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VIRGINIA WOOLF - "Una stanza tutta per sé"




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VIRGINIA WOOLF

(Londra, gennaio 1882; Rodmell, marzo 1941)


"Una stanza tutta per sé"












INDICE


ALL'ALBA DEL NOVECENTO

-L'età giolittiana

-La Grande Guerra

-Il primo dopoguerra

-L'Italia di Mussolini




LA FIGURA DI VIRGINIA WOOLF

-Biografia
-Lo stile narrativo
-Opere principali




RIASSUNTO  DEL SAGGIO: "Una stanza tutta per sé"




CRITICA

-Virginia Woolf : "un caso isolato"

-Il punto di vista di Simone de Beauvoir

-Il mio parere



ALL' ALBA DEL NOVECENTO


L' età giolittiana

Le elezioni politiche del 1900 e la successiva nomina a capo del Governo di Giuseppe Zanardelli furono una tappa molto importante nello scenario della storia politica dell'Italia unita.

La politica Zanardelli di LIBERALISMO PROGRESSISTA, secondo la quale per risolvere i conflitti sociali era necessario permettere l' inserimento dei ceti subalterni nella vita politica del Paese, fu continuata e rafforzata dal suo successore, Giovanni Giolitti .

Il disegno politico di Giolitti mirava a conciliare gli interessi della borghesia industriale con le aspirazioni del proletariato urbano ed agricolo porgendo una particolare attenzione alle categorie da sempre meno salvaguardate: donne, bambini e anziani. Il settore dei lavori pubblici ricevette nuovo slancio con lo scopo ultimo di creare consenso attorno all'azione di governo fra socialisti e cattolici.

Tuttavia Giolitti doveva far fronte ai MASSIMALISTI, che si opponevano tenacemente a qualsiasi forma di collaborazione col Governo in nome del perseguimento da parte del PSI del suo obiettivo MASSIMO, ossia la rivoluzione socialista. Al congresso di Bologna del 1904 i massimalisti ottennero la maggioranza e quindi la guida del PSI, ma questa vittoria coincise con la sconfitta elettorale, a tutto vantaggio delle posizioni riformiste al suo interno.

La svolta giolittiana sarebbe incomprensibile sul piano storico se non si tenesse conto del contesto economico nel quale si situò. Sul finire del XIX secolo, infatti, la crisi economica mondiale poteva dirsi superata e si apriva una stagione di sviluppo altrettanto lunga. In Italia tale congiuntura coincise con il decollo industriale dell'economia: i settori trainanti furono soprattutto quello siderurgico, quello tessile e quello idroelettrico.

Il riformismo giolittiano si rivolgeva essenzialmente ai lavoratori settentrionali e lasciava ai margini il Mezzogiorno d'Italia portando all'ingigantimento del fenomeno dell'emigrazione delle masse dei lavoratori del Sud sottraendo al Paese milioni di contadini meridionali.

Fu in questo contesto che il Primo Ministro, sotto la spinta degli ambienti finanziari e culturali, cercò come valvola di sfogo al malcontento palpabile di cui era intriso il Paese la ripresa dell'avventura coloniale: fu questo il periodo che passa sotto il nome di «conquista della quarta sponda», che vedeva come obiettivo finale la conquista della Libia e del Dodecanneso in mano ai Turchi.

La guerra in Libia aveva indebolito il governo guidato da Giolitti e molti erano coloro che lo criticavano. In questo contesto, Giolitti preferì dare le dimissioni e al re indicò come suo successore Antonio Salandra, uomo politico conservatore che non seguì l'esempio di Giolitti nei confronti delle manifestazioni popolari.

Nel frattempo la situazione internazionale stava precipitando verso la prima guerra mondiale.

All' intervento dell'Italia nel conflitto Giolitti si opporrà, ma inutilmente. L' età giolittiana era veramente finita.

La Grande Guerra

L'occasione che portò alla 1^ guerra mondiale fu l'assassinio dell'arciduca ereditario d'Austria Francesco Ferdinando e la consorte, a Sarayevo il 28 giugno 1914. Ma un intreccio di cause di natura politica, economica e culturale determinarono la guerra.

Tra queste le principali sono da ricercare: nella tensione, irrisolta, tra Francia e Germania; nella rivalità fra Germania ed Inghilterra sulle colonie; nel sistema di alleanze che legava le potenze europee, in modo che la guerra dovesse essere generale; la spietata concorrenza nei Paesi europei per difendere le proprie economie; la fine della conquista coloniale e il fatto che all'idea di patria si andava associando un insieme di elementi reazionari, di razzismo, di aggressività imperialistica, di istinto di potenza. Pertanto anche le ideologie ed i fenomeni culturali diffusi costituirono una delle ragioni dello scoppio del conflitto.

All'inizio delle operazioni militari la strategia tedesca, che avrebbe voluto una «GUERRA LAMPO», si scontrò con la capacità di resistenza degli eserciti dell'Intesa (Inghilterra, Francia, Russia, Giappone); la guerra divenne così «DI POSIZIONE», con milioni di soldati fronteggiantesi lungo centinaia di Km di trincee, sul fronte occidentale e su quello orientale. A questi due si aggiunse quello marino, dove combattevano Inghilterra e Germania, per garantirsi possibilità di rifornimento di armamenti e di generi di consumo.

Subito dopo la dichiarazione di guerra l'Italia fu divisa fra interventisti e neutralisti. L'Italia abbandonò il sistema di alleanze in cui era inserita ed il 26 aprile 1915 aderì all'Intesa, perché prevalsero le propagande dei nazionalisti e degli irredentisti che volevano la liberazione di tutto il territorio italiano. Così, il 24 maggio 1915, l'Italia entrò in guerra, aprendo un altro fronte: lungo i confini con l'Austria dal Carso al Trentino.

