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Ugo Foscolo




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Ugo Foscolo



E' capace di unire il Neoclassicismo (non la sterile imitazione ma un ritorno vivo alle movenze classiche; la classicità ispira ancora la capacità creativa) e la recente cultura europea (Rousseau e Goethe).

Nella prima stesura dell'Ortis, Jacopo dice che sarà ispirato da Omero (classico), Ossian (Medio Evo), Dante (primo poeta moderno della letteratura italiana); nella stesura definitiva dirà che i suoi modelli saranno Omero, Dante, Shakespeare (l'uomo in Shakespeare simboleggia l'uomo romantico; il destino impedisce all'eroe di raggiungere il suo ideale: questo è Ortis, uomo romantico).

Con i romantici, il poeta è vate, la guida dell'umanità. Ormai per i romantici l'artista non è più colui che crea qualcosa di grande ma fine a se stessa solo perché è bella e piace ma diventa la guida per la civiltà perché più degli altri ha sviluppata la sensibilità che fa l'uomo grande e gli permette di trascinare con sé gli altri uomini per far loro da guida. Foscolo invece è solo perché quello che scrive non è ancora capito.

La morte sopraggiunge nell'uomo romantico quando il poeta non accetta il compromesso di essere escluso dalla società in quanto non è più riconosciuto guida dell'umanità. La morte non è fisica o spirituale. La poesia è per il romantico l'unica e vera realtà.

Parini: inizia a capire che l'artista ha un dovere da compiere nei confronti della società (ragione).

Alfieri: volontarismo (volontà)

Foscolo: è il poeta dell'illusione (unisce Parini e Alfieri). La realtà è illusione: c'è un pessimismo di fondo, perciò il poeta è guida.

Disposizione all'ottimismo: c'è la speranza di realizzare le illusioni, ma anche la consapevolezza che le illusioni rimangono tali. Questa disposizione all'ottimismo deriva dalla consapevolezza che le illusioni sono i veri ed unici eterni valori che qualcuno prima o poi raggiungerà. Ma è l'umanità intera che deve tendere ad essi. L'insoddisfazione è derivata dal fatto che anticipa l'epoca che deve venire (in questo caso il Risorgimento). Il suo periodo non è ancora maturo: è solo, votato al suicidio per non scendere al compromesso.



E' inutile che il letterato si interessi alla politica perché essa è dominata dalla forza e dalla brutalità e non dalla ragione.


DIDIMO CHIERICO

Simbolo di Foscolo maturo. I chierici erano ordinati ma non sacerdoti ed erano molto colti. Foscolo prendeva la vita con un dettato distacco per non farsi coinvolgere e arrivare al suicidio.


LE GRAZIE

Opera eterna, aperta perché ha uno sviluppo senza inizio né fine. Simboleggiano eterna e perfetta bellezza.


ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS

"I sacrifici arsi sulle are romane" richiama l'uso dell'antichità. E' lapidario: tutto ormai è finito. L'Austria perseguita quelli che hanno combattuto contro essa: Foscolo è nella lista di prescrizione.

"Non scenderò a compromessi con un traditore, anche se questo mi salva la vita. piuttosto me ne vado in esilio".

Ha ceduto alla madre: quello che lo sconvolge è esiliare. Spera di poter passare indifferente a quella solitudine profonda dei colli.

"Piuttosto che fuggire rischio qui. Non morirò in terra straniera".

Il sepolcro è come un esempio per i posteri. Se morisse in terra straniera non servirebbe a nessuno: non può tramandare valori e virtù. Ha dato la vita per questi valori e ricordare perché lui è vissuto. Disillusione politica.


Teresa per Ortis è l'amore, è quindi fonte di disillusione. Teresa è la figlia di un amico di Lorenzo, ma è promessa sposa di un tale. Quello che più importa è ciò che Ortis prova, non ciò che Teresa è. L'inizio è lapidario: se ne innamora solo per averla vista. Ringrazia Lorenzo perché gli ha suggerito di andare dal signor T. lei lo conosceva di fama. Concetto di bellezza come ideale supremo. Come è possibile dimenticare i dolori precedenti politici vedendo la beltà di Teresa? E' una sorgente di vita: se prima pensava alla morte, Teresa riesce a distoglierlo da questo pensiero almeno per un certo periodo. Non importa: il suo destino è avere il cuore in tempesta, non è importante se è per amore o per politica.


