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Sei personaggi in cerca d'autore - Luigi Pirandello




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Sei personaggi in cerca d'autore

Luigi Pirandello

(Roma 1921)


Prefazione


'È da tanti anni a servizio della mia arte (ma come fosse da ieri) una servetta sveltissima e non per tanto nuova sempre del mestiere.

Si chiama Fantasia.'


'Così un artista, vivendo, accoglie in sé tanti germi della vita, e non può mai dire come e perché, a un certo momento, uno di questi germi vitali gli si inserisca nella fantasia per divenire anch'esso una creatura viva in un piano di vita superiore alla volubile esistenza quotidiana.'


'Odio l'arte simbolica, in cui la rappresentazione perde ogni movimento spontaneo per diventar macchina, allegoria;'


' Creature del mio spirito, quei sei già vivevano d'una vita che era la loro propria e non più mia, d'una vita che non era più in mio potere negar loro.'


'Essi si sono già staccati da me; vivono per conto loro; hanno acquistato voce e movimento; sono dunque già divenuti di per se stessi, in questa lotta che han dovuto sostenere con me per la loro vita, personaggi drammatici, personaggi che possono da soli muoversi e parlare; vedono già se stessi come tali; hanno imparato a difendersi da me; sapranno ancora difendersi dagli altri.'


'Senza volerlo, senza saperlo, nella ressa dell'animo esagitato, ciascuno di essi, per difendersi dalle accuse dell'altro, esprime come sua viva passione e suo tormento quelli che per tanti anni sono stati i travagli del mio spirito: l'inganno della comprensione reciproca fondato irrimediabilmente sulla vuota astrazione delle parole; la molteplice personalità d'ognuno secondo tutte le possibilità d'essere che si trovano in ciascuno di noi; e infine il tragico conflitto immanente tra la vita che di continuo si muove e cambia e la forma che la fissa, immutabile.'


'Il dramma è la ragion d'essere del personaggio; è la sua funzione vitale: necessaria per esistere.'


'C'è un personaggio, quello della Madre, a cui invece non importa affatto avere vita, considerato l'avere vita come fine a se stesso. Non ha il minimo dubbio, lei, di non esser già viva; né le è mai passato per la mente di domandarsi come e perché, in che modo, lo sia. Non ha, insomma, coscienza d'essere personaggio: in quanto non è mai, neanche per un momento, distaccata dalla sua <<parte>>. Non sa d'avere una <<parte>>. [.]

Ella non vive come spirito: vive in una continuità di sentimento che non ha mai soluzione, e perciò non può acquistare coscienza della sua vita, che è quanto dire del suo esser personaggio. []

è, insomma, natura. Una natura fissata in una figura di madre.'


'Così, ad apertura di libro, troveremo Francesca viva confessare a Dante il suo dolce peccato; e se centomila volte di seguito torneremo a rileggere quel passo, centomila volte di seguito Francesca ridirà le sue parole, non mai ripetendole meccanicamente, ma dicendole ogni volta per la prima volta con sì viva e improvvisa passione che Dante ogni volta ne tramortirà. Tutto ciò che vive, per il fatto che vive, ha forma, e per ciò stesso deve morire: tranne l'opera d'arte, che appunto vive per sempre, in quanto è forma.'


'La rappresentazione del dramma in cui sono involti i sei personaggi appare tumultuosa e non procede mai ordinata: non c'è sviluppo logico, non c'è concatenazione negli avvenimenti. [] è verissimo, ma io non ho affatto rappresentato quel dramma: ne ho rappresentato un altro - e non starò a ripetere quale! - in cui, fra le altre belle cose che ognuno secondo i suoi gusti ci può ritrovare, c'è proprio una discreta satira dei procedimenti romantici;'



Atto I


Il padre [.] Chi era Sancho Panza? Chi era don Abbondio? Eppure vivono eterni, perché - vivi germi - ebbero la ventura di trovare una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire, far vivere per l'eternità!


Il padre Il dramma per me è tutto qui, signore: nella coscienza che ho, che ciascuno di noi - veda - si crede <<uno>> ma non è vero: è <<tanti>>, signore, <<tanti>>, secondo tutte le possibilità d'essere che sono in noi: <<uno>> con questo, <<uno>> con quello -iversissimi! E con l'illusione, intanto, d'esser sempre <<uno per tutti>>, e sempre <<quest'uno>> che ci crediamo, in ogni nostro atto. Non è vero! non è vero! Ce n'accorgiamo bene, quando in qualcuno dei nostri atti, per un caso sciaguratissimo, restiamo all'improvviso come agganciati e sospesi: ci accorgiamo, voglio dire, di non essere tutti in quell'atto, e che dunque una atroce ingiustizia sarebbe giudicarci da quello solo, tenerci agganciati e sospesi, alla gogna, per un'intera esistenza, come se questa fosse assommata tutta in quell'atto!


Atto II


La madre  No, avviene ora, avviene sempre! Il mio strazio non è finito, signore! Io sono viva e presente, sempre, in ogni momento del mio strazio, che si rinnova, vivo e presente sempre. [.]

Il padre     Il momento eterno, com'io le ho detto, signore!


Atto III


Il padre Un personaggio, signore, può sempre domandare a un uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre <<qualcuno>>. Mentre un uomo - non dico lei, adesso - un uomo così in genere, può non esser <<nessuno>>.


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