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Filosofia: Karl Marx




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Filosofia: Karl Marx

Vita e opere


Karl Marx è uno dei filosofi più importanti dell'età moderna.

Nacque a Treviri nel 1818 da una famiglia ebrea (ma comunque su posizioni agnostiche), convertitasi al protestantesimo per ragioni di opportunità politiche. Il padre era avvocato e fu grazie a lui che a Karl venne impartita un'educazione di stampo razionalistico-liberale.

Terminati gli studi liceali si iscrisse (1835-1836) alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Bonn e successivamente a Berlino, dove, nel 1839, entrò in contatto con il club dei "Giovani Hegeliani" tramite il quale cominciò lo studio della filosofia (soprattutto l'idealismo hegeliano). Cambia facoltà e si iscrive in Filosofia, dove si laurea (a Jena) nel 1841 discutendo una tesi dal titolo "Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro". Abbandona qualsiasi sogno di carriera universitaria ed intraprende l'attività di giornalista. Scrive diversi articoli sulla condizione operaia nella neonata industria tedesca oltre che su altre tematiche correlate al lavoro ed allo sfruttamento. Diviene caporedattore della "Gazzetta Renana", ma a seguito della censura governativa ad opera di Guglielmo IV è costretto ad emigrare in Francia(1843). Nello stesso anno sposa Jenny von Westphalen, una giovane appartenente all'aristocrazia renana, dalla quale avrà numerosi figli e che gli starà accanto durante la sua vita travagliata. Comincia ad affrontare i temi della filosofia politica che esplicita nel suo scritto "Critica della filosofia del diritto di Hegel". Nel 1844 vengono pubblicati gli "Annali Franco Tedeschi" diretti dallo stesso Marx e da Ruge. Pubblica, inoltre due suoi scritti importanti che segnano il suo passaggio all'ideologia comunista: "La questione ebraica" e "Per la critica della filosofia del diritto di Hegel". Introduzione.".

E' questo l'anno della stesura de "I Manoscritti economico filosofici" e dell'amicizia con Engels.

Nel 1847 scriverà in collaborazione con Engels un documento programmatico per la Lega dal titolo "Manifesto del partito comunista" (che verrà pubblicato nel 1848).

L'ultimo scritto importante del filosofo sarà "Il Capitale". La stesura di questo scritto, fra i più corposi del filosofo, cominciò nel 1866. Il primo libro del Capitale fu pubblicato nel 1867 ad Amburgo, gli altri due vennero pubblicati postumi nel 1885 e 1894 grazie al lavoro di interpretazione dei manoscritti lasciati da Marx.

Karl Marx morì infatti nel 1883 (due anni dopo la morte della moglie Jenny).

Caratteristiche del sistema filosofico


Il primo aspetto della filosofia di Marx che balza subito ai nostri occhi è la sua irriducibilità in una dimensione esclusivamente filosofica, sociologica, o economica. Il pensiero di Marx è, infatti, un'analisi complessiva dei processi della società e della storia. Il filosofo analizza in modo particolare e scrupoloso i meccanismi che regolano la vita borghese: le strutture e le sovrastrutture.

Un altro aspetto del marxismo è la "prassi". Prassi deriva dal greco praxis (compiere) e nel marxismo non è altro che la tendenza a rivoluzionare la società. A tal proposito Engels pronuncerà le seguenti parole sulla tomba dell'amico Karl: "lo scienziato non era neppure la meta di Marx. Perché Marx era prima di tutto un rivoluzionario". L'ideale, secondo Marx, era infatti l'unione tra teoria e prassi.


Confronto con Hegel e Feuerbach


Per poter comprendere a fondo il pensiero di Marx è opportuno confrontarlo con il sistema filosofico Hegeliano e con i filosofi della 'Sinistra Hegeliana' suoi contemporanei.

Hegel è indubbio il maestro di Marx: ricordiamo che Marx si approcciò allo studio della filosofia studiando proprio Hegel ed entrando nel Club dei giovani Hegeliani.

Il primo scritto tramite il quale Marx comincia a 'misurarsi' con il Maestro è la 'Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico'(1843). Questo scritto è stato rivalutato dagli studiosi solo da poco. La sua importanza risiede nell'aver in esso stravolto il sistema filosofico hegeliano.

Marx afferma che Hegel ha usato, nella sua filosofia, uno 'stratagemma', che consiste nel fare delle ealtà empiriche manifestazioni dello Spirito. Questo significa che ad esempio un regime monarchico non è altro che la personificazione dello Spirito, e di conseguenza Hegel deduce anche la 'logicità' della monarchia, identificandola con la razionalità politica (identità ragione-realtà-Assoluto). Questo procedimento viene definito da Marx 'misticismo logico'.

