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Aids




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AIDS

La sindrome da immunodeficienza acquisita è una malattia infettiva caratterizzata dalla comparsa di infezioni opportunistiche o particolari neoplasie con deficit dell'ICM causata dall'infezione da HIV.


Epidemiologia

Esistono tre principali pattern di diffusione o modelli epidemiologici.

Pattern 1

È caratteristico dei paesi industrializzati quali USA, Europa occidentale ed Australia, caratterizzato da un'iniziale rapida diffusione dell'infezione in gruppi ad alto rischio quali omo-bisessuali e TD, seguita da una lenta crescita nella popolazione sessualmente attiva.

Pattern 2

È tipico dell'Africa equatoriale e dei Caraibi, con diffusione prevalentemente eterosessuale, così come per via trasfusionale e verticale.

Pattern 3

È caratteristico dei Paesi asiatici, del Nord-Africa e dell'Est-Europa, ove riflette una diffusione relativamente limitata, principalmente per via eterosesuale.

Un Pattern Misto è riscontrabile in America Latina, spt in Brasile (Pattern 1 e 2).

Dai circa 100.000 casi registrati nel 1981, anno in cui è stata riconosciuto l'AIDS come entità a sé, si è passato agli oltre 50.000.000 di SP in tutto il mondo.

La diffusione del virus avviene attraverso materiali biologici quali sangue, plasma, secrezioni vaginali, sperma, midollo osseo, LCR, esclusivamente mediante via sessuale, omo ed etero, così come via verticale. La diffusione ai TD avviene mediante esposizione parenterale a sangue infetto mediante aghi già utilizzati. L'infezione può colpire il personale sanitario a contatto con i pz mediante schizzi di sangue, come alla congiuntiva.


Eziologia

L'HIV è un retrovirus[1] appartenente alla famiglia dei Lentivirus; ha una forma rotondeggiante ed un diametro di 100 nm. Esistono due sierotipi: HIV-1 è più comune in America, Europa ed Asia; HIV-2 è più comune in Africa.

Il genotipo è costituito da 2 molecole di RNA + unite da 2 proteine a formare un complesso ribonucleoproteico contenuto in un core allungato di forma cilindrica formato da un'unica proteina detta p24.

Il genoma virale è costituito da diversi geni strutturali:

GAG: codifica per le proteine del core p24.

POL: codifica per la transcriptasi inversa, proteasi (che scinde le proteine prodotte), endonucleasi-integrasi.

ENV: codifica per la proteina del mantello gp 160, che si scinde in gp 41 (transmembrana con attività fusogena) e gp 120 (antirecettore per CD4).

Altri geni: geni regolatori importatni per l'avvio della trascrizione.

Le sequenze geniche sono caratterizzate da schemi di lettura aperi sovrapposti (ORF - opening reading frames) per cui un gene è parte di un altro con il risultato cje da un singolo frammento genico può essere ottenuta, mediante diversi schemi di lettura, l'informazione per più di una proteina.

Nel core si trovano i componenti necessari per la replicazione del virus: due copie di RNA+, vari t-RNA ed alcuni prodotti del gene POL che codificano per trascriptasi inversa, proteasi e integrasi. Il capside è avvolto da un mantello al quale è dovuta la bassa resistenza alle alte temperature e all'acidità gastrica. Il mantello contiene 2 glicoproteine che derivano dalla scissione proteolitica della gp160 codificata dal gene env e sono gp 120 e gp 41.



Il virus possiede una notevole variabilità genetica perché la transcriptasi inversa è poco fedele e compie un numero maggiore di errori di trascrizione. Questa notevole variabilità genetica determina l'isolamento di diversi tipi di virus non solo da paziente a paziente, ma anche nello stesso soggetto.

La virulenza e la resistenza di HIV sono notoriamente molto basse. Questi, infatti, risulta molto meno infettivo rispetto all'HBV, il quale è capace di resistere all'ambiente esterno. Basti pensare alla prova di resistenza in autoclave: HBV resiste per 20 minuti a 2 atm, HIV resiste per soli 10 minuti a 1 atm.