I primi due anni di guerra furono caratterizzati da un sostanziale equilibrio militare fra le forze in campo; divenne un conflitto di logoramento su tutti i fronti. Il 1917 è l'anno fondamentale del conflitto: l'ingresso degli USA in guerra e l'uscita della Russia, attraversata da una crisi che avrebbe portato alla caduta dello zarismo ed alla rivoluzione comunista.

Con l'arrivo delle forze americane, le armate dell'Intesa passarono alla controffensiva e nel giro di 3 mesi, da agosto ad ottobre 1918, ebbero la meglio sugli austro-tedeschi. Si aprì così, a Versailles, la conferenza di pace . Al tavolo delle trattative si scontrarono due diverse strategie: quella francese a cui si adeguò il resto dell'Europa animato dal desiderio di annientare la Germania, e quella americana, propugnata dal presidente Wilson, volta a promuovere la riorganizzazione politica e territoriale dell'Europa sulla base del principio dell'autodeterminazione dei popoli. Purtroppo prevalse la prima tendenza, pertanto le legittime aspirazioni nazionali di diversi popoli furono subordinate al desiderio di imporre durissime condizioni ai vinti.

Sorsero nuove nazioni: Austria, Ungheria, Yugoslavia, Cecoslovacchia, Polonia.



Il primo dopoguerra

La fine della prima guerra mondiale lasciò i paesi belligeranti stremati. Ai contraccolpi geografici (i morti avevano superato i 10 milioni di unità) si aggiungevano le difficoltà economiche: le industrie che avevano prodotto materiale bellico dovevano essere riconvertite mentre il bilancio pubblico era stremato da un indebitamento vertiginoso; questa situazione alimentò un forte malessere sociale (di cui l'inflazione e la disoccupazione dei reduci erano le cause più rilevanti) e le conseguenze si fecero sentire sul piano politico, dove alla domanda delle masse popolari di partecipare maggiormente alla vita politica, fecero riscontro le tendenze di alcuni a risolvere in chiave autoritaria la crisi del sistema liberale.

Gli accordi di pace non furono infatti in grado di ricostruire un nuovo ordine internazionale.

Anche l'Inghilterra fu in questo periodo travagliata da lotte sindacali senza precedenti che culminarono nel 1926 in un grande sciopero di minatori che rischiò di far precipitare la situazione politica; il governo inglese riuscì ad incanalare tali proteste entro l'alveo istituzionale.

In Francia si assistette ad una radicalizzazione dello scontro politico e sociale.

Negli USA, usciti dalla crisi economica del 1929 che interruppe bruscamente il ciclo positivo dell'economia internazionale, prevalsero le tendenze isolazioniste e più conservatrici, che limitarono notevolmente il ruolo di questo paese nello scacchiere internazionale. Il timore del bolscevismo portò all'adozione di restrizioni nei confronti dell'emigrazione, considerata veicolo di infiltrazioni comuniste.

In Germania la crisi del dopoguerra raggiunse una radicalizzazione estrema. Fu proclamata la Repubblica di Weimar, all'interno del movimento operaio si affermarono anche tendenze rivoluzionarie che si coagularono nel movimento spartachista e dopo lo scontro tra il governo e la sinistra si scatenò la controrivoluzione animata dalla formazioni più reazionarie legate ai circoli militari; una di queste, a Monaco, si organizzò in Partito Socialista capeggiato da Adolf Hitler .











L' Italia di Mussolini

In Italia gli effetti della guerra furono particolarmente gravi sia a causa degli squilibri economici esistenti fra Nord e Sud sia a causa della ristretta base sociale che escludeva di fatto dalla vita politica nazionale buona parte del mondo rurale. Era soprattutto la disoccupazione a minacciare la stabilità sociale e politica, aggravata ancor di più da un forte incremento demografico, dall'inflazione e dal crollo della lira.

Fra coloro che cercarono di incanalare in forme organizzate il malessere suscitato dalla crisi economica e dal risentimento verso lo Stato liberale vi fu Benito Mussolini , ex dirigente del PSI, espulso nel 1914 per la sua propaganda interventistica e nazionalistica. Egli a Milano, il 23 marzo del 1919, diede la vita al Movimento Fascista (FASCI di COMBATTIMENTO) abbastanza composito, ma che due anni dopo la sua fondazione si trasformò in vero e proprio partito politico.

I fascisti di Mussolini erano lo specchio di quella classe dirigente che voleva normalizzare la situazione del Paese in modo autoritario con la sconfitta violenta del movimento operaio. Fu per conseguire questo scopo che il movimento fascista istituì squadre militari d'azione, che avevano lo scopo di scatenare spedizioni punitive contro sedi di partito e di giornali, cooperative, case del popolo, incendiando, uccidendo e devastando. Le campagne più che le città divennero teatro di queste azioni che rischiarono di trascinare l'Italia nella guerra civile.

Mussolini intuì subito che era giunto il momento della svolta; nonostante avesse ottenuto una scarsa rappresentanza elettorale all'interno del blocco nazionale alle elezioni del 1921, il Partito Fascista si trovava in una situazione favorevole per via del fatto che era indispensabile ai liberali, godeva della neutralità dei cattolici e si trovava di fronte un movimento socialista debole e diviso. Nel 1922 venne organizzato un colpo di forza contro l'inetto governo, la cosiddetta «marcia su Roma» e il re Vittorio Emanuele III gli affidò il compito di formare il nuovo governo (28 ottobre 1922). Le elezioni del 1924 assicurarono la vittoria fascista, grazie anche ai brogli ed alle intimidazioni che ne accompagnarono lo svolgimento.

In campo internazionale il Fascismo trovò largo credito grazie soprattutto alla sua dichiarata avversione al Comunismo.

