"Sono sollevato a una condizione sublime". Tutto si rivela più bello sotto  lo sguardo innamorato di Ortis dopo che ha baciato Teresa. La bellezza e l'amore possono sublimare tutte le cose: amore come sentimento vivificante. La natura canta l'amore insieme al poeta (v. Rousseau): tutto sembra bello perché visto attraverso lo sguardo d'amore. Il rapporto con gli altri è migliorato. Il mito della bellezza si identifica con l'armonia cosmica dettata dall'amore. L'importanza del sepolcro è perpetuare i valori derivati dall'amore e suscita nei posteri le imprese e ne inventa di nuove, non per copiare ma per inseguire nuovi ideali. La pietà è uno dei più alti valori dell'uomo - la capacità di soffrire anche per gli altri. Il dolore sembra essere meno insopportabile: amore: regolatore di equilibri, entità positiva che renda positiva la natura umana. Il filosofo illuminista grida: illusione! La ragione è il filosofo. Tutto però è illusione. Gli antichi erano convinti della possibilità del vero e del bello (v. Keats): c'è un sintesi tra bello e realtà - connubio umano e divino. Un uomo si accorge di essere vivo solo se soffre. Senza l'amore e la vita ci sarebbe solo dolore. Senza l'amore esisterebbero solo il vuoto e la noia. "Se il cuore non sente sarà strappato. Ma lo tengo solo se riesce a provare un qualsiasi sentimento".


Didimo Chierico è l'Ortis sopravvissuto, cioè se l'Ortis non si fosse suicidato sarebbe arrivato a essere Didimo. Egli è la personalità matura di Foscolo: è prevalentemente pre-romantico con alcuni aspetti derivati dalla sua educazione sensista. Ortis non è materialista, è tutto romantico. Si suicida perché è la coerente adesione all'affermazione della sua libertà. A Foscolo non è dato suicidarsi perché ha anche lui la matrice sensista che glielo impedisce. Didimo non si aspetta più niente, né bene né male. E' concreto e realista nei confronti della realtà. Non accetta compromessi: vive il presente senza aggrapparsi al passato e non ha speranza nel futuro (XII). L'ideale di patria: chi non sente di appartenere a una patria (Didimo è disilluso perché la sua è dominata da altri): è solo. L'ideale è alla base del vivere civile: non ne è ne sacerdote né padre, né chiesa né famiglia. Entrambi hanno la funzione di guida, di insegnare. La pietà è l più alta virtù, che permette a che soffre di sorridere per un attimo.


XIII

Tiene nascosti i sentimenti; ora non ci sono più, rimangono solo dei bagliori esterni. E' una persona concreta e pratica, non necessariamente superficiale. Invidia: posizione di mezzo. Lui non ne prova perché è una persona pulita e nitida in cui non ci sono sentimenti opposti. Per gli ideali per cui aveva lottato, lo scopo della sua vita, ha dato tutto: non ha rimpianti perché ha tentato tutto. Ecco perché non è invidioso.


XIV

Ora si adatta alle circostanze senza realmente credere a quello che fa. L'uomo non merita stima: lo ama per quello che è. E' libero dentro: è equilibrato  incondizionato. Crollano le sue illusioni date dalla frattura ideali/realtà. Se non c'è armonia non c'è bellezza né verità. Non rinnega ma è deluso per come sono andate le cose. E' sicuro di sé, per questo se ne va per la sua strada. Ma la interrompe perché deve proseguire per la via giusta e se ne assicura.


I SEPOLCRI (1806 - pubblicati 1807)


Foscolo prese spunto da delle conversazioni con Ippolito Pindemonte a proposito dell'editto di Saint-Cloud (1804) il quale obbligava a seppellire i morti lontano dalla città e fosse comuni con lapide con nome e data. In Austria alla fine del Settecento, esistevano e perciò anche in Lombardia (Milano) perché era sotto dominio austriaco. Foscolo non vuole negare la 'personalità' del morto: l'importante è avere sepolcri che lo fanno riconoscere.

E' diviso in otto parti: è lo sviluppo del pensiero foscoliano, è il suo itinerario.

