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PRIMA GUERRA MONDIALE - Dall'attentato di Sarajevo alla guerra Europea, Dalla guerra di movimento alla guerra di usura, L'Italia dalla neutralità all'intervento, La grande strage (1915-1916), La guerra nelle trincee, La svolta del 1917




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PRIMA GUERRA MONDIALE


Dall'attentato di Sarajevo alla guerra Europea

Il 28 giugno 1914 uno studente serbo-bosniaco, Gavrilo Princip, uccise l'erede al trono d'Austria Francesco Ferdinando e sua moglie, mentre attraversavano in auto scoperta per le vie di Sarajevo, capitale della Bosnia.

L'attentatore faceva parte di un'organizzazione irredentista che aveva la sua base in Serbia.

Questo bastò per suscitare la reazione del governo e dei circoli dirigenti austriaci, convinti da tempo di dover impartire una dura lezione alla Serbia.

Un attentato terroristico si trasformò in un caso internazionale e mise in atto una catena di reazioni e controreazioni che fecero precipitare l'Europa in un enorme conflitto.

Nell'Europa del 1914 esistevano tutti i presupposti per una guerra: rapporti tesi tra le grandi potenze (Austria contro Russia, Francia contro Germania, Germania contro Inghilterra), divisione in blocchi contrapposti, corsa agli armamenti, spinte belliche all'interno dei singoli paesi.

Queste premesse comunque non avevano come sbocco obbligato il conflitto europeo. Ma fu l'attentato di Sarajevo a far esplodere le tensioni; furono le decisioni dei capi militari a trasformare una crisi locale in una guerra generale.

L'Austria, il 23 luglio, inviò un durissimo ultimatum alla Serbia, mentre la Russia assicurava il proprio sostegno alla Serbia, che era sua principale alleata.

Con il forte appoggio della Russia la Serbia accettò solo in parte l'ultimatum, respingendo la clausola che prevedeva la partecipazione di funzionari austriaci alle indagini dell'attentato.

L'Austria giudicò la risposta insufficiente e le dichiarò guerra. Il giorno successivo, la Russia ordinò la mobilitazione delle forze armate. Questa mobilitazione - che i generali russi volevano estendere all'intero confine occidentale per prevenire un possibile attacco da parte della Germania - fu interpretata dai tedeschi come un atto di ostilità, così inviò un ultimatum alla Russia intimandole la sospensione dei preparativi bellici: l'ultimatum non ottenne risposta e fu seguito dalla dichiarazione di guerra alla Francia. Fu quindi il governo tedesco a far precipitare le cose. Bisogna ricordare che la Germania soffriva di un complesso di accerchiamento, ritenendosi soffocata nelle sue ambizioni internazionali.

La strategia dei tedeschi si basava sulla rapidità e sulla sorpresa, non voleva lasciare la possibilità di iniziativa in mano agli avversari.

Il piano di guerra tedesca prevedeva in primo luogo un attacco alla Francia, che doveva essere messa fuori gioco in due settimane. Dopodichè il grosso doveva essere impiegato contro la Russia.

Per riuscire nel tentativo essenziale era la rapidità dell'attacco alla Francia; a questo scopo i tedeschi passarono attraverso il Belgio, la cui neutralità era garantita da un trattato internazionale.

Il 4 agosto i tedeschi invasero il Belgio per attaccare la Francia da nord-est.

La violazione della neutralità belga scosse l'opinione pubblica europea e determinò l'intervento dell'Inghilterra nel conflitto, già preoccupata di un eventuale vittoria della Germania.

Così l'Inghilterra dichiarò guerra alla Germania il 5 agosto.

Tutti i governi sottovalutarono la gravità dello scontro che si stava preparando. Fra i politici era diffusa la convinzione che una guerra avrebbe contribuito a soffocare i contrasti sociali e a rafforzare i governi e la classe dirigente. Ma questo si rivelò sbagliato. Le forze pacifiste non trovarono appoggio nell'opinione pubblica che sosteneva la causa nazionale e riconosceva le buone ragioni del paese.