Patogenesi

La penetrazione del virus nella cellula avviene per endocitosi mediata dal recettore. L'antirecettore gp 120 si lega a CD4 presente sui linfociti T, macrofagi e cellule dendritiche.[3] Questo legame comporta una modificazione conformazionale della glicoproteina virale che determina l'esposizione e l'attivazione della gp 41; si attiva il meccanismo di fusione cellulare.

Affinché si abbiano le modificazioni dell'envelope è necessaria l'azione di due corecettori: CX CR4 e CX CKR5. È stato dimostrato che in alcuni soggetti resistenti all'infezione producono una notevole quantità di particolari chemochine proinfiammatorie, quali RANTES, MIP-1a, MIP-2b, che attivano la chemiotassi e si legano a CX CR4 e CX CKR5, diminuendo la loro disponibilità per il virus.

Forme alterate di CX CKR5 determinano resistenza all'HIV.

Dopo la penetrazione il virus è denudato dall'envelope ed inizia la fase di replicazione del genoma virale all'interno del capside.

La transcriptasi inversa, tramite la sua funzione DNA-polimerasica-RNA-dipendente sintetizza una prima copia di DNA complementare ad una delle 2 catene di RNA+ virale, utilizzando come primer il t-RNA contenuto nel mantello. Grazie alla sua attività ribonucleasica degrada l'ibrido DNA-RNA che si forma; la sua attività DNA-polimerasica-DNA-dipendente sintetizza una seconda catena di DNA utilizzando come stampo quella appena sintetizzata. Al termine della trascrizione il genoma virale è costituito da una duplice catena di DNA che è integrata nel genoma ospite mediante la endonucleasi-integrasi. Dopo alcuni cicli replicativi il provirus rimane silente provocando un'infezione latente. Occasionalmente il provirus può attivarsi obbligando la cellula a produrre numerose particelle virali, in tal caso il linfocita va incontro a morte.


Andamento della malattia

La malattia è legata alla progressiva e continua deplezione delle cellule Th1 (CD4+), organizzatori delle risposte immuni; questo avviene per un effetto citopatico diretto del virus. Le manifestazioni neurologiche secondarie sono legate all'infezione diretta delle cellule nervose.


Fase 1 - Similmonunucleosi - Flu-Like

L'HIV, una volta entrato, è trasportato dalle cellule follicolari dendritiche nelle zone paracorticali dei linfonodi, ove si replica incessantemente fino a raggiungere un livello critico, corrispondente ad una fase di viremia, tipica delle prime settimane d'infezione. La viremia produce disseminazione ematica del virus in diversi tessuti, compreso il SNC, prima che l'organismo monti una risposta efficace.

Questa fase corrisponde all'infezione primaria, con una sintomatologia simil-mononcleosica.

Nelle settimane successive la risposta immunitaria umorale e cellulo-mediata determina un declino del [virus] circolante e intracellulare, con un ripristino del numero di CD4+ circolanti e limitazione della diffusione ematica. Nei linfonodi, infatti, i CD4 infetti sono distrutti dai CD8 e si verifica, inoltre, una risposta anticorpale neutralizzante con intrappolamento degli IC nelle maglie del reticolo. La risposta immune non è in grado di eliminare il virus, che sopravvive, con infezione latente, nei linfonodi e nei "santuari" immunologici come SNC.

Clinica

Può decorrere in modo asintomatico. Circa il 50-70% dei pz tende ad avere manifestazioni acute nel primo mese dopo l'infezione (3-6 settimane) che si manifestano con una sindrome simil-mononucleosica: febbre, faringite, linfangite, cefalea con dolori retroauriculari, anoressia, disturbi digestivi e letargia. È utile la ricerca di indici precoci quali p24 o HIV-RNA con PCR.


Fase 2 - Latenza e Cronicizzazione

Inizia, così, la fase di latenza clinica, cioè il periodo di asintomaticità, che non è accompagnata, però, da latenza biologia, in quanto è comunque presente replicazione virale - infezione cronica persistente. Si conta, infatti, che 108-9 particelle virali siano prodotte e rimosse ogni giorno nell'organismo in una situazione di continuo equilibrio dinamico.

