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Dossier per il saggio breve - "Alle Spalle, Solo Macerie"




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Dossier per il saggio breve.


"Alle Spalle, Solo Macerie".



Il punk nasce, a parere di chi scrive, non soltanto dalle rovine di ciò che l'aveva preceduto (ciclo di lotte ormai esaurito, repressione dilagante, movimento di crisi.) ma anche da un fermento; dal fermento di una nuova trasformazione, di un nuovo processo di opposizione all'esistente illusorio che sperimenta ancora, seppur con la propria rinnovata peculiarità, la voglia di dire no, di non accettare l'omologazione dominante, il conformismo dilagante, il futuro rassicurante. Il punk si situa in uno spazio temporale preciso e non vuole accettare la scomparsa delle controculture, del loro potenziale destabilizzante e della tensione a delegittimare il potere costituito. [.] Il punk nasce in un periodo ancora votato al grande rifiuto, al NO gridato senza perdere la voce, nella consapevolezza che sarebbe stato mille volte meglio urlare "no future" anziché accettare la rassegnazione della sopravvivenza.

[Mr Natural (Giancarlo Mattia), intervento scritto nel settembre 2006]



Bene. ora invece si parla di punk, però è chiaro che io sono sempre me stessa, con le stesse influenze e gli stessi percorsi. Punk, quindi.

Il testo che segue però non l'ho scritto io. L'ha TRASCRITTO Philopat, ma io non l'ho SCRITTO. Nel senso che invece di scriverlo, l'ho detto, declamato, recitato, parlato. Allora, se quella è la scrittura transgender, che però io riconosco anche in quello che segue, questa forse è la forma della SCRITTURA PUNK.

Certo, non l'abbiamo inventata noi. Andy Warhol fece un libro, o meglio lo fecero le sue ragazze della Factory, mettendo insieme ore di registrazioni di discorsi e discussioni tra Andy e la gente che appunto stava lì in giro alla Factory stessa. Le trascrissero e ci fecero questo libro, intitolato A, titolo pieno di significati simbolici, anche se, come sempre, la verità è molto più prosaica, dato che stava per Amphetamine.

Adesso gli storici della letteratura e i pallosi professori austriaci sostengono che quel libro segna l'inizio del movimento "avant pop". A me di questo non importa. Quello che importa è che quella forma di scrittura, politica e artistica insieme, era la più adatta a documentare una controcultura, ben di più che un serioso saggio di sociologia.

La forma orale non necessita di una traduzione perché è autodescrittiva, e definisce automaticamente il contesto. Quindi, avant pop o che altro, io credo che questa forma sia davvero la più adatta a raccontare il punk. Il flusso dei nostri pensieri, delle nostre esperienze, fuso con l'analisi in tempo reale, perché è frutto di un'esperienza diretta e non del confronto fra teorie intellettualizzate e lette in altri libri invece che vissute.

Quello che segue è il mio contributo, il mio racconto orale: la mia esperienza. Tant'è.

[Helena Velena, presentazione di "Lumi di punk"]



Prima si parlava con Giancarlo (Mattia) rispetto alla mostra egli ho esposto la mia teoria, che probabilmente è provocatoria, ma io ne sono abbastanza convinta. Negli anni Settanta, quando nacque la lotta armata, successe una certa cosa. Improvvisamente il personaggio fico, il Che Guevara oppure, semplificando un pochino, il rebel without a cause della situazione non era più il ragazzetto con la moto o con la macchina eccetera ma era il compagno. Soprattutto il compagno che stava in clandestinità, che faceva gli attentati. E questo era il tipo di maschio più fico in assoluto. Ci fu quindi uno spostamento di tutte le groupie di movimento, che sono un fenomeno molto importante. [.] Le groupie di allora, anche se della politica non gli importava praticamente nulla, avevano cominciato a spostarsi a sinistra perché a sinistra c'erano dei maschi stimolanti, eroici, forti, fichi, che sapevano come fare le cose. Allora che successe? Nella destra romana, quella di Prati, di Monteverde, si crearono meccanismi di emulazione molto curiosi. Se il modello era diventato quello, allora loro avevano la necessità di costruirne un altro corrispondente.

