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La concezione del rapporto mente-corpo per i filosofi del '800 e di inizio '900




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LA CONCEZIONE DEL RAPPORTO MENTE-CORPO PER I FILOSOFI DEL '800 E DI INIZIO '900















INDICE



Arthur Schopenhauer.

Biografia.

Rapporto materia-intelletto.

La volontà di vivere.


Friedrich Wilhelm Nietzsche.

Biografia.

Rappoto corpo-coscienza.


Henri Louis Bergson.

Biografia.

Rapporto materia-coscienza.


















Il tema del rapporto tra la mente ed il corpo è sempre stato oggettodi discussione nella storia della filosofia, rispetto a questo problema si possono distinguere due grandi filoni: il monismo nel quale sostiene che l'organismo umano si presenta come un'unica realtà, basata su una sola sostanza fondamentale, di cui sia mente che corpo sono parti; e il dualismo il quale afferma invece che mente e corpo, essendo sostanzialmente differenti come struttura cellulare, vanno considerati separatamente. Nel corso del IX secolo e dell'inizio del XX secolo questo tema è stato affrontato da grandi penatori quali: Schopenhauer, Nietzsche e Bergson.

Arthur Schopenhauer Biografia: Schopenhauer nasce a Danzica da buona famiglia, il padre è un ricco commerciante e la madre appassionata di letteratura. Laureatosi a Jena in filosofia, decide di insegnare a Berlino per contrastare la fortuna del suo grande antagonista, Hegel, a cui dedicherà appassionate polemiche. Constatato il fallimento del suo progetto berlinese (nessuno frequentava le sue lezioni), Schopenhauer si trasferisce a Francoforte, dover rimarrà per tutta la vita. Il successo lungamente inseguito arriva tardi, nel 1851, quando pubblicherà Paregra e Paralipomena, una raccolta di aforismi. Muore a Francoforte nel 1860.

Rapporto materia-intelletto: per Schopenhauer la causalità è l'essenza della materia la quale è essenzialmente attività. Siccome la materia non è altro che l'agire nello spazio e nel tempo di oggetti su altri oggetti, la materia (quindi il corpo) verrà a coincidere con la causalità. L'intelletto diventa nella riflessione del filosofo tedesco la facoltà della causalità. Con quest'ultimo ciascuno di noi si guarda dal di fuori: non conosce se stesso se non come una cosa tra le altre cose, come un organismo corporeo tra gli altri corpi. Ma se ognuno di noi non fosse che un puro soggetto sensoriale, 'una testa d'angelo alata senza corpo', non potremo mai uscire dai fenomeni ma poiché siamo corpo, non ci limitiamo a guardarci dal di fuori ma sentiamo che il corpo ci appartiene, che è l'oggetto con cui l'io tende a identificarsi.

L'intuizione di Schopenhauer sta nel fatto di considerare l'uomo non solo come soggetto conoscente ma anche come essere dotato di un corpo. Tale corpo è la sede di un senso interno che ci mostra immediatamente la nostra coincidenza con una forza, un impulso, che è la volontà. Attraverso l'esperienza di se stessi come corpo l'uomo può giungere al noumeno, alla cosa in sé senza ricorrere alle forme a priori della conoscenza.

La volontà di vivere : Schopenhauer divide il mondo in due parti: da una parte il mondo fenomenico, ciò che apprendiamo e ci appare dall'esperienza diretta delle cose, e dall'altra la cosa in sé, che per il filosofo tedesco coincide con la volontà, la percezione di qust'ultima avviene senza alcuno sforzo, ognuno di noi sente questo impulso nel proprio essere, ovvero l'impulso della volontà di vivere e di continuare a farlo. La volontà è presente in tutti gli esseri viventi, siano essi animali o piante, ma solo l'uomo è capace di rendersene conto, perché munito di una ragione capace di intuire la volontà, ovvero la cosa in sé.

Schopenhauer si domanda se esista un modo per sfuggire alla schiavitù della volontà e liberarsi così del suo peso, se infatti l'uomo si liberasse della volontà terrebbe a distanza, o addirittura annullerebbe del tutto, anche il dolore. Secondo lui esistono diversi modi per annullare la volontà:

L'arte: Con il mezzo artistico è possibile un catarsi dell'essenza umana dalla tirannia della volontà, questo è possibile tramite la contemplazione della bellezza celata nell'arte; Schopenhauer individua nella tragedia e nella musica (soprattutto in questa perché più immediata) le due forme artistiche per eccellenza. Il potere dell'arte è solo di conforto e quindi momentaneo.

