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Latino: Lucrezio




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Latino: Lucrezio


Una guerra senza fine agita l'universo fino alle stelle del firmamento e non risparmia gli spiriti nè gli atomi.

Nel pulviscolo dorato sospeso nell'aria, quando il buio d'una stanza è penetrato da raggi di luce, Lucrezio contemplava battaglie di corpuscoli impalpabili, invasioni assalti, giostre, vortici' (Il castello dei destini incrociati)


La vita


Eccettuate la discusse notizie tramandate da S. Gerolamo nel 'Chronicon', quasi nulla si sa della vita di Lucrezio Caro. Inizialmente si pensava che fosse nato nel 94 a.C.e che, divenuto folle a causa di un filtro d'amore, fosse morto suicida nel quarantaquattresimo anno di età.

Questi dati sono desunti dal 'De poetis' di Svetonio di cui Gerolamo si serviva come fonte per le notizie sui poeti latini. Tuttavia essi sono stati messi in dubbio, per varie ragioni, dagli studiosi, molti dei quali ritengono che sia opportuno accettare la notizia della scomparsa del poeta a 43 anni, ma anticipare di qualche anno le date di nascita e di morte, risalendo al 98 per la nascita e al 55 per la morte.

Per quanto riguarda la pazzia intermittente e il suicidio si è supposto che Gerolamo abbia accolto una leggenda nata in ambito cristiano in funzione denigratoria del poeta che si era impegnato a fondo per dimostrare la mortalità dell'anima e l'inesistenza di una vita oltre la morte.


De rerum natura


Il 'De rerum natura' è un poema epico didascalico in esametri suddiviso in sei libri  dedicato a Memmio che è identificabile con Gaio Memmio (propretore che volle al suo seguito il poeta Catullo). Il poema si può dividere in tre parti: il primo e il secondo libro trattano la teoria degli atomi (argomenti fisici) ; il terzo e il quarto l'anima e le modalità con cui avviene la conoscenza (argomenti antropologici); il quinto e il sesto sviluppano la dottrina del mondo (argomenti cosmologici).

Il primo libro si apre con un lungo proemio che contiene l'Inno a Venere e l'Elogio di Epicuro ,Il Sacrificio di Ifigenia ed altri temi cari a Lucrezio. Non è facile spiegare perché l'autore nell'Inno a Venere, che pur intende demolire la religione tradizionale, abbia sentito il bisogno di invocare una divinità tra le più tipiche del patrimonio mitologico, la quale oltretutto, è simbolo di quell'amore che la filosofia epicurea condanna in maniera inequivocabile. La spiegazione va cercata nell'ampio ventaglio di significati allegorici che essa si prestava ad assumere in sé. Venere ,infatti, può significare sia la potenza creatrice della natura, sia il piacere in movimento che produce la ricomposizione degli atomi, sia il piacere in riposo, sia la forza dell'amore che si contrappone a quella dell'odio, impersonata nel poema da Marte. Nell'Elogio di Epicuro , Lucrezio critica la superstizione ed il timore per gli Dei perché vuole dimostrare che essa ha spinto gli uomini a commettere in suo nome i delitti più nefandi. Nei passi successivi ,Lucrezio si addentra nella dottrina epicurea, descrivendo la teoria atomica attraverso la dimostrazione che nulla nasce dal nulla né si trasforma in nulla. La realtà è eterna, le cose si formano senza intervento divino, ma mediante un processo di aggregazione e disgregazione degli atomi della materia.

Il terzo libro si apre con una solenne celebrazione di Epicuro. Lucrezio tratta poi dell'anima e della sua natura mortale: Scopo del poeta è liberare gli uomini dalla paura della morte, che stende un'ombra funesta sulla loro vita. Lucrezio dimostra con una lunga serie di argomentazioni, tipiche della dottrina Epicurea, la natura materiale e mortale sia dell'anima (principio vitale diffuso in tutto il corpo) sia dell'animus (la mente, sede delle facoltà razionali): essi sono composti, come tutta la realtà, di atomi, destinati a disperdersi, come quelli che compongono il corpo, al momento della morte. Nel momento in cui l'organismo umano si dissolve, cessa ogni forma di coscienza e sensibilità e non ci può più essere per l'individuo sofferenza alcuna. Nel quarto libro, Lucrezio, svolge la teoria delle sensazioni, provocate, secondo l'Epicureismo, da aggregazioni di atomi sottilissimi che si staccano dagli oggetti e dai corpi e che vanno a colpire i sensi.

Il quinto libro dopo un nuovo elogio di Epicuro, tratta dell'universo, che non è eterno: esso, come l'uomo, ha avuto un principio e avrà una fine; non è stato creato dagli dei, ma si è formato in seguito alla casuale aggregazione degli atomi. Il poeta descrive poi la terra e il cielo, tratta dei movimenti dei corpi celesti e trattaggia una sintesi grandiosa della storia dell'umanità.

Anche l'ultimo libro si apre con un elogio:di Atene e di Epicuro. Sono descritti poi i fenomeni metereologici e naturali come i terremoti, i vulcani, le piene del Nilo. L'ultima parte del libro è dedicata alle epidemie e alle loro cause; e il poema si chiude con un'ampia e particolareggiata desrizione della terribile peste di Atene del 430 a.C.


