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Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831)




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Georg Wilhelm Friedrich Hegel


Opere principali

Differenza fra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling (1801), Fenomenologia dello spirito (1807), Scienza della logica (1812-1816), Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817), Lineamenti di filosofia del diritto (1821).

Gli scritti giovanili, composti fra il 1793 e il 1800, sono rimasti inediti, scoperti e pubblicati nel 1907 da Hermann Nohl sotto il titolo generale di Scritti teologici giovanili; comprendono: Religione e popolo, Vita di Gesù, Positività della religione cristiana, Lo spirito del cristianesimo e il suo destino.

Dopo la morte di Hegel gli allievi riordinarono gli appunti delle sue lezioni e pubblicarono: Lezioni sulla filosofia della storia, Lezioni di estetica, Lezioni sulla filosofia della religione, Lezioni sulla storia della filosofia.

Gli scritti giovanili

Una ricostruzione della filosofia hegeliana che miri alla sua comprensione deve partire dalle opere giovanili, non perché ne rappresentano l'origine, ma perché mettono in evidenza interessi culturali studi, problemi del giovane Hegel e permettono così di intenderne meglio il pensiero. Col termine 'scritti giovanili' vengono compresi i lavori di Hegel che precedono il 1801, anno in cui comincia l'insegnamento universitario a Jena e collabora con Schelling al Giornale critico della filosofia.

Nei lavori giovanili di maggior impegno Hegel distingue fede e religione; la prima indica l'annullamento dell'uomo nella divinità, la seconda invece la possibilità dell'uomo di essere parte del divenire universale, di riappropriarsi della vita. Il popolo ebraico incarna l'esempio della fede: allontanandosi da Dio si è estraniato anche dagli altri popoli e da se stesso la legge divina gli è diventata estranea e nemica. Il popolo greco rappresenta un esempio di religione: la sua concezione del destino è opposta a quella ebraica, l'ostilità del fato nasce da una contraddizione interna all'uomo stesso, il peccato, che nella cultura ebraica è l'offesa a Dio, nel mondo greco è invece un'offesa che l'uomo compie contro se stesso; in questo modo egli non è condannato per l'eternità, può riscattarsi riconciliandosi con se stesso.

Fra questi due estremi si pone il cristianesimo che attraverso l'amore riconcilia Dio con l'uomo: la religione predicata da Gesù è un legame d'amore fra gli uomini che ha come perno la sua persona; attraverso l'amore ragione e sentimento si fondono e la vita acquista il senso di un'esperienza concreta che si rinnova perennemente.

Nell'ultimo scritto giovanile, il Frammento di sistema, Hegel considera la religione come elevazione del finito all'infinito; se questi due termini fossero separati non sarebbe possibile la loro riunificazione; gli opposti devono contenere qualcosa di comune che renda possibile una loro sintesi.

La dialettica

La tensione finito-infinito trova una sistemazione generale nelle opere mature a partire dalla Fenomenologia dello Spirito.

La forza della soluzione hegeliana è data dalla corrispondenza fra la natura dell'Assoluto e quella del processo di conoscenza dell'Assoluto stesso. Se fine della filosofia è la comprensione dell'Assoluto, essa è necessariamente 'sistema' la cui verità è data dalla totalità. Ma la totalità non sussiste senza le parti che la compongono; la sua natura è quindi fondamentalmente contraddittoria, cioè dialettica.

La filosofia, per raggiungere la verità, deve darsi un metodo che rispecchi la natura dialettica dell'Assoluto: poiché l'Assoluto contiene la differenza e la distinzione, il metodo della filosofia dovrà comprendere la differenza e la distinzione, poiché l'Assoluto è un processo continuo, il metodo della filosofia dovrà comprendere i momenti del processo e, insieme, il suo risultato. La verità infatti sta nella 'totalità', deve contenere sia il processo che dall'Assoluto ha prodotto la realtà, sia il risultato che il processo ha raggiunto. Una filosofia che si ponga l'obiettivo di 'essere vero sapere' non può che essere dialettica.

La dialettica permette la comprensione delle distinzioni e dei nuovi livelli di equilibrio perché essa procede attraverso una serie di negazioni che trovano il loro vero senso nella sintesi. La negazione infatti non può avere come risultato il puro nulla; è sempre negazione di un essere determinato il cui risultato è necessariamente un diverso modo di essere di ciò che è stato negato. Nella sintesi resta presente ciò che è stato negato, anche se come contenuto superato.

La dialettica permette il raggiungimento della verità perché il pensiero e la realtà sono espressione di uno stesso principio, l'idea, e si svolgono secondo le stesse modalità: la negazione e la sintesi, l'identità di pensiero e realtà fonda la verità su cui è possibile costruire una filosofia capace di rispondere ai diversi problemi che l'uomo incontra perché li contiene e li coglie nella totalità: 'tutto ciò che è razionale è reale e tutto ciò che è reale è razionale'.