LA FIGURA DI VIRGINIA WOOLF


Pseudonimi o altri nomi: Adeline Virginia Stephen (nome da ragazza)

Data di nascita: 25 gennaio 1882

Luogo di nascita: Londra (Inghilterra)

Data di morte: 28 marzo 1941

Luogo di morte: Fiume Ouse (Rodmell, Inghilterra)

Carriera:

1913 The voyage out
1919 Kew gardens
1920 Night and Day
1922 Jacob's room
1924 Mr. Bennett e Mrs. Brown [saggio]
1925 The common reader
1925 Mrs Dalloway
1927 To the lighthouse
1928 Orlando
1929 A room of one's own [saggio]
1931 Flush
1931 The waves
1932 Lettore comune [saggio]
1937 The Years
1938 Three guineas
1941 Between the acts (postumo)
1953 A writer's diary (postumo)

Frasi famose:

"La vita è un sogno dal quale ci si sveglia morendo."

"I grandi gruppi di persone non sono mai responsabili di quello che fanno"

"Perché le donne sono tanto più interessanti per gli uomini che gli uomini per le donne?"

"Per secoli le donne sono state gli specchi magici e deliziosi in cui si rifletteva la figura dell'uomo, raddoppiata."


Biografia

Virginia Adeline Woolf nasce a Londra il 25 gennaio 1882, da Leslie Stephen, uomo di lettere, e da Julia Prinsep, entrambi vedovi provenienti da un primo matrimonio, hanno insieme quattro figli, che vengono ad aggiungersi ai quattro nati dai loro primi rispettivi letti. In questa complessa figliolanza, Virginia Adeline occupa la settima e penultima posizione.
Sir Leslie Stephen, era tra i più celebri critici e storiografi del periodo vittoriano, fu editore del Dictionary of National Biografy.

In accordo con la tradizione vittoriana, Virginia e sua sorella Vanessa vengono educate a casa, mentre i suoi fratelli frequentano l'Università di Cambridge. All'istruzione delle figlie provvedono i genitori, il padre insegna loro matematica e inglese, la madre latino, francese e storia. Virginia e il fratello Thoby manifestano subito la loro inclinazione letteraria e danno vita ad un giornale domestico, Hyde Park Gate News, in cui scrivono storie inventate e una sorta di diario familiare. Virginia acquisisce una buona istruzione classica, che arricchisce con letture tratte dalla ben fornita biblioteca paterna. L'autrice spesso scriveva delle lettere all'amica Vita Sackville-West descrivendo l'infelice periodo della sua adolescenza.

Virginia trascorre le sue vacanze estive presso Talland House nel Cornwall, dove stringe rapporti di amicizia con molte persone, tra cui Meredith e Henry James. L'influenza di questo posto incantato sulle rive dell'oceano riecheggia in alcuni suoi capolavori come To the Lighthouse, Jacob's room e The Waves.


Nel corso della sua gioventù Virginia Woolf è oggetto di abusi sessuali da parte dei due fratellastri George e Gerald Duckworth. A questo proposito nel 1936, in una lettera, Virginia definirà George 'my incestuous brother` . Questo evento contribuirà ad incrementare i suoi problemi mentali.

Nel 1895 la madre di Virginia muore e suo padre, sconvolto dal dolore, decide di vendere Talland House. Virginia ha solamente tredici anni, ma rimane colpita dalla prematura scomparsa della madre. Inizia a soffrire di depressione, un ulteriore elemento che contribuirà ad aggravare i suoi problemi psichici.
Tramite il fratello Thoby, entrato a Cambridge nel 1899, Virginia stringe rapporti di amicizia con Bertrand Russel, Edward Morgan Forster, Ludwing Wittgenstein e Leonard Woolf, che diverrà suo marito. Tutti esponenti di un gruppo detto degli "Apostoli".

Nel 1904 Sir Leslie Stephen muore e Virginia ricade in uno stato di profonda prostrazione.
Assieme ai fratelli Thoby e Vanessa, si trasferisce da Hide Park Gate, nel quartiere londinese di Bloomsbury, dove prende vita un gruppo chiamato " Bloomsbury set", che sarà destinato a dominare, per un trentennio, la scena culturale inglese, di cui fanno parte gli ormai ex "Apostoli". Nascono così le "serate del giovedì", che diventeranno venerdì, riunioni alle quali partecipano intellettuali londinesi per discutere d'arte, letteratura e politica.

Il Bloomsbury group è generalmente definito come un circolo intellettuale di scrittori e artisti, che fiorì negli anni Venti. Il circolo si riuniva nella casa dell'editore Leonard Woolf e includeva artisti, come la pittrice Vanessa Bell (sorella di Virginia), suo marito, il critico d'arte Clive Bell, il biografo Lytton Strachey, l'economista John Maynard Keynes, lo scrittore E.M. Forster, il critico d'arte Roger Fry e molti altri.
Tutti erano conosciuti individualmente per il loro contributo in campo artistico (o sociale, come nel caso di Keynes). Tipicamente Modernisti, i loro innovativi contributi costituiscono un' importante sezione all' avanguardia inglese. Tutti i membri condividevano valori che sottolineavano l'importanza della soggettività, del piacere estetico, della sperimentazione in ogni campo. Inoltre tutti erano legati da vincoli di affetto e onestà intellettuale.
Alimentata e spinta da questo clima di fervore intellettuale, Virginia inizia a dare ripetizioni serali alle operaie di un collegio della periferia, milita nei gruppi delle suffragette, pubblica le sue prime critiche letterarie nel Times Literary Supplement.