Nemmeno i partiti socialisti, che avevano fatto del pacifismo e dell'internazionalismo come loro ideali, seppero o vollero sottrarsi a questo clima di unione sacra.

I capi della socialdemocrazia tedesca votarono in Parlamento a favore dei crediti di guerra. I socialisti francesi, quando fu ucciso il loro leader Jean Jaurès in un attentato da un fanatico nazionalista, rinunciarono a ogni manifestazione di protesta ed entrarono a far parte del governo. Stessa cosa fecero i laburisti inglesi. La Seconda Internazionale cessò di esistere.


Dalla guerra di movimento alla guerra di usura

La leva militare obbligatoria e i mezzi di trasporto divennero sempre più moderni, e consentirono ai belligeranti la possibilità di disporre di eserciti sempre più grandi.

Nell'agosto del '14 la Germania mandò al fronte un milione e mezzo di uomini, la Francia più di un milione, così pure gli inglesi e i belgi. Non solo uomini ma anche armi più potenti.

La novità più importante fu la mitragliatrice automatica capace di sparare centinaia di colpi al minuto.

? le potenze belligeranti non portarono alcun cambiamento nelle strategie della guerra, continuarono con la cosiddetta guerra di movimento, con cui i tedeschi all'inizio ottennero una serie di successi lungo la Marna con la Francia, il cui governo si affrettò a lasciare la capitale con i russi nelle battaglie di Tannemberg e dei Laghi Masuri. Ma la Francia lanciò un improvviso contrattacco e i tedeschi furono costretti a rientrare.

Con questo arresto dell'offensiva sulla Marna il progetto di guerra tedesco poteva dirsi fallito.

Da qui cominciò una guerra di nuovo tipo, quella di logoramento. Due schieramenti immobili che si affrontavano in una serie di sanguinosi attacchi, seguiti da lunghi periodi di stasi.

In una guerra così non importava più una superiorità militare.

La Gran Bretagna per esempio poté contare su un impero coloniale e la superiorità navale. Come pure la Russia.

Cambiò anche l'atteggiamento degli altri paesi che fino a quel momento non avevano partecipato al conflitto. Da qui, la tendenza ad all'allargarsi del conflitto.

Infatti nell'agosto del 14 il Giappone dichiarò guerra alla Germania per prendersi le proprietà dei tedeschi in Estremo Oriente.


L'Italia dalla neutralità all'intervento

A guerra appena iniziata il governo di Salandra aveva dichiarato la neutralità dell'Italia, giustificata col carattere difensivo della Triplice Alleanza, (l'Austria non era stata attaccata, né aveva consultato l'Italia prima di attaccare la Serbia) che trovava concordi in tutte le forze politiche.

Ma si fece più viva l'eventualità di una guerra contro l'Austria, che avrebbe consentito all'Italia di portare a termine il processo di riunione con Trento e Trieste. Portavoce di questa linea interventista furono gruppi e partiti della sinistra democratica: i repubblicani, i radicali, i socialriformisti, e ovviamente gli irredentisti. A questi si aggiunsero esponenti estreme del movimento operaio che appoggiarono la causa della "guerra rivoluzionaria": guerra destinata a rovesciare gli equilibri dei paesi coinvolti.

I nazionalisti volevano che l'Italia si affermasse come potenza imperialista. Mentre più calmi erano i liberal-conservatori che avevano i loro punti di riferimento nel presidente Salandra e nel ministro Sonnino che temevano il compromesso dell'Italia nella sua posizione internazionale in caso di mancata partecipazione al conflitto.

L'ala più consistente dello schieramento liberale, facente capo a Giolitti, era quella schierata per la neutralità. Infatti Giolitti riteneva il paese pronto per affrontare la guerra ed era convinto che gli imperi centrali, per la sua neutralità, gli avrebbero concesso parti dei territori rivendicati.

Decisamente ostile alla guerra era il mondo cattolico. Papa Benedetto XV assunse un atteggiamento pacifista.

Sempre contrari alla guerra furono il Psi e la Cgl, mentre Benito Mussolini si schierava per l'intervento; espulso dal partito, fonde un nuovo giornale "il popolo d'Italia" a favore dell'interventismo di sinistra.

