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I Promessi Sposi ed il romanzo storico dell'ottocento




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I Promessi Sposi ed il romanzo storico dell'ottocento



Premessa


Il romanzo di Alessandro Manzoni, ambientato nei dintorni di Lecco, a Milano e nel Bergamasco, negli anni tra il 1628 e il 1630, presenta la struttura tradizionale dell'amore contrastato di due giovani che, dopo una serie di peripezie, riescono a sposarsi.

Mancano gli elementi erotici e l'avventura è essenzializzata; in compenso il romanzo si colloca entro un sistema di valori etici e religiosi molto forti e dentro una realtà sociale e storica carica di elementi negativi, ma anche capace di rivelare nuove figure sociali (l'operaio-contadino intraprendente e capace di costruirsi un nuovo avvenire: Renzo padrone della filanda) che hanno a che fare con gli orizzonti sociali dell'Ottocento e, indirettamente, col Risorgimento.

La grandezza dell'opera sta soprattutto sul piano linguistico: con I promessi sposi Manzoni dette all'Italia l'istituto di una lingua nazionale, svolgendo un ruolo analogo, sul piano culturale, a quello che altri svolsero sul piano politico attraverso il compimento dell'unità d'Italia.

Resta il fatto che la lingua di questo romanzo è diventata la lingua dei dizionari e delle grammatiche, oltre che un modello per gli scrittori successivi. E siccome Manzoni, nel raccontare la sua storia, si fece per così dire occhio di Dio, visse con particolare scrupolo il problema della verità storica.



Il Romanzo Storico in Europa


Il romanzo storico nasce, come genere tipicamente romantico, al principio del XIX secolo.

Già nel '600 e nel '700 si erano scritte opere a "sfondo storico" e con personaggi storici, ma in essi la storia ha la funzione di pretesto e/o di cornice, di sfondo per lo svolgimento dell'intreccio, ma del periodo storico non ci si preoccupa di creare la vera atmosfera.

Al contrario il romanzo storico ottocentesco risponde all'esigenza del Romanticismo di ravvivare l'attenzione per la storia, di rivalutare le tradizioni.

popolari e nazionali. La maggior parte dei romanzi si ispirano quindi a personaggi e a momenti del medioevo, ritenuti utili per comprendere il presente.


In Gran Bretagna "fondatore" del romanzo storico è considerato lo scozzese Walter Scott (1771 - 1832). Nelle sue opere egli utilizza fiabe, leggente, canti popolari, ma, anche, si documenta in modo accurato sui fatti storici, ed è così in grado di ricreare l'atmosfera, ricostruire l'ambiente. I suoi romanzi più famosi furono Ivanhoe e Quentin Durward.


In Germania Willibald Alexis scrisse una serie di opere note con il nome di Romanzi Brandeburghesi, (un'epopea storica dei Brandeburgo), in cui l'attenzione dello scrittore non era solo rivolta ai grandi della storia, ma anche alle masse. Fu traduttore di Scott.


In Russia Alexander Puskin introduce il romanzo storico con La figlia del Capitano. L'autore realizza un'opera pregevole, riuscendo sia nell'intreccio che nella descrizione a ricreare il mondo della tradizione russa e a superare gli schemi di Scott.


In Francia attraverso la forma del romanzo storico prende l'avvio la narrativa moderna. Figura di primo piano è Stendhal, che critica duramente alcuni aspetti tipici di questo genere di romanzo: le vicende patetiche e melodrammatiche, il pittoresco. Per l'autore la storia è fredda cronaca, mentre il romanzo è vero documento, perché è in grado di rievocare concretamente, attraverso le vicende degli uomini, l'atmosfera di un'epoca. L'originalità di Stendhal si rivela nella scelta di rappresentare l'epoca in cui vive, in modo che il lettore ne riconosca e riviva l'atmosfera.

Questa tendenza a "storicizzare" il presente o il passato recente (La Certosa di Parma) segna il superamento del romanzo storico classico e l'avvio verso il romanzo sociale psicologico.

Questa via sarà seguita da altri scrittori dell'Ottocento, quali Balzac, Hugo, Ippolito Nievo, Tolstoj.

Victor Hugo, si avvicina al genere storico, con il romanzo Notre Dame de Paris, romanzo tipicamente romantico: ambientato nel medioevo, con la sua architettura e il gusto del pittoresco e l'irrazionalità delle passioni.

Nel 1862 viene pubblicata la sua opera più nota, I Miserabili, ambientato in Francia, nel periodo post-napoleonico, che si ricollega a Stendhal per la trattazione degli avvenimenti più recenti. Caratteristica di Hugo è la concezione della storia come "maestra di vita".