[L'unico punto, per ottenere il progresso scientifico, e intorno alla cui semplicissima intelligenza bisogna essenzialmente adoperarsi, è la conoscenza di questa proposizione logica, che il negativo è insieme anche positivo, ossia che si contraddice e non si risolve nello zero, nel nulla astratto, ma si risolve essenzialmente solo nella negazione del suo contenuto particolare, vale a dire che una tal negazione non è una negazione qualunque, ma la negazione di quella cosa determinata che si risolve ed è perciò negazione determinata. Bisogna in altre parole saper riconoscere che nel risultato è essenzialmente contenuto ciò da cui esso risulta; () Questa negazione è un nuovo concetto, ma un concetto che è superiore e più ricco che non il precedente. (Logica, I, Introduzione).]

La Fenomenologia della spirito

La Fenomenologia dello spirito, la prima delle grandi opere hegeliane, è 'scienza dell'esperienza di coscienza'. In quest'opera Hegel mostra come la coscienza si elevi gradualmente dal sapere empirico, l'apparenza, a quello scientifico, la verità.

L'evoluzione della coscienza è dialettica, è una linea di tendenza ideale che nel sapere assoluto, nella verità più profonda e certa, ha il suo principio fondante.

Un esame storico dei modi di definire il sapere mette in evidenza due concezioni fondamentali: possedere la verità, cioè 'impadronirsi dell'assoluto', e scoprire la verità, cioè 'scorgere l'assoluto'; entrambe tuttavia contengono una contraddizione: 'che l'assoluto se ne stia da una parte e il conoscere dall'altra'. La contraddizione può essere superata solo se oggetto della ricerca diventa non 'il concetto di sapere', ma il 'sapere reale', l'esperienza di coscienza; si tratta allora di esaminare 'l'intera successione delle figure della coscienza', cioè dei modi concreti in cui l'assoluto si manifesta ad essa.

a) La coscienza.

Il primo momento di questo itinerario è naturalmente la coscienza e, nella sfera del conoscere, il sapere immediato che si manifesta attraverso la sensibilità; questa forma di sapere, in un primo momento, si impone come 'la conoscenza più verace'. A un esame più approfondito invece essa appare come 'la verità più astratta e povera' perché l'oggetto si manifesta alla coscienza come mero dato, privo di relazioni e problematicità. Quando ci si chiede che cos'è una determinata cosa, la certezza sensibile non è capace di dare una risposta soddisfacente, non è in grado di cogliere la verità, l'universale, perché si ferma al 'questo'. Per trovare una risposta la coscienza deve elevarsi a un livello superiore, la percezione, nella quale l'oggetto si manifesta contemporaneamente come uno e molteplice.

E' necessaria quindi una facoltà che permetta la vera comprensione dell'oggetto giustificando unità e differenza: l'intelletto. Attraverso l'intelletto unifichiamo i dati della percezione e costruiamo il concetto operando la distinzione fra apparenza e essenza.

b) L'autocoscienza.

Certezza sensibile, percezione e intelletto sono i momenti costitutivi della coscienza e determinano, nella comprensione che li unifica, il momento successivo: l'autocoscienza, la riflessione della coscienza su di sé.

Il distinto e non-distinto contenuti nella coscienza non riguardano solo il conoscere; distinguere sé dall'altro significa necessariamente distinguere l'Io dagli altri Io e, infine, riconoscere loro lo stesso valore che l'Io attribuisce a se stesso. L'autocoscienza in questo modo crea il legame sociale fra gli individui che costituisce il valore pratico dell'attività di coscienza.

L'autocoscienza determina la società, la cui evoluzione è la storia; l'emergere dell'autocoscienza è l'affermarsi progressivo della libertà. Le società antiche si basavano sulla servitù; la contraddizione dialettica servo - padrone è venuta via via modificando la società perché il servo, affrancandosi attraverso il lavoro, ha affermato il suo diritto alla libertà; sono apparse le grandi filosofie della classicità che hanno elaborato concezioni sempre più elevate della libertà dell'uomo: lo stoicismo, che considera l'uomo libero per natura, lo scetticismo che attraverso il metodo del dubbio ha portato l'uomo a appropriarsi della propria libertà e, infine, il cristianesimo medievale per il quale il mondo dell'uomo si distingue e si oppone a Dio; per questo nel cristianesimo medievale gli uomini sono 'coscienza infelice'. L'autocoscienza, in questo processo, scopre così di essere il principio e il fine dello sdoppiamento che l'ha caratterizzata nel suo percorso.

c) La ragione.

Nasce così la necessità di un nuovo e più elevato livello di coscienza: la ragione, in cui l'autocoscienza ha raggiunto la certezza di sé comprendendo che l'attività teoretica e quella pratica, il concetto e la realtà sono aspetti della propria esperienza. La ragione si riconosce nella realtà non solo perché l'osserva, ma anche perché la costruisce attraverso la storia.

d) Lo spirito.

Di qui deriva la necessità di una nuova figura capace di dar senso all'esperienza di coscienza e renda comprensibile la forza che trascende l'individuo: lo spirito. Da questo punto di vista l'autocoscienza individuale, diventata consapevole della propria universalità, cioè ragione, riesce a comprendere se stessa come artefice della storia universale, sia

nel suo momento oggettivo, l'organizzazione della società, sia nel momento soggettivo, le idee che rappresentano la cultura dell'uomo.