Nonostante i pacifisti erano in maggioranza, gli interventisti seppero mobilitarsi e impadronirsi del dominio delle piazze. Interventisti furono anche personaggi come: Einaudi, Salvemini, e D'Annunzio.

Ma ciò che decise l'esito dello scontro tra pacifisti e interventisti fu l'atteggiamento del capo del governo, del ministro degli esteri e del re, ovvero a chi spettava il potere di decidere il destino del paese per quanto riguarda le alleanze internazionali.

Il 26 aprile 1915 Salandra e Sonnino decisero di accettare le proposte dell'Intesa firmando il "patto di Londra", con Francia, Inghilterra e Russia.

Le clausole principali prevedevano che l'Italia avrebbe ottenuto in caso di vittoria, il Trentino, il Sud Tirolo fino al confine con il Brennero, la Venezia Giulia, l'intera penisola istriana (tranne la città di Fiume), una parte della Dalmazia con le isole adriatiche.

Bisognava superare l'opposizione della maggioranza neutralista della Camera, cui spettava la ratifica del trattato.

Quando, Giolitti, ancora prima di essere al corrente del patto si Londra si pronunciò per la continuazione delle trattative con l'Austria, molti lo appoggiarono, inducendo Salandra a dare le dimissioni. Ma la volontà neutralista fu scavalcata, da una parte il re respinse le dimissioni di Salandra, dall'altra le manifestazioni di piazza che si fecero sempre più imponenti.

Il 20 maggio 1915 per evitare una crisi istituzionale la Camera approvò la decisione del re e dichiarò guerra all'Austria.

I socialisti riuscirono ad organizzare un'opposizione efficace.


La grande strage (1915-1916)

Sul confine orientale le forze austro-ungariche si attestarono lungo il corso dell'Isonzo e sul Carso. Contro questo gruppo, il comandante Luigi Cadorna sferrò 4 offensive senza aver nessun successo.

Dopo aver perso 250.000 uomini, alla fine dell'anno, l'esercito italiano si trovava a combattere sulle stesse posizioni su cui si era schierata all'inizio.

Situazione analoga si era creata sul fronte francese. Anche qui gli schieramenti rimasero immobili per tutto il 1915.

In quegli anni gli unici successi furono ottenuti dagli austro-tedeschi: prima contro i russi che furono costretti ad abbandonare buona parte della Polonia; poi contro la Serbia.

All'inizio del 1916 i tedeschi sferrarono un attacco contro la piazzaforte francese di Verdon. La battaglia si risolse in un inutile carneficina e il massacrò continuò con gli inglesi che tentarono una controffensiva sul fiume Somme.

Sul fronte italiano, nel 1918, l'esercito austriaco tentò di penetrare dal Trentino, gli italiani furono colti di sorpresa dall'offensiva chiamata "strafexpedition" (spedizione punitiva contro l'antico alleato ritenuto colpevole di tradimento), ma riuscirono ad arrestarla.

Il governo Salandra fu costretto alle dimissioni e sostituito da un ministero di coalizione nazionale presieduto da Paolo Borselli.

Sul fronte orientale furono i russi a prendere l'iniziativa lanciando un'offensiva per recuperare i territori persi l'anno prima. A seguito dei successi russi, la Romania si schierò a fianco dell'intesa ma subì la stessa sorte della Serbia.

Ma gli imperi centrali (Germania, Austro-Ungarico) restavano sempre inferiori all'intesa e subivano le conseguenze del ferreo blocco navale attuato dagli inglesi nel mare del nord.


La guerra nelle trincee

Vera protagonista di questa guerra fu la trincea cioè un fossato scavato nella terra per mettere i soldati al riparo del fuoco nemico. Le trincee divennero la sede permanente dei reparti di 1 linea.

Col passare del tempo le trincee furono allargate, dotate di sipari, protette da reticolati di filo spinato e da nidi di mitragliatrici. La vita nelle trincee logorava i combattenti nel morale oltre che nel fisico e li gettavano in uno stato di apatia e torpore mentale. Vivevano in condizioni igieniche deplorevoli, senza potersi né lavare né cambiare.