Virginia nel 1912 sposa Leonard Woolf  (dopo una breve storia d'amore con Lytton Strachey, il quale si scoprì omosessuale) brillante giornalista e teorico politico.
Nel 1913 dopo aver completato il suo primo racconto The Voyage Out, esausta, va incontro ad un nuovo periodo di depressione, e tenta il suicidio. Per farle ritrovare fiducia ed equilibrio, il marito le propone di aprire una casa editrice. Nel 1917, fondano insieme la Hogarth Press che pubblicherà opere di nuovi scrittori di grande talento tra cui ricordiamo Katherine Mansfield e T. S. Eliot, Freud, Rilke, Svevo, Gorki. Nota curiosa: l'Ulisse di Joyce è rifiutato per la sua volgarità!

Nel 1919 pubblica il racconto Kew gardens e nel 1920 il romanzo Night and day (Giorno e notte), nel 1921, Monday or Tuesday (Lunedì o martedì), nel 1924, il saggio critico Mr. Bennet and Mrs. Brown, nel 1925, Mrs Dalloway (La signora Dalloway) e nel 1927, To the lighthouse (La gita al faro), romanzo, questi ultimi due, in cui Virginia Woolf adotta la tecnica del "flusso di coscienza" e nei quali si chiarisce il tema del tempo.

Virginia è attivista all'interno dei movimenti femministi per il suffragio delle donne e riflette più volte, nelle sue opere, sulla condizione femminile.
In A Room Of One's Own (Una stanza tutta per sé) de 1929, tratta il tema della discriminazione femminile, mentre in Three Guineas (Le tre ghinee), del 1938 si occupa del ruolo dominante dell'uomo nella società a lei contemporanea. Il rapporto con le donne viene vissuto fino in fondo, anche sul piano sentimentale. In questo contesto si inquadra la presunta storia d'amore tra Virginia e Vita Sackville- West, sua grande amica, che la ispira nella stesura dello Orlando (1928), che narra la storia di una nobildonna affascinante che vive attraverso i secoli cambiando sesso molte volte.


Nell'estate del 1940, mentre la Gran Bretagna è in guerra, Virginia Woolf lavora al romanzo Beetween the acts (Tra un attimo e l'altro), che termina nel febbraio del 1941. Intanto le sue crisi depressive si fanno più incalzanti.
Virginia ama circondarsi di persone, ma quando si sente sola ricade in stati ansiosi. A contribuire, la seconda guerra mondiale, che aumenta le sue fobie.

Riportiamo alcune parti di 'PENSIERI DI PACE DURANTE UN ATTACCO AEREO TEDESCO A LONDRA':

' è una strana esperienza, questa di stare sdraiata nel buio e ascoltare il ronzio di un calabrone che in qualsiasi momento può pungerci mortalmente. È un rumore che non permette di pensare freddamente e coerentemente alla pace. Eppure è un rumore che dovrebbe costringerci - assai più che non gli inni e le preghiere - a pensare alla pace. Poiché se non riusciamo, a forza di pensare, a infondere esistenza a questa pace, continueremo per sempre a giacere - non questo corpo in questo letto bensì milioni di corpi non ancora nati - nello stesso buio, ascoltando lo stesso rumore di morte sulla testa .. i difensori sono uomini, gli attaccanti sono uomini. Alla donna inglese non vengono consegnate armi, né per combattere il nemico né per difendersi. Ella deve giacere disarmata, questa sera. Eppure se ella crede che quel combattimento lassù in cielo è una lotta da parte degli inglesi per proteggere la libertà, da parte dei tedeschi per distruggere la libertà, ella deve lottare, con tutte le sue forze, dalla parte degli inglesi. Ma come può lottare per la libertà senza armi? Fabbricandole, oppure fabbricando vestiti e alimenti. Ma c'è un altro modo di lottare senza armi per la libertà. Possiamo lottare con la mente; fabbricare delle idee, le quali possano aiutare quel giovane inglese che combatte lassù in cielo a vincere il nemico.
Ma perché le idee siano efficaci, dobbiamo essere in grado di accendere la loro miccia. Dobbiamo metterle in azione. E quel calabrone in cielo mi sveglia un altro calabrone nella mente. Ce n'era uno questa mattina, che ronzava nel «Times»; era la voce di una donna che protestava:
«Le donne non possono dire una parola sulle questioni politiche»
non è vero che siamo liberi. Questa sera siamo tutti e due prigionieri: lui nella sua macchina con un'arma accanto, noi sdraiati nel buio con una maschera antigas accanto. Se fossimo liberi saremmo all'aperto, a ballare, o in un teatro, o seduti davanti alla finestra, conversando. Che cosa ce lo impedisce? «Hitler!» esclamano unanimi gli altoparlanti. Chi è Hitler? Che cosa è Hitler? L'aggressività, la tirannia, l'amore forsennato del potere, rispondono. Distruggetelo, e sarete liberi".

Fino al 28 marzo 1941, quando Virginia uscita furtivamente dalla casa di campagna, abbandonati cappello e bastone decide di gettarsi nel fiume Ouse.
Virginia lasciò una breve lettera a suo marito : 'Carissimo. Sono certa che sto impazzendo di nuovo. Sono certa che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. Comincio a sentire voci e non riesco a concentrarmi. Quindi faccio quella che mi sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la più grande felicità possibile. Sei stato in ogni senso tutto quello che un uomo poteva essere. So che ti sto rovinando la vita. So che senza di me potresti lavorare e lo farai, lo so Vedi non riesco neanche a scrivere degnamente queste righe Voglio dirti che devo a te tutta la felicità della mia vita. Sei stato infinitamente paziente con me. E incredibilmente buono. Tutto mi ha abbandonata tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinare la tua vita. Non credo che due persone avrebbero potuto essere più felici di quanto lo siamo stati noi.'.