Sulla scia di Feuerbach, Marx arriva alla conclusione che Hegel aveva capovolto idealisticamente soggetto e predicato, concreto e astratto.

A tal proposito Marx usa una dimostrazione naturale: 'mentre l'uomo comune ed il filosofo realista pensano che prima esistano le mele, le pere, le fragole e le mandorle 'reali' e poi il 'concetto' di frutto, il pensatore idealista ritiene che prima esista 'il frutto' e poi, in seguito, a titolo di sue manifestazioni derivate, la mela, la pera, ecc.'

Al metodo 'mistico' di Hegel, Marx contrappone, ispirandosi a Feuerbach, il metodo 'trasformativo' che consiste nel ri-capovolgere ciò che l'idealismo ha capovolto.

Oltre che essere fallace sul piano filosofico e gnoseologico, il metodo hegeliano è anche 'conservatore' sul piano politico, in quanto tende a 'santificare' la realtà esistente.

Nonostante le critiche mosse ad Hegel, Marx riconosce comunque al maestro dei meriti notevoli, che si assommano nella visione dialettica, ossia nella concezione della realtà come elementi concatenati fra loro e mossi dalle opposizioni.

Come già abbiamo anticipato, anche Feuerbach svolge un ruolo cardine nella formazione del filosofo.

A Feuerbach Marx si rifà sia nella critica a Hegel, come anche nell'interpretazione della religione.

Marx tributa al suo contemporaneo il fatto di aver 'scoperto' il meccanismo dell'alienazione religiosa, in base alla quale l'uomo 'proietta' in Dio i suoi bisogni.

Tuttavia, secondo Marx, Feuerbach non era riuscito a cogliere le cause reali del fenomeno religioso, né ad offrire mezzi per il suo superamento.  Secondo Marx l'origine non va ricercata nell'uomo, ma nella società. Marx elabora la teoria della religione come 'Oppio dei Popoli' (Opium des Volks). Secondo questa dottrina la religione è il prodotto di un'umanità alienata e sofferente per causa delle ingiustizie sociali che cerca illusoriamente nell'aldilà ciò che le è negato di fatto nell'aldiquà. L'unico modo per eliminare la religione è quindi una trasformazione rivoluzionaria della società.


Il termine "Alienazione"


Nei 'Manoscritti economico-filosofici' del 1844 Marx si approccia allo studio dell'economia politica.

La contraddizione di fondo del sistema è qui espressa con il concetto di 'alienazione'.

Hegel aveva già usato questo termine. In lui l'alienazione assumeva un significato negativo, in quanto rappresentava il secondo momento (lo Spirito che esce fuori da se), ma essendo un momento del processo triadico, aveva anche una radice positiva al suo interno, in quanto era un contributo necessario al raggiungimento della sintesi.

In Feuerbach l'alienazione era intesa in senso religioso.

In Marx l'alienazione diviene un fatto di natura socio-economica in quanto si identifica con la condizione storica del salariato nell'ambito della società capitalistica.

L'alienazione dell'operaio viene espressa da Marx in quattro punti:

- Il lavoratore è alienato rispetto al prodotto della propria attività, in quanto non gli appartiene;

- Il lavoratore è alienato rispetto alla sua stessa attività, che prende la forma di un lavoro forzato e diventa strumento per il profitto del capitalista, con la conseguenza che l'uomo si sente 'bestia' quando lavora;

- Il lavoratore è alienato rispetto alla sua stessa essenza (Wesen) che è quella del lavoro libero e creativo e non del lavoro forzato e ripetitivo;

- Il lavoratore è alienato rispetto al prossimo, perché ha un rapporto conflittuale con il capitalista e quindi con l'umanità in generale.

La causa dell'alienazione sta nella proprietà privata dei mezzi di produzione, in virtù della quale il capitalista può utilizzare il lavoro dei salariati per accrescere la propria ricchezza, secondo quella che Marx definirà nel 'Capitale' logica del profitto e dello sfruttamento.


La concezione della storia


Obiettivo dell'indagine Marxiana è svelare, al di là delle ideologie, la verità sulla storia mediante il raggiungimento di un punto di vista obiettivo sulla società che permetta di descrivere ciò che gli uomini sono realmente. Questo comporta la distruzione della vecchia filosofia idealistica a vantaggio di una nuova 'Scienza' in relazione alla quale la filosofia diventa il mezzo attraverso il quale fare sintesi dei risultati ottenuti.

Cerchiamo di dare una definizione di umanità dal punto di vista scientifico. Marx la definisce come una specie evoluta di individui che lottano per la sopravvivenza. Di conseguenza la storia diviene un processo 'materiale' fondato sulla lotta per la sopravvivenza.