Anche Honoré de Balzac, all'inizio comporrà romanzi che "alla Scott", ma presto rimane affascinato dal realismo di Stendhal e comincerà ad analizzare la vita sociale e privata della Francia attraverso la narrazione di vicende di personaggi semplici, comuni, osservati e descritti nelle manifestazioni quotidiane della vita.





Il Romanzo Storico in Italia


Alle origini del romanzo storico in Italia stanno le opere dello scrittore scozzese Walter Scott, che lanciò la moda di questo genere letterario in Europa. numerosi furono, infatti, i libretti d'opera tratti dai romanzi di Scott, e uno venne perfino tratto dal Marco Visconti di Tommaso Grossi. Di Scott, Gaetano Donizetti musicò Kenilworth nel 1829 (Elisabetta al castello di Kenilworth).


Ad aprire la serie dei romanzi storici in Italia era stato, nel 1822, Davide Bertolotti con La calata degli Ungheresi e con L'isoletta dei cipressi, anche se si trattava di romanzi ancora immaturi. Il 1822 è anche l'anno in cui comparve la traduzione dell'Ivanhoe (pubblicato in Inghilterra nel 1820) Il romanzo storico dominò la produzione letteraria degli anni Trenta e Quaranta e si esaurì verso il 1860.


Il successo di questo tipo di narrazione deve molto all'impatto provocato dai Promessi sposi: i romanzi storici, schematici e poco sofisticati sul piano narrativo, puntavano soprattutto sulle emozioni forti. Enorme successo di pubblico e critica ebbe anche il Marco Visconti (1834) di Tommaso Grossi, da lui dedicato a Manzoni. Fortunato fu pure il romanzo storico-patetico Margherita Pusterla (1838) di Cesare Cantù, opera che Silvio Pellico definì 'il romanzo più popolare in Italia dopo i Promessi sposi'.


Oltre a questi vanno ricordati almeno i romanzi storico-patriottici di Massimo d'Azeglio (Ettore Fieramosca, 1833, e Niccolò de' Lapi, 1841) e i romanzi storici di Francesco Domenico Guerrazzi (tra gli altri, L'assedio di Firenze, 1836; Veronica Cybo, 1838; Pasquale Paoli, 1860).





Completamente diverso è l'approccio alla dimensione storica in Cento anni (1857-1858) di Giuseppe Rovani e in Le confessioni d'un italiano (pubblicate postume nel 1867) di Ippolito Nievo. La forma di questa tipologia di romanzo è centrata sulla rappresentazione di vicende e personaggi che appartengono a epoche storiche precise e ricostruite con cura.


A volte vicende e personaggi sono storicamente reali, ma le prime si sviluppano lungo direzioni romanzesche e dei secondi viene messa al centro la dimensione passionale. Altre volte si tratta di vicende inventate ma inserite in un contesto storico reale, ricostruito non senza passione antiquaria. Una delle intenzioni del romanzo storico è, infatti, quella di ricostruire la fisionomia di un'epoca storica con documentazioni attendibili.


Sulla nascita in Italia del romanzo storico influì, in ambito extraletterario, la mutata concezione della storia, allora intesa come processo dinamico capace di interpretare il presente e chiarirne condizioni e contraddizioni. Tale orientamento storiografico si combinò con l'esigenza di contribuire, attraverso un confronto con un pubblico ampio, all'educazione civile del popolo, esigenza questa tipica di tutta l'età risorgimentale.

Tuttavia i due perni del romanzo storico continuarono a essere la fanciulla perseguitata e l'amore contrastato, a testimonianza del fatto che la componente sentimentale - romanzesca fu quella fondamentale e prevalente.

Inoltre, paradossalmente, la dominante fatalità degli eventi narrati o la presenza di un'ideologia che spiega e giustifica gli eventi in una dimensione extrastorica rivelano una radicale sfiducia nella storia da parte degli scrittori italiani.


In ogni caso, il romanzo storico si diffuse in età romantica soprattutto per la nuova attenzione riservata alla storia delle nazioni e per una curiosità specifica verso il Medioevo.

L'ottimismo risorgimentale che accompagnò la fioritura del romanzo storico si manifesta, sul piano della narrazione, in due tratti distintivi: il punto di vista onnisciente del narratore, che conosce non solo i fatti ma anche le vibrazioni più segrete dei personaggi; e l'uso delle digressioni, cioè quelle pause di natura riflessiva e moraleggiante che si possono spiegare solo con l'onniscienza del narratore.


