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Enrico Mattei (Acqualagna, 29 aprile 1906 - Bascapè, 27 ottobre 1962)




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Enrico Mattei (Acqualagna, 29 aprile 1906 - Bascapè, 27 ottobre 1962)



E'stato un imprenditore, partigiano, politico e uomo d'affari italiano.


Per la sua attività Mattei fu insignito di diverse lauree honoris causa, della croce di cavaliere del lavoro e della Bronze Star Medal dell'Esercito statunitense (5 maggio 1945), nonché della Cittadinanza onoraria dal comune di Cortemaggiore.


Da operaio a imprenditore di Stato


Nato in una famiglia modesta, la sua formazione scolastica arrivo' solo fino alla 'sesta classe'; considerato non dimostrava costanza negli studi, fu avviato all'attività lavorativa dal padre, che lo fece assumere quale apprendista in una fabbrica di letti metallici.

Qui avvenne il suo primo contatto con i prodotti chimici, in particolare vernici e solventi, per i quali dimostrò un particolare interesse, tanto che a soli venti anni riuscì a intraprendere la carriera dirigenziale in una piccola azienda, nella quale era entrato come semplice operaio.

Trasferitosi a Milano inizialmente svolse l'attività di agente di commercio, sempre nel settore chimico e delle vernici, avviando poi a trenta anni una propria attività nel settore chimico, con la quale riscosse un certo successo sino a divenire fornitore delle Forze Armate.

Si iscrisse al Partito Popolare Italiano, rimanendo sempre legato all'area democristiana, anche se aderì al Fascismo, a suo dire per poter continuare a svolgere le proprie attività imprenditoriali.

Partecipò alla Resistenza come partigiano 'bianco' (fra quelli, cioè, che si riferivano all'area politica cattolica), consolidando numerose relazioni sia con personaggi che in seguito, diventeranno persone di riferimento nell'ambito della politica, sia con compagni di resistenza che in seguito, da presidente dell'ENI, avrebbe utilizzato come scorta personale.


Il 28 aprile 1945 fu nominato commissario liquidatore dell'AGIP, ente statale per la produzione (estrazione), lavorazione e distribuzione dei petroli, con incarico di liquidazione e chiusura dell'azienda pubblica.

Tuttavia appena si fu insediato, ebbe modo di valutare le potenzialità di sviluppo dell'ente, convincendosi che avrebbe potuto essere una risorsa di grande utilità per il Paese.

L'AGIP infatti aveva costituito la SNAM, società per gestire il mercato del gas e nel 1944 aveva scoperto un giacimento di metano alle porte di Milano, subito richiuso per evitare che se ne impossessassero i tedeschi. Tutto, aveva concluso Mattei, pareva dischiudere ad un florido sviluppo, anziché ad una liquidazione, nonostante le numerose resistenze politiche, sia democristiane stesse vicine agli USA sia della Sinistra che vedevano l'AGIP ancora come un elemento della politica economica fascista, tanto che il 15 maggio 1945, il ministro del Tesoro Marcello Soleri scrisse al ministro dell'industria Gronchi indicando come le attività dell'AGIP fossero economicamente sfavorevoli e la liquidazione era necessaria, cedendo in concessione a società o privati i cantieri attivi sotto congruo corrispettivo a favore dell'erario e chiudendo gli altri cantieri improduttivi. Giunsero così dagli Stati Uniti cospicue offerte per acquistare le attrezzature dell'Agip che insospettirono Mattei, assieme alle numerose visite di tecnici stranieri nei pressi dei siti esplorativi Agip


Caduto il governo Bonomi, nel giugno 1945 venne il gabinetto Parri, che confermò l'idea generale di liquidare l'AGIP.

Mattei iniziò a stendere la relazione per la liquidazione, venendo così a conoscenza del pozzo di metano ai pressi di Milano a suo tempo taciuto dall'Ing Zanmatti.


Fu in quel momento che Mattei si convinse di aver trovato gli argomenti che consentivano all'AGIP di non scomparire dalla scena, ma anzi di assumere quel ruolo fondamentale per la rinascita economica del Paese da lui intuito e da allora perseguito con ogni mezzo.


