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Lo sviluppo economico nel Medioevo e nella prima Età Moderna




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Lo sviluppo economico nel Medioevo e nella prima Età Moderna


INTRODUZIONE

La storia economica ha come oggetto sia gli avvenimenti che i processi economici e può riguardare la congiuntura, cioè una data situazione economica in un determinato momento storico, o i trend, cioè i processi economici che si svolgono in un periodo più o meno lungo.

Il fondatore della storia economica potrebbe essere considerato Adam Smith ma le sue origini vere e proprie si fanno risalire alla seconda metà dell'Ottocento con la formazione della "scuola storica", secondo cui le leggi dell'economia non sono universali, ma riguardano soltanto determinate contingenze storiche. Esse, perciò, devono essere scoperte attraverso l'analisi dei fatti e non con ragionamenti teorici.

Per l'età medievale le fonti della storia economica sono costituite dai libri di conti delle aziende, dai catasti e dai diari dei mercanti. Tali documenti solo raramente contribuiscono a delineare un quadro più ampio dell'economia di quel periodo.

LO SVILUPPO AGRICOLO E I SUOI LIMITI( M1.1-M1.2 )

Lo sviluppo economico del Basso Medioevo fu dovuto al commercio e ai mercanti che furono i principali artefici della crescita delle città.                Lopez, un grande storico italiano, definì il loro sviluppo una vera e propria rivoluzione; l'incremento demografico aveva reso possibile il progresso agricolo che fu un prerequisito essenziale della rivoluzione commerciale. Lopez mise l'accento sull'importanza dell'agricoltura, pertanto è giusto dire che il decollo della rivoluzione cominciò in campagna.

(tabella)

Sappiamo poco anche dell'agricoltura del Basso Medioevo perché la documentazione è molto frammentaria e le informazioni sui raccolti sono rintracciabili solo nei libri degli enti ecclesiastici e privati, mentre non si ha nessun dato sulle terre dei contadini.

Grazie alla cessazione delle grandi pestilenze, la popolazione ricominciò a crescere e fu necessario coltivare una più vasta estensione di terre per accrescere la produzione agricola, conquistando nuove terre col disboscamento o con la bonifica delle paludi.

La produttività può essere misurata attraverso le rese, che indicano il rapporto tra la quantità raccolta e quella seminata. E' difficile trovare questi dati per serie continue di anni senza che siano influenzati da contingenze particolari. L'incremento demografico, in questa situazione di bassa produttività, poté essere sostenuto solo grazie all'aumento delle coltivazioni visto che in quel periodo gran parte dell'Europa era ancora coperta da boschi e da terre non coltivate. Queste nei primi anni davano raccolti molto abbondanti a causa della fertilità naturale che però si esauriva rapidamente, di conseguenza occorreva dissodarne altri anche se c'era un limite. La bonifica dei terreni paludosi era difficile e i disboscamenti non potevano essere troppo estesi perché anche i boschi offrivano una notevole quantità di alimenti.

LA PROTOINDUSTRIA (M1.3)

Nel Cinquecento e nel Seicento, accanto all'agricoltura cominciava a svilupparsi la manifattura. Si trattava di un processo di estrema importanza, perché l'uomo non incontrava nessun limite imposto dalla natura, ma solo quelli imposti dai limiti delle sue conoscenze che potevano essere superati. Alcuni storici hanno preferito usare il termine protoindustria, che indica lo stadio intermedio tra manifattura e industria. Con questo termine si indica il processo di sviluppo di regioni rurali in cui la popolazione traeva reddito da una produzione per mercati di massa, senza che il lavoro venisse concentrato nelle fabbriche. Ciò avvenne quando le manifatture cittadine non crescevano più a causa delle rigide norme imposte dalle corporazioni.

Fino al Cinquecento le economie-guida dell'Europa erano state le Fiandre e l'Italia settentrionale; nel Seicento invece il primato passò all'Olanda grazie allo sfruttamento di nuove risorse energetiche, l'incremento di produttività e ai vantaggi geografici.