La morale: Con la morale è possibile esercitare l'amore per l'altro (che per Schopenhauer è compassione). L'uomo patendo assieme per il dolore degli altri, non solo prende coscienza del dolore ma lo sente e lo fa suo. La momentanea sconfitta della volontà di vivere si realizzerà poiché nella compassione è come se il singolo corpo del singolo uomo si dilatasse nel corpo degli altri uomini. La propria corporeità si assottiglia e la volontà di vivere è meno incisiva. Il dolore unendo gli uomini li accomuna e li conforta. Ma anche questa soluzione è parzialmente momentanea.

Il suicidio: L'annullamento della volontà di vivere può essere raggiunta anche con il suicidio, ma Schopenhauer deplora il suicidio per due motivi: il primo motivo è che il suicidio, non è dettato da un annullamento della volontà bensì dall'insoddisfazione dell'individuo di una situazione particolare che sta vivendo; il secondo motivo è che l'annullamento di una singola volontà non intacca minimamente la volontà in sé, infatti la volontà continuerebbe a vivere, perchè assoluta e infinita

L'ascesi: E' la tappa decisiva che permette di giungere alla cessazione di qualsiasi tipo di esistenza, voglia o godimento. L'ascesi viene scandita in tre punti:

La mortificazione di sé e dei bisogni della vita sensibile;

La castità, che permette di non perpetuare il dolore, reprimendo l'impulso sessuale: oltre a ridurre il consenso consapevole alla volontà, la castità riduce la stessa oggettivazione della volontà noumenica nel mondo fenomenico;

L'inedia, ossia compiere un digiuno prolungato

Questa è la vera soluzione: rendersi trasparenti alla volontà che continuerà ad attraversarci ma non troverà più il corpo. Quindi vivere una non vita con l'estenuazione dell'organismo, raggiungendo la nolontà, cioè la non-volontà, quindi il nulla.

In campo letterario la visione schopenhaureiana è sottesa nelle opere di Leopardi, Tolstoj, Maupassant, Kafka, Thomas Mann ; mentre in campo filosofico è stata inspiratrice per il filosofo, anch'esso tedesco, Nietzsche.

Friedrich Wilhelm Nietzsche: Viene considerato tra i maggiori filosofi occidentali di ogni tempo. Figlio di un pastore luterano, Nietzsche rimase orfano in tenera età e venne allevato dalla madre. Dopo essere stato ammesso alla celebre scuola teologica di Pforta, studiò filologia classica alle università di Bonn e Lipsia, diventando docente di lingua e letteratura greca presso l'Università di Basilea a soli 25 anni; in quell'epoca si delinearono sempre più chiaramente le sue inclinazioni filosofiche. Nietzsche era malato e sofferente di crisi nervose; la salute cagionevole lo aveva costretto al congedo dall'insegnamento nel 1876. Visse errando per l'Europa e soggiornando a lungo anche in Italia, spesso ospite di amici e protagonista di complesse vicende sentimentali. Nel 1889 fu colto da una grave forma di pazzia da cui non si riprese più. Ricoverato dapprima in clinica e poi curato dalla sorella Elisabeth, morì nel 1900.

Rapporto corpo-coscienza: Fin dalle prime opere Nietzsche valorizza la corporeità criticando il logos: discorsi e linguaggio penetrano, illudono, mascherano, falsificano, l'individuo tali discorsi sono il frutto di un precipitato storico culturale, rappresentato nel mondo occidentale, dai più importanti veicolatori del logos: il prete, lo scienziato, il politico. Dopo Socrate, attraverso la costituzione di un sapere razionale, logico, sistematico, ottimistico, si distrugge la tragedia, l'arte e il mito. L'arte, con la quale l'uomo si riconciliava con la natura, è ridotta a mera rappresentazione della realtà, non è creazione e sublimazione di energie vitali. Il mito è distrutto e permane invece il desiderio di un'origine e di una coscienza tranquilla. Il logos considera sbagliando inferiore la natura, ma non è la corporeità a discendere dal logos, quanto quest'ultimo che risulta essere una mera appendice e strumento della corporeità, formatosi storicamente per attuare migliori strategie di sopravvivenza. La ragione è una malattia, un effetto della decadenza. Essa suppone che il mondo sia retto da leggi ferree, leggi che ottimisticamente potrebbero essere scoperte.