Inizia chiedendosi a cosa servano i sepolcri: non ai morti ma ai vivi, per ricordare gli affetti, perché da vivi si abbia la coscienza di non morire mai completamente: il pensiero della morte è perciò meno doloroso. E' un rapporto che continua anche dopo la morte. Allarga il pensiero su un tono universale - i valori eterni e immutabili dell'umanità attraverso i sepolcri. S. Croce ispira ai posteri azioni grandi come quelle dei morti. Il sepolcro tramanda la memoria dei grandi facendo sì che non siano vissuti inutilmente. Es. Alfieri che visita S. Croce e si ispira per l'eroe alfieriano. Il Foscolo premette al poema una dedica, un programma al carme.


L'affermazione è posta all'inizio citando il diritto romano perché si parlerà di affetti familiari - è in qualche modo neoclassico.

Il sepolcro permette la continuità degli affetti. E' diviso in otto parti. Parte da considerazioni intime che lo porteranno a considerazioni universali.

S. Croce contiene numerose tombe di grandi italiani defunti e lastre commemorative (Dante). Alfieri, meditando in S. Croce, aveva innalzato in sé qui sentimenti di eroismo e grandezza che lo porteranno a scrivere quelle opere che giustamente lo resero famoso: le tragedie a sfondo civile. Anche Ortis meditò sulla tomba di Alfieri in S. Croce.


vv.1-22

Se il sonno della morte avviene all'ombra di cipressi o in una tomba con persone care che piangono, il sonno è meno penoso? Quando il sole non feconderà più per me sulla terra questa famiglia, questa vegetazione, splendore di vita, e quando davanti ai miei occhi il futuro non prospetterà più  vaghe aspettative (cioè non ci sarà più l'attesa di un futuro che mi farà sperare) e quando non ascolterò più la tua poesia (di Pindemonte. Si erano attardati a discutere sull'editto), amico mio, e quando il mio cuore sarà più ispirato dalle vergini Muse e questo amore è l'unico conforto alla mia vita da esule, allora quale ristoro costituirà per la vita perduta, una pietra/lapide che distingua le mie dalle ossa che la morte dissemina in terra e in mare. E' vero, Pindemonte: anche la speranza, ultima dea (ultima a morire), fugge i sepolcri e l'oblio avvolge tutto nella sua oscurità; la forza della natura trasforma le cose incessantemente e il tempo trasforma l'uomo e le sue tombe e le reliquie conservate in cielo e in terra.

*** Per chi muore, dopo la vita non c'è più niente: è razionalista.


vv.23-40

E' la prima risposta che si dà, con un'altra domanda. Perché il mortale dovrebbe prima del tempo privarsi dell'illusione che, una volta morto, lo tratterrebbe in terra? (il mortale ha l'illusione di essere ricordato solo grazie ai sepolcri. Foscolo è materialista: in nome di cosa l'uomo si toglie la speranza?) Non continua a vivere sottoterra quando sarà unita l'armonia del giorno se può svegliarla con l'affetto dei suoi cari? Questa corrispondenza tra mondo vivo e dei morti è divina; spesso grazie a questa divina capacità dell'uomo il morto a vivere purché la terra che lo aveva accolto infante, porgendo un'ultima ospitalità, renda le reliquie preziose e intoccabili dall'azione nefasta del tempo e dal piede profano, purché una lapide conservi il nome e un cipresso protegga i resti con la sua ombra.


vv.41-50

Negazione della speranza. Chi non ha nessuno che prega per lui non è confortato nella tomba e immagina il suo destino dopo la morte, vede errare il suo spirito nell'oltretomba pagano o sotto il perdono di Dio; i suoi resti staranno nelle ortiche e nella terra abbandonata dove nessuna donna prega, né nessuno, se passa in quel luogo, udirà il brivido religioso.

*** Per Foscolo la natura limitata necessita di essere confortata costantemente dagli affetti e questo conforto è richiesto persino dalla forma attraverso un lamento figurato che si materializza nella corrispondenza tra defunto e vivo in costante rapporto: il morto vive nel ricordo e supera i limiti della natura umana.


vv.51-90 (Ossian)

