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La seconda rivoluzione industriale




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LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE


Negli ultimi decenni del secolo XIX e nel primo del XX, lo sviluppo industriale raggiunse la sua piena maturità, tanto che si è potuto parlare di una 'seconda rivoluzione industriale' diversa dalla prima, quella iniziata in Inghilterra nella seconda metà del secolo XVIII.

Questa seconda rivoluzione ebbe inizio con una improvvisa crisi di sovrapproduzione, caratterizzata da una prolungata caduta dei prezzi.

Infatti la grande crescita economica  subì un rallentamento: l'economia mondiale entrò in un periodo di difficoltà che durò oltre vent'anni. I contemporanei ed alcuni storici hanno chiamato questo periodo Grande depressione.


Questa crisi  fu un colpo durissimo per tutta l'agricoltura europea; fu provocata dalla concorrenza dei prodotti agricoli, in primo luogo i cereali. La crisi

fu un colpo durissimo per tutta l'agricoltura europea; fu provocata dalla concorrenza dei prodotti agricoli, in primo luogo i cereali. Riguardò anche il settore industriale. Alla base del fenomeno stava un eccesso di produzione rispetto a quanto il mercato era in grado di assorbire; si entrò, quindi, in una fase caratterizzata da difficili sbocchi di mercato.

Sia la crisi agricola sia la crisi industriale furono crisi di sovrapproduzione: esse vennero infatti causate dall'eccesso di merci immesse sul mercato e non dalla mancanza di beni. La Grande depressione non fu tuttavia un periodo esclusivamente negativo: al suo interno maturarono infatti innovazioni tecnologiche e organizzative.

Della seconda rivoluzione più rapidi furono gli effetti, più prodigiosi i risultati che determinarono una trasformazione decisiva nella vita e nelle prospettive dell'uomo. Essa fu caratterizzata dall'espansione dalle scoperte e le invenzioni che resero più agevole l'industrializzazione a paesi come l'Italia o il Giappone, sprovvisti di risorse minerarie, ma ricchi di cultura tecnica, di capacità professionali, di desiderio di emergere.

La seconda rivoluzione industriale trasforma anche la società di fine Ottocento, ci si avvia verso la società di massa, nasce una nuova classe sociale, gli operai di fabbrica che si oppongono alla borghesia.

Lo sviluppo industriale fu sostenuto anche questa volta da invenzioni scientifiche e da processi tecnologici che consentirono un migliore sfruttamento delle materie prime ed una più elevata resa della produzione. Nel campo della metallurgia il 'convertitore' sperimentato nel 1879 da Thomas consentì un notevole risparmio di tempi e di costi nel processo di trasformazione in acciaio dei materiali ferrosi.

La turbina a vapore progettata negli anni Ottanta in Inghilterra e in Svezia rivoluzionò le vecchie macchine a vapore rendendo possibili notevoli risparmi nelle spese e nei rifornimenti di combustibile. Un largo impiego di elettricità, quale fonte di energia meccanica, poté essere ottenuto con la costruzione di potenti centrali idroelettriche. L'introduzione dell'elettricità nei più diversi settori produttivi portò profondi mutamenti nell'economia dei singoli paesi e rinnovò molti procedimenti tecnici.

La prima rivoluzione industriale era fondata essenzialmente sulla macchina a vapore mentre la seconda dall'invenzione del motore a scoppio, risultato di una serie di studi e di esperimenti. Ma solo nel 1885 due ingegneri tedeschi Daimler e Benz riuscirono a montare dei motori a scoppio, più potenti e meno ingombranti di quelli a vapore, realizzando così le prime automobili.

L'invenzione della lampada a filamento di carbone, dovuta all'americano Edison (1879), rese possibile l'illuminazione elettrica delle grandi città nelle quali, gradatamente venne eliminata l'illuminazione a gas che pure era sembrata, qualche decennio prima, un'importante simbolo di modernità. Anche l'industria chimica realizzò un rapido sviluppo con l'invenzione di nuove procedure nei campi dei coloranti, dei concimi artificiali, degli esplosivi, dei medicinali.

Il 'sistema di fabbrica', per usare un'espressione che si diffuse verso la metà del secolo, decollò decisamente quando cominciò a diffondersi il 'sistema industriale americano', celebrato nell'Esposizione di Londra del 1851. Si trattava d'un largo ricorso alle catene di montaggio ed ai supporti elettromeccanici nelle diverse fasi lavorative della costruzione e dell'assemblaggio, ma soprattutto si avanzava l'esigenza di razionalizzare i gesti dell'operaio secondo cadenze attentamente studiate.

















