno spettacolo di fede popolare intensa,ma anche un poema di colori di rilevante valore folcloristico, all'ombra di una delle più belle chiese barocche,la basilica del Santo, arricchita dagli affreschi del massimo pittore acese del '700, Pietro Paolo Vasta. I "divoti", poi, rappresentano una tradizione nella tradizione, quasi una corporazione di stampo medioevale arrivata sino a noi sulle ali del tempo: quello del "divoto" è, infatti un "mestiere"che si tramanda di generazione in generazione e di padre in figlio, tra le categorie dei pescivendoli, dei rivenditori di frutta e verdura e "cicirari"cioè dei venditori di ceci abbrustoliti,noccioline americane e altre sementi infornate,che mettono su bancarelle in occasione delle varie feste cittadine religiose e non. E' un "mestiere" che richiede una competenza specifica,nata da una lunga esperienza, perché è difficile e assai pericoloso fare eseguire "a regola d'arte" al pesantissimo fercolo (o alle antiche e pesanti candelore in legno in occasione della festa in onore della patrona Santa Venera)alcune tipiche,spericolate e rapide manovre che costituiscono i pezzi forti dell'esibizione e, insieme, i "do di petto" della tradizione che vanno dalla famosa " discesa", al momento dell'uscita dalla basilica alla pericolosa "entrata" del fercolo all'interno della chiesa.E' uno spettacolo di fede e religiosità, al quale assiste una immensa folla col cuore in gola, con la stessa intensa emozione con cui il popolo assisteva agli spettacoli del circo massimo, al

tempo dei romani, o alle cruenti corride nelle arene di Spagna.


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