Gli uomini cominciarono a distinguersi dagli animali per la loro capacità di di produrre i mezzi necessari allo loro sussistenza. Alla base della storia vi è dunque il 'lavoro'.

Alla base di esso bisogna distinguere due elementi di fondo: le forze produttive e i rapporti di produzione.

Le forze produttive sono gli elementi necessari al processo di produzione e cioè gli uomini che costituiscono la forza lavoro, i mezzi di produzione (le macchine) e le conoscenze tecnico-scientifiche necessarie a migliorare la produzione e a migliorarla.

I rapporti di produzione sono i rapporti che si instaurano tra gli uomini che costituiscono la forza lavoro e regolano il possesso dei mezzi di lavoro. I rapporti di produzione trovano quindi espressione giuridica nei rapporti di proprietà.

L'insieme dei rapporti di produzione costituisce la 'struttura', ovvero lo scheletro economico della società.

L'insieme delle istituzioni politico-culturali viene definito da Marx 'sovrastruttura' (Uberbau - uber=sopra bau=costruzione). Il termine sta ad indicare che secondo il materialismo storico le istituzioni non vanno intese come delle realtà a se stanti, ma come espressione dei rapporti che definiscono la struttura di una società.

Secondo Marx la struttura economica determina le istituzioni, cioè la struttura determina le sovrastrutture.

Oltre a rappresentare una chiave di lettura della staticità della società, le forze produttive e i rapporti di produzione rappresentano anche lo strumento per interpretarne la sua dinamicità, ossia come legge stessa della storia.

A un determinato grado di sviluppo delle forze di produzione, secondo Marx, tendono a corrispondere determinati rapporti di produzione. Questi ultimi si mantengono fino a quando favoriscono le forze di produzione e vengono distrutti quando diventano ostacoli. La rivoluzione coincide con uno stato di scontro tra forze produttive e rapporti di produzione e tra la classi che le rappresentano.

'Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura'.



Il "Manifesto del Partito Comunista"

Il 'Manifesto del Partito Comunista' (1848) rappresenta una 'summa' della concezione marxista del mondo.

I punti salienti sono:

- analisi della funzione storica della borghesia;

- storia intesa come 'lotta di classe'  e rapporto proletari-comunisti;

- critica dei falsi socialismi (non scientifici).

La borghesia è una classe che non può esistere, secondo Marx, senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione e tutto l'insieme dei rapporti sociali. Per questo essa viene intesa come una classe dinamica. Il problema è che la borghesia, con la sua carica rivoluzionaria, ha evocato forze così gigantesche che poi non ha saputo domare. Infatti le moderne forze produttive si levano contro i vecchi rapporti di proprietà, generando delle crisi terribili che mettono in forse l'esistenza stessa del capitalismo.

Intendere la storia come lotta di classe è uno dei concetti più significativi del Manifesto.

'La storia di ogni società esistita fino ad oggi è la storia delle lotte di classe. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, maestri capi delle arti ed artigiani addetti alla compagnia, in una parola, oppressi ed oppressori, furono continuamente in contrasto e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria della società o con la comune rovina di tutte le classi.'

In conformità alle sue analisi del capitalismo come fenomeno mondiale, insiste sull'internazionalismo della lotta proletaria. conclude infatti così il manifesto: 'Proletari di tutti i Paesi, unitevi!'.

L'ultima sezione del Manifesto è quella riguardante la critica ai falsi socialismi. Marx raggruppa la letteratura socialista entro tre tendenze di fondo: il socialismo reazionario, il socialismo conservatore e il socialismo utopistico.

Il socialismo reazionario attacca la borghesia secondo parametri conservatori, proponendosi di 'far girare all'indietro la ruota della storia'.

Il socialismo conservatore è incarnato da quelli che vorrebbero risolvere i problemi connessi al capitalismo senza distruggere il capitalismo stesso.

Il socialismo utopistico è costituito dai socialismi (come Saint-Simon, Owen, ) che hanno preceduto Marx. Hanno avuto il merito di scorgere l'antagonismo tra le classi, ma hanno lo svantaggio di aver soltanto cercato delle società ideali.

Ad essi Marx contrappone il proprio socialismo scientifico, fondato su un'analisi critico-scientifica dei meccanismi del capitalismo e sull0individuazione del proletariato come classe destinata ad abbattere il sistema borghese.


Il "Capitale"


Il 'Capitale' si propone di mettere in luce i meccanismi della società borghese. Rappresenta il capolavoro di Marx. Il sottotitolo 'Critica dell'economia politica' sta ad indicare che Marx si pone in discontinuità con l'economia classica.

