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Immunodeficienze acquisite




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IMMUNODEFICIENZE ACQUISITE

Immunodeficienza secondaria ad infezione

Segue infezioni virali quali varicella e mononucleosi, ed è in genere transitoria.


AIDS nell'infanzia

Infezione causata da uno dei 2 retrovirus (HIV-1 e HIV-2), che causa un progressivo deterioramento immunologico e infezioni opportunistiche e neoplasie associate; lo stadio terminale è l'AIDS.

Il 67% dei casi di AIDS si verifica in Africa, il 17% in Sud America, l'8% in Asia, il 5% in Nord America e il 3% in Europa; ad oggi il virus HIV è causa del 2% di tutte le morti nel mondo, del 14% delle morti dovute a malattie infettive e del 20% delle disabilità. È la principale causa di morte in giovane età nel mondo. Si stimano 33 milioni di persone viventi con HIV, di cui 2,5 milioni <15 anni, con 2,5 milioni di nuove infezioni e 2 milioni di morti all'anno, di cui 330.000 <15 anni.

Modalità di trasmissione (RT = rischio di trasmissione dal singolo contatto a rischio):

Parenterale (trasfusioni di sangue ed emoderivati, RT 95%, uso di stupefacenti e.v., punture accidentali, RT 0,3-0,5%, contaminazione di cute e mucose con fluidi biologici infetti);

Parenterale inapparente (uso in comune di forbici, rasoi, oggetti taglienti, piercing, tatuaggi, ecc.);

Sessuale (rapporti eterosessuali, RT 1-3%, ed omosessuali non protetti, RT 5-9%); si ricordi inoltre che il rischio di infezione aumenta per la donna e per il partner omosessuale passivo, per il rischio di microtraumi. L'RT per il maschio eterosessuale scende al 2,9%;

Materno-fetale (pre-natale, peri-natale e post-natale, RT 25-35%).

Epidemiologia: Più del 90% dei bambini statunitensi ha contratto la malattia con trasmissione verticale; la maggior parte dei rimanenti ha ricevuto sangue o emoderivati contaminati. Pochi casi sono causati da abuso sessuale. La trasmissione verticale è nel 23% dei casi intrauterina (si considera infettato in utero un neonato i cui test virologici si positivizzano entro le prime 48 h di vita), nel 65% intrapartum e nel 12% tramite l'allattamento (sia con il latte in sé che tramite il sangue delle ragadi). Il rischio di infezione per un lattante nato da madre HIV-positiva che non ha ricevuto terapia antivirale durante la gravidanza è stimato tra il 13 e il 39%; la trasmissione verticale è più frequente nei casi di infezione contratta in gravidanza, malattia sintomatica, riduzione dei CD4, viremia materna elevata, procedure diagnostiche invasive, fumo di sigaretta e infine infezione placentare. Nei parti per via vaginale, il primo nato di due gemelli è a rischio più elevato del secondo. Il taglio cesareo sembra ridurre il rischio. L'infezione da HIV materna aumenta di per sé il rischio di aborto, in più in caso di infezione endouterina il neonato potrà avere la cosiddetta "sindrome dismorfica neonatale" con ritardo di crescita, microcefalia, ipertelorismo, prominenza delle bozze frontali, naso insellato, rime palpebrali oblique e naso corto. Il HIV è stato identificato sia nella frazione cellulare che acellulare del latte materno. Il rischio di trasmissione con l'allattamento è aumentato nelle madri con elevata viremia.


Sintomi e segni: L'infezione da HIV nei bambini causa un ampio spettro di manifestazioni cliniche, delle quali la AIDS è la più grave. Le categorie cliniche A, B e C descrivono molti dei comuni problemi clinici mostrati dai bambini di età inferiore a 13 anni con infezione da HIV.

I lattanti che hanno contratto l'infezione nel periodo perinatale solitamente sono asintomatici durante i primi mesi di vita. Sebbene l'età mediana di comparsa dei sintomi sia stimata essere di 3 anni, un numero crescente di bambini rimane asintomatico per più di 5 anni. Si possono distinguere due tipologie di infezione da HIV sulla base del periodo di incubazione e della progressione dei sintomi.