Quando lo spirito comprende che anche tutta la storia delle idee è opera sua, entra nella più alta delle sue determinazioni: il sapere assoluto consapevolezza della perfetta e immediata unità di realtà e ragione.

Il percorso della coscienza rappresenta l'essenza stessa dello spirito che, raggiunto questo traguardo, 'ricomincia da principio la sua cultura sembrando prendere le mosse solo da sé, e tuttavia esso ricomincia in pari tempo da un grado più alto.'

La logica

La Fenomenologia viene considerata da Hegel momento introduttivo e propedeutico alla logica. In quanto 'scienza dell'esperienza di coscienza' mostra l'evoluzione del pensiero dal grado più basso, la sensibilità, a quello più alto, il sapere assoluto. In questo percorso la coscienza scopre la necessità di ricercare un fondamento perché si è rivelata risultato del processo dialettico e non principio di esso.

La logica classica non dà risposta al bisogno di trovare il fondamento del pensiero, perché è meramente formale e si limita a considerare le condizioni di validità di un argomento senza entrare nel merito di ciò che viene asserito. E' necessaria pertanto una nuova logica 'speculativa' che si interroghi su come il pensiero, in quanto attività, pensare, possa conseguire la verità: scoprire cioè il presupposto che determina l'origine e il carattere sistematico delle categorie.

Per questo Hegel considera il pensiero sui diversi piani in cui si manifesta: il piano dell'essere, l'immediatezza, il piano dell'essenza, la riflessione e, infine, il piano del concetto, in cui il pensiero scopre se stesso come attività che determina non solo il senso ma anche l'essere del proprio contenuto.

Il pensiero, in quanto attività di formazione del concetto, è un processo dialettico. Il dato immediato è oscuro perché contraddittorio; il pensiero perciò vuole un esame più approfondito: non può accontentarsi dei risultati raggiunti senza venir meno alla propria natura: essere attività, processo; la formazione dei concetti è una continua ridefinizione delle rappresentazioni.

a) La logica dell'essere.

Per comprendere il proprio fondamento il pensiero deve prima di tutto porsi la domanda 'con che cosa comincia la scienza?'

Dal momento che oggetto della logica è il pensiero e che la natura del pensiero è dialettica, la risposta viene da sola: l'inizio della scienza non può essere altro da quello del processo del pensiero: il suo essere prima di qualsiasi determinazione.

La prima determinazione del pensiero logico è quindi l'essere. Ma l'essere, nell'assoluta assenza di determinazioni, è un non essere che tuttavia non può venir considerato 'il puro nulla, ma un nulla da cui deve uscire qualcosa. () Il cominciamento dunque contiene l'uno e l'altro, l'essere e il nulla; è l'unità dell'essere e del nulla.' Poiché il superamento della contraddizione di essere e non essere è un processo, esso verrà percepito come divenire.

Nessun divenire è concepibile senza pensare anche ciò che è divenuto; nasce allora il problema di indagare la natura dell'oggetto 'divenuto'.

b) La logica dell'essenza.

La successiva tappa della ricerca della verità dovrà focalizzare l'attenzione sull'essenza dell'oggetto. Se il piano dell'essere costituisce l'analisi del pensiero come attività soggettiva, quello dell'essenza è il piano della riflessione che nell'universale coglie la verità delle cose. Riflessione, nel significato letterale, vuol dire ripiegamento, è quindi una duplicazione: come nello specchio, l'immagine riflessa è identica a quella che si riflette e, nello stesso tempo, rovesciata e simmetrica, quindi diversa.

La prima conseguenza di questa duplicazione, che Hegel chiama alienazione, è che l'oggetto dovrà essere esaminato sia come qualcosa di esterno al soggetto, sia come qualcosa la cui esistenza dipende dal pensiero e quindi è interna al pensiero stesso.

La logica dell'essenza, il campo della riflessione, deve procedere dunque su due piani: quello delle determinazioni della realtà e quello, interno al pensiero, delle teorie elaborate dall'uomo. Nell'Enciclopedia Hegel esamina i modelli del sapere filosofico storicamente elaborati che nell'idealismo trovano la loro conclusione.

c) La logica del concetto.

Il pensiero a questo punto deve esaminare se stesso come principio di tutto il processo logico. Dopo aver esaminato il campo dell'oggettività attraverso la dottrina dell'essere e dell'essenza, deve entrare nel campo della soggettività, che rappresenta il solo principio su cui si può costruire una filosofia rigorosa. La libertà infatti non può essere considerata solo un'istanza morale come aveva sostenuto Kant: il pensiero, proprio perché principio e attività creatrice che risponde solo alla propria interna necessità, è libero e questa libertà è la caratteristica della sua attività logica.

Il pensiero, la comprensione, non è solo attività formale, è attività che produce dei contenuti, 'il concetto è la verità dell'essere e dell'essenza'. Si comprendono così i tre momenti costitutivi della logica del concetto: la soggettività, il campo della logica formale classica. Dal momento che i giudizi non possono essere scissi da un contenuto diventa necessaria la seconda determinazione del concetto, l'oggettività, l'applicazione alla

realtà della logica formale per costruire una teoria coerente sulla realtà stessa; l'oggettività rappresenta quindi la chiave interpretativa della realtà.