Si manifestano, inoltre, alterazioni funzionali dei linfociti CD4 e CD8, dei linfociti B e delle cellule monocito-macrofagiche. La replica virale è bassa nel sangue ed alta a livello linfonodale.

I meccanismi che sembrano importanti per la cronicizzazione della malattia sono:

Localizzazione dei processi replicativi ed infettivi del virus nella zona paracorticale del linfonodo, ove le CTL sono presenti in concentrazioni molto basse e con poche eccezioni non ricevono uno stimolo adeguato.

Cronicizzazione dell'infezione: dopo un certo tempo le cellule infettate che non sono state lisate dai CTL entrano nello stadio di portatrici del provirus integrato, senza esprimere gli g virali. A questo punto, esse non sono più riconosciute dai CTL e non si può più eradicare l'infezione.

I CD4 distrutti quotidianamente sono rimpiazzati grazie alla capacità rigenerativa del midollo, ma questo equilibrio è, nella maggior parte dei pazienti, temporaneo, per cui il livello di CD4 scende costantemente ed inesorabilmente.

Clinica

La fase è asintomatica. Si comincia ad osservare una linfocitosi con prevlenza dei CD8+.


Fase 3 - LAS e Slatentizzazione

Le cellule infette sono continuamente sostituite da altre che sono contaminate; questo processo subisce un incremento spt in condizioni in cui le cellule infette sono attivate, come in infezioni, allergie e stress. Ciò provoca la produzione di citochine attivanti la proliferazione T determinando la slatentizzazione dell'infezione. L'attivazione delle cellule determina attivazione del fattore di trascrizione cellulare NF-KB, attivante la trascrizione di IL-2 nelle cellule normali. Nelle cellule infette, invece, si ha trascrizione delle sequenze virali LTR, che fungono da promoter ed enhancer per la trascrizione del provirus.

Ciò spiega perché il quadro dell'infezione si aggrava notevolmente dopo piccole infezioni che, nel soggetto immunocompetente, non provocano danni. Tutti i pz copn HIV hanno una iperplasia follicolare notevole, che rappresenta la risposta del sistema alle cellule infette.

Clinica

In alcuni pazienti tale attività si traduce in una linfoadenopatia generalizzata che corrisponde clinicamente alla cosiddetta sindrome linfoadenopatica LAS (PGL), caratterizzata da linfonodi tumefatti, non dolenti, mobili e di consistenza parenchimatosa.

PGL (correlata all'AIDS)

Ha un decorso protratto con andamento altalenante e interessamento di 2 o + linfonodi. È divisa i8n tre fasi:

Iperplastica: forse correlata a sovrainfezione da EBV. È presente una forte Iperplasia B, con centri germinativi polimorfici e policentrici. Si ha un aumento delle cellule dendritiche.

Intermedia: follicolisi, con iperplasia paracorticale (i linfociti T prendono il posto dei linfociti B), neogenesi vascolare e atrofia e/o involuzione dei follicoli. Bisogna, in questa fase, controllare il classico rapporto 3:1 CD4/CD8. se c'è diminuzione di CD4 si può parlare di AIDS; è proprio per la mancanza di CD4 che non si formano granulomi = AIDS conclamato.

Involutiva: diminuzione del numero dei linfociti, aumento dello spazio e deplezione CD4+; si ha ipervascolarizzazione = AIDS terminale.

La presenza del virus è, inoltre, stimolo per una ulteriore attivazione dell'ICM; si instaura, così, un circolo vizioso con diminuzione dei CD4 funzionali e involuzione follicolare. In alcuni pz si può ossevare una meningite a liquor limpido.