Dal 10 al 15% circa dei bambini ha una rapida progressione di malattia con comparsa dei sintomi nel primo anno di vita e morte tra i 18 e i 36 mesi; si ritiene che questi bambini abbiano contratto in utero l'infezione da HIV più precocemente. La maggior parte dei bambini, tuttavia, probabilmente contrae l'infezione alla nascita o in prossimità della nascita e mostra una più lenta progressione di malattia, sopravvivendo oltre i 5 anni.

Le più comuni manifestazioni dell'infezione da HIV nei bambini includono linfadenopatia generalizzata, epatomegalia, splenomegalia, ritardo dell'accrescimento, candidiasi orale, diarrea ricorrente, parotite, cardiomiopatia, epatite, nefropatia, malattie del SNC (incluso ritardo dello sviluppo, che può essere progressivo), polmonite interstiziale linfoide, batteriemia ricorrente, infezioni opportunistiche e malattie neoplastiche.

La polmonite da Pneumocystis carinii (Pneumocystis Carinii Pneumonia, PCP) è la più comune, grave infezione opportunistica nei bambini con infezione da HIV ed è associata a un'elevata mortalità. La PCP può verificarsi già a 4-6 sett., ma si verifica principalmente nei lattanti tra i 3 e i 6 mesi che hanno contratto l'infezione prima della nascita o alla nascita.

I lattanti e i bambini con PCP sviluppano caratteristicamente una polmonite subacuta diffusa con dispnea a riposo, tachipnea, desaturazione ossiemoglobinica, tosse non produttiva e febbre (nei bambini e negli adulti immunocompromessi non affetti da infezione da HIV, l'esordio è spesso più acuto e fulminante).

Altre comuni infezioni opportunistiche nel bambino includono esofagite da Candida, infezione da cytomegalovirus disseminata e infezioni croniche o disseminate da virus dell'herpes simplex e varicella-zoster e, meno comunemente, da Mycobacterium tuberculosis, infezione da Mycobacterium avium, enterite cronica da Cryptosporidium o altri microrganismi e infezione criptococcica o da Toxoplasma gondii disseminata o localizzata a livello del SNC.

Le neoplasie maligne sono relativamente insolite, ma i leiomiosarcomi e alcuni linfomi, inclusi i linfomi del SNC e i linfomi non-Hodgkin a cellule B (tipo di Burkitt), si verificano molto più frequentemente che nei bambini immunocompetenti. Il sarcoma di Kaposi è molto raro nei bambini.

Esami di laboratorio e diagnosi: Per i lattanti nati da donne sieropositive per HIV, i test di laboratorio preferibili sono la coltura del HIV e la PCR, che possono consentire la diagnosi nel 30-50% dei casi alla nascita e in quasi il 100% tra i 4 e i 6 mesi. Un test iniziale deve essere effettuato a circa 1 mese di vita e, se negativo, ripetuto tra i 4 e i 6 mesi di età. Un test positivo deve essere confermato impiegando lo stesso test o un altro. Il test modificato per la ricerca dell'antigene p24 è meno sensibile della coltura virale o della PCR e deve essere impiegato solo se queste ultime non sono disponibili. Un bambino con due test virologici negativi, effettuati a 1 e 4 mesi di età o successivamente, viene considerato esente da infezione in assenza di qualsivoglia malattia clinica e la profilassi contro infezioni opportuniste può essere interrotta.

Prognosi: La maggior parte dei bambini, con infezione contratta nel periodo perinatale, sopravvive oltre i 5 anni di età. Circa il 10-15% muore prima dei 4 anni d'età, la maggior parte dei quali prima dei 18 mesi d'età.