Mentre abilmente prendeva tempo, Mattei analizzò il sistema di assegnazione dei permessi di ricerca e delle concessioni di coltivazione del giacimento, in vigore al tempo e capì che era quella la strada per rafforzare l'AGIP in Italia e all'estero.

Lo Stato concedeva a soggetti privati, in genere aziende minerarie, e l'Agip era una di queste, il diritto di eseguire ricerche e perforazioni nel sottosuolo al fine di verificare la presenza di petrolio o gas e in caso di ritrovamento positivo, la successiva concessione di sfruttamento governativa che garantisce il diritto di estrazione e di vendita del prodotto, con il pagamento di una royalty percentuale allo stato.


Mattei si rese conto che il governo non avrebbe mai finanziato le sue operazioni, e decise così di riorganizzare in maniera quasi segreta lo staff tecnico dell'AGIP, richiamando tra l'altro segretamente l'ingegner Carlo Zanmatti, epurato perché repubblichino, che aveva buona conoscenza dei meccanismi interni dell'Ente e dello Stato facendone un suo consigliere quasi privato.

Riuscì nello stesso periodo a instaurare relazioni con Istituti di Credito per ottenere finanziamenti e così tappare buchi di bilancio enormi. Queste operazioni portarono a numerosi risentimenti statunitensi verso la sua persona. Il governo degradò Mattei a Consigliere di Amministrazione e lasciò che gli statunitensi potessero rimescolare a loro piacimento i programmi di concessione, permettendo loro gratuitamente di usufruire degli studi tecnici effettuati dall'Agip, portati avanti negli anni venti a proprio costo (o meglio, a costo dello stato).


Il Politico


Per Mattei era giunto il momento di rivolgersi ai suoi agganci politici: Ezio Vanoni della DC, seppe cogliere la proposta di Mattei di barattare il suo appoggio per le vicine elezioni con un'ampia delega sulle materie petrolifere, De Gasperi vinse largamente le elezioni anche grazie alla capillare e coscienziosa campagna svolta in suo favore da Mattei (anch'egli eletto), e nominò Boldrini presidente dell'Agip e Mattei suo vice. Boldrini mostrò di gradire la possibilità di delegare il comando al suo vice.


La riconquistata autorità si rivelò in questa fase molto utile per inoltrare a Roma pressioni sempre più insistenti, ed ora autorevoli, per rafforzare l'AGIP, mettendo in luce il fatto che le concessioni petrolifere erano nella maggior parte dei casi rivolte alle compagnie straniere.


Nel 1948 a Ripalta, nel Cremasco, fu scoperto un giacimento di gas naturale : un inconsueto risultato per un ente che ufficialmente stava per essere liquidato, molto significativo nell'instaurato conflitto con le compagnie d'oltreoceano. Mattei gestì l'evento per sondare le reazioni politiche che si rivelarono sterili verso il gas. Nel giro di un anno, invece, i ritrovamenti di giacimenti di gas da parte di un'Agip 'costrinsero' il governo ad autorizzare la costruzione di nuove reti di gasdotti che avrebbero lambito le aree periferiche industriali di Milano.


Decine di chilometri di tubazioni furono stese nottetempo o sul far dell'alba, ufficialmente con la scusa di scavare una piccola traccia, 'solo' per verificare l'idoneità del terreno, in realtà stendendo direttamente i tubi. Centinaia di sindaci furono svegliati di soprassalto dalla notizia di questi abusivi passaggi, quando questi erano già stati completati e risotterrati. Molti altri non seppero del passaggio dei gasdotti se non molto tempo dopo, magari incidentalmente. Lo smagliante sorriso di Mattei placava molti dei protestatari, e dove non fosse bastata la prospettiva di assunzioni, egli pattuiva indennizzi monetari, in genere modesti, spesso rateali. Dove " ragioni d'onore" impedivano di risolvere la questione monetariamente, si ricorreva al finanziamento 'riparatore' di opere pubbliche (magari restauri) che di fatto pubblicizzavano positivamente il nome dell'Agip, costituendo una sponsorizzazione i cui ritorni di immagine erano senza paragone, con una operazione che oggi si definirebbe "mediatica".