Marx è convinto che non esistano leggi generali che regolano l'economia, ma che ogni formazione sociale abbia caratteri e leggi specifiche. Pensa che la società borghese abbia in se stessa le contraddizioni che ne minano la stabilità. E' persuaso che l'economia debba far uso della dialettica, studiando il capitalismo come una serie di elementi strettamente connessi fra loro. Inoltre studia il capitalismo 'puro', senza cioè gli elementi secondari, al fine di metterne in luce le caratteristiche strutturali per poi formulare alcune 'previsioni'.

Il 'Capitale' non è comunque un trattato di economia, ma è un'analisi complessiva sulla società.

La caratteristica del capitalismo è la produzione di merci. Così Marx comincia la sua analisi proprio con lo studio delle merci.

Per prima cosa chiarisce il fatto che una merce ha un valore d'uso e un valore di scambio.

Il primo chiarisce l'utilità della merce, il secondo ne deve garantire la vendibilità.

Per stabilire il valore di scambio Marx si basa sulla definizione dell'economia classica, e cioè lo fa corrispondere alla quantità di lavoro necessaria a produrre quella data merce. Tuttavia, secondo Marx, il valore non si identifica col prezzo, in quanto su quest'ultimo influiscono altri fattori, come per esempio l'abbondanza. Marx è convinto comunque che in condizioni normali la somma dei prezzi delle merci corrisponda alla somma del lavoro contenuto in esse.

La caratteristica del capitalismo è il fatto che in esso la produzione non p finalizzata al consumo, ma all'accumulazione di denaro. Di conseguenza il ciclo capitalistico non è quello semplice delle società pre-borghesi Merce-Denaro-Merce (MDM) ovvero la merce viene trasformata in denaro e il denaro nuovamente in merce, ma è Denaro-Merce-piùDenaro (D-M-D') in quanto in questo sistema c'è il capitalista che investe denaro per ottenerne di più.

Marx si chiede dunque come sia possibile che una merce che vale X gli produca un guadagno X+Y. Da dove viene Y? L'origine di questo Y che Marx chiama plus-valore e deriva dal lavoro dell'operaio, in quanto ha la capacità di produrre più di quanto gli viene corrisposto col salario. Il plus lavoro è quindi il lavoro in più che l'operaio offre gratuitamente al capitalista. Dal plus-valore il capitalista ne ricava il profitto. Plus-valore e profitto tuttavia non coincidono totalmente, in quanto il profitto viene a diminuire perché tra le spese del capitalista, oltre al capitale variabile (i salari) incide anche il capitali costante (impiegato per l'acquisto delle macchine).

Il saggio del plus-valore è il rapporto espresso in percentuale fra plus-valore e capitale variabile e manifesta il grado di sfruttamento della forza lavoro.

Il saggio del profitto scaturisce invece dal rapporto (espresso sempre in percentuale) fra il plus valore e la somma di capitale variabile e costante. Si intuisce ora perché quest'ultimo risulta sempre inferiore a quello precedente.

L'aumento di produttività conseguito grazie all'uso delle macchine genera conflittualità operaia, ma anche crisi cicliche di sovrapproduzione. Nel capitalismo si entra in crisi perché, paradossalmente, vi è troppa merce in circolazione. Il motivo è l'anarchia della produzione che domina il sistema capitalistico. Effetto della crisi è la distruzione dei beni e l'aumento della disoccupazione.

La necessità capitalistica di un continuo rinnovamento tecnologico genera un altro inconveniente: la caduta tendenziale del saggio di profitto, la legge secondo la quale aumentando il capitale costante rispetto al capitale variabile diminuisce il saggio di profitto.

La situazione finale del capitalismo viene espressa in termini dialettici: da un lato i capitalisti, dall'altro i salariati, che tendono a denunciare il limite massimo cui è arrivata la contraddizione massima del capitalismo ovvero il contrasto tra le forze produttive e il carattere privatistico de rapporti di produzione.

'Suona l'ultima ora della proprietà privata capitalistica. Gli espropriatori vengono espropriati'.


La "Rivoluzione" e la "Dittatura del Proletariato"

Il proletariato è da Marx investito di una missione storico-universale: sarà proprio questa classe a originare la rivoluzione comunista impadronendosi prima del potere politico e quindi dei mezzi di produzione attraverso l'abolizione della proprietà privata. La rivoluzione prevede anche la scomparsa della distinzione in classi e la realizzazione di una società di liberi produttori né sfruttatori, né sfruttati.

La rivoluzione deve quindi mirare come primo traguardo, all'abbattimento dello Stato borghese visto come sovrastruttura di una società dominata dagli interessi di classe della borghesia.

La dittatura del proletariato si configura come misura politica fondamentale per la transizione alla futura società comunista, è dunque la fase intermedia tra lo stato borghese e quello comunista. E' il momento in cui il proletariato impone la propria egemonia sulla classe borghese al fine di abbatterne lo stato e di attuare il progetto comunista.




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