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L'evoluzione del concetto di documento bibliografico




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L'evoluzione del concetto di documento bibliografico


Evoluzione del concetto di documento bibliografico in ambito digitale


I documenti sono le entità che compongono l'universo bibliografico. La scienza dell'informazione, a partire da Shera nel 1951, ha definito i documenti come messaggi contenitori di informazione in forma registrata. Già Otlet e La Fontaine ed i primi documentalisti, ricorda Santoro (Tradizioni culturali e risorse elettroniche), rivendicavano che l'informazione non si trova solo nei libri. La centralità del documento è stata successivamente ribadita da altri autori, come Briè e Salton, con una discussione che ha cercato, anche in Italia, di definire i rapporti tra documenti, dati ed informazione. Mentre Ranganathan escludeva dal novero dei documenti le trasmissioni radio e televisive, le statue ed altri oggetti tridimensionali poiché non erano registrazioni da conservare, oggi si considera documento (Buckland 1997) ogni entità fisica, di qualunque forma e materiale, in cui siano state registrate delle informazioni. Rientra quindi in questa definizione ogni documento multimediale.


Un'evoluzione significativa nel concetto di documento è stato il Docuverso: la visione fu di Theodore Nelson l'inventore del planetario Xanadu. Tutto può essere considerato documento, ogni elemento nell'universo può essere considerato come contenente informazioni ma per chi le sa leggere. Quale è il confine - si chiede Ridi - tra docuverso e l'universo degli oggetti privi di dimensione documentaria? Tutto ciò che affiora nel Web può essere considerato una pubblicazione? Nell'iperdocumento e con l'ipertesto è il lettore ad acquistare rilevanza, a diventare quasi un coautore.


Fondamentale per uscire da una rappresentazione del testo come stabile, ideale, svincolato da ogni materialità è stato l'apporto di MacKenzie (Bibliography and sociology of text 1986) uno studio che ha posto l'accento su come le variazioni di interpretazione di un testo nell'atto della lettura non dipendono solo dal lettore ma anche da forme materiali attraverso cui il testo è trasmesso: 'Foms effect meanings'. Chartier (Cultura scritta e società 1999) riprende questo concetto, descrivendo l'evoluzione dal rotolo, al codice e quindi al libro elettronico.


La rappresentazione elettronica dei documenti modifica completamente la condizione di questi: alla materialità del libro, sostituisce l'immaterialità di testi privi di un luogo specifico; ai rapporti di contiguità imposti dall'oggetto stampato oppone la libera composizione di frammenti manipolabili all'infinito: il lettore diventa coautore; alla percezione immediata della totalità dell'opera resa visibile dall'oggetto che la contiene, fa succedere una navigazione di lungo periodo in arcipelaghi testuali dai contorni in movimento.


Opportunità e problematiche del documento digitale

L'evoluzione del documento digitale (o risorsa digitale) ha dato opportunità ma anche ha dato spazio al sorgere di problemi.


L'utopia ricorrente per l'umanità della Biblioteca di Alessandria, come contenitore di tutta la conoscenza universale, definita in modo innovativo in giorni più vicini a noi da Bush con il Memex, può essere realizzata dalla Biblioteca digitale. L'accesso personalizzato e senza limiti di spazio e tempo per l'utente, altro mito perseguito e mai raggiunto, potrebbe trovare la sua realizzazione.


Tuttavia, i problemi uguagliano le opportunità.

a) Uno dei nuovi problemi riguarda la natura del documento digitale. Lo stesso documento può essere memorizzato in diversi formati, equivalenti e con possibilità di conversione da uno all'altro. Altre volte diversi formati contengono diversa informazione. Possono essere una copia di un libro, video, registrazione sonora, testo o immagine in Internet, manoscritto o un dipinto. Si parla di copie, termine che implica che l'entità fa parte di un insieme di entità simili. Integrazione: tutti i documenti devono essere descritti in modo simile, prescindendo dal supporto. Interazione richiede un'organizzazione efficace per l'utente. Integrabilità ed interattività non sono indipendenti, dice Ridi dal momento che un sistema ipertestuale deve essere aperto verso l'esterno al valore aggiunto portato dai lettori.

b) Il documento può non avere una vita indipendente come un articolo in un periodico o una mappa in un atlante. Documenti singoli possono essere raccolti in un insieme che di per sé è un'entità bibliografica: opere, edizioni, superopere, autore e soggetto. Relazioni parte/tutto, sequenza, ecc. granularità: pagine, indice, illustrazioni.