Pochi mesi di guerra nelle trincee furono sufficienti a far svanire l'entusiasmo sui motivi per cui si combatteva la guerra e la consideravano una specie di flagello. La visione eroica e avventurosa della guerra restò una prerogativa di alcune minoranze come le truppe d'assalto tedesche e gli arditi italiani. Per tutti gli altri la guerra era una dura necessità.

Molte persone non avendo più un reale motivo per partecipare alla guerra praticava l'autolesionismo, consistente nell'infliggersi volontariamente ferite e mutilazioni per essere dispensati dal servizio. Meno frequenti erano i casi di ribellione collettiva "scioperi militari" che raggiunsero l'apice nel 1917.


La nuova tecnologia

Un ruolo decisivo nei combattenti ebbero le artiglierie pesanti, i fucili a ripetizione e le mitragliatrici. Ci fu l'introduzione di nuovi mezzi d'offesa come le armi chimiche, gas che provocavano la morte. La guerra sollecitò lo sviluppo automobilistico, l'aeronautica e la radiofonia.

Ci fu anche l'impiego dei mezzi motorizzati. Dal 1903 due ingegneri americani i fratelli Orville e Wright, costruivano gli aerei. Nel corso della guerra la produzione di aerei conobbe un enorme incremento sia di aerei di ricognizione che di caccia.

Nel 900 nacque anche il carro armato, i primi corazzati, le autoblindo erano molto limitati nel loro impiego. I carri armati furono usati per lo più dagli inglesi. Fra le nuove macchine belliche sperimentate in quest'anni ci fu il sottomarino, il quale fu usato soprattutto da i tedeschi che lo usarono per attaccare le navi da guerra nemiche, sia per affondare senza preavviso le navi mercantili. La guerra sottomarina si rivelò subito un arma molto efficace. Nel maggio 1915 un sottomarino tedesco affondò il transatlantico inglese lusitania; gli Stati uniti protestarono e i tedeschi sospesero la guerra sottomarina indiscriminata.




La mobilitazione totale e il fronte interno

Durante la prima guerra mondiale i mutamenti più vistosi interessarono il mondo dell'economia e il settore industriale. Le industri siderurgiche, meccaniche e chimiche conobbero uno sviluppo imponente. Ci fu una riorganizzazione dell'apparato produttivo e una continua dilatazione dell'intervento statale. I settori dell'industria furono posti sotto il controllo dei poteri pubblici. In Germania si parlò di socialismo di guerra anche se il sistema era gestito da organismi composti da militari e da industriali. Con l'economia si trasformarono anche gli apparati statali. I governi furono investiti di nuove attribuzioni e dovettero farvi fronte con l'aumento della burocrazia. Il potere esecutivo si rafforzò a spese degli organismi rappresentativi.

I poteri dei governi erano a loro volta insidiati dall'invadenza dei militari. In Germania il potere si concentrò nelle mani di Hidenburg e Ludendorff. In Francia regnava la dittatura giacobina di George Clemenceau e in Gran Bretagna il gabinetto di guerra di David Lloyd Gorge.

Strumento fondamentale per la mobilitazione dei cittadini fu la propaganda, rivolta non solo alle truppe ma anche alla popolazione civile. In Svizzera nel settembre del 1915 e nell'aprile de3l 1916 si tennero due conferenze socialiste internazionali che si conclusero con l'approvazione di documenti in cui si rinnovava la condanna della guerra e richiedeva una pace "senza annessioni e senza indennità". Parteciparono alle conferenze delegazioni dei partiti socialisti dei paesi neutrali e di quelli che avevano fin dall'inizio rifiutato l'adesione alla guerra, nonché rappresentanti delle minoranze pacifiste. Vennero rafforzandosi i gruppi socialisti contrari alla guerra, fra cui gli spartachisti tedeschi e i bolscevichi russi.


La svolta del 1917

Nel marzo del 1917, uno sciopero generale degli operai di Pietrogrado si trasformò in un imponente manifestazione politica contro il regime zarista. Lo zar abdicò e fu arrestato con l'intera famiglia reale. Il 6 aprile gli Stati Uniti entrarono in guerra contro la Germania che aveva ripreso la guerra sottomarina infliggendo un colpo mortale alle economie dei paesi nemici. L'intervento americano risultò decisivo sia sul piano militare che su quello economico. Ci fu l'uscita di scena dalla Russia.