La ragione, l'intelletto, la conoscenza si oppongono al corpo, lo penetrano attraverso il linguaggio (il logos) formando la coscienza. Vi è, un'incommensurabilità tra linguaggio e corpo, tra linguaggio e realtà. La realtà per Nietzsche non ha una logica, è casuale, caotica; perciò la logica, che è un'invenzione umana, non comprende un bel niente, può solo catturare parti della realtà in modo strumentale. Il linguaggio è un simbolo dell'apparenza e non potrà mai cogliere il reale. Così ci illudiamo, di conoscere e di conoscerci attraverso il linguaggio quando esso non rappresenta che l'eccezione di quello che noi effettivamente siamo, non rappresenta che il rispecchiamento della società in noi. Altri errori della coscienza sono, secondo Nietzsche, "pensare che esistano cose durevoli, cose uguali, che il volere sia libero, che quanto è bene per me, lo sia anche in sé e per sé".

La concezione di Nietzsche verrà in seguito quasi interamente ripresa da Foucault seppure in una versione riaggiornata e rimodernata.

In contrapposizione a Schopenhauer e Nietzsche possiamo ritrovare un'altro filosofo, stavolta francese, che collochiamo nella prima metà del 1900: Bergson.


Henri Louis Bergson: Nato da una famiglia di origine ebraica, si laureò in filosofia e matematica all'Ecole Normale Supérieure di Parigi. Insegnò nei licei dal 1881 al 1897, anno in cui divenne professore all'Ecole Normale; due anni dopo fu nominato professore di filosofia al Collège de France, dove il suo insegnamento ottenne un successo enorme. Nel 1914 Bergson divenne membro dell'Accademia di Francia e nel 1927 gli fu conferito il premio Nobel per la letteratura. Negli ultimi anni si avvicinò alla fede cristiana, pur rifiutando il battesimo per non tradire le proprie origini e condividere la sorte della comunità ebraica durante l'occupazione di Parigi da parte delle truppe naziste.

Rapporto materia-coscienza: inizialmente è presente in Bergson vi è un carattere cartesiano dovuto a una concezione dualistica tra anima e corpo (tra res cogitans e res extensa, potremmo dire), che si riflette, a livello epistemologico, in un dualismo tra l'intelligenza (l'atteggiamento proprio della scienza) e l'intuizione. Alla base di tale dicotomia vi è l'applicazione della categoria di "spazio" anche al fluire della coscienza. Tale "spazializzazione" della coscienza non tiene in considerazione la dimensione temporale, l'unica dimensione realmente costitutiva dei dati della coscienza, inquinati quindi da operazioni di divisione, ritaglio e organizzazione spaziale. Ecco che si rende necessaria una ricerca dei "dati immediati" della coscienza, depurati da tale spazializzazione, la ricerca della "durata reale" contrapposta al tempo spazializzato; e, chiaramente, i concetti scientifici e filosofici andranno accantonati, perchè utili nell'organizzazione del mondo esterno, ma inapplicabili ad un flusso continuo e dis-omogeneo caratterizzato da durata e non da estensione.

Succssivamente il filosofo francese si sistacca da questa concezione dualistica per arrivare ad una sorta di monismo. La coscienza, in Bergson, indica che esiste qualcosa di indipendente dall'uomo, ma non afferma che tale "qualcosa", indipendente dall'essere da noi percepito, esista materialmente. Questo stato intermedio, tra il "non esistere" e l'"esistere come materia", è detto "immagine", e la prima immagine disponibile è quella del corpo, che ha una funzione di "selezione" nei confronti delle altre immagini. In particolare, il ruolo di selettore è affidato al cervello, che, pur avendo un legame con la mente (con la memoria, intesa come somma di ricordi), non ne è "magazzino". In sostanza, il cervello si pone come intermediario tra la coscienza e la realtà esterna, ma la mente ha una propria dimensione, autonoma dal cervello e, pertanto, spirituale. Lo studio delle amnesie, suggerì al filosofo francese che il ruolo del cervello fosse esclusivamente quello di filtro, e che tali patologie incrinassero la sua capacità di rapportarsi con il mondo esterno.



























BIBLIOGRAFIA



Berni Stefano, Per una filosofia del corpo, Dipertimenti di scienze storiche, giuridiche, politiche e sociali di Gips, 2000

encarta enciclopedia, 2007




SITOGRAFIA





www.wikipedia.org


www.tuttosapere.org


www.piercedfromwithin.wordpress.com


www.padrebergamaschi.com

www.filosofico.net

www.riflessioni.it















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