Comunque, nuove terapie stanno portando a sopravvivenze significativamente più prolungate. Infezioni opportunistiche, in particolare la PCP, interessamento neurologico progressivo, e grave deperimento, sono associati a una prognosi sfavorevole. Nella PCP, il tasso di mortalità varia dal 5 al 40% se trattata ed è quasi del 100% se non trattata. La prognosi è severa anche per quelli nei quali è identificabile precocemente il virus (p. es., dai 7 giorni di vita) o che sviluppano sintomi nel primo anno di vita.

Prevenzione della trasmissione perinatale: In caso di sieropositività materna si adotta il protocollo 076: zidovudina per os a partire dalla 14° settimana, che viene passata i.v al travaglio e somministrata per os al neonato per 4 settimane; inoltre si effettua il parto tramite un cesareo elettivo e si vieta l'allattamento al seno; la corretta applicazione delle procedure indicate riduce il rischio di trasmissione al 2%.

L'allattamento deve essere scoraggiato nelle donne con infezione da HIV in quelle nazioni in cui fonti di nutrimento alternative sicure e di cui è sostenibile il costo sono prontamente disponibili. Tuttavia, nelle nazioni in cui le malattie infettive e la malnutrizione sono importanti cause di mortalità infantile precoce, l'OMS raccomanda che le madri allattino indipendentemente dalla sierologia per HIV.

Prevenzione delle infezioni opportunistiche: La profilassi contro la polmonite da P. carinii con cotrimoxazolo è indicata per la maggior parte dei pazienti con significativa immunocompromissione. Una chemoprofilassi per tutta la vita, indipendentemente dalla conta dei linfociti T CD4+, deve essere somministrata a chiunque abbia avuto la PCP. La profilassi è raccomandata per tutti i lattanti nati da madre con infezione da HIV a cominciare da 4-6 sett. di vita. Deve essere interrotta nei bambini in cui l'infezione da HIV è stata esclusa da PCR o colture virali sequenziali negative. I bambini il cui stato di infezione da HIV è indeterminato devono proseguire la profilassi per tutto il primo anno di vita.

La profilassi deve essere continuata dopo il primo anno di età nei bambini con infezione da HIV che abbiano mostrato una qualsiasi precedente conta dei linfociti T CD4 indicativa di grave immunosoppressione (cioè, conta totale < 750 cellule/ml o una percentuale di CD4+ dei linfociti totali circolanti < 15%). La profilassi può essere sospesa a 1 anno quando la conta dei linfociti T CD4+ è rimasta superiore a questi livelli soglia.

Può essere giustificata una profilassi contro altre infezioni opportunistiche. Per la profilassi contro le infezioni da Mycobacterium avium nei bambini 6 anni con conte CD4+ < 50/ml (o nei bambini dai 2 ai 6 anni con conte CD4 < 75/ml, da 1 a 2 anni < 500/ml, più piccoli di 1 anno < 750/ ml), l'azitromicina con cadenza settimanale o la claritromicina con cadenza quotidiana rappresentano il farmaco di scelta, e la rifabutina in somministrazione quotidiana rappresenta un'alternativa. I dati sull'impiego della profilassi per altre infezioni opportunistiche, come l'infezione da cytomegalovirus, micosi e l'encefalite da toxoplasma, sono limitate.

Terapia: Sulla base delle osservazioni condotte sugli adulti asintomatici, in cui la terapia riduce la concentrazione virale plasmatica e rallenta il calo della conta cellulare CD4+, la terapia deve essere fortemente considerata nei bambini asintomatici senza evidenza di immunosoppressione. La terapia deve essere somministrata a tutti i bambini clinicamente sintomatici (categorie A, B, C) e ai lattanti di età < 12 mesi con infezione, indipendentemente dalla categoria clinica o immunologica. Il monitoraggio clinico e laboratoristico è importante per identificare la tossicità del farmaco e l'insuccesso terapeutico. La terapia combinata con gli analoghi nucleosidici inibitori della transcriptasi inversa ZDV più didanosina o ZDV più lamivudina è superiore alla sola didanosina, soprattutto per i bambini di età < 3 anni. La ZDV da sola sembra essere meno efficace della didanosina da sola o della ZDV più didanosina. Per i bambini esistono meno dati, ma schemi terapeutici a due o tre farmaci che contengono un inibitore proteasico sembrano essere superiori a combinazioni di due farmaci con analoghi nucleosidici in termini di effetti immunologici e virologici nei bambini. Il regime terapeutico preferibile per i bambini deve probabilmente comprendere un inibitore proteasico e due analoghi nucleosidici inibitori della trancriptasi inversa, in modo simile all'adulto.