Lucrezio, poeta della ragione


La lotta della ragione contro le tenebre dell'ignoranza per far prevalere la luce rasserenante della verità è lo scopo dell'immane fatica del poeta, sempre impegnato in una vigorosa polemica contro gli errori dottrinari di chi ignora il messaggio di Epicuro.

Gli uomini si affannano perseguendo falsi scopi e non si accorgono che la natura non chiede altro che l'assenza di dolore fisico e spirituale: condizione che si può ottenere con la massima felicità, appagando semplicemente i bisogni elementari.

Il piacere consiste infatti nell'assenza o nella cessazione del dolore e del desiderio, e la felicità coincide con l'atarassia (= imperturbabilità, assenza di turbamenti), resa possibile dall'eliminazione delle paure irrazionali e delle passioni perturbatrici (amore, odio, ira, cupidigia, ambizione): contro tali paure e tali passioni il poeta conduce la sua battaglia in nome della ragione, in piena coerenza con la dottrina del suo Maestro. Lucrezio afferma: 'Agisci sempre come se Epicuro ti vedesse'; l'insegnamento di Epicuro è una rivelazione a cui non si vede cosa si possa aggiungere. Si può notare nei 4 elogi di Epicuro una sorta di climax ascendente che giungerà a considerare 'Il maestro' proprio come un Dio.

La portata anticonformistica del messaggio lucreziano rispetto alla mentalità romana tradizionale nella condanna dell'ambizione politica e della lotta per il potere: la scelta migliore è vivere appartati,  lasciando agli stolti gli affanni di una vita competitiva. Tra le passioni che distruggno nell'uomo l'energia intellettuale e la lucidità razionale nesessarie a raggiungere l'atarassia e la voluptas, una delle più funeste è la passione amorosa,desiderio tormentoso e sempre insoddisfatto. Ma le forme di stoltezza più gravi e pericolose, sono la paura della morte e la paura degli dèi: la prima nasce dall'errata credenza che l'anima sia immortale e per confutarla il poeta adduce, nel terzo libro, molte argomentazioni razionali.

Quanto agli dèi, Lucrezio afferma che essi vivono beati nelle loro sedi, al di fuori del nostro mondo, del tutto incuranti delle vicende umane: l'universo non è stato creato dalla divinità, ma è frutto della meccanica e casuale aggregazione di atomi. A questo proposito il poeta rileva, in un brano del V libro, l'assurdità dell'ipotesi che la rerum natura sia stata creata da una mente razionale in funzione dell'umanità: l'esistenza di immense distese terrestri e marine inaccessibili, il calore e il freddo intollerabili di vaste regioni della terra, e le enormi difficoltà che l'uomo incontra per riuscire a sopravvivere dimostrano che il mondo in cui viviamo non è stato fatto per l'uomo: ben giustamente, conclude il poeta, il neonato appena scito alla luce 'come un navigante sbattuto sulla riva dalla onde furiose', saluta la vita con il pianto, dato che lo attendono tante sofferenze e dolori. Il poeta infatti vuole confutare non solo la fede in un dio creatore del mondo, ma anche l'ottimismo naturalistico e l'antropocentrismo di altre scuole fiolosofiche, e in particolare il finalismo degli Stoici.

Lucrezio, però non si può dire pessimista perchè afferma con accenti di profonda convinzione che è possibile per l'uomo, purchè aderisca alla verità e alla sapienza epicuree, trasformare positivamente una situazione esistenziale difficile e dolorosa, sconfiggendo la sofferenza e conquistando la felicità. 


La dottrina epicurea


La dottrina epicurea ha ,come scopo, la felicità dello Spirito. Essa si raggiunge con il quadrifarmaco. Epicuro definisce così le quattro massime fondamentali in cui si articola la sua concezione della filosofia come 'medicina dell'anima'. La formulazione più concisa è:


'Il Dio non incute timore, né turbamento la morte, la morte è facilmente sostenibile, il male è facilmente sopportabile'.


L'epicureismo si articola in tre discipline:


-Logica: chiamata da Epicuro Canonica, è la teoria della conoscenza, perché deve dare il criterio della verità e quindi in canone (= regola) per spingere l'uomo verso la felicità .Questo criterio è individuato dalla sensazione ,perché solo in essa è presente la realtà.


-Fisica: è una teoria di atomi di atomismo che riprende in parte il modello democriteo. Epicuro ritiene che gli atomi siano divisibili in frammenti di grandezza inferiore non ulteriormente divisibili e che costituiscano tutto l'universo. Anche l'anima è un surrogato di atomi, anche se molto più piccoli del normale.


-Etica:è il criterio di verità. Esso è dato sempre dalla sensazione definita come piacere, che è di due tipi:

stabile, che non dipende dal bisogno e dal desiderio, cioè l'aponia (=assenza di dolore) e l'atarassia (= assenza di turbamento). Solo in questa risiede la vera felicità.

cinetico, che consiste nella gioia e nella letizia, che sono felicità temporanee e brevi.



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