c) Un documento tradizionale, ad esempio un libro, coincide con un oggetto fisico, ha una fine ed un principio e l'informazione che contiene è definita da questi; c'è quindi contiguità fisica nel libro. Invece un documento digitale come un documento ipertestuale è instabile, dinamico e senza confini definiti se non l'architettura delle banca dati che lo contengono. Differenti versioni vengono create continuamente. I documenti senza confini, dinamici, che crescono in continuazione e che si aggiornano in alcune parti hanno problemi di identità: non si può mantenere identità nel flusso. Il problema non è solo filosofico: quello che è difficile definire è anche difficile da descrivere e quindi da organizzare.

d) Ogni documento ha associati diversi diritti e licenze di accesso. La grande facilità di manipolazione richiede attenzione a controllare problemi come la pirateria ed il plagio.

e) La maniera in cui gli utenti accedono all'informazione dipende, oltre che dalla loro esperienza, dall'infrastruttura e dal computer.


Non è quindi solo il supporto che cambia, ma la produzione e la riproduzione dei documenti, la loro gestione e preservazione ed il modo di accesso e lettura. In realtà ancora oggi abbiamo uno sfruttamento solo parziale delle attuali possibilità delle tecnologie informatiche.


Indipendenza dal modello tradizionale, continuità nella tradizione

Nella gestione ed uso della risorsa digitale occorre avere attenzione al passato, dice Chartier, per la comprensione ed il controllo della rivoluzione elettronica, oltre che per il corretto inserimento nella storia.


Il tentativo è stato quello di assimilare la gestione dei documenti alla scienza dell'informazione e di integrare tale scienza nel processo di comunicazione. In particolare in Italia un vivace dibattito è sorto intorno alla disciplina documentazione: Serrai e Bisogno espressero i loro diversi punti di vista. Per Serrai bibliotecari e documentalisti hanno lo stesso obiettivo ma usano strumenti diversi (in modo figurato sono entrambi pescatori ed usano l'amo o le reti strette per pescare); per Bisogno invece, continuando la metafora, i documentalisti non sono pescatori ma cacciatori e quindi è l'obiettivo diverso e le tecniche documentarie non sono assimilabili alle tecniche convenzionali. Petrucci, successivamente, tentò di definire il documento come tutto ciò che rappresenta ed esprime per mezzo di segni entità informative.


L'impatto nei fondamenti teorici-disciplinari


Al problema dell'organizzazione dell'informazione, Panizzi dedicò un progetto di costruzione di un catalogo da lui trasmesso alla Commissione reale nel 1847 e con lo scopo di mettere insieme documenti simili e differenziarli da altri. Spetta a Cutter tuttavia il merito di aver definito nel 1876 gli obiettivi di un sistema bibliografico, in particolare focalizzando l'utente come criterio base:

- rendere capace una persona di trovare un libro di cui conosce l'autore, il titolo, il soggetto - mostrare cosa la biblioteca ha di un dato autore, un dato soggetto, in un tipo di letteratura - assistere nella scelta di un libro, riguardo all'edizione o al carattere.


Nel 1997, un gruppo di studio nell'IFLA ha modernizzato e riformulato gli obiettivi di un sistema bibliografico nelle seguenti quattro funzioni- obiettivo essenziali:

- trovare entità che corrispondono ai criteri di ricerca stabiliti dall'utente (cioè localizzare uno o un insieme di entità in un archivio o una banca dati come risultato della ricerca usando un attributo o una relazione dell'entità) - identificare un'entità (confermare che l'entità descritta in un record corrisponde all'entità pensata o distinguere tra entità con caratteristiche simili) - selezionare un'entità appropriata per i bisogni dell'utente (scegliere l'entità che incontra i requisiti dell'utente rispetto al contenuto, formato fisico o respingere un'entità non adatta) - acquisire o ottenere l'accesso all'entità descritta (attraverso acquisto, prestito o acceso elettronico in linea).

In cosa differisce, secondo Svenonius (The Intellectual foundation of information organization, 2000) rispetto alla tradizionale funzioni bibliotecarie?:


generalizza il vocabolario ad un ambito digitale, non solo libri

rimuove la restrizione dei criteri di ricerca ad autore titolo e soggetto

sostituisce selezionare invece di assistere nella scelta

risolve l'ambiguità dell'obiettivo tradizionale di trovare, che poteva essere inteso sia come trovare la localizzazione di un documento in una banca dati, sia identificare un documento o accertare la disponibilità del documento.


Il generico trovare è quindi specificato in tre obiettivi.

