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Le favole di Fedro




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Le favole di Fedro


14 . L'asino e la lira

Come il talento spesso vada perduto per qualche disavventura



Un asino vide una lira per terra, su un prato. Si avvicinò e provò le corde con lo zoccolo; al tocco risuonarono. «Che bella cosa», disse, «ma, perdio, è capitata male, perché non conosco quest'arte. Se l'avesse trovata uno più esperto, avrebbe dilettato le orecchie con melodie divine».

Così il talento spesso va perduto per qualche disavventura.


15 . La vedova e il soldato

Quanto sia grande l'incostanza e la libidine delle donne



Una donna perse il marito che aveva amato per parecchi anni e ne seppellì il corpo nel sarcofago; poiché non c'era modo di staccarla dal sepolcro dove trascorreva in lacrime la vita, conseguì chiara fama di vergine casta. Frattanto alcuni che avevano saccheggiato il tempio di Giove, pagarono con la crocifissione la loro colpa contro la divinità. Perché nessuno potesse portare via le loro salme, furono posti dei soldati a guardia dei cadaveri proprio vicino al monumento sepolcrale dove si era chiusa la donna. Avvenne che una delle guardie, colta dalla sete, nel cuore della notte andò a chiedere dell'acqua alla servetta, che per l'appunto, in quel momento, accudiva alla sua padrona in procinto di andare a dormire; aveva infatti tenuto la lucerna accesa e aveva prolungato la veglia sino a tardi. Dai battenti appena socchiusi il soldato allunga lo sguardo e vede la donna dolente e di bell'aspetto. Il suo cuore ne è subito rapito, prende fuoco e a poco a poco arde la sua voglia impudica. Con ingegnoso acume trova mille pretesti per poterla vedere più spesso. E lei, conquistata da quel rapporto quotidiano, si fece via via più compiacente con l'estraneo; ben presto un'unione più stretta le avvinse l'animo. Mentre il custode diligente passa qui le notti, viene a mancare un corpo a una delle croci. Il soldato, sconvolto, espone il fatto alla donna. E la santa donna dice: «Non hai nulla da temere», e gli consegna il corpo del marito da affiggere alla croce perché lui non sia punito per la sua negligenza. Così l'infamia subentrò alla lode.


16 . I due giovani pretendenti, uno ricco e uno povero

La sorte favorisce talvolta gli uomini al di là di ogni loro speranza e aspettativa



Due giovani aspiravano alla stessa ragazza; il ricco ebbe la meglio sulla nobiltà e bellezza del povero. Quando giunse il giorno fissato per le nozze, l'innamorato, non riuscendo a sopportare il dolore, se ne andò tutto afflitto nel suo piccolo podere, vicino alla città; un po' più in là di questo, la villa del ricco, tirata a lustro, era pronta a ricevere la ragazza dalle braccia della madre, perché la casa di città era sembrata poco spaziosa. Si snoda il corteo, la folla accorre numerosa, e Imeneo porge la fiaccola nuziale. Al limitare della porta della città c'era un asinello, proprio quello che di solito procurava qualche guadagno al giovane povero. È questo che per combinazione noleggiano per la fanciulla, perché la fatica della strada non le rovini i teneri piedini. All'improvviso il cielo, per opera misericordiosa di Venere, è agitato dai venti, la volta celeste rintrona del fragore delle folgori, preparando una notte fitta di nuvole spesse. La luce è sottratta agli occhi; contemporaneamente la violenza della grandine si riversa e disperde qua e là il seguito impaurito, costringendo ciascuno a fuggire in cerca di un riparo. L'asinello va a mettersi sotto il tetto a lui ben noto, lì vicino, e con grandi ragli dà segno del suo arrivo. I servi accorrono, scorgono la bella ragazza e ne restano ammirati; poi lo riferiscono al padrone. Lui se ne stava a tavola, in compagnia di pochi amici e con un bicchiere dietro l'altro cercava di scacciare l'amore. Quando gli fu riferita la notizia, rianimato dalla gioia, sotto la spinta di Bacco e di Venere, consuma le dolci nozze tra gli applausi dei coetanei. I genitori cercano la figlia mediante un banditore; il marito novello è desolato di avere perso la sposa. Dopo che alla gente fu noto che cosa era capitato, tutti approvarono il favore degli dèi.


17 . Esopo e la padrona

Quanto sia spesso dannoso dire la verità



Esopo era al servizio di una donna bruttissima, che perdeva tutto il giorno a imbellettarsi, a mettersi addosso vesti, gioielli, oro, argento senza trovare un uomo che volesse toccarla anche solo con un dito. «Permetti una parola?», le domandò. «Di' pure». «Penso che puoi ottenere tutto quello che vuoi se lasci perdere di agghindarti». «Ti sembra davvero che io sia più graziosa al naturale?» «Tutt'altro; se non sarai tu a pagare, il tuo letto si riposerà». «Ma non riposerà la tua schiena», rispose lei e ordinò di castigare lo schiavo linguacciuto. Poco dopo un ladro rubò un braccialetto d'argento. Come si disse alla donna che il braccialetto non saltava fuori, infuriata, convoca tutti e promette un sacco di botte se non diranno la verità. «Minaccia gli altri», disse Esopo; «me, non mi inganni, cara padrona; sono stato frustato a sangue per avere detto, or non è molto, la verità».


18 . Il gallo portato in lettiga dai gatti

L'eccessiva sicurezza spesso mette gli uomini in pericolo



Un gallo aveva dei gatti come lettighieri. Quando la volpe lo vide tutto tronfio in portantina, così parlò: «Ti consiglio di stare in guardia dagli inganni, perché, se badassi bene allo sguardo di costoro, penseresti che stiano portando una preda, non un carico». Non appena quella congrega feroce cominciò ad avere fame, fece a pezzi il padrone e si divise le parti del delitto.


19 . La scrofa partoriente e il lupo

Prima di affidarsi a qualcuno, bisogna metterlo alla prova



Una scrofa giaceva a terra, gemendo per le doglie del parto. Accorse il lupo e disse di potere fare lui le funzioni della levatrice, assicurando il suo aiuto. Ma la scrofa, conoscendo la fraudolenza del cuore infido di quella canaglia, ne rifiutò i servizi sospetti e disse: «Mi basta se te ne stai alla larga». Che, se si fosse affidata alla perfidia del lupo, avrebbe pianto il suo destino con altrettanto grande dolore.


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