Soggettività e oggettività non sono separate, richiedono quindi un ulteriore livello di sintesi: l'idea,

[l'idea è il vero in sé e per sé, l'assoluta unità del concetto e dell'oggettività; () l'idea è la verità; infatti la verità consiste nella corrispondenza dell'oggettività al concetto - non nella corrispondenza delle cose esterne alle mie rappresentazioni. () Ma anche ogni effettivamente reale, in quanto è un vero, è l'idea e ha la sua verità solo nell'idea e in forza dell'idea. (Enciclopedia, 377).]

Attraverso l'idea il pensiero riesce a comprendere la realtà nel suo significato più profondo perché ha esplorato tutte le sue determinazioni logiche; ma anche l'idea ha una natura dialettica, è contemporaneamente verità e realtà.

Il pensiero logico quindi deve misurarsi coi due campi in cui si articola la realtà esterna a sé e che rappresentano l'orizzonte della ricerca filosofica: la natura e l'uomo. Solo in questo modo il sistema può essere completato dimostrando l'ipotesi fondamentale che è alla sua base: l'identità di reale e razionale.

La filosofia della natura

Il problema della natura, trattato nella parte centrale dell'Enciclopedia, rappresenta il primo campo di prova della coerenza interna del sistema hegeliano e la dimostrazione che tale sistema non è una costruzione astratta, un modello al quale potrebbero essere affiancati altri modelli ugualmente legittimi, ma una necessità che nasce dall'esperienza della coscienza e si sviluppa secondo le strutture stesse del pensiero.

La filosofia della natura è quindi la concezione della natura stessa secondo il proprio concetto 'immanente'. Essa perciò non deve procedere 'da determinazioni che sono estrinseche alla natura' e per raggiungere la verità deve conformarsi al carattere sistematico della conoscenza rigorosa; il suo contenuto 'non deve essere un mero aggregato, ma disposto in ordini e classi, deve assumere l'aspetto di un organismo'.

a) La natura: l'idea come esteriorità ordinata.

La natura è 'l'idea della forma dell'esser altro'; deve quindi essere intesa come negazione dialettica dell'idea: se l'idea è universalità, la natura apparirà come particolarità; se l'idea è libertà, la natura si rivelerà come necessità e accidentalità. In questo caos apparente si deve metter ordine un ordine che rispecchi la struttura dialettica del pensiero; l'esame filosofico della natura dovrà perciò ripercorrere sotto l'ottica dell'esteriorità le stesse determinazioni esaminate nella logica sotto l'ottica del pensiero astratto. In questo modo il caos si trasformerà in sistema ordinato.

b) Lo spazio e il tempo

Lo spazio è la rappresentazione dell'esteriorità della natura attraverso la quale localizziamo gli oggetti che, nella loro esteriorità, risulterebbero assolutamente indifferenti e immobili. Deriva di qui la necessità di una nuova determinazione che permetta la comprensione della natura di quegli oggetti: il tempo, 'l'esser che, mentre è, non è, e mentre non è, è'. Spazio, tempo e movimento sono le prime determinazioni della filosofia della natura.

Come il divenire, nella logica, richiede l'essere che è divenuto, così nella natura il movimento richiede la determinazione della materia; la realtà in questo modo fa il suo ingresso nella filosofia della natura.

c) La vita.

Con la giustificazione dei movimenti meccanici entriamo nella seconda determinazione della filosofia della natura: la fisica.

Lo studio dell'individualità ci mostra l'esistenza di processi sempre più complessi all'interno di ogni oggetto particolare: i fenomeni magnetici, quelli elettrici e quelli chimici; questi ultimi indicano il passaggio da una natura inorganica a una natura organica che è espressione di vita. Con l'esame della vita si entra nell'ultima determinazione della natura: la fisica organica.

I momenti di organizzazione della vita che Hegel individua sono quello geologico, la pura e semplice attività della natura; l'organismo animato, cioè la natura vegetale, e l'organismo animale in cui risulta evidente come tutte le funzioni dell'organismo siano dominate da un unico centro che regola e finalizza i vari momenti della vita. La natura si trasforma in strumento del processo vitale, e trova la propria verità in una determinazione più alta: lo spirito.

Una tale riorganizzazione della conoscenze naturalistiche, proprio perché riesce a spiegare i fenomeni naturali escludendo ogni nesso causale che vada oltre i fenomeni stessi è il primo risultato importante del disegno generale di Hegel.

[La natura è da considerare come un sistema di gradi, di cui l'uno esce dall'altro necessariamente e è la prossima verità di quello da cui risulta; non già nel senso che l'uno sia prodotto dall'altro naturalmente, ma nel senso che è prodotto nell'intima idea, che costituisce la ragione della natura. La metamorfosi spetta solo al concetto come tale, perché solo il suo cambiamento è svolgimento. Ma il concetto nella natura è qualcosa solo in parte di interno e in parte esistente, ma solo come individuo vivente. A questo ultimo soltanto è perciò limitata la metamorfosi esistente. (Enciclopedia, 377).]