Permangono delle ambiguità, sempre secondo Svenonius, nello sforzo di rompere con la tradizione: - non si specifica le entità che devono essere trovate ma questo compito viene rimandato all'utente. Tuttavia, per costruire una banca dati è necessario determinare l'ontologia che corrisponde ai bisogni dell'utente e non viceversa. - Un quinto obiettivo è necessario e riguarda la navigazione. Questo deriva sia dalla ricerca sul comportamento dell'utente (scaffali aperti, classificazioni), sia dall'analisi dei tradizionali codici di descrizione bibliografica (relazioni tra opere o tra nomi come autore e soggetti).

Viene quindi ribadita la necessità dell'indipendenza dal modello tradizionale librocentrico, ma anche la continuità nella tradizione, insieme all'estensione a nuove funzioni come la navigazione.


Dalla biblioteca tradizionale alla biblioteca digitale

Luoghi privilegiati di conservazione e di organizzazione e comunicazione di un patrimonio di cultura e di informazione, le biblioteche sono oggi interessate dall'impatto delle nuove tecnologie. L'introduzione del computer ha riguardato l'informatizzazione dei cataloghi (anni 70) e la proposta di accesso diretto da parte del pubblico (anni 80). Ma quello che ha cambiato e rende indispensabile una riflessione di fondo è l'ingresso in biblioteca dei documenti elettronici. E' questa evoluzione che porta dalla Biblioteca tradizionale alla Biblioteca digitale.


E' cambiato la natura degli oggetti da organizzare e, di conseguenza, i modi di questa organizzazione. Il problema su cui riflettere è: su quali punti la missione tradizionale delle biblioteche viene trasformata e con quali conseguenze? C'è indipendenza dal modello tradizionale pur conservando continuità nella tradizione?


Secondo Gorman, le biblioteche di tutto il mondo stanno impegnando risorse sempre maggiori per fornire accesso a risorse digitali e per istruire l'utenza ad usarle: tutto ciò a scapito della collezione e dei servizi tradizionali. La sua posizione è d'altra parte contrastata da molti autori che trovano in questa estensione di risorse e servizi una complementarietà e sussidarietà rispetto ai servizi tradizionali delle biblioteche (Eco, Chartier, Lynch, Arms). Praticamente, come può essere realizzata questa complementarietà che va a tutto vantaggio dell'utente e dei suoi bisogni?


Il problema sembra essere quello di gestire la transizione verso un destino (inevitabile?) tutto digitale, con cautela ed una gestione accorta. Bisognerebbe porsi la domanda: quali servizi digitali l'utente desiderebbe avere in biblioteca?


L'accesso ad Internet non ha reso inutile la costruzione di una collezione digitale filtrata e selezionata: l'illusione della compiutezza di un universo accessibile di documenti si accompagna per gli utenti ben presto alla vertigine dell'inafferrabile ed all'ansia dell'overload di informazione.

Il filtro di qualità è realizzato dalla selezione, indicizzazione, conservazione attuato dalle biblioteche. Il filtro non è censorio, ribadisce Eco, ma è il servizio di un agente esperto.


L'interazione per Gorman è tra catalogazione e garanzia di conservazione, mettendo in primo piano la necessità di un sistema bibliografico certo al mutare di oggetti dinamici. Il filtro si applica sia a risorse a pagamento che a risorse a libero accesso, accessibili ora ed in futuro. Mentre tuttavia prima si lavorava su una collezione inventariata e tutto l'iter del libro si basava sul supporto fisico, anche con metodologie diverse ad esempio tra libri e periodici, ora la collezione va organizzata tenendo presente l'accessibilità tecnica, la possibilità di link all'infinito, l'universo instabile delle risorse digitali. Arms è l'autore che definisce le migliori pratiche oggi realizzate per l'architettura della biblioteca digitale, mentre standard come l'OAI garantiscono l'integrabilità delle collezioni distribuite. Queste ulteriori difficoltà tecniche, in parte sono compensate dal pensiero che la collezione non potrà essere rubata, o lacerata; tuttavia la preservazione dovrà essere una cura costante.


Accanto agli standard, sono usati altri sistemi di descrizione e gestione delle risorse digitali. Anche su questo Gorman esprime le sue critiche, banalizzando tuttavia il problema ad una questione economica e di quantità di informazione. In realtà l'esistenza di altri sistemi come il Dublin Core è stata resa necessaria dall'interazione della complessità e molteplicità dei documenti e dalla necessaria interazione di comunità virtuali di utenti. Il catalogo informatico o meglio il catalogo dell'accesso, tende ad assomigliare ai motori di ricerca. Con la differenza che vuole evitare il rumore, pur se cerca di evitare il silenzio. L'obiettivo è quindi simile a quello perseguito dai motori di ricerca e ciòè dare il maggior numero possibile di risposte pertinenti ma. Allo stesso tempo, mirare alla qualità se non all'eccellenza.