La rete era stata stesa a tempo di record; con risparmi teoricamente impensabili.

Mattei stesso si vantò di aver trasgredito circa 8 000 ordinanze; si ricorda in particolare un aneddoto riguardante la creazione del gasdotto di Cremona :

«Un giorno, il metanodotto arriva alle porte di quella città. Che fare? Un passo ufficiale presso il sindaco per chiedere il permesso di attraversamento? Bisognerà attendere la delibera del Consiglio comunale, l'ordinanza della prefettura, l'autorizzazione ministeriale ci vorranno mesi, se non anni.»

300 operai delle cosiddette 'pattuglie volanti' si avvicinano perciò nottetempo alla città, quasi si trattasse di un attacco militare, ma in realtà sono 'armati' di pale e picconi. Silenziosamente lavorano tutta la notte. La città viene bisecata dagli scavi, l'indomani mattina i cremonesi stupefatti trovano montagne di terra ai lati delle strade.

«Accorre il sindaco, trafelato e furioso. 'Vi prego di scusarmi' replica Mattei 'i miei uomini hanno commesso un imperdonabile errore di percorso. Ora darò gli ordini perché i lavori vengano immediatamente sospesi.»

Ma la prospettiva di restare con la città sconquassata e bloccata è impensabile per il sindaco, cui «non rimane che rincorrere Mattei per supplicarlo disperato: 'Mettete i vostri tubi, ricoprite la trincea in giornata e andate al diavolo!'»


Nel frattempo, su pressione di una lobby evidentemente orientata dalle compagnie statunitensi, stava per essere varata dal Parlamento una legge così a favore degli interessi di quelle, che fu detto fosse stata direttamente preparata negli Usa. Mentre il morale andava conseguentemente logorandosi, si verificò un colpo di scena memorabile : il petrolio a Cortemaggiore!

Non un grande giacimento ma abbastanza per scatenare l'opinione pubblica e parlarne. Le azioni dell'AGIP salivano alle stelle, e in Italia saliva la fiducia verso il governo De Gasperi, tanto che venne modificata la legge, questa volta in favore delle società italiane.


Oggi diremmo che la scoperta del petrolio fu un evento "bipartisan" in quanto andava bene tanto alla destra (per l'idea di nazionalismo che generava), quanto alla sinistra perché dava nuova linfa al suo antiamericanismo.


Mattei inoltre aveva capito che non era solo il petrolio ad essere importante ma anche il gas, portandolo al centro degli interessi del gruppo.


Nel 1952 l'Agip, che evidentemente non era più in liquidazione, si dotò del noto logo con il cane a sei zampe, e si preparò alla prossima nascita dell'Eni, Ente Nazionale Idrocarburi.


Mattei si preparò conseguentemente ad assumere il ruolo di responsabile nazionale delle politiche energetiche, governando il neonato organismo senza mai essere posto in discussione, prima da Presidente, poi anche da Direttore Generale . l'Eni era Mattei e Mattei era l'Eni.

Ispezionava personalmente le stazioni dell'AGIP per monitorare i suoi dipendenti, importò dagli Stati Uniti il concetto di motel ideando i Motel Agip, costituì la Liquigas, azienda che avrebbe rivoluzionato la distribuzione del gas sfruttando la capillarità della rete distributiva dell'Agip, porto avanti la chimica nel settore fertilizzanti affidando la chimica 'ordinaria' ad un'altra azienda, l'Anic, infine acquisì la società Pignone in fallimento, che rinominò in Nuovo Pignone.

Le aziende principali del gruppo erano quindi sei: Agip, Snam, Anic, Liquigas, Nuovo Pignone, Romsa.


Nella sua scalata e nella ricerca continua di concessioni Mattei riscontrò all'estero una diffidenza nei suoi confronti generata dalle cosiddette "sette sorelle", ossia il cartello costituito dalle principali compagnie petrolifere.

Urgeva quindi ricercare fonti di approvvigionamento diretto, perché l'ENI doveva diventare capace di decidere in autonomia dalle decisioni governative.