Cosi che, beni la cui produzione era stata fin allora assicurata solo dal piccolo

artigianato o dall'industria domestica cominciarono a essere prodotti in serie e  venduti attraverso una rete commerciale sempre più estesa e ramificata: cominciò

allora la produzione di massa. Le esigenze della produzione in serie per un mercato di massa spinsero le imprese ad accelerare i processi di meccanizzazione e di razionalizzazione produttiva. Nelle grandi fabbriche, a partire dal 1893 fu introdotto un nuovo sistema di organizzazione del lavoro messo a punto dall'americano 

Frederick W. Taylor, dal quale prese il nome di taylorismo. Il metodo di Taylor si 

basava sullo studio sistematico del lavoro in fabbrica, sulla rilevazione dei tempi 

standard necessari per compiere le singole operazioni e sulla fissazione, di regole e ritmi cui gli operai avrebbero dovuto uniformarsi , eliminando le pause ingiustificate e gli sprechi di tempo.

Il principio del taylorismo fu integralmente applicato nella catena di montaggio. La   prima catena di montaggio fu introdotta nel 1913 da Henry Ford nelle officine automobilistiche Ford di Detroit; la catena di montaggio fu un'innovazione rivoluzionaria che consentì di ridurre i tempi di lavoro, ma frammentando il

processo produttivo in una serie di piccole operazioni, ciascuna affidata a un singolo operaio, rendeva il lavoro ripetitivo e spersonalizzato.


Trasformazioni sociali


La seconda rivoluzione industriale causò un profondo cambiamento nella società. Un ruolo di grande importanza della nuova società di massa fu svolto dalla scuola. A partire dagli anni '70, tutti i governi d'Europa si impegnarono per rendere l'istruzione elementare obbligatoria e gratuita. L'effetto più immediato di questo sforzo fu un aumento generalizzato della frequenza scolastica, con conseguente rapida diminuzione del tasso di alfabetismo.

Dopo la Grande depressione, molti contadini e artigiani avevano cambiato lavoro occupandosi nelle miniere, nelle costruzioni edili. Alla fine dell'Ottocento, circa i due terzi della popolazione che lavorava nelle grandi città erano impiegati nelle industrie. La classe operaia visse una comune condizione di miseria e di sfruttamento; i salari erano bassissimi, i ritmi di lavoro erano massacranti, l'ambiente pericoloso. E ancora, la malattia e l'infortunio significavano la fame: non esisteva alcuna forma di indennità o assicurazione sociale.

Le condizioni democratiche che univano tra loro gli operai si rilevarono favorevoli al diffondersi delle teorie socialiste elaborate da Karl Marx. Pubblicato nel 1848 il Manifesto del partito comunista analizzò per la prima volta la situazione del proletariato come classe autonoma, condizione e risultato dello sviluppo economico capitalistico, che avrebbe dovuto essere rovesciato attraverso la lotta di classe. Il marxismo auspicava una società senza classi da raggiungersi attraverso la "dittatura del proletariato".

Nei Paesi dell'Est europeo il marxismo si diffuse nella sua versione più rivoluzionaria. In molti Stati nacquero i partiti del movimento operaio, ovvero il partito socialista. Erano uniti tutti in un'unica organizzazione mondiale: l'Internazionale.

La Prima Internazionale venne istituita nel 1864 a Londra, il suo scopo era il coordinamento tra le diverse correnti del movimento operaio ma venne sciolta nel 1876 per contrasti tra socialisti e anarchici.

Nel 1889 venne fondata la Seconda Internazionale che si impose con un programma di trasformazione graduale nella società, sollecitando tutti i partiti che vi aderirono a battersi per la pienezza dei diritti politici degli operai e per la tutela del lavoro nelle fabbriche e nelle campagne.

Nella seconda metà dell'Ottocento, la più importante corrente di pensiero è rappresentata dal Positivismo. Nato in Francia, verso la metà del secolo e diffusosi poi in tutta l'Europa. Tale corrente di pensiero è caratterizzata da un'esaltazione della scienza, considerata l'unica fonte legittima della conoscenza. Il Positivismo, che nasce in Francia, con Auguste Comte, trae il suo nome dalla esaltazione della positività della scienza e dalla concretezza e oggettività dei fatti da essi studiati. Si fonda sulla fede nel progresso e nella scienza, sulla fiducia nella ragione e nell'esperienza umana, contro ogni credenza non fondata sui dati dell'esperienza.

La fiducia nelle scienze sperimentali caratterizzò la fine dell'Ottocento come un periodo di ottimismo e di speranza. Grazie allo sviluppo della scienza, il mondo sembrava poter essere governato con la ragione, con le leggi positive della natura.

Anche questa fiducia e queste certezze si sarebbero infrante con lo scoppio della prima Guerra Mondiale(1914-1918).



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