La filosofia dello spirito

Il grado più alto della natura organica, l'uomo, sfugge a un esame meramente naturalistico perché in esso emerge una realtà diversa: la coscienza, che non può essere esaminata coi parametri della natura. La filosofia dello spirito si pone come il livello più profondo della nostra conoscenza. La ricerca filosofica infatti non deve trovare una verità particolare che riguardi l'uomo, deve giustificare come e perché l'uomo attribuendo un significato agli oggetti, ne determina la loro verità. Lo spirito, proprio perché è totalità, si rivela come il fondamento di una filosofia rigorosa: la totalità non è un postulato generico, ma la stessa capacità di conoscere.

a) Lo spirito soggettivo.

La prima determinazione dello spirito è 'la forma della relazione con se stesso', cioè lo spirito soggettivo. L'esame del processo di conoscenza infatti ha come presupposto l'emergere nell'uomo dell'idea, della sua capacità di produrre quello che chiamiamo cultura, di cui la volontà libera e razionale è causa fondamentale e effetto più elevato.

[La conoscenza dello spirito è la più concreta delle conoscenze e perciò la più alta e difficile. Conosci te stesso; questo precetto assoluto non ha -né preso per sé dove lo si incontra storicamente espresso- il significato di una conoscenza di se medesimo come delle proprie capacità particolari (carattere, inclinazioni e debolezze dell'individuo) ma significa invece la conoscenza di ciò che è la verità dell'uomo, della verità in sé e per sé dell'essenza in quanto spirito. (Enciclopedia, 377)]

b) Lo spirito oggettivo: il diritto, la morale, l'eticità.

La libertà non può essere vera e reale se l'individuo non si misura con gli altri: la soggettività richiede perciò una ulteriore determinazione, lo spirito oggettivo. Solo nell'insieme delle relazioni sociali la libertà acquista il carattere della necessità: unifica la volontà universale della ragione con quella del singolo attraverso una coercizione esterna, il potere, e attraverso un'autorità interiore che si impone nella coscienza e da cui prendono origine il diritto e la moralità.

La prima determinazione della dialettica dello spirito è perciò il diritto attraverso il quale la persona viene difesa contro l'arbitrio; 'sii persona e rispetta gli altri come persone' è questo il precetto giuridico che fonda il diritto come sistema di relazioni sociali.

Se i limiti che il diritto pone all'individuo sono necessari e espressione della razionalità dello spirito, diventa necessaria l'adesione interiore della volontà a quegli stessi limiti e la sfera del diritto trapassa nella moralità.

La moralità è azione che tende al bene; tale bene per l'uomo è un dovere che egli persegue intenzionalmente nel proprio agire; il bene perciò non può avere un contenuto determinato, è solo il frutto della coerenza fra volontà e intenzione.

Ma proprio l'astrattezza del concetto di bene rende necessaria una più alta determinazione che unifichi la sfera dello spirito soggettivo con quella dello spirito oggettivo: l'eticità.

L'eticità è la categoria dello spirito che comprende l'insieme delle relazioni sociali che fanno dell'uomo un essere concretamente libero. La prima e più semplice relazione sociale è la famiglia, nella quale l'amore fa sì che ogni individuo si realizzi come componente di una più ampia unità.

L'insieme delle relazioni sociali regolamentate giuridicamente in modo da garantire la libertà dei singoli individui è la società civile.

c) Lo spirito oggettivo: lo stato.

Le istituzioni che costituiscono la società civile, proprio perché hanno il fine di garantire la libertà del singolo, hanno bisogno di un fondamento che le renda universali e obbligatorie; questo fondamento è lo stato, la vera garanzia della libertà degli individui. Affermare che lo stato è l'espressione concreta della libertà degli individui significa che la libertà è agire regolamentato dalla legge, 'ogni vera legge è una libertà'.

Lo stato come espressione della razionalità dei rapporti sociali è l'incarnazione della cultura di un popolo; il comune modo di sentire che chiamiamo cultura determina l'unità che chiamiamo popolo e lo distingue dal mero aggregato di individui che chiamiamo volgo.

Da ciò Hegel deriva tre ordini di conseguenze:

1) di ordine interno: è assurdo imporre a un popolo una costituzione, fosse anche la più razionale, estranea o contraria alla sua cultura;

2) sui rapporti fra gli stati: se lo stato è espressione della cultura di un popolo, essendo molteplici le culture dei popoli, anche gli stati saranno molteplici; ciò implica la necessità di un diritto internazionale, il cui presupposto sta nel riconoscimento reciproco degli stati e nell'autolimitazione di ogni stato nel proprio agire.

3) di ordine generale: la cultura è evoluzione perché nasce dalla ricerca di un significato nascosto in ciò che comunemente viene ritenuto noto; lo stato presuppone perciò la storia, il tempo entro il quale avviene l'evoluzione della sua cultura. La storia delle idee è, sotto questo aspetto, anche la storia della perfettibilità, dell'educazione del genere umano, l'elemento che permette la trasformazione di un gruppo di individui in una collettività.

d) Lo spirito oggettivo: la storia.