A tale scopo quattro erano le fasi ideate da Mattei:


  • Il primo accorgimento fu quello di farsi accompagnare dal beneplacito dell'opinione pubblica.
  • La seconda mossa fu la fondazione di un quotidiano, Il Giorno, cui delegare l'immagine e la comunicazione del gruppo. A questo si affiancarono nel tempo anche due agenzie di stampa. Se la politica aveva i suoi megafoni, anche Mattei li aveva. Ed a fianco all'informazione, allestì una struttura diplomatica impressionante, con l'apertura di numerosissimi uffici di rappresentanza (e uffici stampa) che operavano come consolati dell'azienda italiana ed i cui titolari erano rispettati come ambasciatori; parallelamente una fitta rete di informatori veniva a crearsi quasi se ci fosse all'interno dell'azienda una società d'intelligence.
  • Il terzo passo fu un'accurata selezione dei paesi interlocutori, stavolta scelti fra quelli più poveri, coi quali avrebbe potuto giocare la carta della comunanza di difficoltà economica e della franchezza di rapporti. Rispetto alle nazionalità delle sette sorelle, inoltre, l'Eni rappresentava un paese non colonialista (o almeno non noto come tale) e la duttilità di Mattei in trattativa, insieme all'esperienza maturata ai tempi in cui era rappresentante (ebbe a raccontare egli stesso), gli consentiva di presentarsi con produttiva apertura negli stati del Medio Oriente cui offriva una prospettiva di rilancio e royalty (e condizioni giuridiche circa la proprietà dei suoli e dell'estratto) assai più interessanti di quelle delle sette sorelle.
  • Il quarto passo fu quello di pianificare anzitempo e con cura le difese contro i prevedibili attacchi che di lì a poco gli sarebbero giunti da parte statunitense. Fu il passo più saggio, degno di un buon scacchista e comunque di un campione di virtuosismo, che gli permise di poter rispondere con estrema velocità e con successo alle (tutte già previste) mosse dei competitori.

Mattei ben vedeva anche l'energia nucleare, creò la SIMEA e la SOMIREN per la ricerca di minerali radioattivi e portò avanti il progetto per la centrale nucleare di Latina il cui primo test completo di reazione nucleare nella centrale avvenne il 27 dicembre 1962, due mesi dopo la morte di Mattei. Costituiva a quel tempo la più grossa centrale nucleare europea e poneva l'Italia terza nel mondo, dietro a USA e Inghilterra.


La politica estera di Mattei


Attraverso 'Il Giorno', Mattei preparò il terreno all'avventura trans-mediterranea, insinuandovi gradatamente sempre più ampi e decisi cenni all'apertura verso i paesi africani e del Medio Oriente, coi quali solidarizzava per l'eventuale passato coloniale ed ai quali apriva una porta (senza precedenti) per rapporti paritari, riconoscendo loro rango e dignità di stati 'veri', non più di entità di seconda categoria.


Riuscì a coinvolgere in queste sue aperture molti dei famosi democristiani della Cattolica ed anche di altre correnti e provenienze, mettendoli anche in imbarazzo nei confronti dell'alleato statunitense, tanto che Amintore Fanfani dovette inventarsi il termine di 'neoatlantismo' per quello che di fatto era uno sganciamento netto, e di importante contrasto, con gli interessi delle sette sorelle.


Del resto, il governo 'ordinario' della Repubblica si trovava spesso a dover in pratica rincorrere e spesso giustificare la condotta irruente e disorientante dell'ottimo cittadino, il quale non agiva in base a direttive politiche, ma piuttosto le provocava.

Iniziò infatti la fase delle 'corse in taxi', come egli stesso ebbe a definirle quando, intervistato su alcuni finanziamenti dell'Eni al Movimento Sociale Italiano, Mattei candidamente rispose che usava i partiti allo stesso modo di come usava i taxi:

«salgo, pago la corsa, scendo».


Del come li finanziasse non parlò, poiché avrebbe dovuto rivelare che occultando in bilancio i guadagni dell'ente (soprattutto quelli del metano), era riuscito a creare una quantità di 'fondi neri' impressionanti. Con questi effettuava tutte le operazioni che non sarebbe stato possibile effettuare scopertamente, quindi in pratica corrompeva, comprava servizi normalmente non comperabili, il tutto giustificato con l'interesse del Paese


Si è detto, ma senza riscontri, che fu grazie ai fondi neri che fece approvare dal Parlamento una legge con la quale l'Eni diventava di fatto un organismo autorizzato a disporre delle concessioni in Italia e provvisto di carta bianca per le concessioni all'estero. Una legge davvero su misura per l'Eni, o più correttamente, per Mattei.