Con il crollo del regime zarista ci fu la disgregazione dell'esercito. Molti soldati contadini  abbandonarono il fronte e tornarono ai loro villaggi per partecipare alla spartizione della terra dei signori. Da allora la Russia cessò di fornire contributo militare agli alleati. Per le potenze dell'Intesa i mesi fra la primavera e l'autunno del 17 furono i più difficili.

Alle difficoltà militari si aggiunsero quelle politiche-psicologiche. Si manifestarono segni d'insofferenza popolare contro la guerra, scioperi operai e ammutinamenti dei reparti combattenti. Si moltiplicarono i segni di stanchezza.

Nell'impero austro-ungarico la guerra ridiede forza alle aspirazioni indipendentiste delle nazionalità oppresse.

Consapevole del periodo di disgregazione dell'Impero, Carlo I avviò negoziati segreti in vista di una pace separata. Le proposte furono respinte dall'Intesa, come fu la proposta di Benedetto XV che invitò i governi a porre fine all'inutile strage.. Fu in questo periodo di malessere che colpì anche l'Italia, che le truppe austro-tedesche inflissero un colpo decisivo all'Italia.

Il 24 ottobre 1917 un'armata austriaca attaccò le linee italiane e le sfondò nei pressi di Caporetto. Gli schieramenti italiani ormai disfatti indietreggiarono e attestarono una nuova linea difensiva del Piave. Il generale Cadorna gettò le colpe della disfatta sui suoi stessi soldati, ma questa in realtà era stata determinata dagli errori dei comandi.

La disfatta di Caporetto portò ripercussioni positive sull'andamento della guerra italiana. Il senso di patriottismo aumentò e con il nuovo governo di coalizione nazionale presieduto da Vittorio Emanuele Orlando, le forze politiche parvero trovare una maggiore concordia. Il nuovo capo di stato maggiore rispetto a Cadorna, era più interessato alle esigenze dei soldati che all'uso di mezzi repressivi.


L'ultimo anno di guerra

Fra il 6 e il 7 novembre 1917 i bolscevichi presero il potere in Russia. Il governo rivoluzionario presieduto da Lenin decise di porre fine alla guerra con una pace senza annessioni e indennità firmando l'armistizio con gli imperi centrali.

Il 3 marzo 1918 fu stipulato il contratto di pace nella città di Brest-Litovsk dove la Russia dovette accettare le durissime condizioni imposte dai tedeschi. Con la pace Lenin riuscì a salvare il nuovo stato socialista e a dimostrare al mondo che la trasformazione della guerra imperialista in rivoluzione era realmente attivabile. Gli Stati dell'Intesa a loro volta accentuarono il carattere ideologico della guerra, presentandola come una crociata della democrazia contro l'autoritarismo. Difesa della libertà dei popoli contro i disegni egemonici dell'imperialismo tedesco.

Interprete di questa concezione fu il presidente americano Woodrow Wilson, il quale precisò le linee ispiratrici della sua politica in un programma di pace in "14 punti". Invocava l'abolizione della diplomazia segreta, il ripristini della libertà di navigazione, l'abbassamento delle barriere doganali, la riduzione degli armamenti; e nuove proposte riguardante il nuovo assetto europeo = reintegrazione del Belgio, della Serbia e della Romania, restituzione alla Francia dell'Alsazia - Lorena. Istituzione di un nuovo organismo internazionale, la Società delle Nazioni, per assicurare il rispetto delle norme di convivenza fra i popoli. I 14 punti rappresentavano un'autentica rivoluzione rispetto ai principi di base della diplomazia prebellica. Questo fu accolto come una sorte di nuovo vangelo capace di assicurare un'era di pace e di benessere. I governanti dell'Intesa dovettero accettarlo anche se non di buon grado.

La Germania tentò la sua ultima carta. In giugno l'esercito di Hindenburg era di nuovo sulla Marna e Parigi era sotto il tiro dei cannoni tedeschi.