Il punto centrale è Parini. Foscolo è l'incarnazione di Didimo Chierico. Parini è vecchio e disilluso, disincantato. Lo nomina in relazione alle fosse comuni dell'editto. Eppure un editto oggi obbliga a costruire cimiteri lontano dalle città e strappa il nome ai morti. E senza tomba giace Parini, che componendo poesia, coltivò in povertà un alloro (simbolo di poesia) con costanza e  vi offriva corone (alla dea) per devozione e esso gli ispirava quei versi che pungevano un re assiro (Parini aveva scritto Il Giorno contro i nobili corrotti con ironia) per il quale è dolce il muggito delle bestie perché rendevano. "Dove sei Talia? Non sento il profumo degli in questo bosco di tigli e desidero ritornare a casa (a Venezia). E tu (dea) venivi e sorridevi e ispiravi i versi sotto il tiglio che ora freme di rabbia con i rami attristati perché, come un tempo dava ombra a Parini, ora vorrebbe ricoprire la sua tomba". L'upupa era considerata nel medioevo simbolo del male. Si nutre di escrementi umani. In Foscolo è simbolo di ristrettezza umana perché rifiutò il simbolo del sepolcro.


vv.91-150

E' una caduta di tono. Dopo le vette stilistiche e formali dei versi precedenti, in questa parte descrittiva il poeta critica e considera, non banalmente ma meno interessante. Il suo assunto: il sepolcro è necessario perché l'uomo ne ha sempre sentito il bisogno.

"Dal giorno in cui": la civiltà da che l'uomo si organizza socialmente (L'uomo di Cro-magnon).

E' insita nella natura umana questa esigenza di avere tombe. Due esempi:

Culto cristiano - tombe nelle chiese, idea della morte

Culto pagano, diverso da quello cristiano, più sereno, caratterizzato dalla bellezza di cedri e cipressi profumati.

Foscolo vuole dimostrare che è ancora legato alla bellezza della classicità, come creature di un profondo senso sociale e civile. Riprende Vico (vv. 20 e 91): una forza naturale trasforma la natura in continuazione perché Foscolo era impregnato di pensiero illuminista, come Vico: nulla si perde sulla terra.

v.98: riprende il tema dei lari all'inizio. I discendenti implorano l'aiuto dei defunti. Cambia poi discorso, passa al culto cristiano.

v.108: nel medioevo si usava dipingere all'esterno delle chiese le danze macabre (ancor oggi in Trentino). E' una visione volutamente spaventevole perché Foscolo non era esente dal razionalismo che intendeva il medioevo oscuro e senza ragione, in netta contrapposizione al Rinascimento.

v.114: differenza fra culto cristiano medioevale oscurantista e il paganesimo.

v.124: lustrali sono le acque purificatrici per addolcire ai morti i viaggi nell'aldilà.

v.130: Nelson: perché lo invoca Foscolo? Perché Foscolo era contro l'Austria.

v.137: l'Inghilterra è un paese civile. La civiltà in Italia è dimenticata, i governanti sono servi dei padroni stranieri. Dove manca la civiltà, dove c'è la paura, è inutile avere tombe, non ha più significato. Foscolo si augura una fine diversa. Non vuole vendersi.


vv.151-212

Foscolo introduce Firenze fortunata perché gode di clima e ambiente naturale gradevole e perché ospita il sacrario di S. Croce che ospita i resti di grandi uomini.

Ghibellini: imperatore

Guelfi: papa.

Guelfi neri: papa entrambi i poteri

Guelfi bianchi: papa con solo potere spirituale

Il papa pretendeva di aver il potere spirituale e temporale. Dante era ghibellino perché non voleva un papa con potere politico. Editto di Costantino: il cristianesimo diventa obbligatorio alla provincie dell'impero.

v.197: inserto sulla battaglia di Maratona. Non ha nulla di poetico, anzi è un po' retorico. Le parche sono 3 donne che filavano il destino degli uomini.

ALL'AMICA RISANATA

Temi neoclassici e mitologici. E' la maturità poetica del Foscolo perché le odi stanno come un anello di congiunzione tra i 4 maggiori sonetti e I sepolcri. Inizia con una citazione mitologica. Dai temi neoclassici della I strofa passa a quelli pre-romantici della II. Le menti dei mortali sono nate per illudersi inutilmente.


ALLA MUSA

Un nuovo Foscolo, con in più l'esperienza del dolore e riconosce che questo dolore è fonte d'ispirazione per la poesia. Temi: disillusione, esilio, tomba. Questo sonetto è legato alle odi. Non lo è nelle terzine: è un auto approfondimento psicologico.