Fase 4 - AIDS conclamato

Nelle fasi terminali della latenza clinica e nella malattia conclamata, il centro germinativo è completamente distrutto ed è perduta la capacità di sequestro, così che il virus, ed eventualmente altri agenti eziologici, è libero di riversarsi nel sangue. Si ritrovano, così, copie di RNA virale nel sangue e nei linfonodi in eguale concentrazione. La rottura dell'equilibrio è denunciata dall'aumento dei valori di viremia plasmatica e ulteriore diminuzione dei CD4+. Si ha distruzione del tessuto linfatico, responsabile delle infezioni opportunistiche, e dell'eventuale morte.

Clinica

ARC: AIDS related complex; infezioni "semplici" quali candidosi, Herpes Simplex e Varicella-Zoster, verruche da HPV. Frequente è la dermatite seborroica.

AIDS: infezioni opportunistiche quali TBC o Pneumocistosi; particolari neoplasie come il Sarcoma di Kaposi.


Patogenesi delle manifestazioni neurologiche

Gli effetti cerebrali tipici dell'AIDS sono dovuti all'immunosoppressione ed all'insorgenza di neoplasie. Nel primo caso, ci sono diversi meccanismi di danno.

Le cellule infette della linea monocito-macrofagica, che entrano nel cervello grazie all'espressione di molecole di adesione quali ICAM1 e VCAM1, hanno uno spiccato tropismo per il cervello per la presenza di gp 120 nel citosol; questa, infatti, ne determina una maggiore esposizione. Sembra, inoltre, che il galattosil-ceramide, espresso dalle cellule nervose, sia un adatto recettore per la gp 120.

Il danno provocato dal virus sui neuroni è indiretto, mediato da:

Effetti tossici di gp 120.

Neurotossine secrete dai macrofagi e neuroglia infettate; queste uccidono i neuroni determinando attivazione di NMDA.

Citochine prodotte dalle cellule infette, come IFN e TNF e TGFb

Eicosanoidi

Le manifestazioni neurologiche migliorano molto con la terapia antiretrovirale, spt nei bambini.


Follow-up e stadiazione

L'attuale classificazione dell'infezione da HIV negli adulti (CDC, 1993) prevede la divisione dei pazienti in rapporto a due parametri: compentenza immunitaria (numero CD4+) ed sintomatologia clinica. Tale categoria definisce i pazienti affetti da AIDS chi presenta una patologia marker opportunistica maggiore (colonna C) ed i pazienti con una conta linfocitaria assoluta < 200 cell/ml.



Categorie cliniche

Conta CD4+

A asintomatici

B malattie correlate

C AIDS

> 500/mm3

A1

B1

C1

200-500/mm3

A2

B2

C2

<200 mm3

A3

B3

C3


Diagnosi

Il test dell'AIDS è anonimo, l'infezione non è soggetta a denuncia, mentre lo è l'AIDS.


Diagnosi indiretta

Ig: risposta anticorpale che si sviluppa entro 3 mesi dal'infezione.

ELISA: test di screening; uso di antigeni di HIV-1 e HIV-2 con Ab del pz ed evidenziati per competizione da Ab marcati. Eventualmente si può ricercare l'antigene virale p24, che è indice molto precoce, anzi, precocissimo.

Western-Blotting: test di conferma; lisato di Hiv-1 e HIV-2 ottenuto da colture cellulari, e elettroforesi delle proteine virali. Si cimenta il siero del pz e si valutano le bande degli specifici Ag.

RIBA: differenziare HIV-1 da HIV-2.

I pz con ELISA negativo e Blotting indeterminato richiedono monitoring a lungo termine.


Diagnosi diretta

PCR: da effettuare per conferma in caso di ELISA negativo e Blotting positivo; permette di identificare la presenza di RNA virale o DNA del provirus in fasi precoci della malattia. La PCR è un metodo molto sensibile e precoce ma molto costoso. I limiti di sensibilità sono 400/ml nel metodo classido e 50/ml nel metodo ultrasensibile.

Il virus può essere identificato sia nelle cellule infette e nei linfociti (viremia cellulare), che indica la quantità di linfociti infetti e la capacità di trasmettere l'infezione, e nel plasma (viremia plasmatica), che indica la quantità di virus libero ed in grado di infettare le altre cellule.