Anche gli Austriaci tentarono di sferrare un colpo decisivo all'Italia attaccando sul Piave ma essi furono respinti.

Alla fine di luglio le forze dell'Intesa passarono al contrattacco. Fra l'8 e l'11 agosto nella grande battaglia di Amiens i tedeschi subirono una grave sconfitta sul fronte occidentale. Le truppe segnate dalla stanchezza dovettero arretrare e i generali capirono di aver perso la guerra. Il compito di aprire le trattative toccò a un nuovo governo di coalizione democratico formatosi ai primi di ottobre.

Mentre la Germania tentava invano una soluzione di compromesso, i suoi alleati crollarono militarmente o si disgregarono.

La prima a cadere fu la Bulgaria; l'imperatrice chiese l'armistizio.

Il 24 ottobre gli italiani sconfissero gli austriaci nella battaglia Veneto. Il 3 novembre firmarono l'armistizio a Villa Giusti.

La situazione precipitò anche i Germania. I marinari di Kiel dov'era concentrato il grosso della flotta tedesca, si ammutinarono e diedero vita insieme agli operai, a consigli rivoluzionari ispirati all'esempio russo. Il moto si propagò e vi parteciparono anche i socialdemocratici.

Friedrich Ebert fu proclamato capo del governo mentre il Kaiser fuggì in Olanda, subito imitato dall'imperatore Carlo I.

La Germania perse una guerra che lei stessa aveva contribuito a far scoppiare e nella quale morirono 8 milioni e mezzo di uomini e 20 milioni di feriti gravi.


I trattati di pace

I trattati di pace si aprirono il 18 gennaio 1919 nella reggia di Versailles presso Parigi e si protrassero per oltre 1 anno e mezzo. Gli obiettivi erano quelli di ridisegnare la carta politica del vecchio continente, ricostruire l'equilibrio europeo ovviamente tenendo conto di quei principi di democrazia e di giustizia internazionale.

I capi riuniti erano: l'americano Wilson, il francese Clemenceau, l'inglese Lloyd George e l'italiano Orlando. Ci fu il contrasto fra l'ideale di una pace democratica e l'obiettivo di una pace punitiva.

Il trattato fu firmato a Versailles il 28 giugno 1915 (Diktat).

Dal punto di vista territoriale il trattato prevedeva la restituzione dell'Alsazia-Lorena alla Francia, passaggio alla Polonia dell'alta Slesia, la Posnania e una striscia della Pomerania. La Germania perse le sue colonie, spartite tra la Francia, la Gran Bretagna, Giappone. Alla Germania vennero imposte clausole economiche e militari. Dovette rifondere ai vincitori i danni subiti; fu costretta ad abolire il servizio di leva, a rinunciare alla marina da guerra e a ridurre l'esercito. L'intera valle del Reno sarebbe stata presidiata per un anno da truppe inglesi, francesi e belghe. Queste condizioni ferirono la Germania nel suo orgoglio oltre che nel suo interesse. La nuova Repubblica d'Austria si trovò ridotta notevolmente e la sua indipendenza sarebbe stata affidata alla tutela della costituente Società delle Nazioni. L'Ungheria (repubblica nel 1918) perse non solo tutte le regioni slave ma anche altri territori.

Con il crollo dell'impero Asburgico nacque la nuova Polonia, la repubblica di Cecoslovacchia e del regno di Iugoslavia (Serbia, Slovenia e Croazia).

Gli stati vincitori non riconobbero alla Russia la Repubblica socialista e fecero di tutto per abbatterla. Furono riconosciute e protette la Finlandia, l'Estonia, la Lettonia e la Lituania. Nel 1921 nacque lo stato libero d'Irlanda alla quale la Gran Bretagna concesse un regime di semi indipendenza (tranne Ukter).

Per assicurare il rispetto dei trattati e la salvaguardia della pace nacque la Società delle nazioni proposto da Wilson nei 14 punti.

Il nuovo organismo prevedeva la rinuncia da parte degli Stati membri alla guerra come strumento di soluzione dei contrasti.

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