Con pazienza ricostruì i rapporti con la Persia, ne allestì con la Libia, ex-colonia e perciò dura nei confronti dell'Italia, stabilì un contatto importantissimo con l'Egitto, autorevole e all'epoca quasi unico interprete del mondo arabo, e trattò col Re di Giordania con il rispetto dovuto ad un sovrano (rispetto, al tempo, non abituale da parte dei petrolieri anglosassoni), si intromise nei rapporti fra l'Algeria e la Francia, altrettanto fece con la Tunisia, il Libano ed il Marocco.


Mattei si occupò, non richiesto, dei loro problemi interni ed internazionali, arrivando per giunta a proporre una sorta di ente trans-nazionale che potesse pacificarli, rappresentarli nei loro rapporti col mondo occidentale ed offrire loro protezioni commerciali.

Si è detto che l'OPEC abbia poi tratto più d'una ispirazione da quelle proposte di Mattei.


Nel tessere questi rapporti Mattei rimase sempre fedele ad un suo profondo convincimento : comprendere i problemi dell'interlocutore prima di contattarlo.


Fu una vera campagna di attacco al 'fronte mediterraneo', condotta con velocità e con la contemporanea presenza in più punti dell'area, grazie anche alla modernissima e scintillante flotta di aerei ed elicotteri dell'Eni, superiore per mezzi e qualità alla stessa flotta governativa.


Fu con la Persia che ebbe le prime concessioni, di scarsissimo valore tecnico e la cui lavorazione sarebbe stata probabilmente antieconomica, però erano le prime concessioni che venivano assegnate ad un ente non allineato con le sette sorelle e, più che rompere il ghiaccio, si era trattato di infrangere un vero e proprio tabù.


Mattei aveva evidentemente fatto leva sullo spirito intimamente nazionalista dello Scià che gli suggeriva di avvicinarsi all'outsider italiano anche per alleggerirsi del peso del colonialismo economico anglo-americano.


La via del petrolio era stata aperta e ben presto altri paesi avrebbero presto interpretato il consenso dello Scià come un autorevole riconoscimento del valore dell'interlocutore Mattei e le concessioni si sarebbero presto sovrapposte alle concessioni.


Nonostante le opposizioni sia interne che internazionali, l'Eni intratteneva stretti rapporti con la Libia, seppure sotto la copertura di una società minore, che sfociarono in una importante concessione nei deserti di quello stato.

Per ottenere questa concessione Mattei riuscì a obbligare il governo italiano a patteggiamenti di varia natura con quello libico, lasciando senza argomenti i detrattori (e senza concessione le sette sorelle).


Ministro degli esteri del suo proprio aziendale governo, in trasferta Mattei parlava di politica internazionale per procacciare petrolio all'Italia, mentre in patria rintuzzava gli attacchi che gli venivano rivolti a titolo talvolta più vendicativo che non combattivo.


La morte : incidente ?


L' "incidente" nel quale Mattei perì fu preceduto da alcuni fatti, da molti interpretati come presagi o meglio tentativi falliti di eliminare dalla scena un personaggio sempre più scomodo a più parti in Italia come all'estero-


A proposito dell'Algeria, Mattei aveva pubblicamente dichiarato che non avrebbe accettato le pur allettanti concessioni sul Sahara se non quando quello stato avesse finalmente raggiunto l'indipendenza.

Con le sue dichiarazioni Mattei aveva messo in ulteriore difficoltà il cartello delle sette sorelle, obbligandolo implicitamente a schierarsi per la Francia o contro di essa, per gli indipendentisti o contro di essi, per la prosecuzione del colonialismo economico o contro di esso.

Ed un qualsiasi sbilanciamento in questo senso delle sette sorelle avrebbe meccanicamente schierato anche il governo statunitense.