La storia, nel pensiero hegeliano, acquista una doppia valenza: è l'intreccio dei rapporti fra gli stati, quindi espressione della politica; la comprensione dell'insieme di questi rapporti, la storia universale, è la condizione della conoscenza del grado di sviluppo dello spirito in un certo tempo e in un certo luogo; è anche il momento che contiene in sé tutto il sistema hegeliano, essa coincide con la realizzazione dell'evolversi dello spirito delle idee filosofiche che lo caratterizzano.

Per quanto concerne il primo punto, la storia è esame dei principi che hanno caratterizzato nelle varie epoche storiche l'evoluzione reale dello spirito, cioè l'affermarsi di una condizione di sempre maggiore libertà che si è concretizzata nei diversi modelli di stato. Il riconoscimento di questi modelli implica la spiegazione del passaggio dall'uno all'altro come progresso dello spirito. Gli individui e i popoli sono i mezzi della realizzazione di questo progresso: perseguendo i loro fini particolari essi realizzano le loro ambizioni, ma sono anche strumenti dell'astuzia della ragione che attraverso quelle ambizioni attua il suo disegno universale. Per quel che riguarda il secondo aspetto, l'evoluzione delle idee, la storia universale procede in parallelo con la storia della filosofia. Come la libertà è una graduale conquista della coscienza, così la verità è una graduale conquista della conoscenza.

e) Lo spirito assoluto.

Con l'esame dello stato si entra nell'ultima determinazione della filosofia dello spirito: lo spirito assoluto. Come le istituzioni di un popolo sono lo strumento della realizzazione dello spirito nella sfera etica, in quella dell'assoluto, cioè della piena identità dello spirito con se stesso, gli strumenti di questa realizzazione sono l'arte, la religione e la filosofia, tre forme diverse di uno stesso contenuto: la vita dello spirito.

Nell'arte l'assoluto si manifesta come intuizione sensibile: l'individuo comincia a prendere coscienza della sua spiritualità attraverso figure, parole e simboli; il bello è l'espressione di questa fusione di natura e spirito, di soggettività e oggettività. E' questo il criterio che ci permette di distinguere la vera arte, quella che nasce da un'autentica ispirazione dal manierismo che è espressione della mancanza di ispirazione e le forme dell'arte nel tempo.

Nella religione l'assoluto si rivela come rappresentazione, oggettivazione del sentimento dell'infinito ormai raggiunto dalla coscienza; la religione è perciò unità dell'uomo e di Dio, del finito e dell'infinito, ma unità che si esprime ancora in forme esteriori come il culto. La religione è un categoria intermedia fra la sensibilità, che genera l'arte, e il pensiero che produce la filosofia.

Nella religione tuttavia l'infinito non viene giustificato razionalmente, si presenta come fede, la verità è rivelata all'uomo dall'esterno. Quando la verità si manifesta come pensiero, quando non ha più bisogno di qualcosa a lei esterno per manifestarsi, entriamo nel campo della filosofia, la terza e più alta categoria dello spirito assoluto: l'idea ha raggiunto la perfetta consapevolezza di sé e il processo dialettico ha trovato la sua sintesi finale.

Il pensiero in questo modo si rivela come verità, ma la sua natura è dialettica, è quella di comprendersi attraverso lo svolgimento, filosofia e storia della filosofia devono perciò coincidere.

GLOSSARIO

ALIENAZIONE

Il termine compare per la prima volta nella Scienza della logica, quando Hegel analizza la 'riflessione' che determina una duplicazione dei contenuti del pensiero. Questo significato generale determina l'estensione del termine a ogni momento di negazione nel processo dialettico, all''esser altro da sé', così ad es. la natura è spirito alienato.

ARTE

La prima e più immediata manifestazione dello spirito assoluto che si esteriorizza mediante la bellezza. In quanto manifestazione dello spirito bellezza e verità sono tutt'uno. L'arte può nascere solo da un profondo sentimento dell'infinito che coinvolge sia chi produce che chi contempla l'opera d'arte; è la sincerità dell'ispirazione che differenzia l'arte autentica dalla produzione di maniera. La forza di questa ispirazione ('l'artista è il padrone del dio') determina la necessità di un suo superamento verso forme di contemplazione dell'infinito più adeguate: la religione e la filosofia. Hegel distingue nell'arte tre momenti che si differenziano sia dal punto di vista storico che da quello dei contenuti: arte simbolica, arte classica, arte romantica o arte bella.

ASSOLUTO

E' uno dei 'termini chiave' della filosofia hegeliana; nelle varie sezioni assume di volta in volta significati diversi che tuttavia si richiamano a vicenda. Nella Fenomenologia dello spirito, Hegel pone le basi per una concezione dell'assoluto come di un qualcosa del tutto concluso in sé e determinato. Il manifestarsi dell'assoluto nell'esperienza di coscienza ha il suo grado più alto nel sapere assoluto, che è identità di ragione e realtà, di soggettività e oggettività. Nella logica 'assoluto' è l'essere, ma anche il non essere. La definizione antinomica che Hegel fornisce mette in evidenza come nell'assoluto gli opposti si identifichino. Strumento di tale identificazione è la riflessione, il cui esame è sviluppato nella logica dell'essenza. Nella logica del concetto l'assoluto si rivela come idea, come verità e realtà, cioè come totalità. In quanto totalità l'assoluto è pensiero, ma anche la sua negazione, Natura e il suo rientro in sé, Spirito. Le categorie dello spirito, soggettivo e oggettivo, insieme costituiscono lo spirito assoluto. L'assoluto infatti non può essere concepito che all'interno del processo dialettico che in esso trova il suo fondamento e la sua chiave di interpretazione; infatti deriva da ab-solvere, designa quindi la capacità di assorbire in sé, modificandoli, tutti i contenuti possibili. E' evidente l'influenza del concetto spinoziano di sostanza.