Le sue ceneri sono state seppellite nel giardino della Monk's House, a Rodmell (Sussex, Inghilterra) sotto un olmo.


Lo stile narrativo

La carriera letteraria di Virginia Woolf inizia nel 1915 con The voyage out, seguito nel 1919 da Night and Day. Queste due opere seguono ancora la linea tradizionale, dalla quale si distaccò con Jacob's room del 1920. Gli anni venti sono i più produttivi: nel 1925 pubblica Mrs. Dalloway, nel 1927 To the lighthouse (Gita al faro) e nel 1928 Orlando.

Seguendo il lavoro che Joyce aveva compiuto in Inghilterra, Proust in Francia e Sterne (due secoli prima), Virginia Woolf a sua volta abbandona la tecnica di narrazione tradizionale, per delinearne una moderna, che lei stessa descrive nel suo Diary il 26 gennaio 1920.
Eliminando il dialogo diretto e la trama tradizionale, dirige la sua attenzione verso il monologo interiore. La realtà esterna perde la sua funzione privilegiata, eccetto per quanto riguarda l'influenza che esercita sulla vita interiore del soggetto.


Il tempo interiore differisce da quello esteriore per l'assenza di una cronologia; seguendo i processi della mente la narrazione procede attraverso spostamenti in avanti e all'indietro nel tempo, in relazione a pensieri e ricordi suscitati nei protagonisti dall'ambiente circostante. In accordo con la teoria di Bergson sulla durata del tempo, Virginia è in grado di rappresentare lo scorrere del tempo in dodici ore (Mrs Dalloway), in diversi anni (To The Lighthouse), o in poche ore ( Beetween The Act). Nell' Orlando invece espande il tempo in tre secoli.


Questa tecnica narrativa, usata anche da Joyce, è analoga a quella utilizzata nel montaggio dei films:
1. il soggetto rimane fermo nello spazio mentre la sua coscienza scorre nel tempo (TIME -MONTAGE);
2. il tempo rimane fermo mentre gli elementi spaziali cambiano (SPACE - MONTAGE).


Il linguaggio figurativo particolarmente raffinato, ricco di similitudini, metafore, assonanze e allitterazioni, usato dall'autrice, ben rappresenta il flusso di coscienza.
La prosa è caratterizzata da passaggi subordinati ed è spesso spezzata da semicolonne e lineette, accordando pienamente con ciò che Virginia ritiene il tipico modo femminile di costruire i pensieri.
Al pari di Joyce, la Woolf segue la tecnica del monologo interiore per esprimere il flusso di coscienza nei suoi personaggi, ma a differenza dello scrittore irlandese, il tempo non è concepito come un flusso continuo, bensì come una serie di momenti staccati, riuniti dalla immaginazione e dall'associazione di idee. Nei suoi protagonisti vi è uno studio continuo dei pensieri e sentimenti e la vita di ogni giorno si riflette attraverso le loro coscienze per riallacciarsi ai soliloqui nei quali la loro mente è perpetuamente occupata. Appartengono tutti alla borghesia illuminata e tendono a diventare degli esteti della propria gamma di sensazioni: ognuno di essi riflette un aspetto, una immagine particolare della personalità della scrittrice.



Opere principali

. Jacob's Room (1922):primo esperimento della nuova tecnica narrativa elaborata da Virginia Woolf, con l'abbandono delle sequenze cronologiche e della tradizionale tecnica narrativa. Narra di un giovane studente presso l'università di Cambridge, dei suoi amori e dei suoi viaggi in Francia e in Grecia. Della sua morte durante la guerra. Noi sappiamo tutto della vita del ragazzo attraverso i pensieri e ricordi di chi lo conosceva. Egli continua a vivere attraverso il ricordo.

. Mrs. Dalloway (1925): Clarissa Dalloway, moglie di un importante uomo politico, mentre prepara festa che darà la sera nella sua elegante casa, ricorda gli anni della sua giovinezza trascorsi nella casa di campagna della sua famiglia, ripensa alla sua amica Sally e al suo primo amore, Peter, respinto per il più posato Richard. Parallelamente si narra la giornata di un giovane reduce che si sente responsabile della morte di un suo amico in guerra.
Il ritorno inaspettato dall'India di Peter e il rivedere la sua amica Sally che si presenta inaspettatamente alla festa, porterà Clarissa a scoprire verità nascoste nel profondo del suo animo. Il racconto inizia e finisce in un arco di 12 ore.


. Orlando (1928) è una sorta di biografia di Victoria Sackville- West. Nel libro vengono narrate, attraverso le reincarnazioni del protagonista Orlando (che a un certo punto cambia sesso) in vari periodi storici, le vicende della famiglia Sackville- West dall'età elisabettiana fino al presente.


. The Years (1937) segna un parziale ritorno alle tradizionali tecniche di narrazione. Narra la storia di una generazione e la loro visione della vita.


. Beetween the Acts (1941) si rivela come il più poetico tra i romanzi della scrittrice, che cerca una forma narrativa adeguata all'arduo tentativo di esprimere fedelmente il proprio mondo di percezioni sottili e mutevoli. Il libro manca di una vera e propria conclusione.




RIASSUNTO DEL SAGGIO: "Una stanza tutta per sé"

Virginia Woolf fu consapevole della realtà della "condizione femminile", dei problemi delle scrittrici donna, del loro isolamento psichico e culturale, e di tutti i pregiudizi sociali che lei per prima incontrò, e soltanto in quanto "donna"; e a questa realtà complessa dedicherà una delle sue opere critiche più apprezzate, un pilastro della critica letteraria sull'universo femminile.

Nel 1929, nacque, così, il saggio: "Una Stanza Tutta per Sé".