Ricevette così una pesante minaccia da parte dell'Organisation armée secrète (OAS), un organismo armato francese ufficialmente clandestino, che senza tanti giri di parole gli preannunciava le possibili funeste evoluzioni di una sua eventuale ostinazione nell'appoggiare il Fronte di liberazione algerino.

Mattei, fortemente preoccupato, si confidò con il capo della sua scorta, un fidato amico partigiano che immediatamente creò un ulteriore cordone di sicurezza distanziando la scorta ufficiale composta di poliziotti e carabinieri (ed agenti del servizio segreto SIFAR) e frapponendovi una squadra di fidati amici dei tempi della Resistenza.


L'8 gennaio 1962 Mattei era atteso in Marocco per l'inaugurazione di una raffineria, ma il pilota del suo aereo personale scoprì un giravite fissato con del nastro adesivo ad una delle pareti interne del motore. L'episodio fu classificato come banale dimenticanza dei tecnici, ma in realtà il calore del reattore avrebbe sciolto il nastro, il cacciavite sarebbe finito nel reattore stesso, che sarebbe esploso senza lasciar traccia dell'oggetto, potendo il tutto poi apparire come un normale incidente.


Tra la fine del settembre dello stesso anno e l'inizio del mese successivo, Mattei ricevette Leonid Kolosov, capo-centro del KGB sovietico per l'Italia settentrionale, il quale gli segnalò che contro la sua persona erano in corso progetti di "neutralizzazione".


Lasciando la moglie per partire per la Sicilia, il 26 ottobre 1962, Mattei la salutò - secondo alcune ricostruzioni - dicendole che poteva anche darsi che non sarebbe tornato.


La sera del giorno dopo, il 27 ottobre, l'aereo Morane-Saulnier MS-760 Paris su cui stava tornando da Catania a Milano, precipitò nelle campagne di Bascapè, un piccolo paese in provincia di Pavia, mentre durante un violento temporale si stava avvicinando all'aeroporto di Linate.

Morirono tutti gli occupanti: Mattei, il pilota Irnerio Bertuzzi ed il giornalista statunitense William Mc Hale.

Secondo alcuni testimoni, il principale dei quali era il contadino Mario Ronchi (che in seguito ebbe a ritrattare la sua testimonianza), l'aereo sarebbe esploso in volo.


Le indagini svolte dall'Aeronautica Militare Italiana e dalla procura di Pavia sull'ipotesi di attentato, si chiusero inizialmente con un'archiviazione 'perché il fatto non sussiste'. In seguito, nel 1997, il ritrovamento di reperti che potevano ora essere analizzati con nuove tecnologie, fece riaprire le indagini giudiziarie. Queste stavolta si chiusero con l'ammissione che l'aereo «venne dolosamente abbattuto», senza però poterne scoprire né i mandanti, né gli esecutori. In particolare, un'analisi metallografica dell'anello d'oro e dell'orologio indossati da Mattei dimostrò che gli occupanti dell'aereo furono soggetti ad una deflagrazione. Nell'aereo si è certificato fu inserita una bomba stimata in 150 grammi di tritolo posta dietro al cruscotto dell'apparecchio che si sarebbe attivata forse con l'accensione delle luci di atterraggio o con l'apertura del carello o dei flap.


Il sostituto procuratore Vincenzo Calia, che aveva riaperto il caso, sulla base delle sue risultanze si spinse ad affermare che «l'esecuzione dell'attentato venne pianificata quando fu certo che Enrico Mattei non avrebbe lasciato spontaneamente la presidenza dell'ente petrolifero di Stato».


Come noto sulla vicenda è stato girato il film " Il caso Mattei "e sono stati scritti diversi libri.


Dopo la morte


Secondo molti osservatori, la vicenda di Mattei non si concluse con la sua morte, anzi avrebbe avuto echi e conseguenze di svariata natura, nell'immediato come a lungo termine.


Innanzitutto va detto che l'incidente di Bascapé impedì di perfezionare un accordo di produzione con l'Algeria, indubbiamente un legame contrastante con gli interessi delle sette sorelle.