COMPRENSIONE

E' il livello di conoscenza più profondo, quello della filosofia e che la distingue dagli altri campi del sapere che tendono solo alla spiegazione parziale della realtà. La comprensione invece ha come fine la verità; la comprensione quindi si identifica col sapere assoluto, con l'idea. Il livello della comprensione richiede necessariamente il carattere scientifico del sapere che è caratterizzato dalla necessità della distinzione e della opposizione; resta così escluso dalla comprensione ogni intervento del sentimento. Ma poiché la verità ha un carattere dinamico e il pensiero non solo comprende, ma produce anche la realtà, la storia, è elemento fondamentale della comprensione.

CONTRADDIZIONE

E' il concetto fondamentale che ci consente di pensare la realtà in termini rigorosi, di comprenderne cioè la verità. La contraddizione nasce dal pensiero, non è un fatto ontologico; è il pensiero, non l'oggetto che contiene la contraddizione. Proprio perché la contraddizione è propria del pensiero la natura di esso è essenzialmente dialettica. Conoscere significa operare delle distinzioni; la prima e più profonda distinzione è l'opposizione fra il soggetto e l'oggetto della conoscenza. E' proprio nella distinzione che i due momenti dell'opposizione sembrano sussistere indipendentemente l'uno dall'altro e si rivelano contraddittori; la contraddizione così stimola il pensiero a trovare conoscenze sempre più profonde per arrivare al fondamento della cosa.

DIALETTICA

E' il concetto più importante del pensiero hegeliano; indica il progressivo realizzarsi dell'assoluto; in questo senso è l'espressione della totalità e, quindi, è contemporaneamente pensiero e realtà, è perciò contraddizione. Essa è metodo di indagine e essenza dell'assoluto: metodo di indagine per raggiungere la comprensione, perché la ricerca della verità non può che ripercorrere teoreticamente i momenti in cui il pensiero si è realizzato; essenza dell'assoluto perché indica sia il formarsi delle varie determinazioni della natura sia l'evoluzione della storia che rappresenta i diversi modo di vivere dell'uomo. Tre sono i momenti fondamentali in cui si articola: il porsi del concetto astratto, il negarsi di tale concetto nel suo opposto, la sintesi dei due momenti contraddittori in cui permane 'ciò che vi è di affermativo nella loro soluzione e nel loro trapasso'.

FILOSOFIA

E' il campo del sapere che ha per oggetto la verità, cioè la corrispondenza del concetto e della realtà, di cui dimostra la necessità intrinseca e quindi è il sapere che dà senso alla realtà e alla esperienza. Lo sviluppo di questo genere di sapere dà origine alla storia della filosofia. E' anche la determinazione finale dello spirito assoluto, 'unità dell'arte e della religione', in cui il contenuto del pensiero è tutt'uno con la sua verità, è 'l'idea che pensa se stessa'.

IDEA

E' la determinazione più alta della logica del concetto, il momento in cui la verità appare come assoluto, come totalità che contiene insieme realtà e concetto. L'idea quindi non è un qualcosa di logico in senso formale, ma unità dialettica di oggetto e soggetto, di natura e spirito, di finito e infinito; è quindi dialettica per natura. Sotto questo profilo è il processo che determina la realtà e ne comprende l'intimo significato: la razionalità.

INFINITO

E' la caratteristica fondamentale del processo dialettico: 'il vero infinito è l'idea assoluta'. In quanto espressione dell'assoluto può essere compreso solo mediante il metodo dialettico come 'unità del finito e dell'infinito'. La comprensione dell'infinito richiede un momento di ricomposizione del reale nell'unità; quando questa ricomposizione non dovesse aver luogo ci troveremmo di fronte a un'evoluzione sempre aperta e quindi incomprensibile, ci troveremmo di fronte a un 'cattivo infinito'.

LOGICA

E' la scienza del pensiero astratto; si distingue dalla filosofia che invece ha per contenuto la verità degli oggetti concreti; la logica infatti considera gli oggetti solo nella loro 'struttura completamente astratta'. Essendo il pensiero ciò che determina anche lo sviluppo della realtà, anche la logica, in quanto scienza del pensiero, ha un suo sviluppo, lo sviluppo del sapere. E' proprio la ricostruzione dello sviluppo del sapere che pone il problema del suo fondamento. La logica che è fondamento di tutto il sapere, non può perciò essere solo una logica formale, cioè un insieme di regole che definiscono la correttezza di un discorso a prescindere dai suoi contenuti, deve essere comprensione della verità, pensare infatti significa dare risposte ai problemi che lo spirito pone. L'analisi del 'pensare' è quindi il primo e fondamentale aspetto della logica: il pensare astratto è esaminato nella logica dell'essere, il pensare dialettico nella logica dell'essenza e il pensare speculativo nella logica del concetto. Dal momento che il pensiero non è solo attività formale, ma è principio della realtà, la logica diventa anche il presupposto della comprensione rigorosa del negarsi del pensiero, cioè della natura, e del suo rientrare in sé, cioè dello spirito.