NOTTI D'ANGOSCIA

Temi: noia, irrimediabilità, disperazione. Cause della disperazione: solitudine (come in Petrarca), la fortuna contraria, disillusione in campo civile e amoroso. Si abbandona vicino ad un torrente. C'è una stonatura, un verso tratto dal Lamberti: vuole indicare che quando crolla l'ultima illusione crolla l'ispirazione poetica e perciò prende a prestito quel verso.


LE ODI

Fanno parte dei sonetti più importanti: sono componimenti che costituiscono l'apice del Foscolo neoclassico.

La I è a Luigia Pallavicini, è quella più neoclassica dove il Foscolo viene a creare un mito dal nulla, esercitando la sua capacità mito-poietica. Per questa prima ode si è ispirato a una fatto di cronaca: è di una donna che cade da cavallo, il cui viso resta deturpato. Foscolo non conosce questa donna ma si interessa a lei perché, eternando attraverso la Poesia questo mito della Bellezza, che non muore, riesce a farlo rimanere eterno grazie alla poesia. Trattandosi di un ideale, la bellezza non è in grado di rendere eterna la donna. Foscolo afferma che tre dee sono diventate tali pur essendo mortali perché con la loro bellezza si sono fatte contemplare. L'ode inizia con una vocazione al mito di venere citerea (originaria di Citera). E' richiamato il mito quando Venere si era innamorata di Adone, un cacciatore; Apollo, geloso di lui, lo trasforma in cinghiale per poi farlo sbranare dai suoi cani. Dopo la caduta da cavallo Foscolo interpella le tre grazie simbolo di bellezza.

A LUIGIA PALLAVICINI CADUTA DA CAVALLO

Inizia con un clima mitologico che poi si diffonde attraverso i personaggi. La bellezza richiama amore. L'arco risuona del grande rumore, l'arco di Apollo. Episodio della vita di Luigia.

Inventa la leggenda di Ippolito: il cavallo si impenna, esce dall'acqua e getta la ragazza mezza morta sulla riva. Muoia che ha osato affidare alla donna un cavallo inaffidabile e invitò con decisione crudele un pericolo per la bellezza: Inventa un mito per rendere omaggio alla bellezza.


ALLA SERA

Momento di serenità profonda: la notte è sempre serenatrice in questo periodo, anche perché gli permette di sperimentare l'esperienza a priori della morte: prefigurazione della morte. La sensazione romantica e il modo sensista con cui era cresciuto sono in opposizione. Dopo la morte non c'è niente per tutta l'eternità, ma non era capace di credere totalmente nel nulla: allora elabora I sepolcri.

LE GRAZIE

In proseguimento, e almeno nelle intenzioni dell'autore, in approfondimento della lirica dei Sepolcri, avrebbe scritto l'altro carme "Le Grazie", cui Foscolo pensava almeno dal 1802, che portò parecchio innanzi, al 1812-14 e che sperò sempre di terminare rassegnandosi a lasciarlo incompiuto, con notevole incertezza circa l'ordinamento definitivo. E' un'altra interpretazione politica della storia dell'umanità, vista attraverso il suo incivilimento di cui le grazie sono il simbolo. Tuttavia la salda compattezza ideale dei Sepolcri qui manca, rispecchiando nella stessa frammentarietà dell'opera latina, dubbi dell'autore; anche l'espressione poetica si fa più diversa, più legata e sottile, quasi a captare le vibrazioni più recondite dei suoni e lontana dalla magnanimità (non magniloquenza) dei Sepolcri. Il giudizio sul carme è reso più difficile dalla sua condizione di abbozzo, dalla presenza di un mare di varianti e riferimenti, di equivoci che possono nascere in noi leggendo i frammenti, compiuti come poesie a sé stanti, quindi con il fascino romantico della rovina, risultato a cui Foscolo non mirava di sicuro. D'altronde anche nell'asserire che Foscolo non mirava al frammento occorre una certa cautela perché il carme fu elaborato per frammenti destinati poi ad essere collocati e raccordati e ad un certo punto si accorse che forse non gli bastavano più a tanta fatica. Le grazie rimangono quindi l'estremo tentativo di dare vita e respiro agli antichi miti inserendoli nella storia degli uomini, anche degli uomini d'oggi con una ricchezza di versi splendida ma talvolta rischiosa, nei confronti della potente semplicità dei Sepolcri.


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