Alcune delle persone che ebbero a che fare con Mattei e con l'inchiesta sull'incidente morirono in circostanze misteriose :


  • Il caso più noto è certamente quello del giornalista Mauro De Mauro, il quale si era mostrato assai disponibile a fornire a Francesco Rosi, autore del noto film, materiale (probabilmente nastri magnetici audio) ritenuto di estremo interesse per la ricostruzione dei fatti che il regista andava raccogliendo come base documentale per la sceneggiatura. Pochissimo prima dell'incontro previsto con Rosi, De Mauro (che aveva lavorato anche a 'Il Giorno') scomparve nel nulla. Ufficialmente considerato un delitto di mafia, il caso De Mauro è riemerso in tempi recenti a seguito delle dichiarazioni di un pentito, Tommaso Buscetta, il quale lo poneva in collegamento con la morte di Mattei e suggeriva che anche l'incidente di Bascapé fosse stato un 'favore' reso dalla mafia a ignoti, forse stranieri.

  • La maggior parte degli investigatori che si occuparono della scomparsa di De Mauro, tanto della Polizia quanto dei Carabinieri, effettivamente morirono a loro volta assassinati dalla mafia; il più famoso fra loro era il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nel frattempo divenuto prefetto di Palermo, e la stessa fine toccò al vicequestore Boris Giuliano, capo della Squadra Mobile della stessa città.

  • Una delle ultime opere di Pier Paolo Pasolini fu un romanzo dal titolo Petrolio. Lo stesso Pasolini si interessò molto alla figura di Mattei, ma anche e soprattutto al mistero della sua morte.

Nel 1986, seguendo di poco una dichiarazione del capo del SISMI ammiraglio Fulvio Martini, Fanfani parlò apertamente dell'incidente come di un 'abbattimento', definendolo forse il primo atto di terrorismo aeronautico in Italia.


A chi ha giovato la morte di Mattei ?


Se si trattò di attentato, come la maggior parte delle congetture farebbe sospettare, moventi davvero non mancavano a nessuno fra i più reputati 'operatori' del settore.


Che le sette sorelle potessero trarre ragione di sollievo dalla morte di Mattei è, più che ovvio, quasi sottinteso. Infatti veniva a mancare l'unico competitore in grado di metterle in difficoltà e che le aveva costrette a rivedere tutti gli accordi, compresi quelli già correnti, dopo il suo ingresso in questo terribile mercato. Le perdite (in realtà, i minori introiti) ascrivibili a Mattei superavano il bilancio medio di uno stato medio, e per molto meno si fanno anche guerre.


La CIA, impegnata in una fase cruciale della guerra fredda, esattamente nei giorni in cui si chiudeva la crisi dei missili di Cuba, avrebbe avuto quindi anche altre buone ragioni per eliminare Mattei, che con la Russia aveva allestito una linea commerciale (rompendo l'embargo politico).


Dalla Francia l'OAS aveva buoni motivi per frapporsi all'evoluzione politica algerina cui tanto Mattei andava contribuendo. Intanto la morte di Mattei impedì il perfezionamento di un importante accordo e inoltre venne meno una voce che ispirava, alla popolazione come ai notabili locali, la frattura con Parigi facendo loro intravedere i benefici per l'eventuale gestione diretta delle risorse petrolifere.


A più riprese sono state formulate ipotesi riguardanti anche eventuali moventi interni, italiani. Infatti nel 1962 Mattei non era solo l'ago della bilancia del potere italiano, ma era lui stesso il potere; quasi il monarca di uno stato interno allo Stato.

Insomma era allo stesso tempo agente per conto dello Stato (e non si ha motivo di dubitare che davvero così fosse in piena convinzione e senza interesse personale ) ed era contrapposto allo Stato in quanto da un alto lo controllava (anche per mezzo di discutibili comportamenti corruttivi e concussivi) e dall'altro si sostituiva ad esso (sollevandolo dalla pesante responsabilità di dotarsi di indirizzi economici, programmatici e di relazioni estere).


Ad ogni modo, chiunque sia stato il mandante, pare ormai alquanto probabile che l'esecuzione sia stata affidata ad esperti locali, e che la casalinga mafia abbia quindi prestato il suo braccio (non è dato sapere in cambio di cosa) offrendo appetibili servizi i cui potenziali acquirenti erano numerosi.





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