La Woolf ci porta a riflettere sul tema della creatività femminile, sul ruolo subalterno che le intellettuali del suo tempo hanno dovuto subire nei confronti dei privilegi maschili. Un argomento per certi versi oggi superato, anche se forse non del tutto, e tuttavia interessante non tanto per l'oggetto della discussione, quanto per il modo di procedere della scrittrice: per il suo attento esaminare e rendere conto di ogni passaggio mentale al lettore, quasi lo prendesse per mano e lo conducesse nel proprio intricato mondo intellettuale.

I toni del saggio sono a volte amari, risentiti, talvolta arrabbiati, comprensivi, pieni di slancio o anche titubanti, a seconda dello stato d'animo nel quale la scrittrice versa nel momento della sua analisi.

"Perché gli uomini bevevano vino e le donne acqua? Perché un sesso era tanto prospero e l'altro tanto povero? Qual è l'effetto della povertà sulla narrativa? Quali sono le condizioni necessarie alla nascita dei capolavori?".

Queste sono alcune delle domande che si pone la Woolf. E se non a tutte è possibile dare una vera risposta, comunque alla fine la scrittrice giunge a una conclusione: al fatto che una donna, ma comunque chiunque, non possa essere liberamente creativa a meno che non possegga "una stanza tutta per sé", ovvero una rendita fissa, grazie alla quale non sia necessario sottostare ai ricatti - morali, politici o ideologici - di nessuno. Che l'artista abbia il diritto di dire di no e di trovare la propria calma e la propria dimensione chiudendosi nella propria stanza, al riparo da sguardi e giudizi altrui. Fatto che, com'è possibile immaginare, era, ai tempi di Virginia Woolf, privilegio soprattutto maschile, mentre il ruolo della donna era per lo più ridotto a quello di madre, sorella o figlia.

La società inglese di inizio Novecento era di certo governata da un regime patriarcale, in cui uomini illustri, o come li chiama ironicamente la scrittrice i professori, dominavano ogni argomento, quasi come se "a eccezione della nebbia [.] egli controllasse ogni cosa". Gli stessi professori che tanto si curavano di dimostrare, attraverso molteplici opere, l'inferiorità mentale, morale e fisica del sesso femminile. Ma anche a questo fatto la Woolf trova una spiegazione e la espone in maniera comprensiva e quasi compassionevole:

"Poteva darsi che quando il professore insisteva un po' troppo enfaticamente sulla inferiorità delle donne, egli non fosse preoccupato tanto della loro inferiorità, quanto della propria superiorità. [.] La vita, per ambedue i sessi [.] più di ogni altra cosa forse [.] richiede fiducia in se stessi. Privi di fiducia in noi stessi siamo come neonati in una culla. [.] Per secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi dal potere magico e delizioso di riflettere la figura dell'uomo ingrandita fino a due volte le sue dimensioni normali.".

La Woolf analizza in maniera critica e romantica cosa manchi alla donna per essere un'artista "completa"; cosa le sia sempre mancato. Descrive le difficoltà sociali e culturali che ogni donna che abbia avuto velleità artistiche ha da sempre incontrato. Fra esempi e caratteri, pone domande e cerca risposte.

Attraverso il suo percorso incerto di analisi scopre e mette insieme i perché di tante paure, di tanto isolamento, di tanta ansia.

Si inventa fatti, confronti, ci provoca e, con un sorriso tagliente, risponde alle affermazioni fatte da professori e letterati sul perché nessuna donna avrebbe mai potuto scrivere le opere di Shakespeare; sul perché la società elisabettiana non avrebbe mai potuto partorire un genio femminile di siffatta portata, sul perché nel 1600 nessuno avrebbe mai permesso ad una donna di diventare Shakespeare, minandone la genialità sin dalla nascita, per poi continuare con l'educazione, fino alla negazione di ogni forma di apprendimento.

E l'urlo di questa sorella putativa, di questa Judith Shakespeare, costretta alla rassegnazione, alla fuga e al suicidio. Sì perché anche se non ce ne rendiamo conto, spiega la Woolf, quella povera fanciulla vive in ognuna di noi; nei nostri sogni, nelle nostre furie. Nelle nostre lacrime e nelle nostre ambizioni. Esiste un'ansia, una rabbia che da sempre accompagnano la donna e che, nonostante gli sforzi, è presente in tutte le scrittrici, anche in quelle diventate famose; così come quelle che la fama, ancora, la sognano. Un'ansia-rabbia che, ancora nel 1928, non aveva permesso a nessuna donna di scrivere con tranquillità e piena acquisizione del "Sé". Tutto ciò perché la cultura tanto decantata è da sempre stata solo appannaggio maschile. La donna che decideva di scrivere, lo faceva nel silenzio della sua stanza, alla fine di giornate faticose dedicate alla famiglia e lontano da sguardi indiscreti.

Fino al XIX secolo, le "virtù femminili" non potevano, e non dovevano identificarsi con doti artistiche di un qualsivoglia genere, ma era piuttosto nella castità e la totale abnegazione alla famiglia che risiedeva il "vero" valore della donna..

Mentre l'uomo "viveva" a pieno la sua realtà umana, la donna veniva relegata in casa. Ruolo questo che, dietro ad un'immagine di grande moralità, nascondeva, però, una pericolosa oppressione nella quale la donna diventava incapace di esprimere sé stessa, sia negli affetti, che nel sociale. E se lo faceva, nel migliore dei casi, diventava una donna "perduta", una sbandata emarginata da tutti.

Virginia Woolf, nata in piena età vittoriana, non solo dovette affrontare il caos morale e sociale di questa epoca così profondamente contraddittoria, ma anche farsi largo nel "logos" maschile ed in ciò che era stata, da sempre, sua unica prerogativa: la cultura.