La presenza di RNA citoplasmatico indica replica virale in atto, mentre la presenza del DNA provirale indica fase di latenza.


Patologie associate all'AIDS - ARC


Manifestazioni cutanee

Dermatite seborroica.

Infezioni concomitanti: candidosi orale, esofagea e genitale; HSV 1 e 2, VZV, HPV (leucoplachia orale).


Manifestazioni neurologiche

Complessivamente queste lesioni colpiscono 1/3 dei pazienti, ma quella specifica per l'AIDS conclamato è solo la demenza AIDS.

Meningite asettica.

Demenza AIDS: insieme di segni e sintomi associati alla fase terminale della malattia. Il principale è il declino delle capacità cognitive, di apprendimento e d'attenzione, all'inizio indistinguibili da stress o depressione. L'eziologia non è ancora del tutto chiara, ma riguarda la microglia della sostanza bianca sottocorticale, al pari del Parkinson.

Convulsioni.

Mielopatia.

Neuropatie periferiche: polineuropatia distale sensitiva.


Patologie opportunistiche in corso d'AIDS

Infezione da Pneumocystis Carinii: è dovuta ad un protozoo ubiquitario; è una polmonite interstiziale; nei casi gravi si ha sindrome da distress respiratorio.

Toxoplasmosi.

Diarree da protozoi: Criptosporidium, Microsporidium e Giardia Lamblia.

Infezioni da Micobatteri atipici: Micobacterium Avium Complex.

TBC.

Altre infezioni batteriche: S. Pnmeumoniae, H. Influenzae, Salmonelle e Shigelle, Treponema Pallidum.

Candidosi: mughetto e vaginite.

Infezioni virali: Herpesviridae.


Neoplasie associate all'AIDS

Sarcoma di Kaposi.[4]

Displasia intraepiteliale della cervice e dell'ano.

Linfomi: di Burkitt, immunoblastico B e primitivo del SNC.


Sindromi organo-specifiche

Polmone: polmoniti.

Cuore: miocardia dilatativa.

Midollo: soppressione midollare con anemia e pancitopenia.

Rene: Glomerulosclerosi segmentale focale.

Cachessia generalizzata.


Terapia

La soppressione massimale della replicazione virale rappresenta l'obbiettivo primario e ideale della terapia. La terapia si basa sull'uso di tre categorie di farmaci: NRTI (inibitori nucleotidici della transcriptasi inversa), NNRTI (inibitori non nucleotidici della transcriptasi inversa), PI (inibitori delle proteasi).


NRTI

NNRTI

PI

Abacavir; didanosina; lamivudina; stavudina; zalcitabina.

Efavirenz; nevirapina.

Inidavir; nelfinavir; ritonavir; saquinavir.


In pratica le combinazioni migliori sono essenzialmente poche; tra le sequenti solo le prime 3 sono le migliori e le più usate:

1 PI + 2 NRTI.

1 NNRTI + 2 NRTI.

3 NRTI.

1 PI + 1 NNRTI + 1 o 2 NRTI.

1 o 2 PI + NNRTI.

È stato dimostrato che il livello più basso di copie di HIV-RNA, definito nadir, dopo la terapia antivirale è predittivo della durata dell'effetto virologico.

La terapia si definisce fallita quando si presenta uno o più dei seguenti eventi:

Mancanza di adeguato controllo della replicazione: mancata diminuzione della carica virale nei 3 mesi successivi l'inizio della terapia (> 400 copie HIV-RNA/ml).

Insufficiente recupero immunologico.

Progressione clinica della malattia.

La terapia si avvale, inoltre, dell'uso di stimolatori midollari come GM-CSF; il GN-CSF non è buono perché stimola i PNM con attivazione dei linfociti e monociti, cui è legata la progressione della malattia.



Possiede la transcriptasi inversa.

La famiglia dei Lentivirus comprende anche gli Spumavirus e gli Oncovirus.

Possibili bersagli sono anche i linfociti B, T CD8+ e cellule della glia.

La somministrazione di IFN-a si è dimostrata efficace nel ridurne l'insorgenza.

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