Il modello estetico diventò appunto capelli cortissimi rispetto ai capelli lunghi del compagno, pantaloni stretti al posto dei jeans a zampa d'elefante, impermeabili bianchi lunghi molto raffinati, occhiali neri, rayban a specchio eccetera, poi gli impermeabili si usavano perché si potevano nascondere i fucili e le armi a canna lunga più facilmente. [.] Un processo d'imitazione per creare l'eroe maledetto di destra.

Questo tanto per cominciare rispetto a chi pensa che "i punk avevano la divisa"; o che fossimo solo un fenomeno estetico. L'estetica era importante per tutti, punk, compagni o fasci. Solo che aveva un senso e una forma ovviamente diversa.

Allora qui il problema diventa questo. Questa strana consapevolezza dell'immaginario, della sociologia dell'esistente, la sinistra l'ha sempre ignorata. Improvvisamente che cosa succede.

Cambiano le cose, anche se in modo sotterraneo, a piccoli passi. Arriva un modello completamente diverso, fuori dall'ambito dei compagni.. Arriva da Londra, e si chiama punk.

[Helena Velena, intervento al festival "Invasioni" del luglio 2005, Cosenza]



Stando alla storia, il 1977 è l'anno del punk.

Sì, malo è stato per un certo gruppo di gente. L'attitudine non è nata negli anni Settanta, esiste da quando qualcuno si è alzato e si è accorto che non doveva fare ciò che gli veniva detto. È qualcosa che esisteva già prima della musica. [.] Con questo non voglio sminuire il 1977, anzi: ogni espressione di questa attitudine è importante, ma come parte di un continuum. È perciò che può tornare ad accadere. Perciò dobbiamo guardare avanti.


Hai lavorato nelle boutique punk, agli inizi: che ruolo ha l'abito, davvero?

Vestiti e stili musicali per molta gente sono la via principale per tentare di trovare una qualche identità. Ma se sei brillante, sono solo gradini per diventare una persona completa. Stepping Stones. Non puoi restare intrappolato nei costumi o nella musica catalogata: devi usarli per restare aperto. [.] Ma gente come i Sex Pistols, i Clash, le Slits, già alle origini, non si è fatta intrappolare. Ha sempre guardato avanti. Chi vale, lo fa ancora oggi. Questa è l'attitudine. Un processo in movimento: non una moda o un trend.

[Enzo Mansueto intervista Don Letts, autunno 2005]







Saggio breve




"Alle Spalle, Solo Macerie".


Destinazione: rivista specialistica.



Sono ormai passati trentun anni dalla nascita del punk, da un 1977 non così remoto, anno in cui l'Inghilterra, per prima, osò gridare "basta!" quando, fino ad allora, aveva sempre accettato passivamente la cultura propinata dalle macerie del passato.

A ciò fanno riferimento le interviste e dichiarazioni di Mr Natural (Giancarlo Mattia), Helena Velena e Don Letts, tratte dal libro di Marco Philopat "Lumi di punk: la scena italiana raccontata dai protagonisti", opera nella quale alcuni dei maggiori rappresentanti del punk in Italia narrano le proprie esperienze ed opinioni a riguardo.

Mr Natural, riassumendo il suo pensiero in un intervento scritto nel settembre 2006, afferma che il punk nasce non solo dalle rovine del periodo precedente, saturo di crisi, repressioni e lotte, ma anche, e soprattutto, dal fermento di un cambiamento nella cultura: nasce, nell'animo di molti individui, prevalentemente giovani, la voglia di dire "no!", "basta!", ad una società dove troneggia un futuro certo e rassicurante, stereotipato, basato sull'omologazione e sul conformismo.

I punk, quindi, non accettarono la scomparsa delle controculture, ma, al contrario, ne crearono una nuova e destabilizzante, tesa a delegittimare il potere costituito sino ad allora.

È facile intuire come i giovani punk preferissero rifiutare la società in cui vivevano (o meglio, erano costretti a vivere), mirare al "no!", urlato senza perdere la voce, e convincersi nel "no future", piuttosto che accettare la rassegnazione squallida e ipocrita della sopravvivenza di fine anni Settanta.

È questa la presentazione di quanto Mr Natural fa coincidere con il termine "punk". Ma c'è di più, punk non è solo ribellione ad un'illusoria simulazione di vita comoda, felice, ben progettata ed organizzata.

Helena Velena, fondatrice e cantante di uno tra i primi e più rivoluzionari gruppi punk italiani, i Raf Punk, parla di punk come genere transgender.