I caratteri dominanti del romanzo sono di natura romantica: atteggiamenti melodrammatici e pose teatrali, la corrispondenza tra ambiente e avvenimenti, l'iperbole sentimentale, il paesaggio psicologizzato, la funzione scenografica delle descrizioni ambientali, la rigidità dei caratteri.


Già negli anni Quaranta, però, la narrativa storica di ispirazione medievale si andava cristallizzando in schemi ripetitivi. Lo stesso Manzoni nel

saggio Del romanzo storico nel 1845 dichiarava finito questo genere di romanzo, in quanto non rigorosamente storico e, quindi, non attendibile.

Superata la metà del secolo, con la fine del Risorgimento, il genere è ormai in piena decadenza e i romanzieri tendono ad avvicinarsi ad un passato più recente o addirittura al presente, raccontando storie, i cui protagonisti rispecchiano fedelmente la vita della società contemporanea.



I Promessi Sposi come innovazione del romanzo storico


Quando Manzoni, nel 1821, concepì il progetto del suo romanzo, in Italia ancora il genere del romanzo storico era pressoché sconosciuto: di ritorno da Parigi, Manzoni lesse con attenzione il romanzo di Scott e scrisse all'amico Claude Fauriel una lettera dove esprimeva le sue opinioni in proposito.


La passione per l'indagine storica, che nelle due tragedie manzoniane si era concentrata sui protagonisti della storia ufficiale successivamente si orientò verso gli 'umili', le persone anonime, i popolani. Questa scelta fu motivo di non poche critiche fra i contemporanei, ma costituì uno degli aspetti più innovativi del romanzo manzoniano all'interno del panorama letterario italiano dell'Ottocento.


I Promessi Sposi sono ambientati nel Seicento. Questo secolo si può considerare, più che lo sfondo, il vero protagonista del romanzo. Esso è presente nei suoi aspetti più caratteristici.

Il Ducato milanese era allora sotto il dominio della Spagna, ma i veri padroni erano i potenti, i signorotti piccoli e grandi che circondati di sgherri, i bravi, facevano quello che volevano, ridendosene della giustizia.

Gli umili vivevano nel timore e nella miseria, resa ancor più grave dai raccolti scarsi e dagli sperperi per la guerra.

Si giunse così alla carestia e a vere e proprie sommosse popolari, come quella di Milano, alla quale tenne dietro la peste che seminò strage e dolore.

A questi avvenimenti si mescolano e si intrecciano le vicende di Renzo e Lucia, e spesso la loro piccola storia privata sembra scomparire, sommersa nella grande storia di tutta l'epoca.


Il Manzoni ambienta la vicenda nella Lombardia del 17° secolo per far luce su una delle più buie e meno note della storia italiana. Infatti, questo secolo, che aveva fornito prova della nefandezza più crudele e svergognata e nel quale erano prosperati i pregiudizi più assurdi ma anche l'esercizio delle virtù più toccanti, si prestava all'ambientazione di un romanzo che doveva commuovere e far riflettere il lettore.


Manzoni sottolinea il ruolo storico della Chiesa nel Seicento, accanto ai personaggi deboli e

inetti come Don Abbondio, vengono presentate anche figure luminose come quella di Fra Cristoforo e del Cardinale Borromeo, le quali esprimono la forza morale della Chiesa, istituzione in grado di arginare o di combattere le prepotenze e l'arroganza dei potenti e di soccorrere gli oppressi.


Con I Promessi Sposi il genere subisce una trasformazione: nasce il romanzo moderno caratterizzato dal progressivo scomparire dell'elemento avventuroso, sostituito da una narrazione realistica su base documentaria.

Il capolavoro del Manzoni è un esempio di rigorosa ricostruzione storica, in cui anche i personaggi frutto di fantasia paiono veri e credibili e contribuiscono alla ricostruzione del passato.


Manzoni segue la via aperta da Scott (epoche passate), ma decisamente la supera nei profili dei suoi personaggi, nella capacità di costruire la vicenda.

Nuovi sono i protagonisti del romanzo: non i potenti, ma gli umili e gli oppressi, che per la prima volta fanno sentire la loro voce. Se i potenti compaiono, sono in funzione della vicenda, degli umili, che sono i veri protagonisti.

Nuova la lingua: più vicina all'uso vivo del parlare quotidiano dei fiorentini colti, e quindi, comprensibile, moderna, popolare, perché l'opera d'arte deve saper parlare alla gente comune, a un vasto pubblico di lettori.



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