NATURA

E' 'l'idea nella forma dell'esser altro', rappresenta quindi la negazione dell'idea. Considerata all'interno del processo dialettico, come manifestazione esteriore dell'idea, appare come un organismo vivente, un 'sistema di gradi' sempre più perfetti che culminano nella manifestazione più alta della vita.

NEGAZIONE

E' l'elemento caratterizzante del processo dialettico, da essa si genera l'opposizione. Essendo sempre negazione di un essere determinato non può risolversi nel puro nulla; il risultato è perciò un nuovo essere determinato che ha superato e quindi continua a contenere, ciò che è stato negato. Solo attraverso la negazione possiamo comprendere la differenza e, di conseguenza, l'identità. Senza la negazione non potrebbe esserci quindi comprensione scientifica della realtà.

PENSIERO

E' il carattere essenziale dello spirito, 'in tutta la sua universalità è l'Idea o l'Assoluto'. In quanto carattere essenziale dell'Assoluto è anche il principio della realtà che si manifesta nell'esperienza di coscienza: La Fenomenologia dello spirito altro non è che il manifestarsi del pensiero nella realtà dal grado più basso della coscienza a quello più alto del sapere assoluto. Ma pensiero è anche l'attività del pensare a prescindere dai suoi contenuti particolari. Da questo punto di vista, cioè dal punto di vista della logica, il pensiero è 'l'universale, l'astratto in genere', ma anche intelletto, cioè riflessione e infine Idea.

RAGIONE

Nella Fenomenologia dello spirito è la figura per cui la coscienza scopre l'identità di realtà e pensiero: la realtà è oggettiva perché è pensiero; la ragione comprende perciò sia il farsi della realtà, cioè l'attività pratica, sia la comprensione di questo farsi, cioè l'attività teoretica. La ragione si rivela così come principio e come fine: il processo dialettico in cui si esprime afferma sempre di più le caratteristiche dello spirito nella realtà, il soggetto cioè si afferma come colui che trasforma la realtà per realizzare se stesso. Nella storia questo processo permette all'uomo di dominare i fatti e dar loro un senso: è questo ciò che Hegel chiama 'astuzia della ragione'. In quanto determinazione che contiene realtà e pensiero la ragione, categoria della filosofia dello spirito, è l'espressione più alta dello spirito soggettivo.

RELIGIONE

E' la seconda categoria dello spirito assoluto; in essa lo spirito si manifesta come rappresentazione sensibile avendo ancora l'assoluto bisogno di manifestarsi in forme esteriori come il culto. In quanto manifestazione dello spirito la religione è soggetta a una serie di trasformazioni della rappresentazione dell'infinito in parallelo con le trasformazioni della cultura umana. Questo itinerario va dalla rappresentazione più semplice delle religioni naturalistiche a quello più complesso del cristianesimo, in cui Dio si rivela direttamente all'uomo attraverso la fede. In quanto manifestazione sensibile dell'infinito la religione 'esprime cronologicamente prima delle scienze ciò che è lo spirito'. Ne consegue che la religione troverà il suo superamento nella rappresentazione pura che lo spirito riuscirà ad avere di sé: nella filosofia, nel sapere assoluto.

SPIRITO

E' il principio fondamentale dell'idealismo hegeliano; nell'Enciclopedia delle scienze filosofiche viene definito come 'l'assolutamente concretissimo', la determinazione che contiene il concetto di una cosa e insieme la sua esistenza, è quindi 'universalità concreta'. Per questa ragione diventa necessario comprendere la natura del suo svolgimento per capire che in esso sta l'unico fondamento di una filosofia che non sia solo 'amore del sapere', ma piuttosto 'vero sapere'.

STORIA

E' ilo svolgimento dell'idea universale dello spirito nella sua realtà'. La storia contiene in sé sia l'evolversi dei rapporti fra gli stati sia l'evolversi delle teorie filosofiche. In quanto evoluzione dei rapporti fra gli stati la storia è esame delle forme politiche che si sono succedute nel tempo; può quindi essere concepita solo come storia universale che mette in evidenza come tale evoluzione conduce l'uomo verso una sempre maggiore libertà. In quanto evoluzione delle teorie filosofiche la storia dimostra che l'idealismo rappresenta il punto di arrivo del pensiero umano in quanto esso è espressione della necessità e della verità; da questo punto di vista essa coincide con la storia della filosofia.

TOTALITÀ

E' l'espressione dell'unità di vero e reale, di astratto e concreto, di necessario e libero che l'Assoluto esprime, è perciò anche l'unico fondamento possibile di un sapere rigoroso che può svolgersi solo come sistema.



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