Riuscire a scrivere in un contesto così profondamente maschilista, spiega la Woolf, diventava per una donna un'impresa titanica. Molti furono gli sforzi che lei, per prima, dovette compiere per ritagliarsi uno spazio autonomo, una zona franca in cui la sua penna potesse imprimersi con libertà sulla pagina bianca. Dopo anni di buio, tentativi, cadute e risalite, Virginia riuscirà ad affermarsi; ma solo in seguito alla morte del padre: il grande critico letterario Leslie Stephen; colui che impersonava, di fatto, il potere patriarcale della cultura vittoriana.

Per la Woolf si può pervenire all'arte solo se ci si libera da tutti gli impedimenti che la vita comporta, soltanto se si giunge ad una dimensione sottratta ad ogni contingenza.

Esse sono state sempre costrette ad assumersi obblighi, incarichi, mansioni di carattere pratico, materiale, sono state quasi unicamente figlie, mogli, madri, nonne quando non serve o schiave e, perciò, impedite a pensare ad altro. Né per gli uomini è stata sempre possibile quella "libertà intellettuale" che sola conduce all'arte dal momento che soltanto una condizione di vita agiata, sicura, sostiene la Woolf, può garantirla mentre la povertà, la contingenza costringono ad impegni più immediati, più concreti.

Il saggio è in perenne equilibrio fra riflessione, studio antropologico e letterario della figura femminile attraverso i secoli. E' una sorta di collage di immagini, nomi e volti che hanno costellato la storia della letteratura. Ed è una denuncia del disagio interiore di una donna scrittrice e, come lei, di molte altre scrittrici.

Ma perché?! ci viene da chiedersi! Cosa accadeva ad una donna che, nel XIX secolo, decideva di scrivere? Quale fu il percorso interiore di tante donne geniali quali Mary Shelley, Gorge Sand, Gorge Eliot, le sorelle Bronte, Sylvia Plath, Virginia Woolf e molte altre?

Ognuna di queste donne visse intensamente la sua epoca, e si ritrovò a dover decidere profondamente e definitivamente se incarnare il mito della Vergine Maria, chinando il capo al dovere e abbandonando desideri e aspirazioni, oppure quello dell'Eva Satanica, ossia della donna perduta che, decidendo di vivere la propria vita senza limiti, assisteva, però, alla distruzione della sua immagine "pubblica" e della sua "rispettabilità".

L'impossibilità di conciliare questo dualismo interiore, l'impossibilità di poter essere donna e artista allo stesso tempo, pose queste donne di fronte ad un bivio definitivo: Maria o Eva, la santa o la meretrice?

Decidere se incarnare l'una o l'altra, significava rinunciare ad una parte fondamentale di sé. Non a caso l'emblema di queste donne e, più in generale, della cultura ottocentesca divenne quello del Velo. Il Velo inteso come l'elemento divisorio di due realtà diverse, opposte e complementari, interne ed esterne all'essere umano. Dietro il Velo si celava il grande dualismo che queste donne coraggiose e disperate dovettero affrontare, nonché la realtà di una natura in perenne equilibrio fra un "cuore di donna" ed una "mente di uomo". E l'essere costrette a scegliere fra l'uno e l'altro, per loro significò colpa, alienazione, rabbia, incompletezza. Nella loro vita non ci fu spazio per il compromesso. O l'arte o la prigionia dell'anima.

Virginia Woolf fu una di queste donne, di questi geni senza sesso e senza tempo. (Sì perché il genio non ha sesso. L'artista appartiene al sublime. Rappresenta il tramite fra il Divino e i comuni mortali). E fu una donna scissa, spaccata in due. Il suo animo gentile fu squassato da ansie, paure, depressioni. La sua identità sessuale spesso confusa. Il dominio di sé sempre precario. Ma creò. Scrisse e visse della sua arte e, cosa fondamentale, vide riconosciuto il suo genio. Genio che, però, spesso non comprese e percepì come nemico, come barriera fra sé e normalità, fra sé e salute.




CRITICA

Virginia Woolf: "un caso isolato"

Dopo un periodo, nel dopoguerra, di disinteresse da parte della critica, Virginia Woolf è stata negli ultimi decenni riscoperta anche come antesignana del femminismo, ritornando ad essere considerata una delle più grandi scrittrici del Novecento e ad essere citata in numerose opere letterarie: tra le tante, si segnalano il dramma teatrale "Chi ha paura di Virginia Woolf?" di Edward Albee, che in realtà riguarda solo metaforicamente la figura della scrittrice inglese, e il libro "Le ore" di Michael Cunningham (trasportato poi nel film "The hours" con Nicole Kidman, Meryl Streep e Julianne Moore, vincitore di un Oscar e candidato ad altre 8 statuette), che descrive gli ultimi momenti della vita di Virginia parallelamente a quella di altre due donne legate a lei e ai suoi personaggi.

Si è tornato a parlare della famosa scrittrice inglese Virginia Woolf, vissuta tra fine Ottocento e primo Novecento, appena si è saputo che la sua produzione sarebbe stata raccolta in due volumi della preziosa collana Meridiani (Mondadori) e curata da Nadia Fusini.Il primo volume sarà dedicato ai romanzi, il secondo ai racconti, saggi letterari e di costume, diari, epistolario e quanto altro da lei prodotto.

Il suo fu un periodo di tempo particolare sia per le trasformazioni che si verificavano in ambito sociale, economico sia per le novità che interessavano la cultura, la filosofia, la letteratura, l'arte. Sembrava che tutto, in quel momento, stesse cambiando: cambiava la realtà, cioè le condizioni di vaste masse popolari richiamate dal lavoro in fabbrica e avviate ad una sempre maggiore urbanizzazione con i conseguenti vantaggi e svantaggi; cambiava il pensiero nel senso che il positivismo esauriva il suo ciclo e si delineavano nuove concezioni, più ampie, più complesse poiché scienze come la Fisica (Einstein) e la Psicanalisi (Freud), filosofie come il Superomismo (Nietzsche) e l'Intuizionismo (Bergson) contribuivano ad estendere gli orizzonti noti sino ad allora, svelavano la presenza e l'azione, nell'uomo, di una vita interiore che, consapevolmente o inconsapevolmente, determinava quella esteriore.