Immunoglobuline per via endovenosa (IGEV), in combinazione con farmaci antivirali, possono essere somministrati a bambini con immunodeficienza umorale sintomatica (bassi livelli sierici di IgG e gravi infezioni batteriche ricorrenti o scarsa risposta sierologica alla vaccinazione).

Raccomandazioni sull'immunizzazione: Per bambini con infezione da HIV sintomatica: in generale, i vaccini con virus vivi (p. es., poliovirus orale, varicella) e batteri vivi (es, BCG) non devono essere somministrati a pazienti affetti da AIDS o altre manifestazioni di infezione da HIV indicative di immunosoppressione. Un'eccezione è il vaccino morbillo-parotite-rosolia nei pazienti che non sono gravemente immunocompromessi. Questo vaccino, per aumentare la probabilità di una risposta immunitaria, deve essere somministrato all'età di 12 mesi cioè, se possibile, prima che il sistema immunitario si deteriori. La seconda dose può essere somministrata già 4 sett. più tardi nel tentativo di indurre una sieroconversione nel più breve tempo possibile. Se il rischio di esposizione al morbillo è aumentato, come accade durante un'epidemia, il vaccino deve essere somministrato a un'età più precoce, ovvero 6-9 mesi. Altri vaccini, ovvero i tossoidi della difterite e del tetano combinati con il vaccino acellulare per la pertosse (DtaP-o tossoide della difterite e del tetano e vaccino contro la pertosse [DTP]), epatite B, Haemophilus influenzae di tipo b coniugato, e poliovirus inattivato (IPV), devono essere somministrati secondo l'usuale calendario vaccinale. Sono raccomandati anche il vaccino pneumococcico a 2 anni e la vaccinazione antiinfluenzale a cominciare dai 6 mesi. I bambini con infezione da HIV sintomatica generalmente hanno una scarsa risposta immunologica ai vaccini e, pertanto, quando sono esposti a malattie prevenibili con la vaccinazione come il morbillo o il tetano, devono essere considerati suscettibili, indipendentemente dalla storia di vaccinazione. Pertanto, se indicato, devono ricevere un'immunizzazione passiva con immunoglobuline. Le immunoglobuline devono inoltre essere somministrate a qualsiasi membro del nucleo familiare non immunizzato che sia esposto al morbillo.

Per i bambini con infezione da HIV asintomatica: questi bambini devono ricevere i vaccini DTaP o DTP, IPV, Haemophilus influenzae tipo b coniugato, epatite B, e morbillo-parotite-rosolia, secondo l'usuale calendario vaccinale. Sebbene il vaccino orale contro la poliomielite (OPV) sia stato somministrato a questi pazienti senza effetti indesiderati, si raccomanda il IPV poiché sia il bambino che i familiari possono essere immunosoppressi come risultato dell'infezione da HIV e, pertanto, possono essere a rischio di poliomielite paralitica associata alla vaccinazione causata da infezione da virus vaccinico.

Il vaccino contro la varicella è controindicato nelle persone con infezione nota da HIV (tranne che in studi clinici strettamente controllati), indipendentemente dalla stato sintomatologico correlato al HIV.

I bambini HIV+ devono ricevere la vaccinazione pneumococcica ogni 3-5 anni, dai 2 anni in poi. Il vaccino antiinfluenzale deve essere somministrato ogni anno ai bambini >6 mesi con infezione da HIV. Per i bambini con infezione da HIV sintomatici o asintomatici è consigliabile l'immunizzazione passiva dopo esposizione a morbillo, tetano e varicella.



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