La posta in gioco è la nozione tradizionale di collezione bibliografica, concepita come un insieme circoscritto, costruito a priori;  la soluzione finora adottata è stata quella di una selezione di siti come collezioni repertoriate classificate talvolta integrate insieme nel catalogo delle pubblicazioni possedute. Entrano in questa collezione sia risorse gratuite che risorse in abbonamento in accesso controllato: questo non deve essere considerato una forma censoria ma piuttosto un buon fondamento del percorso selettivo . Due tipi di risorse digitali sono accessibili nel catalogo:

una selezione di CDROM e di siti Web (come anche i documenti negli scaffali);

un insieme di link organizzati tematicamente ed aggiornati sul sito della biblioteca.

Non contrapposte ma complementari alla collezione esistente Ad esempio: indici in linea delle riviste su carta, link per discipline non presenti nella collezione, allargare il ventaglio di titoli, gli orizzonti geografici e linguistici, quindi offerta parallela.


La cooperazione è l'appello costante e le migliori realizzazioni di biblioteche digitali vedono ormai non più biblioteche isolate di fronte a questi compiti ma consorzi e federazioni.


Accesso

Il documento digitale investe prioritariamente il problema della gestione dell'accesso. Deve infatti essere tradotto in un formato leggibile dalla macchina e restituito in forma visibile all'uomo. Ciò richiede l'adozione di standard internazionali. Inoltre il testo su schermo è ancora, per il ritardo di un uso esteso delle opportunità tecnologiche, un testo chiuso, stabile, finito. Tuttavia permane la difficoltà di non poter sfogliare un testo in linea ma solo attuare una consultazione approfondita; spesso i bibliotecari predispongono una scheda analitica del contenuto, per ovviare a questo cambiamento di abitudini di lettura.


Come evitare che l'utente si perda? Oltre alla necessità di rendere l'utente in grado di usare al meglio le risorse digitali, altre limitazioni si trovano nella scarsa disponibilità ad esempio di posti di accesso. Il bibliotecario si trasforma da gestore di fondi a facilitatore della ricerca, prestatore di servizi, anche educatore. La scarsa capacità di utilizzazione dei mezzi tecnici è uno dei problemi maggiori in cui i bibliotecari si confrontano, mentre il problema del diffuso analfabetismo nella ricerca dell'informazione è stato finora dissimilato dall'apparente facilità di uso del Web e dalla capacità di attrazione dei motori di ricerca di Internet.


Preservazione

La difficoltà di conservazione e il continuo aggiornamento di Internet scuote il principio di perennità della collezione bibliografica. In realtà le biblioteche già da vari anni hanno il problema della carta acida e, paradossalmente la digitalizzazione viene vista come alternativa di conservazione.


Un tutto vivente, il principio di coerenza resta centrale per la nozione di collezione, implica stabilità, difficile da assicurare, verificare validità link. Parte crescente delle biblioteche mira al digitale per conservare, soprattuto per i periodici. Il vantaggio per la biblioteca è risparmaire spazio, per l'utente è quello di poter avere accesso a distanza, e opportunità estese di ricerca nel testo. L'accesso è tuttavia limitato dai contratti per licenze di accesso e può scadere dopo l'interruzione dell'abbonamento, oppure per la scomparsa del titolo e dell'editore.


Conclusioni

Viene quindi ribadita la necessità dell'indipendenza dal modello tradizionale librocentrico, ma anche la continuità della Biblioteca digitale nella tradizione della funzione della Biblioteca tradizionale di selezionare le fonti di qualità, organizzarne l'accesso e facilitare l'utente nel recuperarle, anche garantendo la preservazione, insieme all'estensione a nuove funzioni come ad esempio la navigazione, l'educazione dell'utente, la digitalizzazione di documenti analogici.


Le biblioteche non possono pensare di gestire questa difficile transizione da sole e non possono neppure permettersi di evitare il cambiamento necessario, in attesa di trovare le risposte alle problematiche poste dalle risorse digitali e dai servizi connessi.


Letture di approfondimento


MacKenzie Bibliography and sociology of text 1986


Chartier Cultura scritta e società 1999



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