Dall'oggettività perseguita dai filosofi positivisti e dai contemporanei scrittori naturalisti, veristi o realisti si passava alla soggettività e spiritualità che sarebbero state tipiche dei nuovi filosofi e degli autori detti decadenti. Questi si sarebbero sentiti tanto diversi dal contesto umano e sociale da considerare le proprie qualità un privilegio superiore ad ogni altro. Primi sarebbero stati i poeti ad avvertire tale mutata atmosfera, poi gli scrittori quali James Joyce, Marcel Proust e, appunto, Virginia Woolf. Questa sarà così naturalmente disposta ad accogliere i nuovi fermenti culturali ed artistici da non ritenersi privilegiata né isolarsi a causa loro, ma ad abbandonare la maniera realista e piuttosto tradizionale che era stata dei suoi primi lavori e pervenire, col tempo, ai romanzi che l'avrebbero resa celebre quali La Camera di Giacobbe, La signora Dalloway, Al faro, Le onde, Gli anni, Tra un atto e l'altro.

Qui compariranno molti aspetti della nuova tendenza narrativa, differenza tra tempo cronologico e tempo interiore, flusso di coscienza, monologo interiore ed altri riflessi della soggettività e interiorità appena scoperte. In nome di questi la Woolf si sentirà chiamata a svelare quel che c'è dietro le apparenze ' dietro il luccichìo dei bottoni della giacca o dello sparato', a concepire e produrre quel romanzo nuovo che l'uomo e i tempi mutati richiedevano. "La vita non è una serie di lampioni piantati in forma simmetrica, è un alone luminoso semitrasparente che avvolge la nostra coscienza dall'inizio alla fine e non è forse compito del romanziere saper rendere questa qualità fluttuante, inconoscibile, inafferrabile, con il minimo intervento di ciò che è sempre esterno ed estraneo ? ', dirà la scrittrice in un saggio della raccolta Il lettore comune.

Tuttavia come in ogni fenomeno letterario collettivo i vari esponenti conservano le loro peculiarità pur in un contesto comune così in questo la Woolf si distingue dagli scrittori suoi contemporanei e partecipi degli stessi modi. La sua prosa più che all'analisi tende alla sintesi, a condensarsi, cioè, in immagini uniche, altamente significative, a divenire poesia. In tale processo il linguaggio si semplifica sempre più come se avvertisse il proprio peso e volesse liberarsi trasformandosi in nota musicale o segno pittorico o scena teatrale.


Il punto di vista di Simone de Beauvoir

Nel suo geniale Il Secondo Sesso, Simone de Beauvoir riprende e fa suo un passo estremamente esaustivo del saggio della Woolf: " [.] tuttavia, come fa notare Virginia Woolf, Jane Austen, le sorelle Bronte, George Eliot hanno dovuto spendere negativamente tanta energia per liberarsi dalle costrizioni esteriori che sono arrivate un po' senza fiato allo stadio da cui partono gli scrittori di grandi possibilità; non rimane loro abbastanza forza per approfittare della vittoria e spezzare tutti i legami; per esempio, non troviamo in loro l'ironia, la disinvoltura, né la tranquillità sincera di una Stendhal [.] Oggi, le donne devono già faticare meno per affermarsi; ma non hanno ancora affatto superato la millenaria distinzione che le relega nella loro femminilità. La lucidità, per esempio, è una conquista di cui sono giustamente fiere, ma di cui si soddisfano un po' troppo presto [.]  Quando hanno eliminato i veli dell'illusione e della menzogna, credono di aver fatto abbastanza: ma questa audacia negativa ci lascia ancora davanti ad un enigma: perché la verità stessa è ambiguità, abisso, mistero: dopo aver indicato la sua presenza, bisogna pensarla, rifarla. E' un'ottima cosa non essere tratti in inganno ma questo è solo il punto di partenza; la donna esaudisce il suo coraggio nel dissipare i falsi miraggi e si arresta atterrita alle soglie della realtà. [.]

E' tutto lì, in quel disagio, in quell'ansia mista a rabbia che il genio di queste scrittrici si impenna e si percepisce l'ansia e l'insoddisfazione. E' lì che romanzi eccezionali diventano pieni di rancori mai sopiti o nei quali si cerca di dissimulare il disagio interiore usando frasi "da uomo" innaturali per una donna. Ed è lì, ci spiega pazientemente la Woolf, che le scrittrici devono intervenire per uccidere quell'ideale estetico col quale erano già state uccise precedentemente dall'arte maschile, che ne aveva da sempre proposto un'immagine deformata e, quindi, incompleta.

Solo uccidendo l'angelo e il suo opposto il mostro-Medusa, queste scrittrici avrebbero potuto dare vita ad un'arte che fosse scevra da quella rabbia fomentata da secoli di ingiustizie e isolamento. Solo una volta libere, sarebbero state in grado di raccontarsi pazientemente per quello che veramente erano, e non per quello che gli uomini avevano sempre preteso che fossero. Per riuscire in ciò, ci spiega Virginia, la cosa migliore sarebbe che ogni donna, ogni nuova scrittrice, avesse una stanza tutta per sé dove rifugiarsi, e magari un'indipendenza economica che la rendesse libera da ogni tipo di ricatto morale e sociale. Questo è il suo augurio ad ognuna di noi.





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