Nella presentazione del libro "Lumi di Punk", Helena nega il suo contributo di scrittura, ammettendo che, invece di scrivere, ha letto, declamato, recitato, parlato: sarebbe questa la scrittura transgender, propria del punk, ma non nata da esso.

Questa, infatti, nacque anni addietro con Andy Warhol e le sue ragazze della Factory, i quali, trascrivendo ore ed ore di registrazioni di propri discorsi e chiacchiere, crearono così un libro, intitolato A. Ma ciò che importa non è il titolo in sé, né il suo significato: l'importante era che quella forma di scrittura era la più adatta a rappresentare una controcultura, molto più di quanto avrebbe fatto un serio e autorevole saggio di sociologia.

La forma orale, in quanto autodescrittiva e fluida, scorrevole, non necessita di traduzione, definendo direttamente il contesto; è dunque il genere di scrittura transgender il più adatto, grazie a quel flusso di pensieri, opinioni, esperienze, fuso con l'analisi in tempo reale, quale è il discorso diretto in forma orale, a raccontare il punk.

La stessa Velena, in un intervento al festival "Invasioni" del luglio 2005, a Cosenza, parla di come, nel punk, esteriorità e politica si siano inesorabilmente intrecciati.

Negli anni Settanta, improvvisamente, l'individuo più acclamato e desiderato, il Che Guevara della situazione, non era più il ragazzo con macchina o moto, ma era il compagno, specialmente se era clandestino o con un passato misterioso e oscuro: questo era l'uomo migliore in assoluto.

Avvenne così uno spostamento a sinistra di tutte le groupies, le quali, benché di politica non importasse loro quasi nulla, erano attratte da questi uomini così strani, ombrosi, forti ed eroici, in qualche modo.

Di conseguenza avvenne qualcosa anche dal fronte opposto: se l'esempio era quello del compagno ribelle, nella destra romana si sentì la necessità di costruirne un altro corrispondente; il modello estetico diventò capelli cortissimi rispetto a quelli lunghi dei compagni di sinistra, pantaloni stretti in contrapposizione ai jeans a zampa d'elefante del post-hippy, e così via.

Con questo discorso Helena vuole contestare chi afferma che i punk avevano la divisa, che erano solo un fenomeno estetico: l'estetica è importante per tutti, punk, compagni o fasci, solo che, ai tempi, ciò si sviluppò in un'ottica nettamente diversa.

Enzo Mansueto, musicista, nell'autunno del 2005 ha realizzato un'intervista a Don Letts, artista amico di John Lydon, punk per antonomasia.

"The Don" afferma che il '77 è, sì, stato l'anno del punk, ma solo per un gruppo di persone; l'attitudine infatti, afferma l'artista, non è nata negli anni Settanta, bensì quando qualcuno si è alzato e ha capito che non accettava più di fare ciò che gli era stato sino ad allora imposto. Quindi non si tratta solo di musica, è un concetto molto più ampio; con questo egli non vuole sminuire il Settantasette, anzi, lo considera importante, ma è solo una tappa di un percorso continuo e, probabilmente ciò potrebbe tornare anche ai giorni nostri.

Alla domanda "nel punk, che ruolo ha l'abito?", egli risponde che abbigliamento e genere musicale, spesso, sono vie per trovare un'identità, soprattutto nel periodo adolescenziale; tuttavia, se un individuo è brillante, essi non sono l'intera via, bensì solamente gradini per raggiungerla fino in fondo, per autocompletarsi. Non ci si deve chiudere nella moda o nel genere musicale catalogati, bisogna utilizzarli per restare aperto, senza farli diventare una divisa; ma alcuni dei principali gruppi punk storici non si sono lasciati intrappolare, sono riusciti a non far diventare questa controcultura un'uniforme. È questa, secondo Don Letts, l'attitudine: un processo in continuo movimento, non una moda.

Il punk, dunque, non è solo un tipo di musica, è una controcultura che lavora sulla negazione, sulla costruzione di una qualità della vita, negando la logica della passività e, al contrario, proponendo una visione artistica, emozionale, personale e politica della vita e della società in cui si vive. Ed è così, a mio parere, che la musica, il look, la sessualità, l'aggressività verso l'esterno (come difesa dalla violenza del conformismo sociale), diventano, per il punk, la propria struttura espressiva, il proprio contenuto.

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