IL COMMERCIO, LA RIVOLUZIONE DEI PREZZI E I PROGRESSI SCIENTIFICI (M1.4-M1.5-M1.6)

Nel Cinquecento si verificò un aumento del movimento commerciale che portò alla formazione di un mercato mondiale, che non può essere considerato come quello contemporaneo perché era a senso unico( dall'America all'Europa) e riguardava solo alcuni prodotti. Infatti le comunicazioni erano molto difficili visto che i lunghi percorsi potevano essere effettuati solo con le navi ma con tempi e costi incerti. In questo periodo i traffici nell'Atlantico erano di un'intensità tale da poter parlare di economia-mondo, in cui c'erano due attività primarie: quella estrattiva, principalmente di metalli preziosi(America) e l'agricoltura, specie per alcuni alimenti (Europa).

Durante il Cinquecento si verificò anche un aumento dei prezzi dovuto all'afflusso dall'America di metalli preziosi con cui si coniavano le monete, tanto forte da essere definita "rivoluzione dei prezzi", mentre i salari erano cresciuti più lentamente. Questa divaricazione produsse un aumento dei profitti e portò alla nascita del capitalismo. L'inflazione non fu dovuta solo all'accesso di monete, ma anche al fatto che l'offerta di risorse non riusciva più a soddisfare la domanda della popolazione in aumento.

Lo studio dei prezzi ha offerto importanti contributi alla conoscenza dell'economia e solo alla fine dell'età moderna si hanno serie di prezzi ufficiali, praticati nei mercati.

Le grandi scoperte geografiche furono rese possibili dai progressi scientifici e tecnologici che portarono enormi vantaggi all'economia europea. Solo nel Seicento la scienza riuscì a occupare un posto di rilievo nel panorama culturale a causa delle resistenze da parte della Chiesa.

LA DECADENZA DELL'ATALIA E IL RUOLO DELLA BORGHESIA(M1,7-M1.8)

Il declino economico dell'Italia nel Seicento non si può attribuire solo a cause esterne come lo spostamento del centro del commercio dal Mediterraneo all'Atlantico ma anche a cause interne. I prodotti e i servizi italiani, pur essendo di miglior qualità, erano più cari anche a causa degli elevati costi di produzione, per questo motivo vennero soppiantati da quelli stranieri che erano offerti a prezzi più bassi. La causa principale della decadenza economica dell'Italia è dovuta al fatto che non nacquero atteggiamenti nuovi dovuto ai vincoli che le corporazioni mettevano alla produzione e all'incapacità di inserirsi nel nascente mercato mondiale.

Il presunto "tradimento" della borghesia è stato spesso indicato tra le cause della decadenza dell'Italia poiché essa contribuì al fenomeno della rifeudalizzazione, con una predilezione particolare per i feudi, nei quali rivendicava gli antichi privilegi, che avrebbe spinto l'Italia nel senso di marcia contrario a quello dei paesi sviluppati. L'Olanda e l'Inghilterra avevano raggiunto lo sviluppo economico grazie all'unità politica, mentre in Italia c'era un modello fondato sui traffici interregionali che fallì nel Cinquecento, con conseguenze gravi per il Mezzogiorno in quanto ogni città tendeva a vivere entro i limiti del proprio contado determinando lo sgretolamento e la frammentazione dell'unità economica italiana.

IL CICLO ECONOMICO (M1.9)

Lo storico Emmanuel Le Roy Ladurie ha individuato un ciclo economico dovuto al rapporto tra la popolazione e le risorse agricole. Egli ne ha individuato una serie di fasi che nel loro complesso formano un ciclo. Il punto di partenza è costituito dall'osservazione del tragico bilancio demografico provocato dalla Peste Nera e dalle sue conseguenze "magra demografica".

La seconda fase è l' "espansione" che si verifica grazie all'accumularsi di fattori interni come una serie di buoni raccolti, un afflusso di metalli preziosi o un periodo di pace e di sicurezza.

La terza fase è la "maturità" in cui la crescita della popolazione rallenta, perché tutte le riserve e le risorse sono state consumate e anche l'economia si arresta. Il modello elaborato dallo storico tiene conto anche del clima che poteva incidere pesantemente sui raccolti.

I FENOMENI MIGRATORI (M1.10)

Dal calcolo della popolazione di un paese in condizioni normali risultava che il numero dei nati era sempre superiore al numero dei morti. Questa affermazione era valida solo per le campagne perché nelle città esistevano problemi di carattere sanitario, da rifornimento idrico, di sovrappopolazione e di povertà, tali da spiegare gli elevati tassi di mortalità. I flussi migratori erano così intensi da far crescere la popolazione delle città nonostante proprio tra gli immigrati si verificavano la più alta mortalità e la più bassa natalità dovuta alla loro povertà e alle loro condizioni più precarie.


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